sabato 12 gennaio 2019

L' "icona" eterodossa della Sacra Famiglia

Quest'oggi, per una singolare concorrenza di date, il calendario romano tradizionale prevede la celebrazione anticipata in sabato della domenica fra l'Ottava dell'Epifania, per lasciar posto l'indomani (13 gennaio) alla celebrazione dell'Ottava della Festa, con il suo importantissimo Vangelo in cui si fa memoria del Battesimo del Nostro Salvatore. Dal 1891 in molti calendari locali, e dal 1920 nel calendario universale, la domenica fra l'Ottava dell'Epifania viene occupata dalla festa della Sacra Famiglia di Nostro Signore Gesù Cristo, la Sua Madre Santissima la Vergine Maria e di San Giuseppe di lei castissimo sposo.

Questa ricorrenza ha origine nella devozione popolare occidentale del secolo XVII, non estranea a un certo qual sentimentalismo, diffondendosi poi nell'arte religiosa e arrivando infine a contaminare pure la liturgia. Dico contaminare perché il devozionismo è un fenomeno che rispecchia una sensibilità popolare, semplice, sovente mutevole rispetto ai tempi, influenzata da molti fattori anche non religiosi, spesso contagiata da sentimentalismo e psicologismo; un fenomeno di per sé non condannabile, ma che deve restare nettamente distinto dalla Liturgia, che è invece patrimonio intangibile e immutabile della Chiesa, il cui spirito rimonta direttamente agli Apostoli e ai Padri, in quanto custodia ed espressione mistica dell'ortodossia, icona terrena della divina liturgia celeste delle schiere angeliche. Purtroppo, quando questa distinzione non viene osservata, com'è stato nel caso della Sacra Famiglia (non escludendosi in detto caso nemmeno una motivazione politica, ossia quella di proporre un modello consacrato di famiglia tradizionale, come argine alle deviazioni libertine che già in quel fine di secolo XIX andavano diffendendosi; scelta a mio dire assai poco azzeccata, in quanto la Sacra Famiglia non è certo un modello normale di famiglia...), il risultato è un qualcosa che stride nettamente con l'armonia della liturgia dei Padri. Il Gromier lamentò apertamente che feste come la Sacra Famiglia o il Cristo Re risultano anomale e "fuori tono" nel contesto generale del Calendario Romano, non commemorando né un mistero di Nostro Signore o della Santa Vergine, né un santo particolare, ma esprimendo semplicemente un concetto devozionale.

Il prevalere infausto della devozione sulla liturgia diventa palese nel calendario riformato del 1962: quest'anno, difatti, coloro che seguono le rubriche di Giovanni XXIII si troveranno a celebrare la Sacra Famiglia domani, sopprimendo del tutto (senza nemmeno commemorazione dunque) il Battesimo di Nostro Signore (così è stato ribattezzato il giorno ottavo dell'Epifania, dopo la soppressione infelice dell'antichissima Ottava, per preservare almeno il Vangelo proprio e una commemorazione che ha circa quattordici secoli di storia, sicuramente più di quanti ne abbia la Sacra Famiglia!). Nel rito moderno, infine, pur spostata dal contesto della non più esistente Ottava dell'Epifania, la festa devozionista resta comunque in posizione prevalente, andando a sopprimere la domenica fra l'Ottava del Natale.


In tale occasione, vorrei approfittarne per fare (rectius, riportare) una breve riflessione sull'iconografia della Sacra Famiglia, approfittando per dare qualche nozione della profonda differenza esistente tra arte sacra (l'iconografia tradizionale bizantina, e in un certo senso la pittura occidentale almeno sino al XIV secolo) e arte religiosa (la produzione occidentale dal 1400 in poi, la pittura russa a soggetto religioso dall'Ottocento...). Circola infatti, soprattutto in ambienti cattolici romani, ma anche purtroppo tra gli ortodossi, un' "icona" della Sacra Famiglia (vedasi immagine sopra), la quale nondimeno è assolutamente tacciabile d'eresia se non di blasfemia.

