mercoledì 5 dicembre 2018

L'antica Sequenza in onore di San Nicola

Tra i testi liturgici indubbiamente più particolari e poetici in cui accade d'imbattersi studiando gli antichi messali, vi sono sicuramente le sequenze. Elemento non originario della liturgia romana, iniziarono a essere aggiunte in ambiente franco-germanico nel IX secolo, con una funzione inizialmente non dissimile dai tropi del Kyrie, ovverosia quella di aiutare la memorizzazione delle longissimae melodiae che ornavano i melismi allelujatici. Il nome stesso, sequentia, indica letteralmente "le cose che seguono", cioè le note (e le parole associatevi) che seguivano l'alleluja, sicché il Bona le definisce "un'appendice del canto allelujatico".
La soppressione della quasi totalità delle sequenze durante la riforma piana del XVI secolo, se può spiegarsi con motivi pratici per via della proliferazione enorme di questi testi (alcuni autori ne contano addirittura cinquemila!) che avrebbe reso difficile realizzare quell'uniformità cercata dai riformatori tridentini, creò nondimeno un vuoto notevole nel patrimonio liturgico occidentale. Una cosa che appare subito a chiunque confronti altri riti, come il bizantino, al romano, è la grande scarsità di testi liturgici di carattere agiografico sui santi. Mentre le ufficiature bizantine abbondano di poetiche composizioni patristiche che lodano le virtù specifiche di ogni santo, rimembrandone la vita e i miracoli, patrimonio innodico sviluppatosi nei grandi monasteri dell'Oriente cristiano, nel rito romano la quasi totalità dei testi per gli uffici dei santi sono passi scritturali vagamente attinenti alle qualità condivise dal santo, fatta eccezione per le feste maggiori e le feste romane più antiche (vedansi le antifone delle Laudi delle feste di S. Cecilia o S. Clemente) che posseggono testi propri sul modello orientale. Le sequenze supplivano a questa mancanza, andando a svolgere lo stesso ruolo agiografico degli stichirà bizantini. A ciò si deve aggiungere il fatto che le sequenze costituivano un patrimonio storico e letterario nient'affatto indifferente, testimonianza della versificazione latina medievale, del passaggio dal metro quantitativo a quello accentuativo (per fare un esempio noto, il Dies irae è composto in tetrametri trocaici, in cui però sulla prima sillaba di ogni piede cade l'accento "meccanico" della parola, e non l'ictus da porre sulla vocale lunga), della comparsa della rima come artificio poetico (sconosciuta alla poesia classica). Una riscoperta di questo corpus innodico liturgico è dunque un passo necessario al recupero delle antiche tradizioni del Cristianesimo occidentale.

In questa festa di S. Nicola, Vescovo di Myra in Licia, Confessore e Taumaturgo, proponiamo il testo dell'antica sequenza a lui dedicata, Congaudentes exultemus, anticamente attribuita al canonico, liturgista e compositore Adamo di San Vittore (1112-1192), allievo di Ugo di San Vittore e contemporaneo di Riccardo di San Vittore. L'appellativo "di San Vittore" si rifà ovviamente al nome dell'abbazia ove prestavano servizio, la famosa abbazia di San Vittore presso Parigi. Gli storici moderni tendono a far risalire tale Sequenza ad un secolo addietro, comunque nell'ambito del cenobio di San Vittore, particolarmente prolifico quanto a produzione musicale.

Traslazione delle Reliquie di S. Nicola in Bari

La trascrizione e la traduzione (entrambe a cura di Nicolò Ghigi) sono state eseguite sul Messale Aquilejese [Missale Aquileyensis Ecclesiae, Venetiis, 1517, fol. 129], la cui versione presenta alcune minime differenze rispetto ad altri testi pervenutici (in nota vengono raffrontati i codici madrileno [Madrid, Bibl. Nacional 19421, fol. 81; d'ora in poi M] e barese [Bari, Archivio della Basilica di S. Nicola, Graduale Prosario, V.85, f. 288v-290; d'ora in poi B]).



