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mercoledì 23 ottobre 2019
Il termine "Theotokos" figura su un papiro del 250
In tempi perniciosi di smarrimento della Fede, in cui taluni, su giornali cattolici, affermano addirittura che la Divina Maternità di Maria non sarebbe un dogma della Fede divina e ortodossa, facente parte della dottrina rivelata e insegnata dagli Apostoli e dai Padri, e confortata dalla proclamazione solenne del Concilio di Efeso (431) contro i nestoriani e i monofisiti, sibbene un fenomeno di inculturazione (sic!) proveniente dal culto alla dea Iside [1], giova ricordare che la Madonna è riconosciuta e venerata come Madre di Dio dai Cristiani anche prima del predetto Concilio, testimoniando ciò la natura apostolica e divina di codesto dogma.
Ne è testimonianza la più antica preghiera mariana conosciuta, nella quale la Vergine Maria è appellata Θεοτόκος, "colei che ha generato Iddio" (dal gr. Θεός, Dio, e τίκτω, generare), cioè la Madre di Dio. Il fatto che in codesta antica preghiera si faccia riferimento alla Vergine Maria sotto tale titolo è assai importante, da un punto di vista storico e teologico.
Questa preghiera è stata difatti ritrovata su un frammento di papiro datato circa al 250 d.C., appena due secoli dopo la morte e la risurrezione di Cristo, un secolo prima dell'Editto di Milano di Costantino e, soprattutto, due secoli prima del terzo Concilio Ecumenico, quello di Efeso, nel quale la Vergine fu proclamata ufficialmente Θεοτόκος.
Nel 1917, la biblioteca John Rylands di Manchester, in Inghilterra, acquisì un gran numero di papiri egiziani, provenienti da Alessandria, scritti in greco κοινή [2]. La preghiera si trova nel frammento n. 470 e sembra provenire dal manoscritto di una liturgia natalizia copta (forse il vespro di Natale), ma potrebbe parimenti trattarsi di una copia privata destinata a un uso personale. Da questo tropario, ancor oggi impiegato nella liturgia greca, fu tratto pure l'antifona Sub tuum praesidium largamente impiegata nel rito romano.
[Υ]ΠΟ [ΤΗΝ CΗΝ]
ΕΥCΠΛ[ΑΓΧΝΙΑΝ]
ΚΑ[Τ]ΑΦΕ[ΥΓΟΜΕΝ]
ΘΕΟΤΟΚΕ Τ[ΑC ΗΜΩΝ]
ΙΚΕCΙΑC ΜΗ Π[Α]
ΡΙΔΗC ΕM ΠΕΡΙCΤΑCΕΙ
ΑΛΛ ΕΚ ΚΙΝΔΥΝΟΥ
ΡΥCΑΙ ΗΜΑC
Μ[Ο]ΝΗ Α[ΓΝΗ, ΜΟΝ]
Η ΕΥΛΟ[ΓΗΜΕΝΗ]
Ὑπὸ τὴν σὴν εὐσπλαγχνίαν
καταφεύγομεν, Θεοτόκε.
Τὰς ἡμῶν ἱκεσίας
μὴ παρίδῃς ἐν περιστάσει,
ἀλλ᾽ ἐκ κινδύνων ῥῦσαι ἡμᾶς,
μόνη Ἁγνή, μόνη εὐλογημένη.
Sotto la tua misericordia
ci rifugiamo, o Madre di Dio.
Non disprezzare nella sventura
le nostre suppliche,
ma liberaci dai pericoli,
sola pura, sola benedetta.
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NOTE
[1] La storia del culto a Iside è notoriamente complessa: divinità minore nell'Egitto più antico, assume popolarità durante il Nuovo Regno, ma la sua figura, filtrata dapprima dall'interpretatio graeca che la paragona a Demetra, muta sensibilmente in età tardo-ellenistica e romana. Assume difatti i contorni di un culto misterico, di cui abbiamo ampie testimonianze, di cui la più nota e peculiare nell'XI libro delle Metamorfosi di Apuleio, nonché nelle citazioni di vari storici e geografi (per un elenco vasto di testimonianze papiracee, e dunque dell'innodia liturgica del culto isideo, con ampio e dotto commento, cfr. P. SCARPI (a cura di), Le Religioni dei misteri. Vol. 2: Samotracia, Andania, Iside, Cibele e Attis, Mitraismo, Milano, L. Valla / Mondadori, 2013). In detto culto misterico, sebbene "madre di un dio" compaia tra gli epiteti della dea, è assolutamente secondario e non eccezionale nel panorama politeistico, ma soprattutto poco significativo dacché Iside è presentata dai suoi iniziati come la πανθέα μυριόνομος, la "dea universale dai molti nomi", una specie di divinità unica e suprema di cui gli idoli e gli déi dei vari culti politeistici di ogni popolo non sono che distinte forme in cui ella sola appare. Una figura di dio unico tipica dei culti misterici (non a caso il Cristianesimo monoteista vi fu assimilato dagli storici pagani, prima che ne cogliessero le profonde differenze), che comunque si sovrappone assai poco a Maria Madre di Dio.
[2] La κοινὴ διάλεκτος (lingua comune) è una forma di greco, più semplice e regolare della cosiddetta ἀττικὴ διάλεκτος (lingua attica, la lingua impiegata nell'Atene del V-IV secolo a.C., rimasta lingua della cultura erudita e dei documenti ufficiali nel mondo greco sino al 1976, nonché della liturgia cristiana), diffusasi in età ellenistica come lingua franca parlata in tutto l'enorme impero di Alessandro e nel Mediterraneo, ruolo che continuerà a svolgere (seppur limitatamente alla pars Orientis) per molti secoli, e dalla quale evolverà la lingua cosiddetta neogreca.
[Fonte rielaborata ed ampliata]
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