mercoledì 4 agosto 2021

San Gregorio Magno e il Papato moderno - parte I

 In seguito alla pubblicazione del Motu Proprio "Traditionis Custodes", in alcuni ambienti cattolici, è iniziato un interessante dibattito su quali possano essere le prerogative e le limitazioni del potere papale. Tale discussione appare certamente utile e necessaria, e per aiutare quanti - anche tra i nostri lettori - vogliano dedicarsi a tali riflessioni, proporremo alcuni spunti per ragionare attorno alla figura papale provenienti dagli scritti di uno dei più grandi santi che sedettero sul trono patriarcale di Roma, ovvero San Gregorio il Grande. Prima di riportare alcuni testi della penna dello stesso San Gregorio, a mo' d'introduzione presentiamo questo confronto generale tra la dottrina patristica e quella ultramontana in merito.


San Gregorio Magno e Giobbe piagato
Affreschi del Sacro Speco di Subiaco

Al giorno d'oggi insegnano, in nome della Chiesa, e in favore del vescovo di Roma, questa dottrina che san Gregorio denunziava con tanta energia. Così il signor abate Bouix, nel suo corso di diritto canonico composto a Roma e pubblicato con l'approvazione di Roma; così monsignor Parisis, vescovo d'Arras, in un corso di diritto canonico ch'egli ha approvato per l'insegnamento dei suoi chierici, e che è seguito in parecchi altri seminari; così il quotidiano Le Monde, che è il giornale più autorizzato dal papa e dalla sua corte; e così è che cento altri scrittori ultramontani insegnano in tutti i modi che il papa ha una autorità universale; che egli è vescovo universale; che egli è il solo vescovo propriamente detto; la sorgente da cui scaturisce ogni dignità ecclesiastica, ivi compreso l'episcopato, che è solo indirettamente e mediatamente di diritto divino.

Questo è l'insegnamento che vorrebbero darci oggi come insegnamento cattolico. I nostri moderni novatori sanno che papa san Gregorio Magno avrebbe considerato diabolica una simile dottrina, e che ha chiamato anticipatamente Anticristo questo papa rivestito di un preteso episcopato universale?

San Gregorio non prese nessuna decisione importante senza darne conoscenza agli altri patriarchi. Così egli scrisse a quelli di Alessandria e di Antiochia per informarli di come si era comportato nei confronti del nuovo patriarca di Costantinopoli. Eulogio, patriarca di Alessandria, si lasciò persuadere, e annunciò a Gregorio che non avrebbe più conferito al vescovo di Costantinopoli il titolo di universale; ma, credendo di adulare Gregorio, che amava e che gli aveva reso servizio in svariate occasioni, diede questo titolo a lui medesimo, e scrisse che se non lo assegnava più al vescovo di Costantinopoli, era per sottomettersi agli ordini di Gregorio. Questi subito gli rispose, e troviamo nella sua lettera il seguente brano che mostrerà quale idea avesse san Gregorio della sua autorità come vescovo di Roma:

«Vostra Beatitudine si è premurata di dirci che scrivendo ad alcuni, ella non ha più dato loro titoli che avevano solo che l'orgoglio per origine, ma ella usa queste medesime espressioni nei miei confronti: come avete ordinato. Io vi prego, non fatemi mai più sentire questa parola ordine, ché io so chi sono e chi siete voi. PER IL VOSTRO POSTO, VOI SIETE MIO FRATELLO; per le vostre virtù, mi siete padre. Perciò io non ho ordinato; io mi son solamente premurato d'indicare alcune cose che mi pareano utili. Io non trovo però che Vostra Beatitudine abbia voluto perfettamente ritenere ciò che precisamente volea io affidare alla sua memoria, dacché ho detto che voi non avreste dovuto conferire questo a titolo più a me che ad altri; ed ecco che, nella sottoscrizione della vostra lettera, voi conferite, a me che l'ho proscritto, i superbi titoli di universale e di papa. Che la Vostra Dolce Santità più non lo faccia in futuro, la prego; dacché togli a te stesso ciò che di troppo dai a un altro. Io non dimando di crescere ne' titoli, ma nelle virtù. Non considero un onore ciò che fa perdere ai miei fratelli la lor propria dignità. Il mio onore, è quello di tutta la Chiesa. Il mio onore, è la fermezza incrollabile dei miei fratelli. Mi considero veramente onorato allorché a nessuno vien rifiutato l'onore che gli merita. Se Vostra Santità mi chiama papa universale, ella nega di essere ciò che io sarei intiero. Ah, Dio nol voglia! Lungi da noi parole che gonfiano la vanità e feriscono la carità! Vero è che, nel santo concilio di Calcedonia, e da allora dai Padri che son succeduti, questo titolo fu offerto ai miei predecessori, come Vostra Santità sa; ma nessuno di loro volea prenderlo, affinché amando in questo mondo la dignità di tutti i sacerdoti, potessero conservare la loro agli occhi dell'Onnipotente».  [Lettera a Eulogio, luglio 598, ndt]

Papa san Gregorio condannò dunque, nella persona medesima di vescovo di Roma, il titolo di papa universale; ei riconobbe che il patriarca di Alessandria è suo pari, che non ha ordini da dargli, e che conseguentemente non ha autorità su di lui.

