domenica 28 giugno 2020

Quos in petra apostolicæ confessionis solidasti

Questo sabato si è osservato il digiuno della vigilia anticipata dei Santi Pietro e Paolo, della gran festa che oggi celebriamo, della Pascha aestivale della Chiesa Romana. Nella Messa della vigilia, cantata dopo Nona, inginocchiatisi tutti gli astanti, il celebrante ha cantato questa colletta:

Praesta, quaesumus, omnipotens Deus: ut nullis nos permittas perturbationibus concuti; quos in apostolicae confessionis petra solidasti. Per Dominum...

Queste parole non possono che portarci a considerare i famosi versetti evangelici che ascolteremo nella messa odierna: Tu es Petrus, et super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam. Sopra quale pietra sarà edificata la Chiesa di Cristo? La risposta ce la dà la colletta della vigilia, presente già nel Sacramentario Gregoriano: sulla pietra della confessione di fede di san Pietro, di quel Tu es Christus, Filius Dei vivi che Pietro pronuncia ex persona omnium Apostolorum (cfr. S. Girolamo, Liber III Commentariorum in Matth. cap. 16). La pietra su cui poggia la Chiesa, nella sua comprensione antica, è la Fede degli Apostoli nella divinità di Nostro Signore, sulla quale le potenze degl'Inferi non prevarranno. Così interpretano il passo S. Giovanni Crisostomo (Omelia IV sopra Matteo), Eusebio Alessandrino, S. Gregorio Nisseno (De Adventu Domini), S. Gregorio Magno (Epistola a Teodolinda, Epistola a Eulalio), S. Giovanni Damasceno (De Transfiguratione Domini) e molti altri...

I Santi Pietro e Paolo reggono insieme la Chiesa, nell'iconografia tradizionale bizantina
L'antico primato d'onore della Sede Romana, "la più grande, più antica e meglio conosciuta delle Chiese" come la chiama S. Ireneo di Lione, era garantito non tanto dal fatto che il suo Vescovo fosse successore di un Principe degli Apostoli, come del resto lo erano parimenti il Patriarca di Antiochia e quello di Alessandria, bensì perché nell'Urbe si trovavano i corpi beatissimi dei Principi degli Apostoli, un pignus honoris ineffabile per la Città che dal sangue del loro martirio era stata consacrata. Questo primato d'onore era tenuto in gran conto dalla Chiesa antica, che al Vescovo di Roma si rivolgeva per sanare le dispute teologiche interne più accese: laonde la frase di S. Agostino, Roma locuta, causa finita. La ragione di questa funzione di "tribunale d'ultima istanza" era nel fatto che a Roma mai era venuta meno la fede apostolica (a Roma, non nel Papa, come ci dimostra la vicenda di Onorio), particolarmente al tempo dell'iconomachia, quando nell'eresia iconoclasta era caduta pure la sede costantinopolitana, che nel V secolo, per la ragione puramente contingente di essere sede imperiale, da infima arcidiocesi senza nemmeno eredità apostolica era stata proclamata dal Concilio di Calcedonia seconda solo a Roma per onore. Del resto, Ubi Petrus, ibi Ecclesia dice S. Ambrogio: dov'è la Fede di san Pietro, quella confessione di fede che è riconosciuta come fondamento della Chiesa, ivi è veramente la Chiesa di Dio. Sull'intendimento di questa frase torneremo tra poco.

