giovedì 6 aprile 2017

Perché la S. Messa Tridentina?



Come sarà apparso chiaro ai nostri primi lettori, questo blog sostiene fortemente che l’unica liturgia romana degna di questo nome sia quella cosiddetta “Tridentina”, ma che più correttamente dovrebbe essere chiamata Messa Romana o Messa di sempre, due attributi che chiariscono il suo carattere prettamente Urbano (era il rito proprio della Città Eterna, prima che S. Pio V lo imponesse a tutto l’Orbe Cattolico), nonché la sua storicità e tradizionalità. Non si può infatti non sostenere la superiorità di un rito che sin dai suoi aspetti esteriori trasmette un senso di grandissima dignità, ed infonde un profondo timore sacro dinnanzi ai Misteri celebrati, soprattutto rispetto alle Messe celebrate secondo il cosiddetto Novus Ordo Missae, scritto ex novo, in profonda rottura con tutto ciò che prevedeva la consuetudine latina, attorno al 1970 da una commissione di liturgisti guidata dal cardinale presunto frammassone Annibale Bugnini e poi approvato da Papa Paolo VI.
Della liturgia romana tradizionale, dei suoi caratteri, della sua storia, dei suoi profondi significati teologici, nonché del suo splendore esteriore e interiore, avremo numerose occasioni per parlarne durante i prossimi mesi di vita del blog. Nel frattempo, vogliamo limitarci, per i lettori che hanno le idee ancora vaghe sull’argomento, a dare una prima infarinatura sulle differenze sostanziali che ci inducono a preferire il rito antico rispetto a quello nuovo. Alla base di questo discorso vi sono spunti di numerosi saggi che hanno trattato diffusamente la questione, ma in particolar modo del famoso Breve esame critico del Novus Ordo Missae presentato da S.E. il card. Alfredo Ottaviani nel 1969 per scongiurare l’imminente approvazione pontificia delle riforme liturgiche, nonché l’ottimo libello del reverendo don Pietro Leone Il Rito Romano antico e nuovo, che si può liberamente scaricare dal web al seguente indirizzo: http://www.parrocchiavetrego.it/images/Articoli/Antonio/Il_Rito_Romano_Antico_e_nuovo.pdf
In generale, le differenze che si possono riscontrare sono di due ordini sovente collegati tra loro: differenze di dignità e di teologia.


Differenze di dignità
Chiunque abbia assistito ad entrambe le forme del rito romano può asserire che il carattere di una Liturgia Sacra è spiccatamente proprio del Rito Antico, mentre il clima generale in cui si celebra il Rito Nuovo assomiglia più al contesto di una riunione della comunità, tipicamente protestante, che di un servizio divino dedicato a Dio. Porto ad esempio i seguenti punti:

