lunedì 23 novembre 2020

Il vergognoso attacco dei media italiani alla Chiesa Serba

 Non è consuetudine di questo sito occuparsi di attualità e, più in generale, di quanto esula dal tema della liturgia. Avremmo avuto molte cose da dire sull'epidemia che da quasi un anno attira l'attenzione di tutta l'opinione pubblica, anche sui suoi risvolti teologici ed ecclesiologici, dalle parole profetiche del metropolita Agostino Kantiotis di beata memoria al canone 62 del Concilio di Trullo che vieta di portare maschere in chiesa. Non lo si è fatto perché non si sono ritenute queste cose competenti alla nostra testata; ora tuttavia l'ascesa al pubblico dibattito, ma si potrebbe dire al pubblico e calunnioso ludibrio, di un fatto riguardante prettamente la Chiesa, merita di essere commentato.

Non sono uso leggere i giornali italiani né tantomeno ascoltare i telegiornali, e ho pertanto appreso solo da un messaggio di un sacerdote italiano del Patriarcato di Mosca che il telegiornale del primo canale qualche giorno fa aveva trasmesso un raffazzonato e impreciso servizio in occasione della dipartita del Patriarca di Serbia Ireneo. Cercando online, ho potuto confrontare una serie di articoli delle testate "giornalistiche" italiane, che anziché comunicare asetticamente un necrologio dello scomparso protogerarca (non si chiede loro un encomio, che riservano a personaggi di levatura ben più dubbia, ma sicuramente non al gerarca di una chiesa cristiana) una serie di accuse ingiustificate, che si possono ben configurare non solo come un attacco alla Chiesa Serba, ma a tutta la Chiesa Ortodossa.

I funerali del metropolita Amfilochio

L'articolo più "esaustivo" è quello pubblicato sul Corriere della Sera online, quasi riassumendo tutte le infamie raccolte da altre testate. Si parte dalla denigrazione di quel grande e coraggioso uomo di Dio che è stato il metropolita Amfilochio del Montenegro, addormentatosi in Cristo all'inizio di questo mese, etichettato come "negazionista" (parola desemantizzata molto di moda di questi tempi) per aver affermato, secondo quello che da sempre insegna la Chiesa, che "In attesa del vaccino abbiamo i pellegrinaggi, il Vaccino di Dio". Si noti che Sua Eminenza non ha parlato contro i vaccini, e nemmeno contro questo specifico vaccino: si è limitato a ribadire l'ovvio, cioè che l'arma più efficace che i Cristiani hanno contro qualsiasi sciagura è la preghiera e la supplica della misericordia divina; tuttavia, pare che appellarsi a qualcosa che differisca dalle indicazioni dogmatiche della suprema religione mondiale de LaScienza™ sia sufficiente ad attirarsi il discredito dei mezzi di propaganda e l'infamante epiteto di "negazionista". Bisognerebbe invece ringraziare Iddio che in qualche parte del mondo i Cristiani non hanno deciso di posporre l'acqua santa al gel sanitizzante. Qualche giorno fa, aspettando l'inizio del Vespro dei Santi Arcangeli (8/21 novembre), una signora russa mi manifestò il suo sconcerto nell'aver appreso che per la festa della Madonna della Salute (21 novembre), nella quale si rinnova annualmente il voto grazie al quale Venezia fu scampata dalla peste del 1630, non si sarebbero tenute pubbliche funzioni né si sarebbe realizzato il tradizionale ponte votivo. "Come sperano di allontanare la malattia se non credono più in Dio?" mi diceva. Ora, non si sa se la sospensione delle celebrazioni sia stata dovuta alle pressanti richieste di un pedante violoncellista veneziano (come questo farebbe credere in una delle sue ennesime lettere di protesta), ma certamente la "concertazione" tra Comune e Patriarcato vantata dai comunicati non può che dar ragione ai timori della pia donna russa: per il clero e i laici, ciò che salvò Venezia dalla peste non potrà salvarla da un'influenza aggressiva, anzi al contrario è da vietarsi.

