sabato 14 dicembre 2019

Circa la "corredenzione" della Madre di Dio

La Theotokos, ossia la Deipara. Maria SS. generò
sia Cristo Uomo che Cristo Dio. Nell'icona il Figlio
tiene in mano il chirografo, ossia l'immagine del
debitum contratto dall'uomo in seguito al peccato
originale. Il fatto che egli lo tenga in mano, e lo
strappi simbolicamente nell'icona della Risurrezione,
rappresenta il fatto che Egli solo è il nostro Redentore.
Ha suscitato molto scalpore una recente omelia, pronunziata dal Papa in occasione della festa della Madonna di Guadalupe, nella quale, egli, presentando la Vergine Maria come "discepola" e "meticcia", avrebbe pronunziato alcune affermazioni eretiche. Effettivamente, in questo discorso vi sono state numerose affermazioni temerarie, a partire dall'omissione del dovuto riferimento alla Divina Maternità, ma soprattutto con la problematica espressione di un "meticciato" umano-divino, che suggerisce un mescolamento (in Cristo) delle due sostanze, cosa che è contraria alla fede ortodossa. Nel Simbolo di S. Atanasio professiamo infatti che Cristo è Deus ex substantia Patris ante saecula genitus: et homo ex substantia matris [...] Unus omnino, non confusione substantiae, sed unitate personae, e nell'Inno di Giustiniano, che cantiamo a ogni liturgia dopo la seconda antifona, confessiamo Egli essere ἀτρέπτως ἐνανθρωπήσαντα (divenuto uomo senza mutamento [della sostanza divina]).

Tuttavia, la maggior parte dei siti e dei blog "tradizionalisti" si è concentrata sulla negazione di un altro concetto: quello della "corredenzione" della Madre di Dio. Questo teologumeno, che i massimalisti mariani da quasi due secoli, facendo leva sulle varie apparizioni, spingono perché venga proclamato dogma ("il quinto dogma mariano"), sosterrebbe che la Madonna avrebbe avuto parte attiva alla nostra Redenzione, co-redimendoci insieme a Cristo; strettamente legato a questo, è il teologumeno che invoca la Madonna come "mediatrice di tutte le grazie".

1. La natura del dogma.

Due premesse sono qui necessarie, sulla natura medesima del dogma, prima di affrontare la questione della corredenzione nella sua specificità.

1. Il dogma, secondo S. Vincenzo di Lerino, è quod ubique, quod semper, quod ab omnibus creditum est [1]. La Rivelazione, insegna il catechismo, si è chiusa con la morte dell'ultimo Apostolo, e dunque nulla di ciò che non era contenuto nella Tradizione Apostolica può assurgere a dogma della Chiesa. La Chiesa nella sua storia ha esplicitato il contenuto della Rivelazione Apostolica mediante la speculazione teologica, che si rende necessaria quando occorre confutare sul piano logico un'eresia (laddove, in una situazione di ortodossia, l'ascesi anche senza speculazione teologica è già una via sufficiente e necessaria alla Salvezza); non è giunta a "una miglior comprensione della Rivelazione", come qualcuno sostiene (dottrina dell'evolutio dogmatum, diffusasi negli ambienti cattolici sin dal XIX secolo [2]), ma ha semplicemente esposto su un piano logico-dialettico quella Verità che già gli Apostoli possedevano e hanno trasmesso su un piano mistico-ascetico. Dunque, non possiamo introdurre nuovi dogmi per il fatto che la Madonna in persona lo avrebbe chiesto in qualche ipotetica rivelazione privata (già si ebbe modo di scrivere sull'anomalia di queste apparizioni e rivelazioni).

2. Il dogma, inteso nella sua proclamazione solenne, riguarda esclusivamente le verità fondamentali della Fede, ovvero quelle che interessano i due misteri principali della Fede: la Trinità e Unità di Dio e l'Incarnazione, Passione, Morte e Risurrezione di Cristo. Dunque, la Divina Maternità di Maria, attenendo strettamente all'Incarnazione e all'economia salvifica, ebbe ben donde essere proclamata dogma nel Concilio di Efeso (431); viceversa, la dottrina dell'Assunzione corporale della Madre di Dio al cielo, quantunque creduta da tutta la Chiesa e testimoniata dagli Apostoli, fu proclamata dogma in modo anomalo da Pio XII [3], in quanto il fatto che fosse o meno avvenuta non incide minimamente su alcuno dei due misteri fondamentali.