  • L’orientamento del celebrante: quello che potrebbe parere un aspetto minore nell’economia del rito, è in realtà un segno molto profondo, come è stato sottolineato da Papa Benedetto XVI e più recentemente da S.E. il Card. Sarah. Infatti, l’orientamento del celebrante verso il popolo, oltre ad essere un’innovazione introdotta per la prima volta dal riformatore protestante Carlostadio, è dannoso ed illogico. Dà infatti l’impressione di una comunità chiusa, il cui scopo parrebbe essere lodare il sacerdote, oppure il popolo stesso (non si capisce mai molto bene nel NO…). Viceversa, il sacerdote orientato ad Deum, secondo un uso antichissimo e condiviso da tutti i Cristiani meno che dagli eretici, è espressione dell’intera comunità che, guidata dal sacro ministro, si rivolge a Oriente, donde sorgerà il Sole di Giustizia che è Cristo, per offrire a Dio il sacrificio a lui gradito. L’impressione che si ha vedendo questi due differenti orientamenti è dunque completamente diversa.
  • I paramenti e gli altri oggetti sacri: la Messa tridentina prevede l’uso di un gran numero di paramenti di foggia antica e significato profondo, aboliti nel rito nuovo (come il manipolo). Le pianete tradizionali inoltre, generalmente in seta, intarsiate in oro e riccamente decorate, risultano essere molto più degne delle moderne casule, le quali sono conformate a uno spirito di povertà esteriore che tuttavia non può né deve sussistere trattandosi di un culto a Dio, cui ogni sfarzo s’addice e mai è sufficiente (basti pensare all’episodio della Maddalena e dell’olio di nardo, in Giovanni XII). Stesso discorso può farsi per i lini sacri, oppure per i vasi (i quali nel rito tradizionale devono sempre avere almeno l’interno d’oro) che devono contenere il Corpo e il Sangue del Signore. Ancora può farsi per l’incenso, i candelieri, e tutti gli altri oggetti che, prescritti come obbligatori nel rito antico, grazie alla facoltatività concessa sono pressoché scomparsi nel rito nuovo.
  • Il canto e la lingua: sarà nostro compito pubblicare al più presto uno studio sulla lingua sacra. Intanto, farei riflettere sul fatto che l’uso della lingua vernacolare durante la Messa (tacciato di probabile eresia da diversi Papi del Concilio di Trento, poiché introduzione delle riforme carlostadiane della liturgia protestante): la presenza di una lingua sacra estrania il fedele dal contesto del mondo, fa comprendere come egli stia partecipando a un servizio divino, in cui si è a diretto contatto con dei Misteri inintelligibili che non possono essere degnamente esposti nella stessa lingua con cui si litiga con il vicino o si parla al fornaio. Lo stesso discorso può dirsi del canto sacro: la funzione anagogica del canto gregoriano, che eleva lo spirito del fedele a Dio solennizzandone la Parola, è stata sostituita malamente nel rito nuovo da canzonette folk anni 70, estremamente indegne a una Sacra Liturgia, dal contenuto spesso acattolico, che distraggono il fedele e mescolano il sacro al profano.
  • La distribuzione della S. Comunione: la comunione in piedi è una prassi effettivamente esistita nei primi secoli della Chiesa (così fanno ancora gli Orientali), ma sostituita da una più pia pratica in Occidente, che è quella di ricevere il Sacramento inginocchiati alla balaustra, atteggiamento di estrema umiltà dinnanzi a Gesù Sacramentato che si dona quale cibo per gli uomini. Ancora più grave è stata l’introduzione, nella messa nuova, della Comunione sulla mano: teorizzata secoli or sono dal domenicano apostata Martin Bucer e sviluppatasi in ambiente cattolico nell’Olanda del postconcilio, è una totale mancanza di rispetto dinnanzi al Corpo di Nostro Signore (nel rito tradizionale il sacerdote, che ha toccato le Sacre Specie, non può disgiungere le dita con cui le ha toccate prima di aver fatto le abluzioni prescritte!), e favorisce la profanazione.
  • Il senso del sacro in generale: una differenza notevolissima che chiunque avrà osservato trovandosi la prima volta, anche ignaro dei particolari teologici, ad assistere a una Messa antica, è il maggior senso del sacro che vi si trova rispetto alla Messa moderna, dalla quale sono state abolite quasi tutte le genuflessioni (da oltre 20 a 2; nel rito antico inoltre la si fa sempre passando dal centro dell’altare), le inclinazioni di capo (nel solo Canone Eucaristico, da 5 a 3, ma sono abolite anche tutte quelle che i ministri fanno per rispetto tra loro o al sacerdote), i segni di croce (nel solo Canone, da 24 a 0), i baci rituali (il sacerdote nel rito tradizionale bacia l’altare 10 volte, nel rito nuovo 1 sola; i ministri baciano ripetutamente nel rito antico anche le ampolle, il turibolo, la navicella, la berretta, nonché la mano del sacerdote). Anche elementi esteriori, non propri del rito ma dell’atteggiamento del sacerdote e di chi vi partecipa, come il silenzio, lo stare in ginocchio, l’indossare il velo, il sacro timore per cui nessun laico, tantomeno donna, accede al presbiterio … tutti questi aspetti delineano chiaramente la differenza sostanziale di dignità tra le due forme liturgiche, nonché una concezione differente del rispetto e della venerazione da portare alla Divinità.


