mercoledì 25 settembre 2019

Cronaca e immagini del III Pellegrinaggio ad Aquileja

Sabato 21 settembre, festa di S. Matteo Apostolo ed Evangelista e Sabato dei Quattro Tempi di Settembre, si è svolto il terzo pellegrinaggio "alle sorgenti della Fede di Tradizione Marciana" ad Aquileja, organizzato dalla Compagnia di Sant'Antonio.

La giornata, preparata con la penitenza e con una novena alla Madre di Dio, è stata, come già gli anni passati, molto intensa e spiritualmente feconda. I pellegrini, partiti di buon mattino da Belvedere di Aquileja, nei pressi del luogo ove secondo una tradizione l'Evangelista San Marco sbarcò per evangelizzare le terre venete, recitando il Santo Rosario e cantando le lodi della Deipara, si sono recati alla chiesa del quartiere di Monastero. Ivi, il m. rev. don Michele Tomasin, parroco di Mariano del Friuli, del clero dell'archidiocesi di Gorizia, ha cantato la Messa in onore del santo Evangelista Matteo.

La schola cantorum Laetificat juventutem meam di Ancignano di Sandrigo (VI), diretta dal M° Mattia Cogo, ha accompagnato la celebrazione eseguendo l'ordinario della Missa choralis a 4 voci, in alternato con l'ordinario gregoriano Orbis factor, di Oreste Ravanello (1871-1938), e il proprio gregoriano della festa. Quale nota liturgica di pregio, l'Epistola e il Vangelo sono stati proclamati secondo le suggestive e dolci melodie del tono patriarchino-gradese, mentre il Prefazio degli Apostoli è stato cantato nel tono sollemnior.

Al termine della Divina Liturgia, al canto dell'ufficio dei Salmi Graduali, il clero e i fedeli si sono recati processionalmente alla Basilica Aquilejese, dapprima in Battistero, ove hanno rinnovato le promesse del Santo Battesimo mediante le parole del Credo Aquilejese tramandato da Rufino e l'aspersione con l'acqua benedetta; dipoi in Cripta, ove hanno piamente venerato le sacre reliquie dei Martiri Aquileiesi Ermagora, Fortunato, Canzio, Canziano, Canzianilla, Proto ed altri, che sono state incensate al canto dell'inno Sanctorum meritis.

Nel pomeriggio, la giornata è stata conclusa con una conferenza di formazione cattolica presso la Sala Romana della parrocchia di Aquileja, tenuta dal prof. don Samuele Cecotti, del clero tergestino, e dal prof. Giovanni Turco, dell'Università di Udine.

La Compagnia intende ringraziare tutti i pellegrini, giunti da Veneto, Friuli, ma anche quest'anno dalla Baviera e dalla Slovenia in particolare.

Un sincero ringraziamento va inoltre a chi ha collaborato con la Compagnia di Sant'Antonio all'organizzazione di questa edizione: la Società Internazionale Tommaso d'Aquino sez. FVG, il Circolo Culturale Cornelio Fabro di Udine, il Circolo Traditio Marciana di Venezia, la sezione pordenonese di Una Voce Italia e i cantori.














QUI la registrazione delle parti cantate e i video delle Sacre Cerimonie

martedì 24 settembre 2019

Il rapporto con il Creato in un'ottica cristiana tradizionale

Da ormai 30 anni, decenni prima della Laudato si' e delle mode ecologistiche che stanno pervadendo la Chiesa Cattolica e persino la politica internazionale più ad alti livelli ("grazie" alle mirabolanti "imprese" di una ragazzina svedese), la Chiesa di Costantinopoli, il 1° settembre, accanto alla tradizionale ricorrenza dell'inizio dell'Indizione e dell'Anno Ecclesiastico, nonché alla venerabile memoria del nostro padre Simeone lo Stilita, commemora il "giorno di protezione dell'ambiente", il cui nome è recentemente mutato in "giornata di preghiera per la salvaguardia del Creato", e in tal guisa adottato ecumenicamente pure dalla Chiesa Cattolica e dalle sette protestanti.

Pertanto, in tutte (o quasi) le chiese poste sotto l'omoforio di Bartolomeo, durante la Divina Liturgia di domenica 1° settembre è stato letto quest'anno il messaggio del Patriarca Ecumenico in occasione di tale ricorrenza. Andando contro i miei principi (per il quale rifuggo l'ascolto di testi aliturgici durante i sacri servizi), ho deciso allora di ascoltare con attenzione il messaggio, tenendo lo sguardo ben fisso sul Pantocratore raffigurato sulla cupola della chiesa in cui mi trovavo. Ebbene, in tutto il prolisso discorso, che si facea vanto dell'impiego di termini certamente ben più elevati di quelli dell'ecologista medio, da teologia ecologica a ethos ascetico, non udii mai nominare il Nome santissimo di Colui al quale stavo volgendo i miei occhi. Tale impressione mi fu confermata dal celebrante della Divina Liturgia (che peraltro si era rifiutato di leggere personalmente il messaggio), il quale poi in confidenza mi disse che questa è l'ennesima prova che le forze avversarie agiscono da decenni ormai non solo nel Cattolicesimo, ma purtroppo anche nell'Ortodossia.