Non trattiamo qui la storia e l'evoluzione del papato né del papismo, sul quale libri sono stati scritti e altri ne servirebbero, ma accenniamo molto brevemente a un fatto: quand'è che quella petra confessionis di cui ci parla la colletta della vigilia è diventata una petra personae, ha portato a riconoscere, contro l'intendimento antico, un primato diverso alla figura di san Pietro? Tra il X e l'XI secolo, la Chiesa Romana si trova ad affrontare un complesso perniciosissimo di problemi: simonia, nicolaismo, immoralità del clero, Eigenkirchentum (la proprietà privata delle chiese da parte dei loro fondatori)... la Chiesa viveva i suoi secoli oscuri nella corruzione, invischiata nel complesso sistema feudale e di fatto parte di questo sistema, caratterizzato dalla sottomissione della Chiesa al potere laico. La sede romana, poi, era diventata il puro oggetto di contesa tra le fazioni nobiliari della città. La risposta a questa decadenza fu la nota Riforma gregoriana, così chiamata da Gregorio VIII (Ildebrando di Soana), ma in realtà iniziata qualche decennio prima sotto Leone IX. Il movimento cluniacense aveva gettato le basi per una seria riforma morale del clero (che portò a una "monasticizzazione" dell'intero clero latino, introducendo definitivamente l'obbligo del celibato del clero, che non sarà tuttavia pienamente osservato sino all'età tridentina), ma il centro della politica dei riformatori era un altro: far ruotare attorno all'autorità papale la rinascita della libertas Ecclesiae. Per rispondere all'inesorabile crisi, si decise di elevare la figura papale a qualcosa che non era mai stato prima, a un monarca della Chiesa. Lo scopo indubbiamente nobile di liberare la Chiesa dall'influenza dei poteri laici (che in un sistema feudale avevano un'influenza tutt'altro che positiva, a differenza del sistema imperiale d'Oriente) fu portato avanti attraverso la creazione del primo papismo. Sotto Gregorio VII sentiamo per la prima volta mettere in atto la Petrusmystik, cioè un'identificazione totale tra il Papa regnante e san Pietro, per cui ancora oggi certi papolatri anziché dire "il Papa N. ha detto", dicono "Pietro ha detto". Il passo del Vangelo di cui abbiamo parlato sopra, in tale contesto, assume un'interpretazione del tutto diversa: le chiavi date a S. Pietro non gli erano più date ex persona omnium Apostolorum come dice S. Girolamo, bensì a Pietro solo, commendandogli a lor dire l'intera autorità. E il Papa non era più banalmente un successore di San Pietro sul trono romano, come i suoi colleghi antiocheni e alessandrini: era bensì Pietro stesso, detentore del medesimo potere straordinario che ora si attribuiva all'Apostolo, la cosiddetta plenitudo potestatis.

Leggendo il Dictatus papae, possiamo trovare diverse frasi problematiche in tal senso. Esse non erano certamente pensate in un'ottica di imposizione della sede romana su altre sedi (i contatti con l'Oriente in quel preciso momento storico erano minimi), bensì sull'impero germanico. Quando si parlava della Chiesa Romana come sola da Dio fondata, e unico termine della cattolicità, probabilmente non si comprendeva la portata di queste affermazioni. Verso la fine del secolo, Papa Innocenzo III sostituì la tradizionale formula Vicario di S. Pietro con Vicario di Cristo, un titolo che prima spettava solo all'Imperatore Romano (quello di Costantinopoli). Dopo i Papi della riforma gregoriana, vinta definitivamente la lotta per le investiture contro l'impero tedesco, il papismo sembrò acquietarsi per un po'. Sui rapporti con l'Oriente la Prima Crociata ebbe effetti devastanti, ma l'atteggiamento dei Papi fu molto moderato. Ademaro di Le Puy, legato di Urbano II alla Crociata, insisté particolarmente perché le terre conquistate tornassero all'Impero, e perché fossero riconosciuti i legittimi Patriarchi ortodossi sui troni di Antiochia, Alessandria e Gerusalemme (con i quali, peraltro, la comunione non era rotta, visto che lo scisma del 1054 era uno dei molti che capitavano in passato e riguardava unicamente le due sedi di Roma e Costantinopoli), cosa che i Baroni non fecero, imponendo patriarchi latini e feudalizzando i territori mediorientali.

La plenitudo potestatis fu per lungo tempo un principio teorico piuttosto che pratico... anche passato il Medioevo con i suoi antipapi, passato il Concilio di Costanza con la sua fondamentale bolla Haec sancta, in Occidente sopravvissero sempre delle Chiese nazionali, come quella di Francia, o quella Veneziana, che costituirono un freno alle tendenze papiste anche molto dopo il Concilio di Trento e nonostante l'azione dei Gesuiti (in questo eredi dei primi ordini religiosi non monastici, che nel XIII secolo sorsero proprio per sostenere la centralità romana, sfuggendo alla soggezione dei vescovi locali). Ci volle la Rivoluzione Francese per eradicare dalla Storia ogni chiesa nazionale, e ci vollero poi Pio IX e l'eresia dell'ultramontanismo ottocentesco per creare un'immagine completamente distorta del Papa, creando una figura in grado di cambiare a suo arbitrio la Tradizione della Chiesa, modificando la liturgia e la dottrina. Del resto Pio IX stesso disse: "La tradizione sono io". E Pio X e Pio XII lo misero in pratica con le loro riforme liturgiche. Del resto, tutto ciò non può far altro che sfociare nell'eresia della papolatria che oggi vediamo trionfare, tra tradizionalisti e modernisti allo stesso modo...

Almeno, fino al 1968, la colletta della vigilia della gran festa dei Patroni dell'Urbe restò un monito dell'antica concezione della Chiesa.

