Circolo veneziano di studj liturgici orientali e occidentali
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sabato 19 febbraio 2022
Alcuni canti e testi per la domenica di Settuagesima
Con la domenica di Settuagesima prende compiutamente inizio il tempo pre-quaresimale (di cui abbiamo fornito una breve sinossi qui): esso, secondo la mistagogia liturgica dei Padri, rappresenta un percorso di preparazione della mente, che sarà seguito da un percorso di preparazione del corpo (Quaresima) e di preparazione dell'anima (Settimana Santa) alle grandi solennità pasquali. La tradizione liturgica romana inizia a tingere con toni penitenziali le proprie ufficiature: i sacri ministri indossano i parati violacei, ancorché non ancora del tutto penitenziali dacché diacono e suddiacono indossano le dalmatiche e non le pianete piegate, e soprattutto scompare dagli uffici la parola Alleluja, che nel costume romano ha un significato prettamente pasquale e gioioso. L'Alleluja riceve il congedo durante il Vespro del sabato sera, e precisamente al Benedicamus Domino, che è seguito - così come la sua risposta - da tale duplice invocazione; dipoi l'Alleluja sarà dismesso fino a Pasqua, e all'inizio degli uffici al suo posto si canterà Laus tibi, Domine (che altro non è che una parafrasi, dacché la parola ebraica significa "Lodiamo Dio").
Alla messa, invece, il canto dell'Alleluja, è sostituito dal Tratto, cioè da un salmo intero cantato tutto d'un tratto. Il tratto di questa prima domenica senza Alleluja è costituito dal De profundis, cioè il salmo 129, che esprime l'accoratezza del grido dei fedeli verso Dio (che poco prima è stato salutato come aiuto nelle tribolazioni dal salmo 9 da cui è tratto il Graduale), i quali lo invitano a non guardare alle iniquità, ma a perdonarli e venir loro in aiuto: questo è esattamente lo spirito di compunzione con il quale i fedeli, in questo tempo benedetto, si accostano alle pie rimembranze della penitenza.
Graduale
Ps 9,10-11; 19-20
Adjútor in opportunitátibus, in tribulatióne: sperent in te, qui novérunt te: quóniam non derelínquis quæréntes te, Dómine,
V. Quóniam non in finem oblívio erit páuperis: patiéntia páuperum non períbit in ætérnum: exsúrge, Dómine, non præváleat homo.
Tu sei l'aiuto nei casi della vita e nella tribolazione: sperino in te quanti ti han conosciuto, poiché non abbandoni chi ti cerca, o Signore.
V. Poiché non ti dimenticherai alla fine del povero, la sofferenza del povero non andrà nell'eterna perdizione: sorgi, o Signore, affinché non prevalga l'uomo.
Tractus
Ps 129,1-4
De profúndis clamávi ad te. Dómine: Dómine, exáudi vocem meam.
V. Fiant aures tuæ intendéntes in oratiónem servi tui.
V. Si iniquitátes observáveris, Dómine: Dómine, quis sustinébit?
V. Quia apud te propitiátio est, et propter legem tuam sustínui te, Dómine.
Dal profondo del cuore a te ho gridato, Signore: Signore, ascolta la mia voce.
V. Siano le tue orecchie attente all'orazione del tuo servo.
V. Se baderai alle iniquità, o Signore: Signore, chi potrà resistere?
V. Poiché presso di te è la clemenza, e a motivo della tua legge ho confidato in te, Signore.
Graduale
Tratto
Parlando di congedo dell'Alleluja, dobbiamo menzionare che in alcune tradizioni anglo-germaniche si compiva una curiosa usanza denominata "Funerale dell'Alleluia", ovverosia la simulazione di una cerimonia funebre in cui il sepolto altri non è che un panno o una tavola di legno con la scritta Alleluia, da seppellire nel cimitero o sotto le tovaglie dell'altare secondo gli usi. Durante questa bizzarra cerimonia, veniva spesso intonato un meraviglioso inno, che alcune tradizioni inglesi pure pongono come inno vesperale del sabato avanti la Settuagesima:
Alleluja, dulce carmen, Vox perennis gaudii, Alleluja vox suavis, Est choris cælestibus, Quem canunt, Dei manentes In domo per sæcula.