2. La "mediazione di tutte le grazie".

Spostandoci ora alla questione della corredenzione e della mediazione in sé, dobbiamo fare un'altra premessa. Di questi temi è divenuto molto difficile parlare in età contemporanea, quando gli opposti estremismi (che come tali si oppongono alla natura sostanzialmente equilibrata del Cristianesimo) hanno di fatto reso impossibile fare dei ragionamenti sensati senza essere bollati come protestanti (o una certa parte del cattolicesimo moderno) che ritengono Maria una donna qualunque, laddove dall'altra parte si schierano quanti esaltano la Madonna sino a farla assurgere a una semidea (con reminescenze pagane della figura della dea madre), trovando un parallelo tra essa e Cristo per ogni cosa. In questo contesto sembra essere del tutto dimenticata la sana e sincera devozione a Maria, quella della Tradizione antica, trasmessa dai testi liturgici antichi, quella che ancor oggi si riscontra nel Cristianesimo orientale, basata su un amore ascetico e naturale per la Madre di Dio, non artefatto né sdolcinato, non contaminato da quel sentimentalismo immaginifico e affettivo che invece caratterizza il devozionismo del Cattolicesimo moderno.

La Chiesa insegna che la nostra Fede si basa su due fonti: la Scrittura e la Tradizione; ora, questa è in realtà un'endiadi, poiché la Scrittura altro non è che un testimone "indipendente" della Tradizione. Appare dunque logico che la Scrittura e la Tradizione non possono essere in aperto contrasto su nessun punto. Nella prima lettera a Timoteo 2,5-6 leggiamo: εἷς γὰρ Θεός, εἷς καὶ μεσίτης Θεοῦ καὶ ἀνθρώπων, ἄνθρωπος Χριστὸς ᾿Ιησοῦς, ὁ δοὺς ἑαυτὸν ἀντίλυτρον ὑπὲρ πάντων [4].

Il testo è molto chiaro nell'esprimere la mediazione universale di Cristo tra l'infinita e inconoscibile Divinità e la nostra umanità, che nel mondo prosegue attraverso l'effusione della Grazia increata e dell'azione del Paraclito che Egli ci ha mandato. Anni fa, su un forum cattolico [5], qualcuno osservò che questo passo avrebbe solo in apparenza opposto resistenza a una dottrina della corredenzione o della mediazione di tutte le grazie, poiché, sosteneva questi, εἷς si sarebbe dovuto intendere come "primario" o "primo" (concetto in realtà espresso da πρῶτος), aprendo alla possibilità di una "mediazione secondaria". Questo è palesemente contrario alla semantica del termine εἷς che in greco significa "uno solo", e quindi esclude assolutamente qualsiasi altra mediazione: l'unica mediazione tra l'infinito e il finito avviene mediante l'infinito che si "finitizza" nel mondo, non assolutamente attraverso una creatura finita. Allo stesso modo, prima della Comunione, noi affermiamo che εἷς Ἅγιος, εἷς Κύριος, Ἰησοῦς Χριστὸς [6].

Sostenere dunque, come ebbe a fare il Montfort, che nessuna grazia da Dio si ottiene se non passando per Maria, è molto pericoloso, poiché, oltre a negare la mediazione operata da Cristo, alimenta l'idea di un Dio "malvagio" e vendicativo, trattenuto solo dalla bontà della Madre [7], che non corrisponde all'immagine di mitezza che è Iddio nei Vangeli, lento all'ira e grande nell'amore, e nella Tradizione.

Quando nei testi liturgici viene invocata la μεσίτευσις della Madre di Dio (ad esempio nei Megalinaria della Tuttasanta: Ὦ Δέσποινα τοῦ κόσμου γενοῦ μεσίτρια), essa è intesa come sinonimo di πρέσβευσις, cioè dell'intercessione presso Dio recata dalle preghiere di tutti i santi, ma anche delle nostre in quanto membri vivi della Chiesa di Cristo.

