sabato 11 novembre 2023

Le tre messe da morto di Benedetto XV: esempio di decadenza liturgica

Qualche giorno fa, un amico ha portato alla mia attenzione la rubrica novecentesca aggiunta nell'edizione piano-benedettina del Messale circa le tre messe da celebrarsi nella Commemorazione dei Defunti, il 2 di novembre. Tale modernissima rubrica, che pure qualcuno nella sua ingenuità crede qualcosa di tradizionale o antico, costituisce un esempio lampante di decadenza liturgica, per i motivi che andremo sotto a esporre.

Anzitutto, occorre premettere che la celebrazione di tale giorno aveva già subito numerosi mutamenti e radicali cambiamenti nel corso della riforma piana dell'Ufficio, trasformando la Commemorazione di fatto in una vera e propria festa (con tanto di rito doppio indicato!). In precedenza non era così: il 2 novembre era il secondo giorno fra l'Ottava d'Ognissanti, in cui si celebravano anche delle speciali funzioni dei defunti secondo la logica di seguito esposto.

Giusta le rubriche del messale tridentino (che ereditano qui un uso antiquiore), il primo giorno libero di ogni mese in monasteri, cattedrali e collegiate si deve celebrare, accanto alla messa del giorno in choro dopo Sesta, una messa di requiem extra chorum, per tutti i defunti: anche nelle altre chiese è raccomandato celebrare tale messa da morto, o comunque aggiungere l'orazione pro omnibus fidelibus defunctis come terza colletta. Tanto in coro, quanto nella recitazione privata, all'Ufficio del giorno si aggiungono il Vespro e il Mattutino dei defunti (le uniche ore da morto esistenti nel Breviario Romano: per altri usi locali, cfr. infra)

Il 2 novembre, in ragione della specialità di questo giorno che segue la festa di tutti i santi, nell'ambito dei monasteri della riforma benedettina di IX-X secolo, la commemorazione dei defunti mensile assume un particolare rilievo: la messa ha un formulario proprio, è obbligatoria in tutte le chiese, e messa e ufficio si dicono col rito doppio, MA nel rito romano restano sempre delle aggiunte rispetto alle funzioni quotidiane, che sono quelle della feria infra l'Ottava. Il Caeremoniale Episcoporum spiega bene come si fa il tutto: la sera del 1° novembre si canta il secondo Vespro d'Ognissanti; detto "Benedicamus Domino", si cambia l'apparato d'altare in nero, e si principia l'ufficio dei morti, cantando Vespro e Mattutino dei defunti di seguito in forma di veglia. Al fine di tutto, teoricamente, la Compieta dell'ottava. Al mattino del 2, si fa all'ora solita il Mattutino dell'Ottava, seguito dalle Ore (tutte dell'ottava!) 1a e 3a, indi la messa dell'ottava (extra chorum, in cattedrali e monasteri beninteso), 6a, 9a, la messa da morto in choro, e alla sera Vespro e Compieta (entrambi dell'ottava).

Con le riforme di Pio X, questa struttura secolare viene alterata: il secondo giorno fra l'Ottava sparisce del tutto, e del suo ufficio non si fa nulla, ma tutto si fa dei morti. A questo punto, vengono create ex novo delle inesistenti Ore minori da morto, per evitare di lasciar vuoti gli spazi, e la Commemorazione dei defunti cessa di essere un'appendice, e diventa un giorno proprio. Ora, è vero che altri usi liturgici pre-tridentini, soprattutto dell'Europa Centrale, conoscevano un ufficio dei morti completo, con ore minori in questo giorno, ma con una struttura molto diversa da quella piana: per esempio, le ore minori del Breviario Praghese sono dotate di antifone, con una struttura dunque che ricalca le ore ordinarie, e l'Ottava non è omessa ma commemorata al Piccolo Ufficio della Madonna, che nel rito praghese è detto quotidianamente indipendentemente dal grado occorrente.

