sabato 5 marzo 2022

Una omelia di Teolepto di Filadelfia per l'inizio dei digiuni

1. Il trascorrere del tempo ci ha già condotti ai giorni più sacri della continenza, dai tempestosi flutti del rilassamento della carne al porto spazioso e calmo dell'angustia del digiuno. Da domani inizieremo infatti a percorrere questa strada. Non appena giungeremo all'inizio, afferreremo anche la fine, perché, superando il digiuno nella sua interezza, coglieremo l'intera guarigione che ne deriva. Quando parlo dell'inizio della continenza, non intendo il primo giorno di quelli inclusi nel numero, e ancora, quando parlo della fine, non intendo il giorno che completa i quaranta, che è l'ultimo di quelli che lo precedono. Chi considera la durata dei giorni destinati al digiuno e si immagina di trascorrerli poco a poco manifesta la mollezza della sua anima. Afflitto dai limiti del digiuno, egli osserva he la sua durata è limitata e ne allevia il peso che deriva dalla propria mollezza. Egli pensa che al termine dei quaranta giorni si riempirà di nuovo di cibi abbondanti e vari senza alcun timore. Quello che intendo come inizio e fine del digiuno non è questo: contare i giorni è proprio degli amanti del piacere e di quelli che hanno adottato la forma esteriore del digiuno, ma non la sua sostanza.

2. Con "inizio del digiuno" intendo l'astinenza dai molti e abbondanti cibi, con "fine del digiuno" lo sradicamento delle passioni e degli errori. Il digiuno fisico è stato prescritto a tal fine e dà beneficio se si unisce al digiuno spirituale, cioè al rifiuto del male, che completa la definizione di digiuno. Per imparare che questo è il vero digiuno, ricorda la legge scritta, che è divisa in lettera e Spirito e che guida dalla lettera allo Spirito chi si attiene al significato della legge. Per questo motivo l'Apostolo dice: La lettera uccide, lo Spirito dà vita. La legge del digiuno ha un significato simile: comprende l'astinenza dai cibi e il rifiuto delle passioni, e per mezzo della privazione del nutrimento del corpo, guida colui che digiuna alla purezza dell'anima.

3. Bada dunque, astenendoti dai cibi, di non pensare che ciò da solo ti sia sufficiente, e di trascurare il più elevato digiuno, istupidendoti come i giudei che digiunavano secondo la lettera della legge, osservando così un digiuno giudaico. Coloro che seguono la legge del corpo non hanno raggiunto la legge spirituale. Colui che limita il digiuno all'astinenza dei cibi pratica il digiuno nella sfera sensibile, ma nutre l'anima di passioni irrazionali, di parole e di disposizioni malvagie ed è colpito da una duplice freccia, perché si diletta dell'amore delle passioni e si inorgoglisce dell'osservanza del digiuno. Piacere e vanagloria sono i dardi più appuntiti del Maligno. Allontana l'anima dal corpo e il corpo appare morto. Separa il digiuno dall'anima ed essa sarà messa a morte dalle passioni. Congiungi l'anima al corpo e lo solleverai a vita rinnovata. Unisci il digiuno all'anima e avrai un'anima vivente, vigile nelle opere buone.

4. Ti mostrerò con un esempio i vero digiuno e la sua riuscita. Il digiuno è tra la carne e lo Spirito come un ponte su un dirupo scosceso e profondo o su un fiume che divide la superficie visibile della terra. Il ponte infatti unisce due punti di terra separati, e portando sul propri dorso quelli che passano, rende transibile un luogo impraticabile e permette il passaggio senza pericolo all'altra sponda.

5. Nel nostro caso, il digiuno con la sua pratica fornisce medicine e guarisce le malattie. Risolvendo fazioni e liti, riconcilia e unisce i contendenti. Con uno stile di vita frugale e con la moderazione nella dieta preserva la vita del corpo e lo rende attento, leggero e vigoroso per gli agoni ascetici, in modo che possa con zelo compiere veglie, salmodie e genuflessioni, frequentare le sinassi in chiesa e adempiere con entusiasmo al servizio che gli è stato affidato. Alla mente, a sua volta, dona una disposizione sobria e attenta, liberata dallo stupore e dalla fantasia, a motivo di una partecipazione misurata e semplice delle necessità. Allora la mente rimane imperturbata e conserva la sua prontezza, perché non è oppressa, come si è detto, dalla nebbia della ghiottoneria. Conserva pure la sua facoltà visiva e percepisce così le disposizioni delle abitudini vane e le parole che in modo sconsiderato e senza discrezione fuggono dalla bocca.

6. La mente vede con chiarezza i pensieri che strisciano nella ragione, osserva l'ignominia delle passioni e, non sopportando l'odiosità della vergogna, rigetta i mali come se la privassero della speranza di salvezza e della libertà in Dio. In modo infallibile discerne che non c'è alcun vantaggio nell'astenersi dai cibi quando le passioni abbaiano come cani con i loro pensieri e le parole malvagie e quando mordono l'anima con i loro strumenti viziosi.

