mercoledì 24 marzo 2021

Il responsorio "Gaude Maria" al Mattutino dell'Annunciazione

℟. Gaude, María Virgo, cunctas hǽreses sola interemísti, quæ Gabriélis Archángeli dictis credidísti: * Dum Virgo Deum et hóminem genuísti, et post partum, Virgo, invioláta permansísti. ℣. Gabrielem Archangelum scimus divinitus te esse affatum: uterum tuum de Spiritu Sancto credimus imprægnatum: erubescat Judæus infelix, qui dicit Christum ex Joseph semine esse natum. ℟. Dum Virgo Deum et hóminem genuísti, et post partum, Virgo, invioláta permansísti. Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto. Dum Virgo...

℟. Rallegrati, o Maria Vergine, tu sola hai distrutte tutte le eresie, tu che prestasti fede alle parole dell'Arcangelo Gabriele: *  Vergine mentre generavi il Dio Uomo, e pure dopo il parto inviolata rimanesti. ℣. Sappiamo che dal cielo a te parlò l'Arcangelo Gabriele: crediamo che il tuo grembo fu reso pregnante dallo Spirito Santo: arrossisca il misero Giudeo, che dice che Cristo sarebbe nato dal seme di Giuseppe. ℟. Vergine mentre generavi il Dio Uomo, e pure dopo il parto inviolata rimanesti. Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. Vergine mentre...


Nell'odierna festa dell'Annunciazione della Beata Vergine Maria, l'antica liturgia romana propone come settimo responsorio del Mattutino, da cantare nel terzo notturno dopo la lezione evangelica e la prima parte dell'omelia, questo lungo e suggestivo testo. Secondo la tradizione, tale responsorio fu composto, o per meglio dire improvvisato, in età carolingia da un cantore cieco del Pantheon, ovvero la Basilica di Santa Maria e di tutti i Martiri (Sancta Maria ad Martyres), proprio durante la celebrazione dell'Annunciazione. In quel giorno, infatti, alcuni Giudei si fermarono alle soglie del tempio mentre stava venendo officiato il mattutino, e iniziarono a pronunciare blasfemie contro la verginità perpetua e la divina maternità della Madonna. Al che il cantore, udite le loro bestemmie, improvvisò queste parole, magnificando la Deipara, che ha sconfitto tutte le eresie che ne negavano i doni offertile da Dio e da lei accolti nella sua perfettissima ascesi, affermando la fede cristiana nell'Annunciazione e ripudiando la menzogna giudaica. Terminato il canto, la Madre di Dio restituì miracolosamente la vista al suo servo devoto.

Il responsorio entrò allora a far parte del repertorio romano, proprio per la festa dell'Annunciazione, e in molti usi locali, di cui resta testimonianza negli uffici propri dei canonici regolari (poi confluiti pure nel breviario domenicano) e in parecchi di quelli monastici, fu pure esteso al Vespro della Purificazione della Madre di Dio (Presentazione di Cristo al Tempio), spesso accompagnato dalla prosa Inviolata in luogo della ripresa finale del verso Dum Virgo. Con la riforma tridentina, in un eccessivamente severo sfrondamento dell'ufficio romano da molti testi altomedievali che l'avevano arricchito nei secoli, il verso Gabrielem Archangelum, contenente la parte più "succosa" e la condanna dell'incredulità giudaica, fu eliminato dal Breviario Romano e sostituito dal verso del settimo responsorio del comune della Vergine: Beata es quæ credidisti: quia perfécta sunt ea, quæ dicta sunt tibi a Domino. Mentre il Breviario Benedettino fu adattato in questo al Romano da Paolo V, gli altri usi propri continuarono a tenere il verso originale fino alla riforma postconciliare, quando scomparve del tutto per ragioni di "politically correct". L'Antiphonale Monasticum edito da Solesmes nel 2005 (vol. III) riporta infatti il testo del responsorio con pretesa di averlo "restituito" rispetto alla banalizzazione tridentina, ma taglia il verso a impraegnatum, omettendo la parte meno gradita agli orecchi ecumenisti.

2 commenti:

  1. quali furono le ragioni addotte per lo 'sfrondamento' tridentino?

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    1. Purtroppo non abbiamo un memoriale delle motivazioni dei vari cambiamenti effettuati a Trento, quale invece abbiamo per alcune delle riforme più recenti. Possiamo in generale vedere però l'abolizione di testi che fanno riferimento a leggende apocrife o posteriori, ritenute con troppa generalizzazione false a prescindere.

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