E' veramente desolante constatare come nella trappola ecologica stiano cadendo ignari a migliaia (e sorvolerò sul fatto che un ministro dell'Istruzione si permetta di giustificare gli scolari partecipanti allo "Strike for Climate"; potrebbe anche essere l'iniziativa più bella del mondo [e non lo è], ma ciò non consente di invitare a cuor leggero alla violazione delle leggi dello Stato e della logica). Può da una parte esservi chi minimizza il problema esistente (ma esiste solo oggi?), ma i mezzi d'informazione e personaggi come la famosa Greta, contribuiscono a far passare un'idea profondamente sbagliata del rapporto che bisogna avere col Creato, e i capi della gerarchia ecclesiastica, accogliendo questo messaggio -che è chiaramente ateista nei termini-, dimostrano di ignorare o -peggio- consapevolmente rigettare la concezione del rapporto tra uomo e Creato che è insita nella Tradizione Cristiana.

Nell'analizzare tale rapporto, potremmo partire da dei dati sperimentali. Ovvero che i momenti di maggior inquinamento del pianeta corrispondono segnatamente all'era pagana (Antica Roma, dovuto alla gran quantità di piombo e di altri metalli rilascianti agenti inquinanti fusa) e alla lunga età delle tre rivoluzioni industriali (oggi forse viviamo nella quarta), quest'ultimo momento di allontanamento generale e violento della società dal Cristianesimo e dai paradigmi di effettiva sostenibilità sociale (quella "ecologica" ne è una conseguenza) che esso aveva portato. Piuttosto però vorrei fornire qualche breve considerazione teologica.

Nell'icona del Sinai della Trasfigurazione,
la luce del Tabor inonda tutto il cosmo
La Storia del mondo è suddivisibile, come sappiamo, in tre "epoche": prima della Caduta, dopo la Caduta e dopo la Redenzione. Tutti gli uomini, eccetto i progenitori, conoscono la situazione di caos, la "malattia del genere umano" seguita alla Caduta, e noi mediante l'incorporazione nel Battesimo al corpo mistico del Teantropo possiamo essere sanati da tale infermità e giungere alla pristina salute, alla condizione divina (in seguito a un processo di theosis) in virtù della Grazia. Anche nel rapporto col cosmo si evidenziano queste tre epoche.

Nella Genesi, Adamo dà il nome alle cose, e vive in armonia con gli animali e il cosmo, e tutto obbedisce ai suoi ordini, perché Iddio ha creato l'uomo perché dominasse su tutte le altre creature. Questo rapporto armonico tuttavia si rompe gravemente col peccato originale. L'ordine viene rotto dalla prevaricazione dei primi parenti, e il rapporto con il creato diventa duro, faticoso, violento; dall'episodio di Caino e Abele vediamo che persino tra consimili, tra fratelli, sono venute l'invidia, l'ira e la violenza: ancor di più queste derivano nei confronti di creature "altre" come gli animali, specie quando la lotta con loro diventa necessaria per ottemperare ai bisogni innaturali derivati dal peccato. Essi dal canto loro percepiranno l'uomo caduto come una minaccia, e lo attaccheranno. Questa condizione, che ricorda molto la lotta per la sopravvivenza delle fallaci teorie darwiniane, non è però la condizione originale del cosmo, ma la condizione originata dalla colpa. Un discorso simile si compie anche sul piano sociale: la proprietà privata veramente è innaturale per l'uomo così come Iddio lo creò, ma la sua esistenza è una conseguenza diretta e ineluttabile del peccato ancestrale (per questo il marxismo, volendo abolirla umanamente e risolverla in un "possesso comune", compiva un errore madornale).

Tuttavia, l'uomo deificato dalla Grazia, che si effonde dalle energie divine nel cosmo, vive nello stato precedente alla caduta, essendo stato sanato della malattia antica. Questo si vede chiaramente negli esempi dei Santi (che sono la testimonianza vivente delle operazioni della grazia sull'uomo): il miracolo di S. Francesco e gli uccelli o il lupo, di S. Egidio e il cervo, di S. Paisios e la lucertola... Essi vivono in uno stato di armonia con il cosmo, come viveva Adamo prima della caduta. Tra i racconti dei gherontes dei monasteri vi sono molti casi di monaci morsi da serpenti o scorpioni senza conseguenze, perché quel morso era privo di veleno in quanto comminato a una persona con cui il Creato è in ordine spirituale. Parimenti, il monaco, il Santo, incarna anche socialmente lo stato precedente alla caduta, tramite la rinuncia a tutto, realizzando così quell'ideale sociale veramente cristiano che è la "mancanza di possesso" (così l'Arciprete Georgios Metallinos in "La Via - Introduzione alla Fede Ortodossa") piuttosto che il "possesso comune", che non significa la povertà materiale assoluta, bensì il totale distacco da ogni bene materiale e terreno.

Finché non si parla dell'azione delle divine energie, della grazia che inonda il cosmo della luce del Tabor, e lo trasfigura a immagine di Dio, secondo le parole della Scrittura, qualsiasi prospettiva ambientalista resterà sempre troppo umana, sterilmente terrena, e financo ateistica. Iddio liberi! Kyrie eleison!

Messa cantata il 29 settembre a Cleulis di Paluzza (UD)

Domenica 29 settembre alle ore 18, presso la chiesa di S. Osvaldo re e martire a Cleulis di Paluzza (UD), sarà cantata la Messa in rito romano tradizionale nella festa di S. Michele Arcangelo, per le cure del Coetus fidelium Carnorum regionis "S. Hilarius martyr".