3. La "corredenzione"

Affrontato il tema della mediazione, veniamo a quello della corredenzione, cioè della partecipazione attiva e irrinunciabile della Madre di Dio alla salvezza eterna dell'umanità. Come detto, questa tesi nasce dalla tendenza mariolatra, che giunge a rendere a Maria un culto di latria, spettante solo a Dio, anziché un culto di iperdulia, come dice invece la Tradizione apostolica, cioè la venerazione (dulia) massima che può spettare a un santo. Questa tesi perciò associa alla Madre di Dio alcune o tutte le caratteristiche di Dio [8]: così, essendo Cristo Redentore, Ella diverrebbe Redentrice, cioè con-redimerebbe l'umanità insieme a Cristo; così, incarnando Cristo concetti spirituali ("io sono la Risurrezione", Gv. 11,25), si sostiene che anche la Santa Vergine incarnerebbe concetti spirituali [9]. Ma per la Fede Cristiana la Madonna è una creatura, che è stata trasfigurata dalla Grazia dell'Incarnazione, giungendo allo stato di beatitudine superiore ai santi e agli Angeli [10], ma pur sempre incomparabilmente inferiore a Dio, poiché "tra creato e increato non vi è alcuna somiglianza", come scrive S. Atanasio il Grande. Dunque nulla di tutto ciò le si può attribuire.

Vi è stato qualcuno che, riconoscendo questi problemi, ma volendo difendere la teoria, provò a sostenere l'idea di una redenzione subordinata (ma comunque necessaria) operata dalla Madre di Dio. Nonpertanto, pure questa idea, che comunque non potrebbe essere espressa dal termine corredenzione in quanto il prefisso co- implica un'azione paritaria, posta su piani eguali, è contraria all'insegnamento della Chiesa.

L'unico Mediatore è anche l'unico Redentore, come è espresso dal succitato passo della seconda lettera a Timoteo: ὁ δοὺς ἑαυτὸν ἀντίλυτρον, "Colui che ha dato se stesso come prezzo del riscatto". L'uso dell'articolo determinativo avanti al participio indica chiaramente una correlazione biunivoca, che non ammette deroghe: S. Ambrogio dice chiaramente che "la Passione di Cristo non necessita di assistenza veruna" [11].

Ci sono sostanzialmente tre argomenti che i massimalisti mariani adottano per sostenere la propria tesi, che sono però facilmente confutabili.

1. La Madonna è parte attiva nell'Incarnazione, in quanto Ella accetta di divenire Madre di Dio con il suo "fiat" (corredenzione remota).
2. Nel disegno di Dio Padre Maria è associata a Cristo per il trionfo sul peccato così come Eva fu associata ad Adamo nel peccato originale.
3. Maria è stata associata alla Passione e morte di Gesù, partecipandovi de congruo con il suo dolore di madre (corredenzione prossima).

Viene sovente citato anche il passo del Vangelo di San Giovanni in cui il discepolo che Cristo amava è affidato alla Deipara: questo tuttavia non attiene strettamente alla corredenzione, ma ad un altro teologumeno, quello di "Maria madre della Chiesa", di cui qui non parliamo.

1. La teologia classica insegna la necessità dell'Incarnazione [12]. L'economia salvifica si deve compiere, poiché così è stato preordinato dalla bontà divina. Ragionando per assurdo, se Maria avesse detto "no", l'Incarnazione sarebbe comunque avvenuta in qualche altro modo. Il "sì" di Maria rientra dunque nella sua perfetta esperienza ascetica (vide infra). Ella non collabora attivamente all'Incarnazione, ma ci offre il modello che tutti noi dobbiamo seguire, quello della sinergia delle nostre azioni umane con la grazia divina [13], per ottenere la salvezza: Maria collabora attivamente alla propria salvazione, così come ogni uomo è chiamato, nella sua libertà, a collaborare alla propria, incorporandosi a Cristo nel Battesimo e seguendo i suoi comandamenti, al fine di ottenere lo Spirito Santo ed essere trasfigurato dalla Grazia. In questo senso, piuttosto che causa salutis, come la definirono alcuni teologi francescani bassomedievali, Maria è principium salutis, cioè la prima ad essere salvata dai meriti di Cristo, e modello per tutti noi sull'unica via della salvezza che è Cristo.

