sabato 5 gennaio 2019

Il canto dell'Omnes Patriarchae nella solennità dell'Epifania

di Luca Farina

Introduzione

Nel rito ambrosiano, la solennità dell’Epifania ha un’importanza quasi pari a quella del Natale. La liturgia ambrosiana, infatti, non calca l’accento tanto sul mistero di Dio che si fa uomo, quanto sulla divinità di Cristo, per contrastare efficacemente l’eresia ariana [1]. Essa è, pertanto, fortemente cristocentrica, e vengono messi in risalto gli episodi attestanti l’origine divina di Gesù. L’Epifania che si celebra il 6 gennaio, infatti, è solo il primo momento in cui il Signore viene presentato quale Salvatore del mondo, Dio incarnato, così come avverrà nel Battesimo presso il fiume Giordano o nelle nozze di Cana, tant’è che l’inno dei Vespri dell’Epifania (Illuminans, Altissimus) cita anche questi due eventi e per le rispettive ricorrenze verrà utilizzato. [A]

In particolare, i Secondi Vespri dell’Epifania presentano il canto di un’antifona, “Omnes Patriarchae”, di cui vengono qui illustrate le caratteristiche e il rito che l’accompagna.


La prassi nel rito ambrosiano antico

Nel rito ambrosiano antico, ovvero precedente alla riforma liturgica, i Secondi Vespri di alcune festività, dopo il Lucernario [2] e prima dell’Inno, presentano il canto di un’antifona, detta “antiphona in choro”, chiamata così poiché, originariamente, i cantori si mettevano in circolo presso lo stallo del celebrante (potremmo ipotizzare che lo facessero alla maniera dei canonici attorno al Vescovo nei pontificali ambrosiani e romani, e che le due cose siano collegate). I Secondi Vespri dell’Epifania (e non i Primi, che invece sono collegati alla Messa e presentano quattro Letture vigiliari veterotestamentarie [3]) presentano il canto dell’antifona “Omnes Patriarchae”. Il testo recita: Omnes Patriarchae * praeclamaverunt te, et omnes Prophetae annunciaverunt te: pastoribus Angeli ostenderunt te; caeli per stellam declaraverunt te: et omnes Justi cum gaudio susceperunt te. L’antifona viene ripetuta quattro volte, ad indicare i quattro punti cardinali, ovverosia l’annuncio della nascita di Cristo a tutti i popoli del mondo. Dopo la seconda esecuzione, viene intonata (secondo la modulazione ambrosiana) la prima parte del Gloria Patri, la cui seconda parte viene conclusa dopo la terza esecuzione dell’antifona, mentre a chiudere le quattro esecuzioni vi sono i tre Kyrie eleison, molto spesso presenti nel rito ambrosiano [4].

E’ in Duomo, tuttavia, che avveniva un rito peculiare, come illustrato da Monsignor Marco Navoni raccogliendo i diari e le testimonianze dei cerimonieri. L’Arcivescovo, presiedendo i Vespri coi paramenti della Messa (escluso il pallio e, probabilmente, il manipolo [5]) prendeva posto al trono, mentre il primicerio o l’arciprete [6] (sono attestate entrambe le situazioni), rivestito di abito corale e piviale bianco, e portando la ferula, sedeva di fronte all’arcivescovo. La prima esecuzione dell’antifona spettava ai cantori, la seconda ai pueri (che eseguiranno anche il responsorio), la terza all’arciprete o al primicerio, la quarta veniva eseguita da tutti i presenti. Al termine dell’antifona, mentre il Vespro proseguiva, il primicerio o l’arciprete si appressava al trono, dove baciava l’anello dell’Arcivescovo seduto e da egli riceveva l’abbraccio di pace. Tra i due vi era lo scambio di un dono simbolico. Tale rito, probabilmente, è da far risalire all’epoca del cosiddetto “esilio genovese” [7], in cui l’Arcivescovo di Milano si spostò a Genova e la città fu amministrata dai canonici, i quali accolsero con sdegno il ritorno a Milano dell’antistite: questo segno rappresentava la ritrovata pace tra il capitolo e l’Arcivescovo.