Come conciliare questa dottrina ortodossa di papa san Gregorio il Grande con quella dottrina moderna che attribuisce al papa una autorità universale di Diritto Divino? Sta agli ultramontani rispondere a questa domanda.

Entro la discussione circa il titolo di universale, san Gregorio si esprimeva così in una lettera ai patriarchi di Alessandria e Antiochia:

«Ho ammesso alla comunione alla messa degli inviati di Ciriaco, poiché mi priegavano umilmente, e poiché anche, come ho scritto al serenissimo imperatore, gl'inviati del nostro fratello e co-episcopo Ciriaco hanno dovuto comunicare con me, per la ragione che grazie a Dio non son punto caduto nell'errore della superbia. Ma il mio diacono non ha potuto comunicare alla messa con il nostro fratello Ciriaco, per la ragione ch'egli è caduto e persiste nella colpa della superbia pretendendo un titolo profano» (Lettere di san Gregorio, lib. VII; lettera 34e, ed. con licenza).

 Così, secondo san Gregorio, gl'inviati del patriarca di Costantinopoli sarebbero venuti meno al loro dovere se, a Roma, avessero comunicato con lui, nel caso in cui avesse assunto il titolo di universale. Da ciò ne consegue che la comunione con il vescovo di Roma non è una condizione necessaria per appartenere alla Chiesa; che questo stesso vescovo può essere egli stesso fuori dalla Chiesa; e che gli basta, per essere fuori dalla Chiesa, assumere il titolo di universale.

Onde una domanda molto seria: il vescovo di Roma appartiene alla Chiesa se, non contento del vano titolo d'universale, pretende di avere l'autorità universale, cioè il titolo messo in pratica? Colui che usurpa questa autorità forse non è più usurpatore di quegli che semplicemente s'impadronisce della parola che ne è solo il segno?

Lasciamo al lettore la cura di trarre tutte le conseguenze che scaturiscono dai principi di san Gregorio su quest'ultimo punto, e gli chiediamo solo di prendere atto di questo serio insegnamento di un grande papa in ciò che concerne la comunione col vescovo di Roma. E' ovvio che ai suoi occhi si può appartenere alla Chiesa senza essere in comunione con lui. L'insegnamento di san Gregorio è formale su questo punto.


Archimandrite Wladimir Guettée, La Papauté moderne condamnée par le pape saint Grégoire le Grand, Paris, Dentu, 1861, pp. 43-46. Trad. it. di Nicolò Ghigi. Corsivi e maiuscoli originali.

4 commenti:

  1. Buona sera. Molte grazie per queste preziose riflessioni. Solo non capisco quel passaggio in cui il grande Papa San Gregorio dice che il Concilio di Calcedonia ha offerto il titolo di Universale al Vescovo di Roma ma che i suoi predecessori non vollero avvalersene. Sembra di capire che i padri di Calcedonia riconosceseero una forma di primazialita' al vescovo di Roma.
    Altra cosa: gli ultramontani sarebbero i sostenitori dell' infallibita' pontificia?
    Per il resto comunque la si metta, le parole di Gregorio Magno non lasciano spazio a dubbi: il papato moderno sembra una dottrina non conforme alla Tradizione, e penso a cosa si dicono, nell' altra vita su questi concetti, Gregorio Magno, Gregorio VII e Pio IX.

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    1. Circa quel che è accaduto a Calcedonia, rimandiamo alla parte - che pubblicheremo - in cui l'Archim. Guettée commenta i canoni dei Concili Ecumenici relativi al ruolo del Papa e degli altri primati.
      Gli ultramontani erano i sostenitori in generale del papato concepito "alla Pio IX", cioè infallibile, dotato di giurisdizione universale, unico ad avere potestà di giurisdizione dalla quale dipendono tutte le altre giurisdizioni ecclesiastiche. Un'idea, come Lei stesso ha notato, ben diversa da quella di San Gregorio Magno!

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    2. Esatto. Per come riesco a capire io l' essere fondati da Pietro lascia intendere che godono di una certa eccellenza rispetto agli altri episcopati. Dunque non posso che pensare che questo sia dovuto al fatto che Pietro confessò la divinità di Cristo e che il Salvatore gli disse quel che sappiamo. Dunque un qualche primato, anche solo onorifico sembra indubbio che lo godano le sedi petrine e tra esse quella dove l' Apostolo fu martirizzato. Mi sembra naturale

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  2. Si capisco bene. Per ora molte grazie.

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