Tornando alla materia del nostro intervento, i media, non prima di aver strumentalmente ricordato che il metropolita sarebbe stato pure colpevole di essere il confessore del controverso agente Ražnatović, passano a caratterizzare i funerali del metropolita Amfilochio come un "maxi-focolaio", in cui i fedeli "senza mascherina" e "baciando la salma". So bene che per un mondo cattolico che non crede che la grazia protegga la Divina Comunione dal contagio ed esorta a distribuirla con degl'indegni guanti di plastica sia molto difficile comprendere che la tradizione dei Padri insegna che la grazia protegge e si trasmette anche baciando le icone, le reliquie e i corpi che di questa grazia si sono fatti ricettacoli. Tuttavia, anche mettendo da parte una questione teologica che recentemente il clero greco e russo ha particolarmente insistito nel ribadire, laddove non solo i vescovi "modernisti" ma finanche i commentatori "tradizionalisti" cattolici razionalisticamente la negavano, lo stesso articolo denigratorio ci offre dei dati interessanti per confutare l'accusa. Il Montenegro risulta essere sin dalla scorsa primavera "una polveriera di contagi", con un tasso altissimo di contagi per popolazione. Sul presunto focolaio, che secondo il Corriere potrebbe contare "migliaia di persone", non ci sono dati certi ma solo supposizioni e illazioni: lo stesso Patriarca Ireneo e il nuovo amministratore della diocesi montenegrina il vescovo Ioannichio, che sono poi risultati positivi, potrebbero essersi contagiati in molteplici altre occasioni, se la circolazione del virus è tale.


Un bel video "in memoriam" del Patriarca Ireneo

L'articolo non riserva particolari parole per la scomparsa del Patriarca Ireneo, nemmeno per menzionare i dati provenienti dall'ospedale militare in cui egli era ricoverato, riportati dal sito patriarcale, che affermano come le condizioni al momento del ricovero fossero decisamente buone per l'età molto avanzata del protogerarca che aveva compiuto 90 anni a fine agosto, e che la morte sia avvenuta per insorte complicazioni cardiovascolari. Si limita a dire, non pago, che le sue "sfarzose" esequie, tenutesi nella meravigliosa cattedrale di San Saba recentemente completata a Belgrado e ospitante il più grande mosaico del mondo, sarebbero state un'altra occasione di contagio. Ma a essere particolarmente tragica è la conclusione: "In Montenegro le celebrazioni ortodosse, in cui tra l’altro i fedeli bevono vino consacrato da un cucchiaio comune, vanno avanti indisturbate e seguono la linea «negazionista» della Chiesa ortodossa serba, nonostante l’arresto — che si intendeva esemplare — degli otto vescovi a maggio".

Non è solo la denigrazione della Divina Comunione (passi ritenerla veicolo di contagio, visto che come detto lo pensano ormai quasi tutti i cattolici, ma si riconoscerà che le parole con cui è descritta sono a dir poco offensive), né la reiterata accusa di "negazionismo" a una Chiesa che cerca soltanto di compiere il suo dovere celebrando i divini uffici e supplicando la misericordia divina, in uno Stato che ha attuato delle forti politiche anticristiane, a partire dal sequestro di molte proprietà ecclesiastiche, contro le quali il metropolita Amfilochio aveva indefessamente lottato. Ciò che più stupisce è la giustificazione, se non l'incoraggiamento, ad atti criminali come l'arresto di vescovi, "rei" di aver celebrato i Divini Misteri rifiutando i divieti posti in violazione della libertà di culto e delle necessità spirituali del popolo. In Italia ci fu, e giustamente, una certa indignazione quando le forze dell'ordine irruppero nella chiesa ove un parroco stava adempiendo al suo ufficio e celebrando un funerale alla presenza di tredici persone; grande indignazione vi fu in Grecia, quando il metropolita Serafino di
Cerigo fu portato in questura (e poi rilasciato) per aver celebrato le funzioni della Domenica delle Palme a porte aperte e in presenza dei fedeli. Nei paesi tuttavia dove le forze anticristiane al governo possono agire con più sfacciataggine, si è giunti a conseguenze ben più gravi e ignobili, che è indegno veder difese e anzi lodate dalla stampa nostrana.