U.S.

16 commenti:

  1. Articolo molto denso che fa molto riflettere e che pone come prima questione quanto i cattolici credono come verita' rivelata da Dio. Che cioe' Cristo ha dato al solo Pietro il potere delle chiavi e che questo potere lo ereditano tutti i suoi successori sulla cattedra romana. Ma questo se ho inteso bene e' una sorta di alterazione, mi si passi il termine, operata a partire dal secondo millennio traslando sulla persona del vescovo di Roma le prerogative della confessione di fede di san Pietro. Ma allora questo comporta il mettere in discussione un articolo della fede cattolica come noi la abbiamo ricevuta che comporterebbe la separazione dalla chiesa stessa: chi non accetta le prerogative del papa non e' nella Chiesa cattolica. Ma se questo ragionare non e' quello che intendevano apostoli e padri della chiesa e' un bel guaio.
    Lei poi dice che a Roma veniva riconosciuto da tutte le chiese un primato d' onore in quanto prima citta" dell' impero e per di più consacrata dal sangue dei Principi degli Apostoli e anche "ultima istanza" nelle questioni di fede in quanto in essa sempre si conservo' la fede ortodossa. Ma per forza deve essere qualcuno a testimoniare nei secoli questa fede integra. Se non il suo vescovo (che puo' anche cadere in errore come nel caso di papa Onorio), chi allora la custodisce era trasmette sempre integra? Forse faccio considerazioni troppo superficiali, ma il tema e' molto profondo.

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    1. Gentilissimo, questo articolo non vuole mettere in discussione alcun articolo di fede. Si tratta di un breve saggio di Storia, in buona sostanza riassunto e rielaborato - per la sua parte sul Medioevo - da A. PAPADAKIS - J. MEYENDORFF, "The Christian East and the Rise of the Papacy", Crestwood, St. Vladimir Seminary Press, 1994.
      A meno che non vogliamo usare il Rohrbacher come fonte storica, è innegabile che nel corso del Medioevo si sia avuto uno slittamento della concezione della figura papale. Una concezione i cui frutti pratici ha però dato infine solo molto dopo, caduto con la rivoluzione ogni contraltare cristiano e la conseguente dogmatizzazione del primato. San Pietro è corifeo degli Apostoli e clavigero del Regno dei Cieli, ma la considerazione del Papa romano come incarnazione "qui nunc vivit in carne" di S. Pietro è, appunto, un fenomeno della riforma gregoriana, necessitato da contingenze storiche. Ciò, per il cattolicesimo almeno dall'Ottocento, appare accettabile in virtù di una tendenza detta "evolutio dogmatum", che sostiene che la Chiesa potrebbe, nel corso della sua storia, comprendere meglio delle verità che la Chiesa antica non avrebbe compreso. Quindi, per un cattolico che ammette l'evolutio dogmatum non dovrebbe essere un problema sapere che la Petrusmystik si è sviluppata in un certo periodo della storia e in un certo contesto. Il problema è che molti ignorano come stessero le cose in antichità, che invece è sempre bene saperlo, anche solo per ragioni di cultura storica. Poi, ognuno ne trarrà le sue considerazioni.

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    2. Altra realtà storica è che per lungo tempo ci sono state Chiese in comunione con Roma che nei fatti erano una negazione, o almeno un ridimensionamento, della plenitudo potestatis. I principi del gallicanesimo, vista la resistenza dell'episcopato francese, furono alfine tacitamente accettati dalla Sede Romana, e cedettero definitivamente solo nell'Ottocento. La Chiesa Veneta agì spesso in aperto contrasto con la Sede Romana, eppure, salvo un breve periodo d'interdetto, ne mantenne sempre la comunione. E questi sono solo esempi.

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    3. Con una stessa ottica storica e non dottrinale potremmo commentare l'ascesa della diocesi Costantinopolitana da piccola sede minore a secondo Patriarcato della Pentarchia, e poi a unico grande centro di autorità ecclesiastica dall'VIII al XV secolo in Oriente. Centralità poi completamente venuta meno dopo la caduta dell'Impero, con l'affermarsi intanto della Chiesa Russa, su una scia di indipendenza nazionale che in precedenza avevano vantato per esempio i Bulgari, in un'ottica di imperialismo universale bulgaro contrapposto a quello bizantino, pur correligionario formalmente. E si potrebbe commentare storicamente pure l'antistorica e inefficace volontà attuale del Patriarca Bartolomeo di imporre nuovamente e più di prima l'autorità costantinopolitana sul mondo orientale.