Pochi anni dopo, nel 1915, con la bolla Incruentum Altaris Benedetto XV, argomentando con la necessità di moltiplicare i suffragi in ispecie per i defunti nell'allora corrente conflitto mondiale, introduce la novità della celebrazione di tre messe in questo giorno, estendendo universalmente quella che prima era una limitata e tollerata concessione ad alcune chiese della Penisola Iberica.

La rubrica conseguentemente introdotta nella nuova edizione del messale, che riprende quanto prescritto dalla bolla al capo III, recita: "Hac die quivis Sacerdos tres Missas celebrare potest. Qui unam dumtaxat Missam celebrat, primam legit: eandem adhibet qui Missam cum cantu celebrat, facta ei potestate anticipandæ secundæ ac tertiæ".

Il raffronto con le tre messe di Natale viene subito spontaneo a chi conosce un po' il rito romano, ma le due situazioni sono diversissime, come un analisi puntuale può subito dimostrare:

a) Ragione storica. Le tre messe di Natale nascono dall'uso peculiare della Chiesa locale della città di Roma, la cui pratica prevedeva l'effettuazione di tre stationes in questo giorno; la sua estensione al di fuori della città e soprattutto le tre messe nella stessa chiesa sono un'estensione posteriore che non deve obliare la sua origine storica. Le messe, poi, sono tre per glorificare solennemente il Natale di Cristo in tutta la città di Roma, e per onorare la martire Anastasia che in quel giorno nacque al cielo e che altrimenti sarebbe dimenticata (la mens liturgica romana antica non ammette la traslazione delle feste dei martiri, poiché sono legate al dies natalis: per questo si trovano martiri commemorati anche in grandi feste come il Natale appunto, la Visitazione o la Trasfigurazione; l'uso posteriore di assumere latamente la data di festeggiamento è incomprensibile agli antichi). Le tre messe da morto benedettine, come esplicitato nella bolla, sono invece intese per aumentare meccanicamente il numero di suffragi, secondo la logica materialista invalsa in Occidente, tant'è che l'intenzione da applicare è specificata al capo I della bolla medesima (la prima per quelli che han dato l'offerta, la seconda per tutti i defunti, la terza giusta l'intenzione del papa, cioè i morti della Grande Guerra).

b) Legere vel cantare? La rubrica, seguendo un modello infausto e moderno che già nel messale del 1570 si avverte nel trovare le rubriche per la messa privata poste prima di quelle per la messa solenne, dà per scontato che il sacerdote legga le tre messe, e se proprio ne voglia cantare una, comunque le altre due debbono giocoforza essere lette. A Natale, invece, le rubriche antiche danno per scontato che tutte le tre messe siano regolarmente cantate in modo solenne.

c) Messa e Ufficio. Ognuna delle tre messe del Natale ha una naturale collocazione all'interno del ciclo liturgico di questa festa, che come sempre è costituito primariamente dall'Ufficio. La prima messa, che in gallicantu e dunque dopo la terza vigilia (non a mezzanotte come invalso modernamente!), si canta inframmezzata tra Mattutino e Laudi (che, come sempre, costituiscono un unico ufficio senza soluzione di continuità, in cui semplicemente si inserisce l'Eucaristia: in molti usi, tra cui quello aquileiese, le Laudi assumevano addirittura il luogo del postcommunio, come i Vespri di Pasqua al Sabato Santo); la seconda, essendo dell'alba, dopo l'Ora Prima; la terza, come di consueto, dopo l'Ora Terza. Le tre messe da morto invece non sono in alcun modo legate all'Ufficio, che oramai è concepito solo come qualcosa da recitare privatamente, e si celebrano indistintamente a qualsiasi ora e senza alcun ordine.