Restando vicini alla Chiesa Serba per questo vergognoso attacco, al Patriarca Ireneo, al metropolita Amfilochio, al vescovo Teofane di Kazan (Russia) e al vescovo Barnaba di Salamina (Cipro), recentemente scomparsi: Æterna memoria! Αἰωνία ἡ μνήμη! Bѣ́чнаѧ па́мѧть!

P.S. Apprendiamo che il 91enne Arcivescovo di Tirana, Anastasio, anch'egli ricoverato e positivo al coronavirus, è stato oggi dimesso dall'ospedale. Deo gratias.

venerdì 20 novembre 2020

In festo Praesentationis B. Mariae Virg.

Σήμερον τὰ στίφη τῶν Πιστῶν συνελθόντα, πνευματικῶς πανηγυρίσωμεν, καὶ τὴν θεόπαιδα Παρθένον καὶ Θεοτόκον, ἐν Ναῷ Κυρίου προσαγομένην, εὐσεβῶς ἀνευφημήσωμεν·τὴν προεκλεχθεῖσαν ἐκ πασῶν τῶν γενεῶν, εἰς κατοικητήριον τοῦ Παντάνακτος Χριστοῦ, καὶ Θεοῦ τῶν ὅλων, Παρθένοι, λαμπαδηφοροῦσαι προπορεύεσθε, τῆς Ἀειπαρθένου τιμῶσαι, τὴν σεβάσμιον πρόοδον, Μητέρες, λύπην 
πᾶσαν ἀποθέμεναι, χαρμονικῶς συνακολουθήσατε, ὑμνοῦσαι τὴν Μητέρα  τοῦ Θεοῦ γενομένην, καὶ τῆς χαρᾶς τοῦ κόσμου τὴν πρόξενον. Ἅπαντες οὖν χαρμονικῶς, τὸ χαῖρε σὺν τῷ Ἀγγέλῳ ἐκβοήσωμεν, τῇ Κεχαριτωμένῃ, τῇ ἀεὶ πρεσβευούσῃ, ὑπὲρ τῶν ψυχῶν ἡμῶν.

Oggi noi, moltitudini di fedeli qui convenuti, celebriamo spiritualmente una solennità, e piamente acclamiamo la Vergine, figlia di Dio e Deipara, che viene condotta al tempio del Signore, la prescelta da tutte le generazioni,  per essere dimora di Cristo, Re e Dio di tutte le cose. O vergini, fate strada recando lampade, per onorare l’augusto incedere della sempre Vergine. O madri, deposta ogni tristezza, seguitela piene di gaudio, per celebrare colei che è divenuta Deipara, causa della gioia del mondo. Tutti dunque, insieme con l’angelo, con gioia gridiamo Salve alla piena di grazia, a colei che sempre intercede per le anime nostre.
(Doxastikon del Vespro, di Sergio Aghiopolita)


Come ogni anno, nella Festa della Presentazione della Beata Vergine Maria al tempio, la città di Venezia rinnova il suo voto solenne alla Madonna della Salute, per la cui benigna intercessione la città lagunare fu salvata dalla terribile epidemia di peste bubbonica del 1630-31.

L'icona della Μεσοπαντιτίσσα (o Μεσοϋπαπαντίσσα), la "Mediatrice di Pace",
giunta da Candia nel 1670 e venerata nella Basilica di S. Maria della Salute a Venezia.
Nel tondo si trova la scritta Unde origo, inde salus (Venezia "nacque" il 25 marzo, festa dell'Annunciazione, quindi ebbe la sua origine dalla Madonna, e in Ella avrà anche la sua salvezza).

Oratio.