      Non è scopo di questo blog alimentare polemiche o discussioni teologiche, ma offrire spunti di riflessione. La Storia ha dati molto chiari che non hanno "colore" politico né confessionale. La sua lettura è altro conto.

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    4. "Se non il suo vescovo (che puo' anche cadere in errore come nel caso di papa Onorio), chi allora la custodisce era trasmette sempre integra?"

      Il pliroma della Chiesa. La Chiesa è sempre rappresentata dal suo pliroma, da tutti i suoi fedeli. Non è rappresentata né dal solo clero, né da un solo atomon (il vescovo). Ogni errata concezione del rapporto tra pliroma e atoma ha portato ad alterazioni della concezione di Chiesa.

      Un vescovo può cadere in errore, ma se il popolo resta fedele alla Verità questa eresia non avrà lunga vita. E infatti, senza tumulti, dopo la morte di Onorio il nuovo Vescovo di Roma professò la fede ortodossa.

      Nel caso di altre sedi, vediamo più volte nella storia che tutto il clero, gran parte del popolo e persino l'autorità civile aderisce ad eresie, non ultima quella iconoclasta, dove fondamentale per la sopravvivenza dell'ortodossia fu la resistenza dei monasteri.

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    5. Tutte ottime risposte, grazie mille. Non era certo mia intenzione polemizzare, ma solo tentare di mettere un po' di ordine a tutta una serie di nozioni che mi sono giunte, anche perche' ho sentito spesse volte dire che il concetto odierno di papato risale alla intenzione di Cristo e che fu sempre creduto dai cristiani ortodossi. Direi che la storia non ci dice questo. Da qui si capisce perche' gli orientali dessero dei "pazzi" ai latini quando le pretese monarchiche del papato si facevano più strutturate, si capisce perche' falli' l' unione tra greci e latini al concilio di Firenze e perche' poi a Costantinopoli nel 1453 si preferi' soccombere alla Sublime Porta piuttosto che accettare "la tiara papale" come le cronache del tempo ci trasmettono. A quanto pare monaci e popolo mai accettarono delle pretese papali che suonavano come una alterazione della fede. Non so se sbaglio. Infinite grazie della pazienza, Giordano.

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    6. Il concetto odierno di Papato, a dirla tutta, è frutto delle visioni ultramontaniste dell'Ottocento. Nel 1418, alla chiusura del Concilio di Costanza, oltre 300 anni dopo il Dictatus Papae che sanciva la prevalenza dei legati apostolici su tutti i vescovi nell'assise conciliare, si proclama una costituzione, la Haec sancta, che di fatto dà ragione alle tesi conciliariste e afferma il primato del Concilio sul Papa. Primato del Concilio che chiaramente non fa parte della concezione del Papato che ha certo cattolicesimo adesso, essendo nelle costituzioni del Vaticano I scritto l'esatto contrario.

      "Se non può cambiare la religione, a cosa serve un vice-Dio?" si chiedeva anni fa un ultramontanista di mia conoscenza, rispondendo a mie obiezioni sui pesanti cambiamenti liturgici di Pio X. Questa stessa persona però rifiutava fortemente i cambiamenti degli anni '60: Paolo VI era meno "vice-Dio"? O forse nella concezione cristiana ammettere che un "vice-Dio", anziché confermare nell'ortodossia, possa inventare una nuova religione, è molto pericoloso?

      Nel 1453 ci furono molti fattori. Non escluso il dolorosissimo ricordo del sacco di Costantinopoli del 1204. Ritengo personalmente che in tutto ciò la concezione del Papato avesse un ruolo marginale, essendo ormai stati deposti gli eccessi dei secoli XI-XII (visto che era stata la lotta con l'impero), e non essendoci ancora le condizioni per l'ipertrofia papale cui invece assistiamo dall'Ottocento. Ma questa è una mia opinione personale.

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  2. Grazie tanto per questo post! Infatti la storia recente del papato ha “occultato” del tutto la propria storia nelle sue fasi più antiche (non c’era un cardinale al Vaticano I che diceva che “la Chiesa deve vincere la storia”?). Forse per questo tanti tradizionalisti continuano a mettere sotto sospetto il sesto Concilio Ecumenico.
    A suo avviso, le dispute del nono secolo (schisma foziano, ecc.), non potrebbero essere viste come un preludio dell’esaltazione papale avvenuta con la riforma gregoriana? Se non ricordo male, nelle sue lettere a Fozio, papa Nicola, seppur riconosceva ancora la professione di fede di Pietro (non pietro stesso), come la roccia sulla quale è edificata la Chiesa, affermava già di avere il “potere delle chiavi”.