2. L'immagine di Maria come nuova Eva è utilizzata di frequente negli scritti dei Padri e negli antichi testi liturgici. E' un'immagine poetica, ma non deve e non può essere letta come una corrispondenza univoca e "giuridica". Nuovamente qui dobbiamo rifarci al termine principium salutis, stavolta inteso come il fatto storico che ha costituito il καιρός per l'avviamento della necessaria economia salvifica. Come la seduzione di Eva fu l'inizio del peccato dei progenitori, così la vita ascetica della Madre di Dio fu l'inizio dell'economia salvifica che riparò a quel peccato; ma se Adamo ed Eva ebbero parimenti ruolo nel peccato, nell'economia salvifica agì il solo Cristo. Scendendo agl'Inferi, egli solo  ne liberò sia Adamo che Eva; la tradizione della Chiesa insegna che, al momento della Risurrezione, sia Adamo danzò per la gioia, sia Eva si rallegrò [14]. Dunque la colpa dei due progenitori, e con essi l'intera umanità, senza distinzione, è chiaramente redenta nel solo Cristo, e l'allegoria Maria-nuova Eva si può applicare solo parzialmente e soprattutto senza accostarla a un'immagine Cristo-nuovo Adamo. Quest'ultima si trova molto più raramente nell'allegoria patristica, e mai si accompagna alla predetta Maria-Eva, proprio per evitare l'ingenerarsi di una confusione simile [15].

3. Solo Cristo può aver riparato alla colpa dei progenitori. Il ragionamento che segue è impostato sulla tesi "giuridica" di S. Anselmo: sono consapevole che questa sia una tesi che presenta molti problemi, di stampo agostiniano, e difforme dalla visione patristica in diversi punti. Tuttavia è la più diffusa nella Chiesa Romana, e qui può servire efficacemente a chiarire la questione. La colpa dei progenitori fu una colpa infinita, poiché commessa contro la bontà infinita di Dio; necessitava pertanto di una riparazione infinita, quale solo la morte di Cristo, che essendo Dio è infinito, poté offrire. Cristo solo aveva il potere di strappare il chirografo dell'umana condanna; Maria, essendo creatura e finita, non poté offrire riparazione.
La distinzione tra la partecipazione de congruo della Madonna alla redenzione operata de condigno da Cristo è suggerita da Papa Pio X nell'enciclica Ad diem illum (§ 14). Si sostiene che la Madonna contribuì con il suo dolore di madre per il massimo possibile all'umana natura; tuttavia, l'apporto di una riparazione finita ad una infinita è non significativo: perciò il contributo della Madonna è assolutamente non necessario alla Redenzione operata da Cristo. Infine, il passo scritturale adoperato per giustificare questo argomento, Colossesi 1,24 (Νῦν χαίρω ἐν τοῖς παθήμασί μου ὑπὲρ ὑμῶν καὶ ἀνταναπληρῶ τὰ ὑστερήματα τῶν θλίψεων τοῦ Χριστοῦ ἐν τῇ σαρκί μου ὑπὲρ τοῦ σώματος αὐτοῦ, ὅ ἐστιν ἡ ἐκκλησία [16]) si applica a tutti i credenti in Cristo (visto che Paolo lo riferisce a se stesso), e ancora una volta si riferisce alla sinergia delle opere umane con la Grazia divina necessaria a conseguire l'eterna salute, di cui si è parlato al punto 1.
Quando nei canoni alla Madre di Dio cantiamo Ὑπεραγία Θεοτόκε σῶσον ἡμᾶς (Santissima Deipara salvaci), ci riferiamo non già alla salvezza escatologica, offerta da Cristo solo, bensì a quella del corpo [17]: la σωτηρία che è ottenuta per noi dalla Madre di Dio dev'essere intesa come liberazione, difesa, aiuto, guarigione, non come salvezza eterna (come del resto è esplicitato nel testo dei canoni stessi).

Nessuno di questi argomenti appare quindi sostenibile: anzi, analizzandoli abbiamo potuto chiarire in modo inequivocabile la già citata frase di S. Ambrogio: l'economia salvifica si compie in Cristo, e solo in Cristo.

4. Conclusioni.

La mariolatria, conciossiaché sia nata col pretesto di magnificare oltremodo la Deipara, non fa che svilirla, facendola assurgere a una semidea dotata di poteri soprannaturali (ben distinti dai doni preternaturali che le sono comunicati nella Grazia), e annullando così il perfettissimo percorso di ascesi personale che condusse la Madre di Dio a essere la più santa e pura tra le creature e il modello perfetto per tutti noi.