Differenze teologiche

La Commissione che riformò la liturgia cattolica includeva anche – so quanto stupore desti all’udire la prima volta tale notizia – ben sei teologi protestanti in qualità di consulenti. Dopo la proclamazione del nuovo Messale, uno di questi, Max Thurian, dichiarò: «Uno dei frutti del nuovo Ordo sarà forse che le comunità non cattoliche potranno celebrare la santa cena con le stesse preghiere della Chiesa cattolica». Il problema della Nuova Messa è che in alcuni punti essa si esprime in modo non conforme alla dottrina cattolica, anzi, spesso in accordo piuttosto con quella luterana o con altre dottrine eretiche. Considererò per ora solo questi punti:

  • La definizione di “Messa”: così si apre il secondo capitolo del Novus Ordo: «La cena del Signore, o Messa, è la sacra liturgia, o la congregazione del popolo di Dio che si raduna, sotto la guida del sacerdote, per celebrare la memoria del Signore». In questa concezione tipicamente protestante della liturgia, manca completamente quello che è realmente la S. Messa, ossia la ripresentazione efficace del Glorioso Sacrificio di Nostro Signore come unico olocausto gradito al Padre. La cosa è quanto mai grave, considerando che un canone del Concilio di Trento specifica che: «Se qualcuno negasse che nella S. Messa si offre realmente un sacrificio, sia anatema».
  • Le finalità della Messa: triplice è secondo la dottrina cattolica la finalità della S. Messa: la lode alla SS. Trinità, l’offerta di un sacrificio propiziatorio, l’offerta di un sacrificio a Dio gradito. Ora, nel nuovo rito tutti questi punti sono gravemente travisati: il nome della SS. Trinità, pregata nel rito antico alla fine di ogni azione, scompare pressoché dai testi liturgici; il carattere propiziatorio dell’Eucaristia è svilito dal concetto di cena fraterna; il Sacrificio a Dio era chiaramente espresso nell’Offertorio cattolico tanto in odio a Lutero, che è sostituito da una preghiera di derivazione ebraica nel quale si presenta un mero “scambio di doni” tra Dio e gli uomini (si pensi che Paolo VI dovette intervenire d’ufficio perché si creassero questi testi, così come per mantenere il segno di croce almeno all’inizio della Messa, perché i riformatori avevano abolito del tutto anche l’Offertorio).
  • Il sacerdozio sacramentale: nel rito antico, è ben distinta la figura del sacerdote, ministro di Dio consacrato, dai fedeli, i quali non sono nemmeno necessari all’efficacia della funzione (mentre nel rito nuovo pare il contrario, considerando il ruolo attribuito loro già nella definizione di Messa…). Nel rito nuovo, viceversa, tutto sembra ricondurre ad un sacerdozio battesimale eretico e protestante: la soppressione del doppio Confiteor, che distingue bene i fedeli dal sacerdote, così come quella del singolare in diverse espressioni dell’Offertorio, o dei sette paramenti che il sacerdote assume agendo in persona Christi, e infine lo stesso nome con cui viene chiamato dalle rubriche, un mero “presidente dell’assemblea dei fedeli”.
  • L’altare e il Tabernacolo: l’altare tradizionale è in pietra, poiché su di esso si deve svolgere un vero Sacrificio, è sopraelevato e sormontato dalla Croce, poiché rappresenta il Monte Calvario, è coperto con tre tovaglie (simboli dei sudari in cui fu avvolto il Cristo morto), è impreziosito da immagini, statue e soprattutto reliquie di santi martiri, e dal Concilio di Trento è coronato dal Tabernacolo, il tempio di Nostro Signore realmente presente nella Eucaristia. Con la scusa di voltare l’altare al popolo (cosa di cui abbiamo già dibattuto), se ne sono costruiti di nuovi, di stampo protestante, ossia semplici tavole su cui consumare la Cena del Signore, e non vere e proprie are su cui consumare l’Eterno ed Unico Sacrificio. Non sono più necessarie le reliquie, le tovaglie sono sensibilmente ridotte, scompaiono la Croce e i candelieri, così come le statue e le immagini, e l’altare viene abbassato al livello dei fedeli, proprio perché è una mera tavola. Il Tabernacolo viene financo spostato, e Gesù vivo e vero viene messo in disparte, mentre al centro del presbiterio s’erge tronfio il trono del “presidente”, il quale diventa spesso vero oggetto dell’adorazione liturgica, che dovrebbe essere resa a Dio solo, in una concezione antropocentrica pressoché blasfema.