[ex Missali Aquileyensis Ecclesiæ, 1517]


Congaudentes exultemus vocali concordia. Ad beati Nicolai votiva[1] sollemnia. Qui in cunis adhuc jacens servando jejunia. A mammilla[2] coepit summa promereri gaudia. Adolescens amplexatur litterarum studia. Alienus et immunis ab omni lascivia. Felix confessor cujus fuit dignitatis vox de coelo nuncia. Per quam profectus[3] præsulatus sublimatur ad summa fastigia. Erat in ejus animo pietas eximia: et oppressis impendebat multa beneficia. Auro per eum virginum tollitur infamia atque patris earundem levatur inopia. Quidam nautæ navigantes et contra fluctuum sævitiam luctantes pæne navi dissoluta. Jam de vita desperantes in tanto[4] positi periculo clamantes voce omnes dicunt una. O beate Nicolae nos ad portum maris trahe de mortis angustia. Trahe nos ad portum maris: tu qui tot auxiliaris pietatis gratia. Dum clamarent nec incassum ecce quidam dicens adsum ad vestra præsidia. Statim aura datur grata et tempestas vi[5] sedata quieverunt maria. Ex ipsius tumba manat unctionis copia. Quæ infirmos omnes sanat per ejus suffragia. Nos qui sumus in hoc mundo vitiorum in profundo jam passi naufragia. Gloriose Nicolae ad salutem portum trahe ubi pax et gratia. Ipsam nobis unctionem impetres a Domino[6] prece pia. Qua sanavit lesionem multorum patrantium immania[7]. Cujus festum celebrantes gaudeant per sæcula. Et coronet eos Christus[8] post vitæ curricula. Amen [dicant omnes] [9].

Traduzione italiana

Rallegrandoci insieme, esultiamo a una sola voce per la festa solenne del beato Nicola, che, ancora nella culla, osservando i digiuni, fin dal seno materno iniziò a meritare i gaudi supremi. In gioventù si dedicò agli studi letterari, estraneo e immune da ogni vizio. Questo beato confessore, la cui dignità fu annunziata da una voce dal cielo,  per via di questa se ne partì, e divenuto vescovo fu sommamente esaltato. Aveva in animo una straordinaria pietà: e a vantaggio degli oppressi prestò molti benefici. Grazie a lui, con dell’oro fu cancellato il disonore delle vergini, e fu alleviata la povertà del loro padre. Alcuni marinai che stavano navigando e lottavano contro l’impeto dei flutti, con la nave quasi distrutta, ormai senza speranza di sopravvivere, trovandosi in un così grande pericolo, tutti gridano a una sola voce: “O beato Nicola, liberaci dalla stretta della morte, conducendoci al porto del mare. Conducici al porto del mare: tu che aiuti molte persone con la grazia della tua carità”. Mentre gridavano, e non invano, ecco che apparve qualcuno che diceva: “Sono qui per difendervi”. Subito il vento si fece dolce, e la tempesta fu a forza placata, e i mari si calmarono. Dalla sua tomba scorre abbondante un unguento che in virtù della sua intercessione guarisce tutti gl’infermi. O glorioso Nicola, conduci noi, che, avendo  ormai fatto naufragio in questo mondo ci troviamo nell’abisso dei vizi, al porto della salvezza, dove vi sono pace e grazia. Ottienici dal Signore quello stesso unguento con la tua devota preghiera, con il quale guaristi le ferite di molti che compivano azioni inumane. Si rallegrino nei secoli quanti celebrano la festa di questo santo, e Cristo conceda loro la corona [della santità] al termine delle vicissitudini della vita. Amen.



[1] B: festiva
[2] M: a papillis; B: a papilla
[3] M e B: provectus
[4] M: tanti
[5] M e B: fit
[6] B: impetret ad Dominum
[7] M e B: multorum peccaminum in maria
[8] M: coronet ejus Christus; B: coronet eos Deus
[9] Dicant omnes è probabilmente rubrica, anche se riportata in nero nel manoscritto, errore tipico e più volte ricorrente in esso; M: Alleluja.




Esecuzione della sequenza secondo testo e notazione di ambito germanico
(il codice da cui è tolta non è riportato nel video, dunque ignoro quale sia).

Nessun commento:

Posta un commento