    D’altra parte, mi chiedo fino a quale punto si può dire che il papato moderno risalgo soltanto all’Ottocento. Certo, come Lei bene richiama, fino a quel momento alcune chiese territoriali funzionavano autonomamente nella pratica. Ma, poiché i “presupposti teorici” per l’assolutismo papale erano già posti da secoli, si potrebbe dire era solo una questione di tempo (o di mezzi) che quest’assolutismo vincesse.

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  3. “Se non può cambiare la religione, a cosa serve un vice-Dio?” Questa è, forse, la domanda chiave. Il mio allontanamento dal tradizionalismo venne da qui. La Tradizione non dipende da affermazioni papali: un qualsiasi vescovo (o fedele!) che ripete l’insegnamento tradizionale è infallibile. Allora cosa ci da in più l’infallibilità del Vaticano I?

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  4. Caro Ἰουστινιανός, il card. Manning, principale sostenitore dell'infallibilità pontificia al Vaticano I, diceva esattamente che il dogma deve vincere la storia. E', appunto, la prospettiva dell'evolutio dogmatum. Con buona pace del card. De Hefele che, prima di dover forzatamente partire da Roma insieme agli altri anti-infallibilisti, cercava di dimostrare la propria tesi proprio con esempi storici.

    Tendo personalmente a non collegare il c.d. "scisma foziano" con la questione del papato. Almeno seguendo Dvornik ("The Photian Schism", Cambridge, University Press, 1948), che afferma che negli scritti di Fozio non si trova alcunché sul papato, né questo risulta emergere nel quadro degli altri motivi di dissenso.

    Il papato moderno risale all'Ottocento, nel senso che il Papato degli ultramontani è diverso dal Papato del Seicento; che a sua volta è diverso dal Papato bassomedioevale; che a sua volta è diverso dal Papato dei primi secoli. Ci sono stati molti cambiamenti, ma la concezione del Papato con cui ci veniamo a confrontare oggi risale per me a non prima dell'Ottocento; ciò non significa che quella dei secoli precedenti fosse necessariamente uguale a quella dell'età patristica, ma non era la stessa odierna. L'esempio della Haec sancta, che smentisce il Dictatus Papae e poi è smentita dal Vaticano I, dimostra secondo me bene che questa evoluzione attraversa parecchie fasi.

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  5. Grazie per i riferimenti. Devo infatti approfondire la question dello "schisma foziano". Per quanto riguarda il papato, ora capisco il suo argomento. Sarebbe peraltro interessante riflettere fino a quale punto il papato "populistico" degli ultimi decenni può essere inteso come una continuazione di quello ottocentesco oppure come una nuova fase. Ma ci sono temi più importanti.

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    1. c'è stata una lenta transizione, dovuta soprattutto all'affermarsi dei nuovi mezzi di comunicazione (prima i giornali di massa, poi la radio, quindi la televisione e ora internet) ma Papa Francesco non è così dissimile per esempio da Pio XII
      possiedo un libro d'istruzone catechetica stampato nel '56 e confrontando i testi e il modo in cui gli argomenti sono tratti è quasi tutto diverso da ciò che si dice oggi, eccetto le parti relative al Sommo pontefice e in parte ai vescovi

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  6. Sulla dommaticità della Haec sancta si fanno tuttora grandi dibattiti. Storicamente potremmo dire che si fece in modo di accontentare i conciliaristi senza rendere il conciliarismo un dogma.

    La divisione della plenitudo potestatis non è immaginabile; anzitutto perchè come detto l'autorità della sede romana si fondava in antichità non tanto sul fatto di essere sede apostolica, ma di possedere le reliquie dei protothronoi degli Apostoli, oltrechè per il prestigio di Roma stessa.

    Alcune chiese nazionali hanno storicamente portato anche problemi (regalismo in Francia, etnofiletismo in Oriente...) certamente da condannare. All'articolo interessava però solo la loro esistenza storica come limiti all'iperautorità papale.

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  7. Cosa significa che "il prestigio di Roma e' da rigettare e semplicemente non ha senso" se da tutte le chiese le era riconosciuto questo prestigio? Non per polemizzare, solo per comprendere. Circa le reliquie di San Pietro: se non erro il papale ha recentemente regalare a Costantinopoli (o almeno parte di esse). Gesto mi pare non privo di significato. Non so se siete daccordo.
    Giordano.

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  8. "Triarchia petrina": cioe' Roma, Alessandria e Antiochia, le tre sedi fondate da San Pietro? Ho capito giusto?

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