    L'altare tradizionale sullo sfondo e quello nuovo davanti (Chiesa di S. Bernardino a L'Aquila)
  • La Presenza Reale: tutti sanno che questo dogma infallibile della Chiesa fu duramente negato dagli eretici, e fu viceversa solennizzato nel rito cattolico attraverso le molteplici adorazioni di Nostro Signore realmente presente nelle Sacre Specie. Tale adorazione passò in secondo piano nel nuovo rito, sia con lo spostamento del Tabernacolo, che con il cambio delle espressioni con cui ci si rivolge all’Eucaristia, nonché di gran parte dei gesti rituali di venerazione che le erano associati (le genuflessioni, le dita congiunte, i segni di croce …)
  • I testi del Messale che esprimono il mistero: senza andare a commentare ogni singola parte del nuovo Messale, ci limitiamo a far notare come l’intenzione dei riformatori di cambiare la formula consacratoria e in generale il Canone Eucaristico fu quanto di più deprecabile, poiché andarono a toccare un patrimonio liturgico risalente al IV secolo per mutarlo con una serie di testi fumosi, dubbi, alcuni inventati, altri invece mantenuti dalla tradizione ma con significative modifiche, e per di più sostituirne la pia recita silenziosa con una proclamazione a voce alta di stampo chiaramente protestante (in cui bisogna “sentire” per poter “partecipare” all’azione liturgica). Un breve cenno va sicuramente fatto anche alle orazioni, alle antifone e alle letture bibliche, da dove paiono essere scomparsi quasi del tutto nella riforma del lezionario dei concetti fondamentali come Inferno, Giudizio, peccato …


Conclusioni

Le conclusioni che trae don Pietro Leone, e che sono le stesse che noi ci permettiamo di trarre, sono le seguenti: i caratteri tipici della nuova liturgia comportano un grave travisamento della fede, una riduzione sensibile delle grazie scaturite dalla preghiera della Chiesa (poiché essa è meno ricca e meno significativa), nonché una svalutazione del culto reso a Dio che diventa una vera e propria offesa nei suoi confronti. Esso è frutto di una concezione falsamente ecumenica, sicuramente protestante, che ha avuto come principali motori una semplificazione barbara, l’avvicinamento alla sensibilità del mondo, nonché la trasformazione di un culto di Dio in un culto dell’uomo, della comunità; queste trasformazioni inoltre sono certamente avvenute sotto la mano occulta dalla Massoneria (si legga qualche protocollo risalente agli anni del Vaticano II per avere un’idea di ciò). Una precisazione secondo noi necessaria è che il rito romano moderno è completamente valido e legittimo, poiché è stato approvato e controfirmato da un Sommo Pontefice; è giusto dibattere sulla sua dignità, sulla sua adeguatezza, financo sulla sua ortodossia, ma mai si può mettere in dubbio la sua efficacia (consacra realmente) o validità (consacra legittimamente) sacramentale.
È chiaro che la nostra trattazione è stata oltremodo superficiale, avendo solo l’intenzione di presentare rapidamente il conflitto esistente tra le due forme del Rito Romano, per approfondire il quale torniamo a consigliare la lettura delle fonti sopraccitate. Riprenderemo sicuramente il tema della Messa Antica in futuro, poiché dalla conoscenza della liturgia scaturiscono sempre maggiori grazie per i fedeli che pregano attraverso di essa; nel frattempo, esortiamo vivamente tutti a cercare di partecipare il più possibile con devozione alla Messa di sempre, soprattutto in questo tempo particolare che ci attende, in cui il mistero fondamentale della nostra fede ha necessità di un rito che possa esprimerlo nella pienezza della sua sacralità e nell’integrità della sua dignità.





Alcune Messe Tridentine nella nostra chiesa veneziana di S. Simon Piccolo


Ad majorem Dei gloriam!



2 commenti:

  1. Cioè, dopo tutto quanto espresso asserite pure che il N.O. Missae è valido comunque. Tanto vale partecipare direttamente ad una messa protestante. A che son serviti 2000 anni di tradizione cattolica?!?! Avreste fatto meglio a risparmiarvi la fatica di scrivere l'intero articolo. Ove non si ripete il Santo Sacrificio non vi è messa poiché la messa moderna parla di mensa!! Resto abbia basito. Diopietà di noi.

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    1. Lo studio di un testo richiede una maggior profondità che "parla di mensa". Oggettivamente, nonostante il nuovo rito sia profondamente non riguardoso di Dio e del Cristianesimo, non si può dire non sia valido (cioè non ci sia Transustanziazione), almeno in teoria.

      Nessuno qui le dice "ma vada al nuovo rito, che tanto è meglio". Se legge altri articoli vedrà che oggettivamente consiglio di non andare mai al nuovo rito; ma l'oggettività della validità (distinta dall'efficacia spirituale) sussiste.

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