Oremus. Deus, qui sanctam Dei Genitricem templum Spiritus Sancti post triennium in templo Domini praesentari voluisti: praesta quaesumus: ut qui ejus praesentationis festa veneramur: ipsi templum in quo habitare digneris efficiamur. Per eundem... in unitate ejusdem.
Oremus. Deus, cujus misericórdiae non est númerus, et bonitátis infinítus est thesáurus: piíssimae majestáti tuae pro collátis donis grátias ágimus, tuam semper cleméntiam exorántes; ut, qui peténtibus postuláta concédis, eósdem non déserens, ad praémia futúra dispónas. Per Dominum nostrum.

Preghiamo. O Dio, che volesti che la santa Genitrice di Dio, tempio dello Spirito Santo, fosse presentata nel tempio del Signore compiuti i tre anni: concedi, te ne preghiamo, che celebrando la festa della sua presentazione, siamo noi stessi resi un tempio in cui tu ti degni di abitare. Per il medesimo ... nell'unità del medesimo.
Preghiamo. O Dio, la cui misericordia è sconfinata ed infinito è il tesoro della cui bontà, ringraziamo la tua piissima maestà per i doni concessi, supplicando sempre la tua clemenza; affinché tu, che concedi ai postulanti quanto chiedono, non abbandonandoli li prepari ai premi futuri. Per il Signore nostro.

lunedì 9 novembre 2020

Note storiche circa il digiuno dell'Avvento

Nella tradizione orientale, l'Avvento, detto più comunemente Quaresima o Digiuno di Natale (Νηστεία Χριστουγέννων) non è un tempo liturgico vero e proprio. Solo le ultime due domeniche prima della Natività, rispettivamente la Domenica dei Progenitori e la Domenica pre-natalizia o "di tutti i giusti", hanno un tema direttamente collegato alla sopravveniente solennità; le domeniche precedenti completano il ciclo delle letture dal Vangelo di S. Luca che hanno caratterizzato l'ultima parte del tempo dopo la Pentecoste, solo aggiungendo al Piccolo Ingresso il kontàkion proeòrtion della Natività a partire dal 26 novembre (ossia da dopo l'apodosi della Presentazione della Deipara al Tempio, che come altre ottave "minori" della Madre di Dio dura solo quattro giorni). L'unica variazione liturgica che dovrebbe accompagnare questo tempo, poiché legata al digiuno, è la celebrazione della Grande Compieta, che tuttavia è decaduta dalla prassi, salvoché alla vigilia di Natale.

Nondimeno, un periodo di quaranta giorni precedenti la festa, stabilito come esatto parallelo temporale della Quaresima maggiore di Pasqua, è consacrato al digiuno preparatorio per accogliere la natività secondo la carne del Salvatore. Tale digiuno pare originato attorno al V-VI secolo, sebbene le prime testimonianze scritte si trovino soltanto negli scritti di S. Anastasio il Sinaita nel secolo successivo. Ancora Teodoro Balsamone, patriarca di Alessandria nel XII secolo, si riferisce a tale digiuno come "ἐπταήμερον", cioè "di sette giorni", ma è probabile si riferisca soltanto alla fase più intensa del digiuno, quella che inizia il 18 dicembre e fino al 24 richiede un regime pienamente quaresimale. Più leggera è la preparazione che va dal 15 novembre al 17 dicembre, durante la quale è permesso il pesce, tranne che il lunedì, il mercoledì e il venerdì (alla festa della Presentazione è sempre permesso). Questa regola, tuttavia, è contestata da taluni come una forma posteriore di alleggerimento del digiuno, volendo una supposta regola originaria solo la licenza d'olio tutti i giorni tranne che nei tre predetti, e il pesce solo nel σαββατοκυρίακον, un regime dunque pressoché quaresimale. In assenza di una legge definita, e venendo questi digiuni tramandati per via consuetudinaria e spesso in versioni differenti, non siamo in grado di stabilire quale di queste posizioni sia quella storicamente provata.

Il digiuno, ad ogni modo, inizia il 15 novembre, festa di S. Filippo Apostolo nel calendario greco, ed è per questo popolarmente detto "Quaresima di S. Filippo".