In uno scritto del santo vescovo Giovanni Maksimovic di Shangai e San Francisco [18] leggiamo una sintesi efficace di tutto ciò: "Il tentativo di esaltare la Santissima Vergine a una eguaglianza con Cristo, ascrivendo alle sue materne torture ai piedi della Croce un significato eguale alle sofferenze di Cristo, talché avrebbero parimenti sofferto il Redentore e la "Corredentrice", [...] o che "l'umana natura della Madre di Dio in cielo insieme al Dio-Uomo Gesù rivelano unitamente la piena immagine dell'uomo" (S. Bulgakov [19], The Unburtnt Bursh, p. 141) è un vano inganno e una seduzione della filosofia. In Cristo Gesù non c'è uomo né donna (Gal. 3,39), e Cristo ha redento l'umanità intera; perciò alla sua Risurrezione egualmente "Adamo danzò per la gioia ed Eva si rallegrò" (Kontakia della Domenica del I e del III tono), e con la Sua Ascensione il Signore sollevò l'intera natura umana. Similmente, il fatto che la Madre di Dio sia un "complemento della Santa Trinità", o una "quarta ipostasi", che "il Figlio e la Madre sono una rivelazione del Padre mediante la seconda e la terza ipostasi", che la Vergine Maria sia "una creatura, ma anche non più una creatura", tutto ciò è frutto della vanità, della falsa sapienza che non è soddisfatta da ciò che la Chiesa ha insegnato dal tempo degli Apostoli, ma tenta di glorificare la Santa Vergine più di quanto Iddio l'abbia glorificata".

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NOTE

[1] R. S. MOXON (a cura di), Vincenzo di Lérins, Commonitorium, Cambridge, University Press, 1915, p. 10.

[2] Tale erronea dottrina si presenta in due forme: una "moderata", caratteristica del cattolicesimo ottocentesco, per la quale la Chiesa può sviluppare nuove dottrine che, insegnate da Cristo, non sarebbero state comprese adeguatamente dagli Apostoli o dalla Chiesa primitiva; una "estremista", quella del modernismo e di certo cattolicesimo postconciliare, per la quale tutti i dogmi subiscono un cambiamento a seconda del contesto ecclesiale e sociale in cui vengono calati.

[3] Altre anomalie di quel dogma, oltre alla succitata, sono la proclamazione papale unilaterale senza Concilio probatorio, e la non-necessità della proclamazione solenne in quanto storicamente nessuna eresia mai avversò questa dottrina ecclesiastica.

[4] "Uno infatti è Iddio, uno è anche il mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Gesù Cristo, colui che diede se stesso come prezzo del riscatto per tutti".

[5] http://www.cattoliciromani.com/40-ecumenismo-e-dialogo/30045-maria-corredentrice-del-mondo/page3

[6] "Uno solo è il Santo, uno solo è il Signore, Gesù Cristo".

[7] Questa idea, o addirittura quella che "nessuno è mai salito al cielo se non per mezzo di Maria", è sottesa a molte considerazioni presenti negli opuscoli dei massimalisti mariani (tra cui il più famoso è il Trattato della vera devozione a Maria di Luigi Grignon de Montfort), ed espressamente menzionata in alcune apparizioni come quelle di La Salette. E' insinuata anche dall'enciclica Octobri mense di Leone XIII (§7).

[8] Questa tendenza si riscontrò anche in alcuni ambienti ortodossi nel XIX secolo, quando iniziò l'uso (ancor oggi diffuso, seppur in modo meno pericoloso) di celebrare un ufficio detto delle "Lamentazioni della Madre di Dio" alla vigilia della Dormizione, costituendo i testi di quest'ufficio un calco quasi perfetto dei testi cantati il Sabato Santo nelle Lamentazioni avanti all'Epitafio. Questo suggerirebbe una pererronea identificazione della morte di Maria con la morte di Cristo, quando la Tradizione apostolica insegna che la prima, pur essendone simbolicamente immagine (la Madonna, sepolta nel Getsemani, vi giace per tre giorni prima di essere elevata al Cielo), non condivide alcuno dei suoi aspetti redentori. Del resto, nelle Lamentazioni di Cristo leggiamo che "le schiere degli Angeli si stupirono" poiché la Vita stessa ("Io sono la Via, la Verità e la Vita", Gv. 14,6) fu racchiusa in una tomba: ma come si sarebbero potuti stupire della morte inevitabile di una creatura, per quanto trasfigurata dalla grazia (e dunque esente dalla corruzione e dal dolore della morte, conseguenze del peccato ancestrale, perciò detta dormizione)?

