lunedì 30 agosto 2021

L'Investigatore confutato - Nota su Lc 1,49

 Fortuitamente nella nostra Ottava dell'Assunzione, il buon Marco Tosatti ha ospitato sul suo blog (qui) l'intervento di un anonimo personaggio che si fa chiamare "Investigatore biblico", e che sostiene di aver individuato un errore nella traduzione CEI del 2008 di Lc 1,49, che poi è il terzo versetto del Magnificat.

Lascio ai lettori di leggere il suo breve scritto, e riassumo solo brevemente l'errore, che egli individua confrontando con la traduzione CEI del 1974:

CEI 1974: “Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente” (Lc 1,49);
CEI 2008: “Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente” (Lc 1,49).

L'argomentazione consiste nell'analisi del testo greco e del testo latino, ma è un'argomentazione alquanto difettosa. Il testo greco infatti dice: ὅτι ἐποίησέν μοι μεγάλα ὁ δυνατός; quello latino letteralmente traduce: Quia fecit mihi magna qui potens est.

Ora, il Nostro, citando come "autorevoli" fonti a suo sostegno uno specchietto di mezza pagina sui pronomi personali greci (che non lo sostiene nella sua tesi, in realtà) e un traduttore automatico online dal latino (ben messi siamo!), sostiene che sia palese che la traduzione corretta sia "in me", e "per me" sia una distorsione che mira a una diminutio dell'opera dello Spirito Santo in Maria. E il Nostro analizza:

oti: che [impreciso: "poiché", non essendo nel contesto di una dichiarativa; identidem il quia latino; farei notare, e il Nostro non lo fa, che nessuna delle due traduzioni italiane riporta la preposizione causale]
epoiesen: fatto [errore: "fece", o tutt'al più "ha fatto"; "fatto" sarebbe πεποιημένον]
moi: me [errore: "a me", o "mi" in posizione atona, essendo dativo; "me" (che in italiano è c. ogg, quindi acc.) è με]
megala: grande [errore: grandi! Neutro plurale accusativo!]
o dunatos: l’Onnipotente [errore: "colui che è potente", "il potente"; e infatti la traduzione latina dice qui potens est; "onnipotente" equivale a παντοκράτωρ / omnipotens, ma né la CEI del '74 né quella del 2008 né il Nostro paiono avvedersene]

Cinque errori su cinque parole sono un record interessante; ma non pago, il Nostro prosegue:

Il pronome “moi” nel versetto in esame non può essere assolutamente tradotto con “per me”.
Il contesto stesso ci porta all’esatta traduzione: “in me”.

Purtroppo per il Nostro, μοι (così come mihi) è un dativo di vantaggio, costruzione comunissima nel greco, e perciò la traduzione corretta è proprio "per me". "In me" è una supposizione intepretativa che non ha ragioni linguistiche: bisognerebbe che il testo avesse ἐποίησεν ἐν ἐμοὶ, oppure in una versione più raffinata con preverbio (che però sarebbe stilisticamente improbabile trovare nel testo greco "volgare" dei sinottici) ἐνεποίησέν μοι. San Luca intendeva altro? Possibile, ma il testo tradito è questo, e può essere letto solo così, non seguendo le nostre ubbie teologico-interpretative (la teologia si ricava dall'esperienza, non si adatta l'esperienza [cioè la Liturgia e la Scrittura] alla teologia speculativa!).

Perciò la versione CEI 2008 su questo corregge un errore dell'imprecisa CEI 1974; entrambe però sono imprecise su altri due punti della traduzione di questo solo versetto, oltre che in tutto il resto della Scrittura. Questo è un errore tipico delle traduzioni interpretative (le antiche traduzioni a scopo sacro e liturgico, come quella latina di S. Girolamo o quella slavonica dei Ss. Cirillo e Metodio, traducono parola per parola, e addirittura cercano di imitare le parole composte tipicamente greche), che sono per questo sommamente inadatte all'uso sacro, poiché la mente dei fedeli si lega alla traduzione, e percepisce come sbagliato il suo aggiornamento, anche quando questo corregge un errore della precedente (vedasi il caso della "rugiada dello Spirito"); perciò, invitiamo il Nostro e tutti i lettori a non affidarsi ai traduttori-traditori della CEI, ma a preferire le versioni antiche nelle lingue liturgiche dei testi sacri.

Infine, ci preme segnalare un errore tipico del mondo conservatore e "tradizionalista", che abbiamo ben visto in questo caso: persone che non sanno e non studiano, e nondimeno insegnano, con grande danno per tutti.

5 commenti:

  1. Riporto il commento di un nostro affezionato lettore:

    "Leggendo attentamente le due traduzioni, ci si potrebbe chiedere se esse contengano già in nuce la contrapposizione tra la visione Cattolica e quella Ortodossa. Ad esempio si potrebbe pensare che "grandi cose ha fatto IN ME " possa indicare la creazione Immacolata della Theotokos; mentre invece "grandi cose ha fatto PER ME" indicherebbe la Creatura che è stata successivamente riempita di Grazia. Mi chiedevo quindi se già questo semplice versetto potesse adombrare detta dicotomia. Grazie per l'attenzione."

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    1. Anche alcune traduzioni protestanti, che non sono immacolatiste, riportano "in me". Però questa lettura è interessante. Sicuramente nella mentalità dell' "Investigatore" bisogna sostenere la tesi speculativa immacolatista, a costo di mentire sul testo.

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    2. Infatti, può benissimo essere interpretata in modo ortodosso.
      Però il testo dice "a me" cioè "per me", non "in me".

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  2. Dopo questa figuraccia, speravamo che costui si sarebbe ritirato per un bel po' a vita privata, invece oggi torna alla carica, stavolta con l'ebraico: chissà se gli andrà meglio che col greco e latino😩

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    1. Appena meglio. Si tratta del salmo 136 iuxta septuaginta (135 iuxta hebraicum). Come sempre confonde i piani interpretativi, facendo lo stesso errore di quelli che vuole criticare. Incappa nella diatriba assurda della traduzione di "leolam" che letteralemnte vuol dire "per un lungo periodo" tradotto però in latino con l'aggettivo "aeterna" et critica la scelta della parola "amore" invece di misericordia. Ma anche lì, la parola ebraica del salmo indica la benevolenza e l'amore di Dio, traducibile anche con misericordia... insomma il campo semantico è vasto e interscambiabile, ma non se ne accorge. Poi critica appunto l'uso del "per sempre", invece di eterno, che secondo lui sminuisce il senso dell'"aldilà" e dell'eternità di Dio, che c'entra come i cavoli a merenda nel salmo in questione, che indica, appunto, che la benevolenza/amore/misericordia di Dio è per sempre/per un lungo periodo/per un tempo incommensurabile...

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