Presso la medesima chiesa, alle ore 17, si terrà un'ora di catechesi.

venerdì 13 settembre 2019

Il culto al Santo Chiodo: il rito della Nivola

di Luca Farina

Una delle celebrazioni certamente più caratteristiche e interessanti che si svolgono nel Duomo di Milano è certamente quella del rito della Nivola. Agli occhi di un cattolico, però, esso non è solamente qualcosa di scenografico, ma essenzialmente un gesto di fede.

Come noto, nella cattedrale ambrosiana è conservato uno dei chiodi della Santa Croce, posto nel catino absidale. Tale chiodo è conservato in un tabernacolo (all’altezza di circa 40 metri) costantemente illuminato da una lampada rossa, visibile fin dalle porte d’ingresso. Esso è presente fin dal 20 marzo 1461, quando fu traslato dall’antica basilica di Santa Tecla. Questa preziosa reliquia viene prelevata per essere mostrata ai fedeli con un rito particolare, quello della “Nivola”.

Di facile intuizione anche per i non meneghini, questa parola significa nuvola in dialetto. Affinché il Santo Chiodo venga traslato dal tabernacolo all’altare si fa uso di una sorta di ascensore, decorato a forma di nuvola. Di foggia barocca, la struttura è composta da una base a forma di nembo in lamiera, due angeli sui lati reggenti una torcia e, come se fosse un palco, tendine rosse, tra le quali vi è lo spazio per inserire la croce che ospita la teca col Santo Chiodo; i dipinti sono di Paolo Camillo Landriani. La configurazione attuale è del 1624. Vi è anche una seduta per consentire all’Arcivescovo o al canonico che lo sostituisce, generalmente l’Arciprete, di prendervi posto durante l’ascesa e la discesa.


Questa celebrazione, introdotta e fortemente voluta da San Carlo Borromeo, si svolgeva dal 3 maggio, festa dell’Invenzione della Santa Croce, al 5 maggio. Gli esordi si ebbero nel 1576, quando il presule volle portare in processione penitenziale [1] il Santo Chiodo al fine di scongiurare da Dio la pestilenza. Inizialmente la Nivola era manovrata a mano con funi ed argano. Si racconta che nel ‘700 accadde che i tiratori persero la coordinazione, le funi si imbrigliarono e la struttura si inclinò pericolosamente, esponendo a serio rischio il canonico che vi era seduto. Negli anni ’60, a causa dei lavori di restauro, la celebrazione fu sospesa. Solamente negli ultimi decenni il rito fu restaurato, traslato però al sabato più vicino al 14 settembre, festa dell’Esaltazione della Santa Croce (anche nel rito ambrosiano la festa del 3 maggio fu soppressa dalle riforme giovannee, applicate poi con decreto dell’allora Arcivescovo Montini in qualità di capo rito[2]).


Alle ore 15 del sabato si celebrano i Vespri votivi della Santa Croce, presieduti dall’Arcivescovo in forma pontificale (indossando i paramenti della Messa, come da tradizione del Vespero pontificale ambrosiano, assistito dall’arciprete in qualità di prete assistente e da due canonici diaconi, che vestono dalmatica e stola sopra veste paonazza e rocchetto) o, in sua assenza, dall’arciprete. Dopo il canto dell’inno VexillaRegis, il celebrante si porta nella cappella feriale, prende posto sulla Nivola e si reca a prelevare il Santo Chiodo. Nei momenti di salita e di discesa vengono intercalati canti e brani del Passio di San Giovanni. Giunta la reliquia all’altare il Vespro prosegue, al termine del quale viene impartita la benedizione con la medesima.


Il giorno seguente, domenica, vengono celebrati i Vespri capitolari, al termine dei quali il Santo Chiodo viene portato, sotto il baldacchino rosso, in processione per le navate del Duomo. Anticamente, però, la processione arrivava fino alla chiesa di San Sepolcro.

Il lunedì, passate le quaranta ore di esposizione, al termine della Messa e dei Vespri, il Chiodo della croce viene riposto, facendo nuovamente uso della Nivola.

La partecipazione degli Arcivescovi, però, non fu sempre frequente: il Cardinale Martini, spesso, non partecipava all’intero rito ma giungeva solamente in abito corale e stola rossa al momento delle traslazione.

Anche per quanto riguarda i fedeli c’è da dire che non sempre essi si comportano come tali: molte persone, appena giunto il Santo Chiodo all’altare, vanno via, ignorando che i Vespri debbano ancora continuare.

In questa società in cui la Croce è considerata strumento di ludibrio e, in nome della laicità di stato, ci si strappa i capelli per i crocifissi nelle aule scolastiche o di tribunale, vedere onorare il segno della nostra salvezza, tramite il Santo Chiodo, da molte persone di giovane età significa che la redenzione operata da Nostro Signore non è stata vana, ma è ancora attuale e vivificante.

In conclusione, si sente spesso affermare che questo rito è inutile poiché la reliquia non è autentica: se anche così fosse (ma non ci sono elementi per affermare ciò, quando invece la Tradizione milanese non ne ha mai dubitato e, anzi, vescovi rigorosi come San Carlo o il Beato Schuster hanno sempre creduto alla sua autenticità [3]), una mentalità freddamente razionalista, non cristiana, giudicherebbe questo rito come qualcosa di assurdo, ma il cristiano non venera quel pezzo di ferro, ma ricorda la salvezza che venne da Nostro Signore Gesù Cristo tramite il legno della Croce e il ferro dei chiodi.