Procedendo con ordine, per spiegare quest'affermazione indubbiamente forte, partiamo dalla predetta distinzione:
  • L'arte sacra, detta anche iconografia, è principalmente un mezzo di preghiera: essa, poiché ha un significato mistico e soprattutto teologico (l'i. è infatti uno dei canali precipui attraverso i quali è esprimibile la dottrina ortodossa), deve seguire dei canoni ben precisi e stabiliti sin dall'età patristica, e in essa ogni minimo dettaglio, dai gesti ai colori, ha un profondo e inconfondibile significato allegorico. Nell'iconografia i volti sono inespressivi e gli sfondi aurei e irrealistici, perché non c'è spazio per l'emozione sensibile o la comprensione razionale in quella ch'è espressione visibile del sacro e dello spirituale; nell'iconografia l'autore e le sue idee non hanno importanza (tant'è che sarebbe vietato persino firmare le icone), in quanto non è la mano dell'uomo che deve rimanere, ma l'opera della grazia di Dio e la fede della Chiesa iconizzate.
  • L'arte religiosa è invece un tipo di arte nobile (con arte nobile s'intendono anche i temi epici e storici, contrapposti per esempio alle scene di vita quotidiana che fino all'Ottocento erano considerate naturalmente meno dignitose), i cui soggetti sono ispirati alla Religione, alle vite dei santi o alla Sacra Scrittura, ma vengono rappresentati con una certa libertà nelle forme e nel contenuto, rispecchiando la volontà del committente piuttosto che il personale gusto dell'artista, con l'inserimento di elementi alloctoni, dettagli raffinati, paesaggi ricercati, espressioni evidenti, realismo nella figurazione, e insomma una serie di elementi di contorno che rendono il prodotto realistico, estetico, ma certo non teologico. La distinzione in fondo è che l'iconografia è un'opera di Religione, mentre l'arte religiosa è un'opera di gusto artistico. L'icona ha un fine teologico ed eucologico; il quadro religioso ha un fine puramente decorativo.
Purtroppo, in Occidente la svolta razionalistica e psicologistica del XV secolo non ha escluso l'arte sacra, ch'è di fatto sparita (vero è che aveva avuto uno sviluppo e una saldezza teologica molto minore, anche perché l'assenza di eresie iconoclaste come in Oriente impedì che si fissasse l'importanza mistica dell'icona), lasciando il posto al proliferare dell'arte religiosa, bellissima certo e talora profonda, ma ben diversa dall'iconografia sacra. Oggi, per uno stravagante gusto esotico più che per vero amore per il mondo orientale, moltissimi in Occidente s'infatuano dell'icona in stile bizantino e arrivano a comprarne qualcuna per decorare (già questo è un grave errore di concezione, perché l'icona serve per pregare, non per abbellire!) la propria casa, tanto che nei più comuni negozi di oggetti religiosi si trovano ormai simil-icone "bizantine" prodotte direttamente in Italia dal Vaticano o -più raramente- commissionate a qualche iconografo greco senza troppi scrupoli che per qualche euro non disdegna di realizzare obbrobri come le "icone" sincretiche di Padre Pio (che, ahimé, mi è toccato di vedere persino in una bottega ortodossa di Venezia...). Purtroppo, essendosi perso ormai da troppi secoli il concetto stesso di arte sacra (e nell'ultimo secolo anche quello di arte religiosa, visti gli orrori che vengono proposti dai moderni "artisti" nelle chiese), gli acquirenti sono sovente digiuni di qualsiasi nozione d'iconografia tradizionale, privi di ogni concezione mistico-teologica relativa all'icona, e di conseguenza, per quanto spesso in buona fede, non mancano di acquistare errori teologici madornali come la suddetta icona della Sacra Famiglia.

La raffigurazione pittorica della Sacra Famiglia, come dicevamo, è una devozione nata nel contesto dell'arte religiosa e non dell'iconografia, anche perché quest'ultima (come detto) era già scomparsa da tempo in Occidente quando comparve la devozione. Agli occhi di un inesperto, pare una semplice e commovente scena, con le tre persone riunite in unità familiare dall'abbraccio.

In Iconografia, tuttavia, mentre l'abbraccio fra due uomini o fra due donne significa fratellanza, essendo quindi un abbraccio di amore fraterno (cfr. icona dei santi Pietro e Paolo o di Cirillo e Metodio), nel caso di una coppia maschio-femmina, l'abbraccio significa MATRIMONIO CONSUMATO, come nell'icona di Santi Gioacchino e Anna genitori della Santissima Vergine.
Ora, cosa capisce un occhio allenato all'iconografia vedendo l'icona suddetta? Che La Santissima Madre di Dio e il santo Giuseppe suo castissimo sposo non sarebbero stati così casti, perché avrebbero consumato il rapporto, e se tra l'altro il Cristo Infante è posto nel mezzo della coppia, ciò significa ch'Egli sarebbe figlio del rapporto dei due sovracitati. E tutto questo è indubbiamente eresia e blasfemia. A un occidentale potrebbe parere che queste riflessioni siano esagerate, che non è certo intenzione di rappresentare ciò, ma si è detto che l'iconografia ha delle regole precise e un simbolismo allegorico codificato, e pertanto -al di là di ogni intenzione- questo è senza possibilità di dubbio il significato che viene teologicamente (o meglio, ereticalmente) veicolato. Per non parlare di altre rappresentazioni della Sacra Famiglia ancor più eretiche, riprendenti il tema della Trinità di Rubljëv, che paragonano addirittura San Giuseppe e la Madre di Dio alle Persone della Trinità Divina (mi raccontavano che già nel Settecento in ambito gesuita si usasse la Sacra Famiglia per rappresentare la Trinità...)

I quadri religiosi non sono icone, e dunque un quadro della Santa Famiglia, pur riportando lo stesso tema, non è eretico, proprio perché non è un'icona. Meglio dunque per gli Occidentali restare su quest'opere d'arte indubbiamente belle, senza cercare l'esotismo dell'icona quando non si hanno i contenuti necessari a comprendere la di essa reale natura spirituale, e rischiando quindi di cadere negli errori più spiacevoli a Dio

Raffaello Sanzio, Sacra Famiglia Canigiani, 1507

(P.S.: di per sé non sarebbe nemmeno impossibile realizzare un'icona veramente ortodossa della Sacra Famiglia: già ne esistono, come quelle della fuga in Egitto, ma sarebbe sufficiente rappresentare la Madre di Dio con il Bambino in braccio e San Giuseppe da lei ben staccato, eliminando il problematico abbraccio...)


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