d) Quivis sacerdos. Qui si pone il problema centrale: la bolla è una concessione a ogni sacerdote di dire tre messe, cioè di trinare, facoltà che normalmente è concessa in casi eccezionali dal vescovo perché contraria alle norme canoniche e liturgiche, nonché al buonsenso. Le tre messe del Natale, invece, sono intese come tre messe in una stessa chiesa, anzi in uno stesso coro (che infatti le canta legate all'Ufficio!), idealmente celebrate da tre preti diversi, anche se il messale tridentino innova ammettendo che un solo prete possa celebrarle tutte e tre, adottando alcuni accorgimenti. Se la celebrazione di fila da parte di un solo prete delle tre messe natalizie, come spesso si vede, è una decadenza moderna, la rubrica benedettina presuppone la decadenza come norma! Il fatto stesso che, come detto sopra, le messe non siano poste in relazione all'ufficio corale, avviene perché la rubrica non riguarda il fatto che una chiesa debba avere tre messe in quel giorno, come a Natale, ma che ogni prete debba celebrarle, portando all'assurdo di avere - come recentemente annunziato in una cappella di un istituto "tradizionalista" - sei messe di fila, celebrate da due preti un dopo l'altro, su un unico altare, in barba a ogni simbolismo e consuetudine cristiana, in un teatro che rassembla le "messe in stock" dei palmariani, piuttosto che il Sacrificio Incruento così come comandato dalla romana tradizione.

martedì 7 febbraio 2023

In festo Conversionis S. Pauli... et aliorum

E' da molto tempo che il presente blog non viene aggiornato, e per molteplici ragioni non verrà aggiornato, almeno nel prossimo futuro, pur non escludendo una ripresa successiva. Le cause, principalmente di stato spirituale dei redattori, che nella loro attuale situazione preferiscono pregare in silenzio piuttosto che far sentire la propria non necessaria voce, non hanno bisogno di essere troppo indagate.

Rompiamo tuttavia minimamente questo lungo silenzio oggi, 25 gennaio (7 febbraio), nella festa della Conversione di S. Paolo, per fare un augurio e un ammonimento a tutti coloro che nella loro vita, mettendo a frutto l'esortazione del Battista, l'insegnamento di Cristo e l'esempio dell'Apostolo delle Genti, si sono dati alla metànoia spirituale continua, e sono approdati ai lidi della Vera Fede, alla professione dell'autentico Credo, alla vita in Cristo per la divinizzazione della propria anima.

Il caso di uno di questi nostri fratelli, il noto giornalista e scrittore Alessandro Gnocchi, è balzato all'onore delle cronache in seguito alla pubblicazione del "diario" del suo percorso interiore. Contro la sua persona, e contro la Vera Fede, conseguentemente, si sono levate l'armi e gli scudi, con florilegi di menzogne e la consueta aridità di certi cuori. D'altronde, oportet ut scandala eveniant.

Per lunghi giorni si è pensato di scrivere un breve pamphlet apologetico, in difesa non tanto e non solo dell'amico Gnocchi - la cui scelta religiosa era a noi nota da tempo - ma soprattutto dell'onorabilità della Chiesa di Cristo, contro le molte falsità profferitesi sul suo conto. Gli scritti sprizzanti d'odio, e finanche forse tradenti una certa paura, però, "si moltiplicavano senza fine", e non vale rompere il silenzio in cui i nostri maestri spirituali ci hanno posto per uno scritto, finito in pasto al web, avrebbe prodotto ben poco bene nei cuori dei ver'inquirenti di Dio rispetto al male che avrebbe suscitato nei suoi nemici - nolite jactare margaritas ante porcos, ed esperienze passate di "dispute" sul blog ne han dato esempio.

Perciò, più che tante confutazioni e dimostrazioni storiche, vagliano a noi e agli amici sullodati le sole parole di Cristo: Beati estis cum maledixerint vobis et persecuti vos fuerint et dixerint omne malum adversum vos, mentientes propter me: gaudete et exultate, quoniam merces vestra copiosa est in coelis.