Il rito celebrato dall'Arcivescovo Scola nel 2015

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NOTE

1: questa processione è ritratta da Gian Battista della Rovere, in cui si vede San Carlo, vestito in maniera penitenziale con la corda al collo, incedere con la croce contente il Santo Chiodo sotto il baldacchino rosso. Questo dipinto fa parte del cosiddetto “ciclo dei quadroni di San Carlo”, esposti in Duomo intorno al 4 novembre, ricorrenza liturgica dello stesso.
2: l’Arcivescovo Metropolita di Milano, è di diritto capo-rito: in quanto tale, ogni riforma liturgica del Sommo Pontefice deve essere poi ratificata e confermata da lui. Ne sono esempio i Messali, che non portano il nome, per esempio, di Pio XII o Giovanni Paolo II, ma, rispettivamente, dei Cardinali Schuster e Colombo.

3: con un approccio veramente rigoroso, San Carlo Borromeo e il Beato Alfredo Ildefonso Schuster, vollero sempre controllare, durante le visite pastorali, l’autenticità delle reliquie esposte alla venerazione dei fedeli nelle varie chiese.

domenica 8 settembre 2019

In Nativitate B. Mariae Virginis

8 settembre

In Nativitate B. Mariae Virginis
Ἡ γέννησις τῆς Ὑπεραγίας Θεοτόκου
Natività della Madre di Dio

Pietro Lorenzetti, Natività della Vergine, 1335-42, Museo dell'Opera del Duomo di Siena


Ἡ γέννησίς σου Θεοτόκε, χαρὰν ἐμήνυσε πάσῃ τῇ οικουμένῃ, ἐκ σοῦ γὰρ ἀνέτειλεν ὁ Ἥλιος τῆς δικαιοσύνης, Χριστὸς ὁ Θεὸς ἡμῶν, καὶ λύσας τὴν κατάραν, ἔδωκε τὴν εὐλογίαν, καὶ καταργήσας τὸν θάνατον, ἐδωρήσατο ἡμῖν ζωὴν τὴν αἰώνιον.

Natívitas tua, Dei Génetrix Virgo, gáudium annuntiávit univérso mundo: ex te enim ortus est sol justítiæ, Christus Deus noster: qui solvens maledictiónem, dedit benedictiónem; et confúndens mortem, donávit nobis vitam sempitérnam.

La tua natività, o Genitrice di Dio, portò l'annuncio della gioia al mondo intero: da te infatti nacque il Sole di giustizia, Cristo Dio nostro, il quale sciogliendo la maledizione diede la benedizione, e sconfiggendo la morte donò a noi la vita sempiterna.

(Antichissimo tropario, utilizzato e nel rito bizantino come Apolytikio della festa, e nel rito romano come antifona del Magnificat dei II Vespri)



Per ricordare che la Santissima Genitrice del Nostro Salvatore, giusta la tradizione antichissima del'Ecumene Cristiano, basata sul Protovangelo di Giacomo e le testimonianze giudaiche, rimontante almeno al V secolo, confortata da tutti i Padri e i Dottori, nacque oggi 8 settembre, e non il 5 agosto come in qualche ambiente si sostiene...

mercoledì 4 settembre 2019

Intervista agli organizzatori del Pellegrinaggio ad Aquileja

Rammentando il pellegrinaggio del prossimo sabato 21 (QUI il programma), proponiamo questa intervista agli organizzatori dello stesso, parti della quale sono apparse nella rivista tedesca Dominus vobiscum n. 18, aprile 2019, dell’associazione Pro Missa Tridentina.

IL PELLEGRINAGGIO AD AQUILEIA
Alle sorgenti del Cristianesimo secondo la tradizione di San Marco 
Compagnia di Sant’Antonio

Ci stiamo approssimando alla terza edizione del Pellegrinaggio della Tradizione Marciana, ad Aquileia, che si svolgerà sabato 21 settembre prossimo.
E’il momento più importante e conclusivo della breve, ma significativa, stagione di pellegrinaggi locali che la Compagnia di Sant’Antonio ha svolto nel corso di questo anno liturgico, partendo dal Santuario di Madonna del Monte di Aviano e passando per Concordia Sagittaria, figlia di Aquileia nella Fede e testimone del cristianesimo dei primi secoli.
Ne parliamo con alcuni dei promotori di questo pellegrinaggio.

Iniziamo col chiedere con quale scopo è stato organizzato questo pellegrinaggio?

All’inizio alcuni fedeli, avendo grande amore e stima per la Santa Messa secondo il Rito Antico, desideravano far conoscere a tanti altri la sua incomparabile ricchezza e inestimabile valore spirituale. Oggi si vive chiusi come in una cantina con poca luce. Siamo diventati poverissimi nelle cose della nostra nobilissima Fede cattolica. E allora se a qualcuno arriva la grazia di scoprire l’uscita da questa cantina, non puo’ che voler farla conoscere a tutti gli altri rinchiusi. Il pellegrinaggio è nato con questo scopo, cioe’, di far conoscere queste sublime bellezze e per la consolazione e gioia di tanti. La Basilica di Aquileia si presta come luogo sovraregionale dove i vari gruppi amanti della Messa di sempre si possono incontrare per celebrarla. Inoltre, proprio là e’ la sorgente che propago’la Fede in queste terre, proprio là è giunto per primo l’Evangelista Marco ad annunciarla. E da là il nuovo credo si è irraggiato nelle regioni circostanti, cosa che ci auguriamo torni a succedere anche oggi.

