Andando ad osservare invece gli Uffici Divini propri di altre forme liturgiche tradizionali occidentali, dai riti monastici a quelli gallicani e germanici, troviamo una varietà molto maggiore di Inni in onore dei Santi, che insieme alle sequenze andavano a costituire quel patrimonio liturgico-agiografico estremamente importante nella tradizione ecclesiastica ma altrimenti sconosciuto all'Occidente.
Un esempio è proprio l'inno in onore di S. Stefano, Sancti Dei pretiose, in uso nel rito carmelitano, in quello premonstratense, e in molti usi inglesi antichi (Sarum e York, ad esempio), giusto per citarne alcuni. L'inno è propriamente del Vespero, ma in taluni riti è impiegato anche alle Laudi o al Mattutino, laddove altri vi preferiscono il Comune dei Martiri. Talora era impiegato pure per la festa dell'Invenzione di S. Stefano (3 agosto). Possiamo datare la sua composizione almeno all'XI secolo: originariamente doveva comprendere solo tre strofe, abbenché successivamente si trovi nei manoscritti un gran numero di aggiunte spurie, talora a integrare, e talora (come vedremo) a sostituire la versione antica.
Questa prima trascrizione, che rappresenta l'uso liturgico più vicino a noi, è da un Breviario di Sarum del XV secolo, ed è riportata parimenti nei Breviari dei Carmelitani dell'Antica Osservanza.
Sancte Dei, pretiose,
Protomartyr Stephane,
Qui virtute caritatis
Circumfulsus undique,
Dominum pro inimico
Exorasti populo
Funde preces pro devoto
Tibi nunc collegio,
Ut, tuo propitiatus
Interventu, Dominus
Nos, purgatos a peccatis
Jungat caeli civibus.
Gloria et honor Deo
Usquequaque Altissimo,
Una Patri, Filioque,
Inclyto Paraclito,
Cui laus est et potestas
Per aeterna saecula. Amen.
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O Santo di Dio, glorioso,
protomartire Stefano,
che in ogni parte sei rivestito
della virtù della carità,
tu pregasti il Signore
per il popolo che ti era ostile.
Prega ora per questa
assemblea a te devota,
affinché il Signore,
propiziato dalla tua intercessione,
purificatici dai peccati,
ci congiunga agli abitanti del cielo.
Gloria e onore a Dio
Altissimo in ogni luogo,
nello stesso tempo al Padre, e al Figlio,
e al glorioso Paraclito,
cui spettano la lode e la potestà
nei secoli eterni. Amen.
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La trascrizione riportata di seguito è invece eseguita su due manoscritti del secolo XI; il primo al British Museum (Vesp. D. xii., f. 36 ; Harl. 2961, f. 229); il secondo a Durham (B. iii. 32, f. 14.), quest'ultimo riportato anche nella raccolta Latin Hymns of the Anglo-Saxon Church del 1851.
Si noti come la prima strofa è identica (eccetto l'impiego di circumfulcio in luogo di circumfulgo, senza variazioni di significato), mentre le altre sono nettamente diverse.
Sancte Dei, pretiose,
Protomartyr Stephane,
Qui virtute caritatis
Circumfulsus undique,
Dominum pro inimico
Exorasti populo.
Et coronae qua nitescis
Almus sacri nominis,
Nos, qui tibi famulamur,
Fac consortes fieri :
Et expertes dirae mortis
In die Judicii.
Gloria et honor Deo
Qui te flore roseo
Coronavit et locavit
In throno sidereo:
Salvet reos, solvens eos
A mortis aculeo. Amen.
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O Santo di Dio, glorioso,
protomartire Stefano,
che in ogni parte sei rivestito
della virtù della carità,
tu pregasti il Signore
per il popolo che ti era ostile.
E quella corona per la qual tu risplendi,
o benigno [santo] dal nome sacro,
fa’ che tocchi in sorte pure a noi,
che ti serviamo;
e sottraici alla funesta morte
nel giorno del Giudizio.
Gloria e onore a Dio
che ti ha incoronato con un fiore
rosa, e ti ha collocato
su di un trono celeste:
salvi i peccatori, liberandoli
dal pungiglione della morte. Amen.
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