[9] Nella sua apparizione a Lourdes, la Madonna avrebbe detto: "Io sono l'Immacolata Concezione". Avrebbe cioè incarnato un concetto spirituale, come Cristo; ma questo è assolutamente impossibile, poiché la Madre di Dio è una creatura. Nemmeno il dogma dell'Immacolata Concezione proclamato da Pio IX può indurre in alcun modo a pensare a un'identificazione tra la Madonna e l'atto spirituale della sua Concezione.

[10] Uno dei più famosi tropari in onore della Madre di Dio, l'Ἄξιόν ἐστι, la celebra infatti come "più onorevole dei Cherubini e incomparabilmente più gloriosa dei Serafini".

[11] S. Ambrogio, De instituendis virginibus, 7

[12] cfr. S. Leone Magno, Terzo discorso nel Natale del Signore, 3

[13] In opposizione alla dottrina luterana della sola gratia, che non prevede alcuna collaborazione delle opere con la grazia. Ma nella liturgia romana più volte si prega un'antichissima orazione che ben esprime il concetto patristico della sinergia: Actiones nostras, quaesumus Domine, aspirando praeveni et adiuvando prosequere: ut cuncta nostra oratio et operatio a te semper incipiat, et per te coepta finiatur. Per Christum Dominum nostrum. Amen.

[14] Ἐξανέστης ὡς Θεὸς ἐκ τοῦ τάφου ἐν δόξῃ καὶ κόσμον συνανέστησας, καὶ ἡ φύσις τῶν βρτῶν ὡς Θεόν σε ἀνύμνησε, καὶ θάνατος ἠφάνισται , καὶ ὁ Αδὰμ χορεύει, Δέσποτα, καὶ ἡ Εὔα νῦν ἐκ τῶν δεσμῶν λυτρουμένη, χαίρει κράζουσα· Σὺ εἶ ὁ πᾶσι παρέχων Χριστὲ τὴν Ἀνάστασιν. (Kontakion del Canone del Mattutino delle Domeniche del I e del III tono)
Risorgesti come Dio in gloria dalla tomba e risollevasti il cosmo, e la natura dei mortali ti esaltò come Dio, e fu sconfitta la morte; danza Adamo, o Sovrano, ed Eva, ora libera dalle catene, si rallegra esclamando: Tu sei Colui che a tutti offri la Risurrezione, o Cristo.

[15] Confusione è ingenerata pure dalla traduzione della Vulgata di Genesi 3,15. Ivi, infatti, il testo greco ha: αὐτός σου τηρήσει κεφαλήν, e S. Girolamo traduce ipsa conteret caput tuum. Dal testo latino appare logico pensare che il soggetto, femminile (ipsa), sia la donna, e quindi Maria, ivi prefigurata, schiaccerà il capo del serpente, cioè del peccato. Tuttavia, il testo greco ha αὐτός, maschile, che apparentemente non si lega grammaticalmente né a γυνή (la donna, femminile), né a σπέρμα (il seme, neutro). Tuttavia la logica suggeriscono l'unica possibile lettura: il seme, cioè il figlio maschio, cioè il Cristo, schiaccerà il capo del serpente. La traduzione errata non ha fatto che incrementare il numero di quanti hanno pensato che la donna abbia ruolo attivo nella redenzione.

[16] "Or mi rallegro nelle sofferenze che patisco per voi, e supplisco a quanto manca alle sofferenze di Cristo nella mia carne, per il suo corpo, che è la Chiesa". Sia ben chiaro che alle sofferenze di Cristo non manca nulla, poiché esse sono salvifiche di per sé; ciò che "manca", cui ciascuno deve supplire con le proprie "sofferenze" (ovvero le azioni) è la sinergia delle opere personali con la Grazia di Cristo. Senza di questa, la possibilità di salvezza è compiutamente offerta da Cristo, ma noi non la viviamo e dunque non ne godiamo.

[17] Una disputa sorse in merito nella Chiesa Ortodossa, dacché nel Liturghier romeno è stato per un periodo inserito in luogo del predetto verso il seguente: Preasfântă Născătoare de Dumnezeu, miluieşte-ne pe noi, cioè "Santissima Deipara, abbi misericordia di noi". Questo fu chiaramente identificato come sospetto di eresia, poiché l'avere misericordia, qui sì inteso come concedere il perdono dei peccati per il conseguimento della vita eterna, nei versi liturgici si chiede solo a Cristo o alla Santissima Trinità (cfr. qui la disputa).