Aquileia è nota per i suoi Santi Martiri. Quale ruolo hanno nel pellegrinaggio?

Si può dire che i Martiri sono i “padri”della fede, a maggior ragione in quest’epoca in cui manca ogni orientamento. Come tutti i Santi, anch’essi attendono solo che qualcuno li invochi. Come veri padri ci insegnano la vera via che porta a Dio e alla Patria celeste.

Abbiamo parlato finora del luogo. Anche la data del pellegrinaggio a fine settembre ha un significato particolare?

In verita’ la data del primo pellegrinaggio e’stata determinata unicamente dal fatto che era l’unico sabato in cui la Basilica poteva accoglierci. Ma quasi subito ci accorgemmo della grazia che ci fu fatta dal Cielo: quel sabato non solo era la ricorrenza della festa di San Pio, e questo fatto ci fece riflettere molto sul nesso tra questo grande Santo e la Santa Messa millenaria, gloria della Chiesa e gaudio delle anime. Penso sia universalmente saputo la straordinarieta’ di ogni Santa Messa offerta dalle mani piagati di Padre Pio, e le folle che facevano di tutto pur di parteciparvi. Ben sta l’appelletivo “Rito Extraordinario”!
La data poi corrispondeva alle Quattro tempora e nulla poteva esprimere meglio il carattere penitenziale che desideravamo dare al pellegrinaggio. Il pellegrinaggio e’stato voluto soprattutto per supplicare il Signore di preservare la Fede Cattolica in queste terre. Quale castigo peggiore della perdita della Fede? E’la causa dell’immoralita’ che distrugge poi le famiglie e le vocazioni; la societa’ si restringe e i popoli stranieri si moltiplicano; e  in quest’era ‘post-cristiana’i Sacerdoti e la Sante Messa spariscono sotto i nostri occhi! Dice il Signore per bocca del Profeta Osea: per l’iniquita’ del mio popolo, “Farò cessare tutte le sue gioie, le feste, i noviluni, i sabati, tutte le sue assemblee solenni. ... Li ridurrò a una sterpaglia e a un pascolo di animali selvatici”. 
Inoltre il pellegrinaggio svolgendosi in giorno di sabato, si onora in  modo particolare la Santissima Vergine Maria. Lo scorso anno [2018] il pellegrinaggio cadde nel giorno della Madonna Addolorata, il 15 settembre, quest’anno invece, il pellegrinaggio avra’ luogo il 21 settembre, festa del Santo Evangelista Matteo, ed e’anche il Sabato delle Quattro Tempora. 

Quale funzione hanno gli stendardi?

Sono stati fatti per mostrare un segno visibile ed eccelso della nostra Fede…e per distinguerci dalla gente che va a passeggio! Abbiamo voluto che fossero più belli possibile per glorificare Dio. Comunque, ogni aspetto del pellegrinaggio e della Santa Messa viene curato per poter offrire al Signore il meglio e il piu’ bello in tutto. 

Potete descrivere, per favore, un paio di stendardi particolarmente significativi.

Sì, volentieri. Il primo mostra una grande “M”, la lettera iniziale di Maria sotto una corona dorata affiancata da gigli, il tutto su sfondo azzurro. La fonte d’ispirazione è stata un santino. La Basilica aquileiese è dedicata a Maria SS. Ella è la nostra mediatrice della misericordia di Dio e ci insegna l’umiltà. I gigli simboleggiano la purezza che è strettamente legata alla fede: senza la purezza si perde anche la Fede.
Il secondo stendardo mostra una croce con Gesù crocifisso e la scritta “Domine, parce nobis”, cioè “Signore, abbi pietà di noi”. Questa implorazione è propria della Settimana Santa e dei Quattro tempora: si prega di essere risparmiati dalla punizione meritata per i nostri peccati e, attraverso la penitenza, di tornare in Grazia di Dio. La Croce è il pegno della nostra salvezza. Il colore rosso scuro simboleggia il Preziosissimo Sangue che ci salva e che viene offerto in ogni Santa Messa.

Quale ruolo gioca il carattere pubblico del pellegrinaggio?

È la riparazione pubblica per tutte le offese pubbliche che riceve il Signore; e’riparazione per l’edonismo di questi tempi, per i sacrilegi contro l’Eucarestia, per l’apostasia nella fede. Si vuole così rendere a Dio l’onore che Gli è stato negato con questi peccati. Cito da un opera di P. Garrigou-Lagrange: la pubblica riparazione, “tiene lontani i grandi castighi, anche pubblici che il mondo merita per le sue colpe, e chiede allo stesso tempo misericordia per i peccati, in modo che [l’uomo ritorni] sulla via della salvezza e si penta.”

Perché il Latino è particolarmente appropriato come lingua per questo pellegrinaggio?