La Natività di Cristo
(Ὡρολόγιον Μέγα διορθωθὲν παρὰ Γεωργίου Κωνσταντίνου, Venetia, Theodosiou, 1764)

In Occidente abbiamo testimonianze del digiuno avventizio a partire dalla stessa epoca e della stessa durata. S. Gregorio di Tours, che scrive alla fine del VI secolo, riferisce che il vescovo della sua stessa sede S. Perpetuo, vissuto circa un secolo prima, prescriveva il digiuno, ovvero l'astinenza dai prodotti di origine animale e il consumo di un solo pasto, il lunedì, il mercoledì e il venerdì di ogni settimana a partire dalla gran festa di S. Martino (11 novembre). Tale regola è confermata dal can. 9 del Concilio di Mâcon, che aggiunge la prescrizione di celebrare il Divin Sacrificio ritu quadragesimali nello stesso periodo. I Capitolari carolini, le Institutiones di Rabano Mauro, i diplomi del re longobardo Astolfo e molte altre fonti confermano che nell'VIII secolo la prassi era universalmente diffusa in Occidente, con minime variazioni sulla data d'inizio, che sovente era fatta coincidere con una grande festa locale che cadesse intorno a quei giorni di novembre.

La nascita di tale digiuno è, si noti, completamente indipendente dall'istituzione dell'Avvento come tempo liturgico, cioè come complesso di ufficiature proprie, che, a Roma, è istituito secondo la tradizione per volontà di S. Gregorio, dalla durata di quattro o cinque settimane. La non originarietà di questo tempo si può intuire dall'apparente continuità del ciclo di lezioni evangeliche tra la fine del tempo dopo la Pentecoste e l'inizio dell'Avvento. Se altre comunità locali, come la Chiesa Ambrosiana, mutuarono il concetto di "tempo d'Avvento" applicandolo alla durata del digiuno, e dunque facendo iniziare digiuno e tempo liturgico dalla domenica successiva alla festa di S. Martino, il contrario avvenne nella Chiesa Romana, dove la lettera di Papa Niccolò I al Khan Boris dei Bulgari (867) attesta un digiuno di sole quattro settimane. Questo rilassamento non pare tuttavia generalizzarsi, sendoché nell'XI secolo due insigni testimoni ci attestano la prosecuzione dell'uso antico, uno letterario, e cioè gli scritti di Pier Damiani, e uno documentario, ossia il Kalendarium Venetum XI saeculi, che fissa l'initium Quadragesimae al 6 novembre, giorno in cui la Chiesa Veneta faceva memoria del grande martire tessalonicese S. Demetrio. A un rilassamento più grave tuttavia va incontro questa prassi ascetica nei secoli del basso Medioevo occidentale, dove i concili tedeschi del XII secolo (particolarmente Selingstadt nel 1122) sembrano suggerire che il digiuno fosse diventato obbligatorio soltanto per i chierici; e, se una diffusione generale del digiuno in Italia e Francia è attestata nel secolo seguente da Papa Innocenzo III e dal Rationale divinorum officiorum di Guglielmo Durando, nel XIV secolo la restrizione dell'obbligo digiunale ai soli chierici della corte papale, senza vincolo alcuno per gli altri chierici e i laici, è sancita definitivamente da una bolla di Urbano V datata 1362.

In conclusione, essendo la Veneta Chiesa già entrata nel suo digiuno da pochi giorni, e apprestandosi a farlo anche le altre chiese d'Occidente e d'Oriente che seguono la tradizione ascetica antica e ne rigettano l'oblio bassomedievale, non ci resta che augurare a tutti copiosi frutti d'ascesi e penitenza in vista della gran festa della Natività del Nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo secondo la carne.