[18] Ripubblicato nel 2012 da Hellenic News of America.

[19] Sergej Nikolaevic Bulgakov fu un prete ortodosso del XX secolo, primo direttore dell'Istituto Teologico S. Sergio di Parigi; molto vicino ad alcune posizioni cattolico-romane da una parte (era molto devoto di Lourdes, per esempio), e influenzato da elementi sincretici e gnostici dall'altra (il metropolita Anton Chrapovitskij di Kiev lo accusò pubblicamente di introdurre una quarta persona nella Trinità, ovvero la "Sapienza", forza cosmica e mediatrice tra Dio e il mondo), quantunque mai formalmente condannato dal Sinodo della Chiesa Russa, è generalmente considerato nel mondo ortodosso come un personaggio latore di posizioni teosofiche e contrarie all'Ortodossia.

12 commenti:

  1. vedendola anche da un punto di vista 'sociologico' è un dogma che se venisse proclamato avrebbe bisogno di molti distinguo (come la subordinazione della corredenzione a quella di Cristo, la sua non necessità etc), che in gran parte non verrebbero recepiti o capiti dai fedeli (in quanto il livello medio di conoscenza catechetica è desolante) con il rischio di derive mariolatriche o ancor peggio rifiuto della venerazione della Deipara

    la cosa assurda è che gran parte dei sostenitori di questo dogma si appellano a apparizioni e veggenti, sintomo ciò della deriva pentecostale di certe frange del cattolicesimo

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    1. Signor mari,
      la sua affermazione è in buona sostanza la seguente: "il cielo è rosso".
      Può essere anche vero, ma non fornisce un solo dato per cui dovremmo credere a questa asserzione. Il peso del suo commento nella discussione è dunque pari a zero.

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    2. no, l'immacolata concezione non presuppone che la Deipara sia corredentrice

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    3. Signor mari, cosa significa quello che dice? Se ammettessimo la Corredenzione, dovremmo dire almeno che la Madonna è corredentrice, ma non "la Santissima Immacolata Concezione", che è un concetto astratto, non una persona.
      Ma quanto dannosa è stata Lourdes...

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    4. messaggi di chi?
      e che senso ha non chiamare la Deipara 'Madonna': esso è un modo di manifestare la sua dignità e la venerazione che le dobbiamo

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    5. Gentile mari,
      anzitutto mi scuso per l'equivoco; dal nome utente non potevo intuire che lei fosse una ragazza.
      "Madonna" è un termine che entra nel lessico volgare nell'XI-XII secolo, significando lett. "mia Signora". Equivale in un certo senso all'ingl. "Our Lady". E' sicuramente meno "tecnico", ma non se ne deve disprezzare l'uso. La presunta rivelazione privata che qui allega, in cui sarebbe Nostro Signore a parlare (cosa di cui ovviamente dubito), non si può nemmeno considerare come fonte per la questione.

      P.S.: Non ho pubblicato l'altro suo commento, perché di fatto conteneva "spam" di contenuti non attinenti al tema trattato.

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  2. Questo scritto è un capolavoro! Complimenti all'autore!

    Caro gsimy: la proclamazione del dogma non aggiungerebbe gran ché, poiché, sul livello popolare, la mariolatria è ormai troppo diffusa. Proprio i cosiddetti tradizionalisti, che dovrebbero essere i più consapevoli di questo rischio, ne sono i più fervorosi sostenitori. Il fatto, sollevato da Unam Sanctam, che i critici di Bergoglio si siano arrabiati con questo particolare anziché con i suoi divari filo-monofisitici permette di apprezzare a gravità del problema.

    D'altronde l'appello alle "apparizioni" è giunto negli ultimi secoli fino all'assurdità. Se alcuni apologisti cattolici parlavano qualche tempofa di "tre fonti" della Rivelatione (Scrittura, Tradizione e Magisterio), sembra che oggi alcuni siano pronti ad aggiungervi una quarta, "le Apparizioni".