Il Concilio, nella costituzione sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, stabilì che «l'uso della lingua latina, salvo diritti particolari, sia conservato nei riti latini»e che «i fedeli sappiano recitare e cantare insieme, anche in lingua latina, le parti dell'ordinario della Messa che spettano ad essi»
Prima ancora del Concilio, Papa Giovanni XXIII scrisse nella costituzione apostolica Veterum Sapientia: “…la Santa Sede ha gelosamente vegliato sulla conservazione e il progresso della lingua latina e la ritenne degna di usarla essa stessa, «come magnifica veste della dottrina celeste e delle santissime leggi», nell'esercizio del suo magistero, e volle che l'usassero anche i suoi ministri.”
     Oggi esso viene ancora usato per esempio nelle preghiere degli esorcismi perché, secondo quanto affermano gli stessi esorcisti, è più efficace delle lingue moderne. Sosteniamo il Latino perché amiamo la Chiesa e vogliamo onorare Dio nella lingua originaria e ufficiale della Chiesa. Il Latino rimane inoltre tuttora la lingua della liturgia e tutti i figli della Chiesa dovrebbero essere in grado di usarla in modo naturale.

E il Latino può servire bene come lingua internazionale dei pellegrini…

Sì, certo. Lo scorso anno ci sono stati partecipanti da varie nazioni. Visto che il Cristianesimo si è diffuso a partire da Aquileia era naturale invitare al pellegrinaggio fratelli di fede dai paesi confinanti.

Quale futuro per questo pellegrinaggio?

Non possiamo dirlo con sicurezza. Intanto preghiamo di avere la grazia di poter continuare a tenerlo ogni anno. Vorremmo invitare i pellegrini a ideare e portare in processione i loro propri stendardi o croci.

Come ci si prepara altrimenti per il pellegrinaggio?

Invitiamo i pellegrini a prepararsi con una novena, che inizieremo giovedì 12 settembre. Inoltre, sul suggerimento della nostra Guida Spirituale, i fedeli sono invitati a voler offrire il digiuno (secondo le norme stabilite dalla Chiesa per il Venerdì Santo) il giorno precedente al pellegrinaggio, che e’ il ‘Venerdì delle Quattro Tempora’.

Vorrei fare ora una domanda un po’ scomoda... Pensando in maniera autocritica, quali sono i punti deboli dei fedeli della Messa Tridentina?

A causa dell’eccellenza di questo rito si può essere tentati ad essere insofferenti ed ipercritici verso i nostri fratelli di Fede che non lo conoscono o che sono un po’ prevenuti forse. La grazia che abbiamo ricevuto va conservata con umilta’: siamo stati chiamati a proteggere e sorvegliare una ricchezza che appartiene a tutti i fedeli di tutti i tempi.  Adempiamo con attenzione e fedelta’ cio’ che il Signore ha affidato a noi, servi inutili. Una seconda tentazione è quella di perdersi nell’esteriorità, nell’aspetto estetico: paramenti sacri, la bella liturgia, i canti tradizionali. L’esteriorita’ deve arricchire la nostra interiorita’, le nostre anime; la bellezza deve nutrire e far aumentare in noi una bonta’ veramente di Cristo.

Come si integra il battesimo nel corso del pellegrinaggio?

Il nesso è nelle promesse battesimali che vengono rinnovate pubblicamente presso l’antico battistero della Basilica. Nel battesimo muore l’uomo vecchio e rinasce come uomo nuovo. Ogni giorno siamo in lotta con le opere di satana, e tante volte al giorno dobbiamo rinunciare alle sue opere nefaste e dire con forza: Credo! E perche’credo, agisco di conseguenza, e con coerenza. La Chiesa si rinnova continuamente solo in questo modo: rinunciando ogni giorno alle opere di satana. Al termine del cammino penitenziale della Quaresima si usa rinnovare le promesse battesimali; un pellegrinaggio e’un cammino penitenziale.

Finora abbiamo parlato molto di penitenza. In questo pellegrinaggio c’è anche spazio per la gioia cristiana?

La fatica del pellegrinare, il caldo, il camminare, le costanti preghiere e canti—sono penitenze che vengono vissute e offerte molto felicemente perche’ la nostra gioia e’ grande: siamo tutti insieme, i canti ci rinvigoriscono, le preghiere ci toccano nel piu’ profondo, siamo uniti con tutta la Chiesa di tutti i tempi, siamo in processione fianco a fianco con tutti i Santi di questa gloriosa Chiesa; possiamo esultare come i pellegrini nel Salmo 84:
Quanto sono amabili le Tue dimore,
Signore degli eserciti!
L'anima mia languisce
e brama gli atri del Signore. (...)
Beato chi trova in Te la sua forza
e decide nel suo cuore il Santo Viaggio. (...)
Passando per la valle del pianto
la cambia in una sorgente (...)
Cresce lungo il cammino il suo vigore,
finché compare davanti a Dio in Sion.

Vorreste forse aggiungere ancora qualcosa per i lettori?

Li invitiamo di tutto cuore a partecipare al pellegrinaggio, per il bene della Chiesa odierna e a condividere con noi la gioia di questa giornata ad Aquileia.