Alleluja læta, mater Concinis Jerusalem, Alleluja vox tuorum Civium gaudentium : Exules nos flere cogunt Babylonis flumina.
Alleluja non meremur Nunc perenne psallere, Alleluja nos reatus Cogit intermittere, Tempus instat, quo per acta Lugeamus crimina.
Unde laudando precamur Te beata Trinitas, Ut tuum nobis videre Pascha des in æthere, Quo tibi læti canamus Alleluja jugiter. Amen.
Alleluia, dolce canto, voce perenne di gioia, Alleluia, è una parola soave per i cori del cielo, che questi cantano, restando nella dimora di Dio nei secoli.
Alleluia, lo canti lietamente, o madre Gerusalemme; Alleluia è la voce dei tuoi cittadini festanti; ma ora ci costringono a
piangere, esuli, i fiumi di Babilonia.
Alleluia, non meritiamo ora di poterlo cantare per
sempre; Alleluia, la colpa ci costringe a interromperlo. Viene un tempo in cui con le
nostre azioni dobbiamo piangere i nostri
peccati.
Perciò lodando preghiamo Te, o beata Trinità, acciocché ci conceda di vedere la tua Pasqua nel cielo, talché lieti potremo cantarti Alleluia in quantità. Amen.
La bellissima figura della seconda strofa, con i Cristiani costretti dalla prigionia del peccato a interrompere i canti di gioia, come un tempo l'esilio babilonese costrinse gli Ebrei a cessarli, ci rimanda direttamente al salmo 136, che per una ragione analoga costituisce una parte preminente dell'officiatura della Settuagesima bizantina. Benché il libro liturgico del Triodio abbia avuto inizio già con l'Ottuagesima (Domenica del Fariseo e del Pubblicano), solo da oggi (Domenica del Figliuol Prodigo) al Polieleo ai due consueti salmi 134-135 se ne aggiunge un terzo, proprio il 136, cantato in un modo molto solenne. Nell'ascoltarlo (qui sotto in due versioni: la prima polifonica, la seconda in znamennyj e con il testo slavonico in sovraimpressione) si noterà che, a differenza di quanto sopra detto per l'uso latino, gli Alleluja non mancano, anzi abbondano! Si pensi che la stessa rubrica dice che il salmo va cantato "con un Alleluja bello [i.e., ornato]". Questo perché nella concezione liturgica bizantina l'Alleluja non è un canto pasquale o gioioso, ma primariamente un canto di umile lode, lode che è vieppiù necessaria insieme quando ci accostiamo a implorare il perdono delle nostre trasgressioni.
Un'altra notevole caratteristica dell'ufficiatura bizantina di questo giorno, con la quale chiudiamo la nostra carrellata, sono i tropari che sostituiscono quelli consueti cantati dopo il Vangelo aurorale, i quali costituiscono un toccante e profondo invito alla conversione dell'anima e del cuore.
Gloria, tono VIII. Aprimi la porta della conversione, o Datore di vita, fin dall’aurora infatti si protende il mio spirito al tuo tempio santo, portandoti il tempio del mio corpo tutto insudiciato: ma tu, che sei compassionevole, purificami nella tua benevola misericordia.
E ora, della Madonna. Appianami i sentieri verso la salvezza, o Deipara, poiché ho insozzato la mia anima con osceni peccati, e ho consumata tutta la mia vita nell’indolenza: ma con le tue preghiere liberami da ogni impurità.
Poi in tono VI. Abbi misericordia di me, o Dio, secondo la tua grande misericordia, e secondo la moltitudine delle tue compassioni cancella la mia iniquità. Considerando, io infelice, la moltitudine dei miei orridi delitti, tremo di fronte al terribile giorno del giudizio: ma confidando nella tua benevola misericordia, come Davide ti grido: Abbi misericordia di me, o Dio, secondo la tua grande misericordia.
A tutti buona Settuagesima, buon Triodio, καλὸν στάδιον!
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