7. Che rapporto c'è tra luce e tenebra? Cosa c'è di comune tra Cristo e Beliar? Servo Cristo con il digiuno visibile, ma sono servitore di Beliar con le passioni e il riposo della mia cattiva condotta. Guai a me che sono in errore! Guai a me ipocrita! Ho fatto mostra di essere discepolo di Cristo, ma sono diventato schiavo del nemico col peccato. Speculo sulla grazia del digiuno. Mescolo i l digiuno e la dissolutezza come l'acqua e l vino. Non metto carne in bocca, ma divoro mio fratello coi denti della calunnia, della condanna, dell'insolenza e della dissimulazione. Mi astengo dal pesce, ma nell'anima possiedo il rancore che sta in agguato e colpisco il fratello con pensieri non espressi. Non mangio formaggio, ma macchino contro il prossimo e gli tendo un agguato per colpirlo. Non ungo la mia gola d'olio, ma i piaceri della carne ungono la mia anima in modo disgustoso. Tutti i giorni porto sulle labbra il verso del salmo e dico: Mi percuota il giusto e il fedele mi rimproveri, ma l'olio dell'empio non profumi il mio capo.

8. Il digiuno che mi rende giusto, la più importante e inseparabile virtù, mi accorderà correzione e comprensione con la privazione misurata di nutrimento. Mi correggerà nella misericordia, ovvero nella piccola prova del modo di vivere angusto; è scritto infatti: A te abbiamo gridato nella prova, che è la tua correzione. Mi accuserà di compiere il digiuno a metà, astenendomi dai cibi ma non essendo libero dalle passioni. Non lasciare che l'olio del peccatore, cioè il piacere distruttivo del peccato, unga con l'inganno la mia testa, la mente che domina sui miei sensi.

9. Evito di bere vino, ma indulgo nell'ubriachezza dell'ira irragionevole. Pratico il silenzio, ma emetto urla di collera. Sto lontano dalla donna, ma riempio gli occhi dal desiderio impudico. Sono casto nella carne, ma dipingo graziose immagini nella ragione e traggo piacere dai pensieri. Sono lento nel mangiare, ma veloce a parlare contro il mio prossimo. Mi curvo per fare un atto di adorazione, ma non piego del tutto il mio pensiero all'umiltà. Piego il ginocchio per pentirmi, ma volo sulle ali dell'orgoglio. Dimostro di essere puro nelle parole, ma mi rendo impuro immaginando cose straordinarie in mio potere. E' un abominio per il Signore ogni cuore superbo. Come giusto, non mi sottraggo a rimproverare gli altri, ma non tollero di accettare da un altro un consiglio o un qualsiasi rimprovero. Non mi stanco di denunciare gli errori dell'altro e di schernire mio fratello, ma esito e rimando di considerare i miei falli e di provare una contrizione appropriata.

10. Da invidioso, calunnio il progresso concreto del prossimo, o da superbo mi definisco mistagogo e sono orgoglioso di denunciare come vero il supposto suo errore. Da superbo, lodo il fratello che s'inchina servilmente davanti a me reputandomi superiore, e da vanaglorioso, in cambio, celebro chi mi loda, perché voglio sottolineare che gli encomi su di me pronunciati vengono da un uomo importante. Rifuggo come abominio colui che mi vuole avvicinare e parlare. Quando si umilia per la supplica, mi riempio di furore.

11. Il digiuno permette che la mente veda questi invisibili e molteplici atteggiamenti, impulsi e azioni. Con la serenità che proviene dalla continenza, la mente percepisce tutte queste cose come fossero nell'aria e riconosce la detestabilità delle passioni e l'odiosità delle azioni malvagie. Così, illuminata dalla luce del discernimento, si muove verso pensieri buoni che suggeriscono le disposizioni della correzione.


Teolepto di Filadelfia, Discorso XI. Discorso sul digiuno, letto nella Domenica dei Latticini. Trad. it. di A. Rigo e A. Stolfi in A. Rigo (a cura di), Teolepto di Filadelfia. Lettere e discorsi, Magnano 2007, pp. 177-181.


Teolepto metropolita di Filadelfia (1250-1322) fu zelante asceta, distintosi nella difesa dell'ortodossia contro i tentativi unionisti, e poi per la difesa dell’ἀκρίβεια nella disputa arsenita, che lo portò a separarsi dalla comunione con la sede di Costantinopoli per dieci anni; la sua fama di asceta fu tale che venne assunto quale modello di santità tanto dai palamiti quanto dagli antipalamiti lungo tutto il XIV secolo. Per la biografia cfr. D. Constantelos, “Mysticism and Social Involvement in the Later Byzantine Church: Theoleptos of Philadelphia, a Case Study”, in Byzantine Studies / Études Byzantines 6 (1979), pp. 83-94; A. Rigo, “Nota sulla dottrina ascetico-spirituale di Teolepto Metropolita di Filadelfia (1250/51-1322)”, in RSBN 24 (1987), pp. 165-200; A. Constantinidis Hero, Theoleptos of Philadelphia (ca. 1250-1322): from Solidarity to Activist, in S. Ćurčić - D. Mouriki (edd.), The Twilight of Byzantium. Aspects of Cultural and Religious History in the Late Byzantine Empire, Princeton 1991, pp. 27-38.

1 commento:

  1. Trovo bellissime le parole di questo monaco bizantino che, naturalmente, non conoscevo. Ho letto queste parole e sento il desiderio rileggerle con maggiore attenzione perché sono profonde, vere e necessarie, soprattutto oggi. E' la prima volta che trovo una riflessione sul digiuno che non sia soltanto una banale lista di cibi permessi o non permessi. Qui il digiuno è molto altro, davvero "...fornisce medicine e guarisce le malattie".

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