Data del prossimo pellegrinaggio ad Aquileia: 21 settembre 2019

Informazioni: compagniasantantonio@libero.it

martedì 3 settembre 2019

Lettera di un monaco ortodosso sulla Chiesa Cattolica moderna

Pubblichiamo la traduzione italiana della risposta di un monaco ortodosso, rimasto anonimo, a un monaco benedettino, anch'egli anonimo. La lettera tratta diversi punti d'interesse, a partire dall'incipit, nel quale la teologia ortodossa delle energie divine e della trasfigurazione del cosmo ad opera della grazia è resa con tratti semplici e chiari; seguono una critica al recentismo e all'evolutio dogmatum della teologia cattolica, dell'evoluzione dell'arte religiosa, un'attenta disamina del Papato, principale argomento su cui verteva la lettera del benedettino, e non mancano notevoli accenni alla crisi della Chiesa Cattolica moderna, che ha abbandonato le sue tradizioni liturgiche rimontanti alla Chiesa del primo millennio. Tutti argomenti anche già trattati sul nostro blog, che trovano qui riassunto durissimo ed efficace, scritto da una persona la cui sintonia con le nostre posizioni è disarmante, e al tempo stesso confortante nella fede in Cristo.
[Fonte. Traduzione a cura di Traditio Marciana]

Caro padre, figlio di San Benedetto, ti ringrazio per le tue parole e per la tua attenzione verso l'Ortodossia. E' risaputo che noi Ortodossi stiamo vivendo in questo momento un incredibile periodo di rinnovamento spirituale. La ricerca e l'esperienza di Dio sono il cuore dei nostri interessi. Certamente, Dio non è conoscibile, ma l'esperienza della Trasfigurazione e della luce increata è il cuore del nostro progresso spirituale. Conoscerai di sicuro la figura russa di San Serafino di Sarov, che insegnò dell'acquisizione dello Spirito Santo. Forse avrai sentito anche dei gherontes dell'Athos, come Giuseppe l'Esicasta, la cui fecondità spirituale è straordinaria. Anche tra gli Egiziani forse hai sentito nominare Matteo il Povero, già abate e ristrutturatore del monastero di San Macario. Questi mondi ortodossi, che siano essi greci, russi, copti o egiziani, sono oggi visitati dalla potente luce di Dio, Dio reso accessibile grazie alla forza del Nuovo Testamento, alla fedeltà agl'insegnamenti dei Padri e alle nostre divine liturgie in tutti i punti conformi alla nostra tradizione ricevuta; tutto ciò ci dà la possibilità di avere un respiro spirituale come mai prima d'ora. La Vergine di Zeitoun, non tanto tempo fa, ha onorato della sua presenza i nostri fratelli Copti, visibile a tutti.

Nonostante il pericolo Turco, nonostante le barbarie del Comunismo, nonostante un Islam impazzito, abbiamo preservato fedelmente l'eredità dei nostri padri.

Tu che appartieni al cosiddetto "mondo libero", cos'hai a che fare con essa? Chi tra i Cattolici conosce San Giovanni Climaco, la cui Santa Scala sorpassa in sapienza l'Imitazione di Cristo? Chi ha retto San Massimo il Confessore, il Tommaso d'Aquino del primo millennio? Chi conosce Efrem e Isacco il Siro, quei grandi maestri della vita spirituale? A parte Sant'Agostino, le vostre radici non fanno più indietro del dodicesimo secolo. Ciascuna delle vostre generazioni si dà i propri maestri, i propri riferimenti graditi. Qualche tempo fa lo era Pascal, ieri lo era il padre Teilhard de Chardin, oggi la moda è cambiata così velocemente che i nomi non vengono nemmeno ricordati, eccezion fatta forse per Rahner, Kung e Boff. Mi sembra che tutte queste persone siano più interessate a costruire un'antropologia a loro immagine e somiglianza, e conformi all'opinione comune del momento, piuttosto che ricevere la presenza di Dio in loro stessi. Come noi vediamo le cose, costoro che tu consideri guide e teologi sono spesso intellettuali meno avanzati del più giovane dei nostri monaci che compiono le loro metanie e senza sosta mormorano la Preghiera di Gesù per stabilire la cusodia del cuore al loro interno, con l'aiuto della Santissima Trinità. I vostri pensatori non sanno nulla né della prassi né della teoria. La sapienza degli umili è a loro aliena.

Persino tu, caro Padre, figlio di San Benedetto e di San Giovanni Cassiano, hai avuto contezza della loro comune fonte, Evagrio Pontico? Molti dei tuoi negozietti monastici sono pieni del commercio di beni mondani, e lo spazio lasciato ai Padri è spesso ridotto.

La nostra tradizione spirituale fu dilaniata dalla controversia Iconoclasta, la soluzione della quale fu raggiunta al secondo Concilio di Nicea. La distinzione tra icona, idolo e immagine è molto importante per noi. Ma voi, dopo aver abbandonato l'icona con e dopo Fra Angelico, avete gettato voi stessi a rotta di collo nel culto dell'immagine con fattezze realistiche, che enfatizza il talento dell'artista, dell'emozione umana e dei sentimenti. Tutto questo finché non vi stancherete di queste visioni antropomorfiche. Voi ora avete raggiunto una sottile forma di iconoclastia, centrata sull'auto-celebrazione dell'uomo. Le vostre chiese sono spoglie di ogni segno, ma avete messo voi stessi al centro.

