mercoledì 28 aprile 2021

La litania del "Christus factus est" all'Ufficio delle Tenebre

 Com'è noto, nel rito romano i Mattutini del Giovedì, del Venerdì e del Sabato Santo (celebrati ordinariamente nella notte di mercoledì, giovedì e venerdì) prendono il nome di Ufficio delle Tenebre, e presentano delle caratteristiche del tutto peculiari, quali l'essere cantati in un modo estremamente austero, che rimanda direttamente alla prassi dei primissimi secoli, prima dell'introduzione dell'ufficio strutturato, e cioè senza preghiere iniziali, invitatorio, inni e capitoli, ma iniziando direttamente della prima antifona del primo salmo, e omettendo le dossologie al fine dei salmi, introdotte da Papa san Damaso nel IV secolo; l'uso di un candelabro triangolare con quindici candele, le quali vengono spente una ad una al termine di ciascuno dei nove salmi dei notturni e dei cinque delle lodi, rappresentando i 12 Apostoli, la Maddalena e Maria di Cleofa che abbandonano Cristo; l'ultima, rappresentante la luce di Cristo che non tramonta, ma si nasconde entro la terra nei tre giorni passati nel sepolcro, viene mostrata ai fedeli e poi nascosta dietro l'altare durante il canto del Benedictus, mentre si spengono pure i candelieri dell'altare e le lampade della chiesa; infine, i particolari riti conclusivi che si svolgono in ginocchio nella completa oscurità. Questi ultimi sono la litania del Christus factus est, il Padre Nostro detto in segreto e prosternati a terra, il salmo 50 aliquantulum altius (il famoso Miserere di Allegri era stato composto proprio per questa circostanza), l'orazione speciale Respice quaesumus conclusa in silenzio, lo strepitus - cioè la rappresentazione simbolica del terremoto avvenuto all'ora della morte di Cristo, riprodotto sbattendo i libri sugli stalli del coro, oppure con raganelle - e infine il ritorno della candela nascosta sul candelabro, che rappresenta la nostra fede nella Risurrezione.

Il candelabro delle Tenebre a un'esecuzione (la foto è stata trovata su un social e la pagina non specificava se si trattasse di un'esecuzione liturgica o banalmente musicale come parrebbe; corrette le candele di cera gialla, che nella tradizione occidentale è propria degli uffici luttuosi).

A chi conosce il rito romano tridentino suonerà strano chiamare "litania" il Christus factus est, che nella forma in cui è presente nel Breviario di Pio V assomiglia piuttosto a un graduale, al cui testo (Christus factus est pro nobis obediens usque ad mortem) si aggiunge un ulteriore verso il Venerdì Santo (mortem autem crucis) e un ulteriore il Sabato (propter quod Deus exaltavit illum etc.); a guardare però i Breviari, anche di età moderna, di altri usi non romani (Pragense, Bracarense, Parigino, Sarum, solo per citarne alcuni; fa eccezione notevole il Lionese; si trova invece pure in quello domenicano [1]), ci si rende conto che la forma in cui è presente è una vera e propria litania. Tale si presenta pure nell'Antifonario di Hartker (scritto a S. Gallo verso l'anno 1000) e nell'Antifonario di Compiegne (780 circa), il più antico testimone dell'ufficio divino romano; ne dà testimonianza infine anche Guglielmo Durando nel suo Rationale divinorum officiorum, che descrive gli usi delle chiese d'Italia e di Francia all'altezza del XIII secolo [2]. Scomparve dall'uso della corte papale probabilmente durante le numerose semplificazioni e decadenze occorse durante la cattività avignonese, e come tale non è riportato dai libri liturgici tridentini, tuttavia è parte della più pura tradizione romana.

Forniamo di seguito il testo della versione romana, che si ritrova identica pure nel rito di Sarum e in altri varj usi:

Kyrie, eleison. Kyrie, eleison. Kyrie, eleison.
Dómine, miserére.
Christus Dóminus factus est oboediens usque ad mortem.

§ Al Giovedì e al Sabato Santi:

℣. Qui passúrus advenisti propter nos. ℟. Christe eleison.
℣. Qui expansis in cruce mánibus, traxisti omnia ad te sáecula. ℟. Christe eleison.
℣. Qui prophétice prompsisti: Ero mors tua, o mors. ℟. Christe eleison.

§ Al Venerdì Santo

℣. Agno miti basia cui lupus dedit venenósa. ℟. Christe eleison.
℣. Vita in ligno móritur: infernus et mors lugens spoliátur. ℟. Christe eleison.
℣. Te qui vincíri voluisti, nosque a mortis vínculis eripuisti. ℟. Christe eleison.

Kyrie eleison. Kyrie eleison. Kyrie eleison.
Dómine, miserére.
Christus Dóminus factus est oboediens usque ad mortem.
Al venerdì santo si aggiunge: Mortem autem crucis.
Al sabato santo si aggiunge: Propter quod et Deus exaltavit illum, et dedit illi nomen quod est super omne nomen.

Altre costumanze prevedevano l'aggiunta di alcuni altri versi, oppure della ripetizione solenne del Christus factus est a mo' di graduale alla fine della litania, come avveniva nell'uso strigoniense (l'uso della cattedrale di Ezstergom in Ungheria). Questa litania era anche detta Kyrie puerorum, poiché la ripetizione del Kyrie eleison era affidata in parecchi usi a dei pueri, cioè probabilmente gli studenti delle scuole cattedrali: si vedano per esempio le complesse disposizioni rituali della cattedrale di Praga, dove ogni verso della litania era affidata a un diverso gruppo di chierici, disposti quasi a formare una croce nella chiesa (i preti vicarii circa diversorium; i cantori viri dietro l'altare; i canonici nella cappella con le reliquie di S. Venceslao; i diaconi e i suddiaconi nella cappella con le reliquie di S. Sigismondo), e il Kyrie eleison spettava sempre a quello centrale dei pueri, cfr. il Breviarium Pragense impresso a Norimberga nel 1502, fol. 145v.

Esecuzione "concertistica" della litania secondo l'uso magiaro

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NOTE

[1] Il quale di fatto ci presenta uno stadio dell'uso particolare del rito romano dei canonici regolari agostiniani del XII secolo, che questi avevano introdotto pure in Spagna, dove lo conobbe S. Domenico, in seguito ai tentativi di soppressione del rito mozarabo portati avanti dall'empio re Alfonso VI di Castiglia al Sinodo di Braga del 1080.

[2] Cum kyrie eleison, et Domine miserere: quasi lamentabiliter cantatur... in quibusdam Ecclesiis tropis cantatis procidentes ad terram, dicunt in tenebris sub silentio: Miserere mei Deus, et collecta: Respice quesumus Domine... Postea fit cum manu vel alio quodanmodo sonitus ante lumini revelatione... - "Quando il Kyrie eleison e il Domine miserere sono stati cantati quasi in forma di lamentazione, in alcune chiese, cantati i tropari, ci si prostra terra e si dice nell'oscurità a tono basso: Miserere mei Deus, e la colletta: Repisce quesumus Domine; poi si fa con la mano o con altro strumento un certo rumore prima della rivelazione del lume". (Rationale, VI, 27-29). Il Kyrie eleison, come pure vedremo, è marcatore inconfondibile di una litania.

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