Bibliografia:
S. KOUTSA, Ἡ νηστεία τῆς Ἐκκλησίας, Athina, Apostolikì Diakonia, 2007, pp. 88-92
P. GUERANGER, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 21-26
S. BORGIA, Kalendarium Venetum saeculi XI ex cod. ms. membranaceo Bibliothecae S. Salvatoris Bononiae, in Anecdota litteraria ex mss. codicibus eruta, II, Romae, apud Gregorium Settarium, 1773, p. 465. 

lunedì 2 novembre 2020

L'assoluzione al tumulo secondo l'uso del Patriarcato delle Venezie

Nell'odierna commemorazione dei fedeli defunti, mettiamo a disposizione dei nostri lettori il testo dell'assoluzione al tumulo secondo l'uso del Patriarcato di Venezia. Tale rituale, sviluppatosi in autonomia nella città lagunare (la chiesa madre di Aquileia utilizzava infatti un rituale a sua volta diverso), restò in uso fino a tutto il secolo XIX almeno, comparendo in appendice ai Breviari stampati nella città lagunare, e venendo il suo uso, in luogo dell'assoluzione "romana" con il Libera me, attestato in quel secolo medesimo dal padre Giovanni Diglich (Rito veneto antico detto patriarchino, Venezia, Rizzi, 1823, p. 26). Il testo, con le rubriche "integrate" rispetto alla loro scarna forma cinquecentesca utilizzando per modello quelle dell'ultima edizione del Messale Romano (1920), e la notazione del responsorio sono tratti dall'edizione Ravani, impressa a Venezia nel 1554, del Sacerdotale juxta S. Romanae Ecclesiae et aliarum ecclesiarum <ritum> di Alberto Castellano, e si riferiscono al rito di assoluzione da compiersi nel settimo, trigesimo e anniversario dei defunti; il rito funebre praesente cadavere presenta dei testi ancora diversi, sempre riportati dal Castellano.

Durante la messa solenne da morto seguita dall'assoluzione al tumulo, dopo aver cantato il Postcommunio, nell'uso veneziano il celebrante si voltava verso il tumulo e pronunciava la seguente orazione:

Adesto, quaesumus, Domine, supplicationibus nostris; et pias aures tuas ad preces nostras inclinare digneris: ut nos de throno majestatis tuae clementer exaudias, et orationem famulatus nostri dignanter admittas. Te invocamus, Domine sancte, Pater omnipotens, aeterne Deus, pro anima famuli tui N. quem (hodierna die) de hac luce vocare dignatus es; ut jubeas ei praeparari paradisi tui loca virentia; non exurat eum flamma ignis crudelis gehennae, quia propterea Dominus noster Jesus Christus Filius tuus in ligno Crucis, sub Pontio Pilato, pati dignatus est: ut animas, quae per Adae transgressionem perierant, sua sancta Resurrectione, ab inferis claustris liberaret. Confundantur ergo gehennae janitores, et ministri nequitiae erubescant. Deducant eam Angelicae Potestates in sinu Patriarcharum Abrahae, Isaac et Jacob patrum nostrorum, consequatur a tua potentia paratam electis jucunditatem, et a dextris hereditate adepta laetetur: ut cum dies illa tremendae agnitionis tuae advenerit, una cum sanctis et electis tuis, qui tibi placuerunt, resurgere mereatur ad indulgentiam, non ad poenam. Et animam illam, quam fontis unda perfudit et chrisma salutis inunxit, non sinas flammarum ardoribus cruciari, nec peccatorum vinculis alligari, sed liberam redde Paradiso tuo; per indulgentiam pietatis tuae, quia tuam clementiam, dum in hoc saeculo constitit, non negavit. Per Christum Dominum nostrum. Amen.
V. Requiem aeternam dona eis, Domine.
R. Et lux perpetua luceat eis.
V. Requiescant in pace.
R. Amen.
V. Animae omnium fidelium defunctorum, per misericordiam Dei, requiescant in pace. Amen.

Quindi proseguiva con la lettura del Vangelo di S. Giovanni, e poi all'assoluzione (da Missae in agenda defunctorum, Venetiis, Balleoni, 1704).

N.B.: Le scansioni delle pagine seguenti sono protette da copyright; costituiscono inoltre una edizione operativa e provvisoria per l'uso nelle chiese, e non un'edizione critica né del testo né della musica.