Questo mi porta al terribile deserto liturgico in cui ora vi trovate. Voi avete abbandonato la Romana liturgia di San Gregorio. Voi avete cacciato dalle vostre chiese più o meno tutti quelli che volevano rimanerle fedeli. Nonostante voi abbiate perso la tradizione che presso di noi è chiamata Iconostasi e da voi Tramezzo (ingl. Rood Screen, esp. Coro Alto, fr. Jubè, deut. Lettern), c'erano grandi punti d'incontro la vostra liturgia antica e le nostre divine liturgie di San Giovanni Crisostomo e S. Basilio. Voi avete l'urgente compito di una restaurazione da portare avanti, perché fintantoché non sarà adempito, voi non sarete in grado di accogliere altre tradizioni, così occupati come siete nel distruggere ogni memoria del passato.

Parlando di liturgia, sono rattristato dal vedere come la Santa Trinità sia scomparsa dal vostro orizzonte [1], nonostante Essa sia il solo soggetto della Fede. Mentre la Processione del Santo Spirito portò così tante discordie storicamente tra di noi, da ciò che vedo la contemplazione della Trinità sembra non essere più il cuore della liturgia per voi. Un po' come nell'Antico Testamento, voi siete la comunità, popolo di Dio, a faccia a faccia con l'Unico Dio, ma eppure abbastanza discreto rispetto all'individuo che è fondamentalmente indegno di fronte alla Santissima Trinità. La vostra mancanza di riverenza di fronte ai Santi Doni, la Comunione che il credente prende da sé [2] senza aver ricorso affatto alla Confessione, ci sembrano essere gravissime anomalie.

Veniamo ora all'obbedienza e al primato del papa di Roma. Per affrontare questo argomento, bisogna comprendere le nostre tradizioni storiche. Noi siamo gli eredi dell'Impero Romano d'Oriente. Presso di noi, il potere imperiale ha sempre contato qualcosa al tempo dei Santi Concili. E' normale e naturale che il potere temporale debba essere associato, in un modo o nell'altro, con la vita della Chiesa. E' naturale che i confini dello Stato debbano far parte della definizione dei Patriarcati, e che questi patriarchi debbano avere la lor propria autorità avanti ai governanti. Dal vostro canto, in Occidente, voi avete conosciuto una mancanza di potere temporale molto presto. Ambrogio di Milano, Agostino d'Ippona, vissero alla fine dell'Impero Romano d'Occidente. Questa situazione portò alla crescente importanza del ruolo dei vescovi nel governo degli stati. Essi e il papa ebbero spesso sia la giurisdizione spirituale che quella temporale. Le circostanze ci hanno portato ad avere un diverso approccio al governo nella Chiesa. Questo passato non è né buono né cattivo; semplicemente è. La domanda postaci, quindi, è come rispettare queste differenti tradizioni storiche.

Senza dubbio l'era Comunista ci ha mostrati i limiti dei patriarcati nazionali, così spesso oppressi dal potere politico. La tragedia della Chiesa Ortodossa Russa Fuori dalla Russia è ancora fresca nelle nostre menti. Dal vostro canto, la centralizzazione e le purghe che seguirono il Vaticano II, la subordinazione ai vescovi senza il contrappeso dei pastori a causa dei loro tempi di servizio assai ridotti, le sofferenze e le tribolazioni di uomini spirituali come Padre Pio nelle mani della gerarchia, la brutalità di Papa Francesco contro quei vescovi che sono semplicemente fedeli agli insegnamenti dei suoi immediati predecessori, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI; tutto questo suscita sospetti.

E' risaputo quindi che voi abbiate un manifesto problema d'autorità nella Chiesa Latina. I Concili Occidentali dell'era Carolingia riportarono alla luce l'esistenza del sistema dei pesi e contrappesi all'interno della vostra Chiesa. Oggi tutto ciò è scomparso, e la parola di un uomo solo, il vescovo di Roma, deve imporre se stesso su tutti gli uomini su ogni argomento, al di là delle tradizioni dei Pari. Questo non è conforme né alla vostra tradizione, né alla nostra. Voi ora siete in un momento di impasse. Forse sarete capaci di tornare un passo indietro, tenendo conto delle nostre rispettive impasse come le abbiamo vissute nel ventesimo secolo, in modo che possiamo trovare una soluzione alla luce della Trinità, senza trionfalismo o schiavitù.

Caro padre, per concludere queste parole vorrei condividere con te questa speranza che ho e che guida i miei passi ogni giorno. Già adesso ogni momento è per me un dono per avanzare nella conoscenza del Dio Trino ed Unico. Nel serbare gl'insegnamenti dei miei maestri, Macario d'Egitto ed Eschio di Bato, io aspiro a null'altro che vuotarmi da me stesso per lasciare che la Santissima Trinità dimori in me sempre più in ogni istante, qui ed ora. Desidero condividere con te questo tesoro di preghiera che ci unisce, sicché la Carità di Dio, agendo in noi, possa essere feconda.

Uno ieromonaco.

NOTE

[1] Il monaco potrebbe star pensando a qualcosa di questo tipo: le due esplicite menzioni della Santissima Trinità nella liturgia Romana antica, il Suscipe e il Placeat tibi, sono state entrambe rimosse con la riforma liturgica, insieme a pressoché tutte le dossologie trinitarie che vi erano presenti.

[2] Il monaco si riferisce alla pratica della comunione sulla mano, che è naturalmente del tutto estranea alla pratica orientale, come lo è stata a quella occidentale per oltre un millennio.