La prassi nel rito ambrosiano attuale

La Liturgia delle Ore Ambrosiana scaturita dalla riforma conciliare presenta anche la possibilità, purtroppo, di recitare una sola volta, l’antifona in italiano, con il seguente testo: Ti hanno acclamato tutti i patriarchi, i te i profeti tutti hanno parlato, *, gli angeli ti hanno annunziato ai pastori, ti ha rivelato una stella dal cielo, tutti i cuori dei giusti ti hanno accolto. Questa modalità di esecuzione, purtroppo applicata in molte parrocchie, priva i fedeli ambrosiani di cantare l’unica antifona in coro rimasta dopo la riforma. E’ tuttavia significativo notare come essa sia stata conservata, mentre quelle di altre solennità sono state eliminate per motivazioni mai dichiarate.

In Duomo il rito è ancora conservato col canto quadruplice dell’antifona in lingua latina e tutto ciò che è stato precedentemente esposto. L’Arcivescovo prende posto sulla cattedra, l’arciprete di fronte ad egli sullo scranno abitualmente utilizzato nelle celebrazioni non pontificali. Durante la quarta esecuzione l’Arcivescovo e tutto il capitolo si dispongono accanto alla statua del Bambino Gesù posta davanti all’altare rendendogli omaggio. Ad indicare ancora di più la sottomissione del capitolo all’Arcivescovo, è l’arciprete a prestarsi a servizi diaconali [8] quali il proseguire l’incensazione dell’altare e del celebrante durante il Magnificat.

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NOTE dell'autore

Testi di riferimento:
Mons. Marco NAVONI, Dizionario di liturgia ambrosiana, Milano, NED, 1996;
Liber Vesperalis juxta ritum Sanctae Ecclesiae Mediolanensis, Gregorio Maria Suñol, 1939;
Liturgia Ambrosiana delle Ore, 1988

1: l’eresia di Ario, infatti, era molto presente a Milano. Sant’Ambrogio stesso fu eletto vescovo per evitare l’elezione di un eretico.
2: responsorio chiamato così poiché, in origine, veniva cantato mentre si accendevano le luci. Nel rito antico ciò è solamente simbolico poiché tutte le luci sono già accese, mentre nel rito attuale tale rito è stato riportato alla sua originalità: la celebrazione inizia a luci spente, dopo il saluto del celebrante, mentre viene eseguito il Lucernario, vengono accesi i ceri dell’altare, quelli portati dai chierici e le luci della chiesa.
3: tanto nel rito antico quanto in quello odierno, le solennità di Natale, Epifania e Pentecoste hanno la Messa di Vigilia unita ai Vespri e presentano quattro letture vigiliari oltre alle letture della Messa.
4: si pensi, per esempio, ai tre Kyrie Eleison che chiudono il Gloria, che precedono la benedizione o che chiudono il Magnificat.
5: non vi sono testimonianze sufficienti per affermare la presenza o l’assenza del manipolo.
6: sono due delle cosiddette “dignità” del Capitolo Metropolitano (in ordine di importanza si trovano arciprete, primicerio, arcidiacono, penitenziere e teologo).
7: con l’arrivo dei longobardi a Milano, l’arcivescovo Onorato Castiglioni spostò, nel 568, la sua residenza a Genova. Solo nel 649 San Giovanni Bono riportò la sede arcivescovile a Milano.
8: nel rito ambrosiano, tanto alla Messa quanto ai Vespri, l’incensazione dell’altare è iniziata dal celebrante che turifica il Santissimo Sacramento eventualmente presente, la croce d’altare, e l’altare con tre movimenti a forma di croce. L’incensazione è proseguita e conclusa dal diacono.

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NOTA di Traditio Marciana

A: Del fatto che l'Epifania celebri tre misteri distinti e delle sue ragioni teologiche, che presso i Latini sia maggiormente evidenziata l'Adorazione dei Magi e presso i Greci invece il Battesimo, e di come i tre misteri siano rappresentati nelle varie forme liturgiche d'Oriente e Occidente, ne abbiamo ampiamente parlato QUI.

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