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  3. I sottili e delicati equilibri mantenuti nella tradizione quando si parla di Trinità, Cristo Dio-Uomo, Madre di Dio, ecc. sono facilmente alterabili e spesso ciò avviene per cause che le pie anime credono essere sacrosante. Tuttavia, una volta alterati tali equilibri è assai difficile ripristinarli e allora si ricorre a tutta una serie di asserzioni artificiali pur di giustificarli. Tali asserzioni, tuttavia, sono come una copertina corta: se coprono alcune parti finiscono inevitabilmente per scoprirne altre. Già questo dovrebbe far sorgere il sospetto che qualcosa, infatti, non quadra...

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  4. Cara Mari,

    “Immacolata Concezione” è, in italiano e in qualsiasi lingua europea, un termine che si riferisce, oppure al fatto della supposta concezione immacolata della Deìpara, oppure alla condizione di purezza che ne resulterebbe. Quindi è chiaro che questo termine non è, né può essere, un titolo della Vergine Maria – che viene chiamata appunto “Vergine”, non “Verginità Perpetua” che, come “Immacolata Concezione”, è un’astrazione che servirebbe a precisare una qualità della Madonna. Poi possiamo credere o no a questo theologoumeno: Lei ci crede, io no. Ma questo è tutt’un altro discorso. Chiamare la Madonna “Immacolata Concezione”, come se questo fosse il suo nome o titolo, è assurdo da un punto di vista semplicemente linguistico. Ma c’è di più: la ragione per cui molti cattolici fanno come Lei (non conosco il suo caso) è proprio perché questa fu la “rivelazione” di Lourdes. Ciò che prova, al di più, la confusione originata da alcune recenti apparizioni.

    Rileggendo il mio commento originale, mi pare che mi mancò sottilezza, e mi dispiace se così fu sentito pure da Lei. Ma credo che le mie obiezioni hanno un certo fondamento. Spero di rimettere il dibattito al suo posto giusto.

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  5. Tutti i commenti degli utenti "mari" e "bloog di boanerges" sono stati cancellati, e non ne saranno pubblicati altri in futuro. Ribadisco una volta per tutte che i commenti di questo blog sono fatti per avere un dibattito documentato sui temi trattati, non per fare sterile polemica, non per insultare il prossimo né per diffamarlo, non per spammare contenuti non inerenti alla Vera Fede.

    Esorto i miei venticinque lettori a diffidare dai soggetti sopraccitati e dal loro blog "boanerges", nel quale sostengono di aver avuto visioni e apparizioni da parte di Nostro Signore o della Madonna. Si tratta di evidente settarismo agli antipodi dell'ortodossia.

    P.S.: riempire di spam la casella dei commenti non è un buon modo per farsi pubblicare.

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  6. Ogni tanto l'argomento ritorna... credo che rispetto a questa nostra confutazione, che nessuno ha mai analizzato nel dettaglio (l'unica obiezione, nei commenti di un post sul blog Chiesaepostconcilio nella cui discussione era stato riportato il link al nostro articolo, è stata che "il cattolicesimo non rende culto di latria a Maria ma di iperdulia": il che non muta di una virgola quanto scriviamo).

    I testi liturgici latini traducono Theotokos di preferenza "Dei genetrix", mentre "Deipara" si ritrova più nella letteratura teologica e in qualche limitata innodia liturgica. "Mater Dei" è pure impiegata come traduzione da tempi molto antichi, basti pensare all'"Ave Maria". Soprattutto però nelle traduzioni italiane, "Dei genetrix" è diventata "Madre di Dio" e "Deipara" è sparito, tant'è vero che gl'italiani oggi capiscono più il greco "Theotokos" dell'italianissimo "Deipara". Illecito non credo; la confusione e l'imprecisione dei termini creano sicuramente problemi se non rettamente interpretati. Un errore di traduzione famosissimo, Genesi 3,15, è stato senza problemi mantenuto dalla Chiesa latina nel I millennio: quando ha iniziato a dare adito a interpretazioni teologiche basate su questo errore, lì sono iniziati i problemi. La Chiesa Russa da tempo immemore canta all'inizio dell'anafora "Misericordia di pace" anziché "Olio di pace" per un errore di traduzione, e non costituisce un problema: se su quello basassero una nuova tesi di teologia sacramentale, sorgerebbe qualche incomodo...

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  7. Grazie degli auguri, che ricambiamo di cuore. Sul blog festeggeremo tra un mesetto...

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