Simone Martini, Annunciazione
Egredimini et videte, filiae Sion, regem Salomonem in diademate quo coronavit illum mater sua in die desponsationis illius, et in die laetitiae cordis eius (Ct 3, 11).
Quest’anno la solennità dell’Annunciazione ha coinciso con la Domenica delle Palme ed è stata perciò trasferita a lunedì prossimo, primo giorno libero dopo l’Ottava di Pasqua. Tale concorrenza, per quanto fortuita, si rivela densa di insegnamenti spirituali nonché di implicazioni sull’attualità politica. Il festoso invito del Cantico dei Cantici citato in apertura, applicato a Cristo, ci permette di scorgere un fecondo nesso tra l’Incarnazione e il solenne ingresso del Messia in Gerusalemme: «Uscite, figlie di Sion, e guardate il re Salomone con il diadema di cui lo incoronò sua madre nel giorno delle sue nozze, nel giorno di letizia del suo cuore». È Gesù che realizza pienamente la profezia sul figlio di Davide che avrebbe regnato in eterno; Egli è Figlio di Dio in senso proprio e non nel senso di una formula del protocollo regale (cf. 2 Sam 7, 12ss). È dunque Lui, che è nostra pace (cf. Ef 2, 14), il vero Salomone promesso.
Con l’Incarnazione, secondo sant’Agostino, si è realizzato uno sposalizio tra la natura divina e la natura umana; il talamo in cui è avvenuta l’unione è il grembo verginale di Maria e il consenso necessario a contrarre le nozze, come insegna san Tommaso d’Aquino, è quello da Lei pronunciato all’Annunciazione loco totius humanae naturae, al posto dell’intera umanità. La Madre del Verbo incarnato Gli ha simbolicamente posto sul capo la corona di quell’umana natura mediante la quale è divenuto re d’Israele e di tutti i popoli; grazie ad essa, anzi, Egli è diventato Capo del Corpo mistico, per cui sant’Ambrogio può scorgere in quella corona tutta la Chiesa, alla cui formazione la Vergine ha contribuito in modo decisivo. Secondo san Pio X, noi tutti siamo stati da Lei portati in grembo, inclusi in Colui che si è fatto uomo per incorporarci a Sé.
Per il Suo ingresso regale in Gerusalemme, il Signore volle espressamente, come cavalcatura, un asinello. In questo piccolo dettaglio si manifesta la Sua consapevolezza di adempiere la profezia di Zaccaria: «Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d’asina» (Zc 9, 9). In quella scelta trovava compimento, tuttavia, anche un’importante prefigurazione veterotestamentaria. Il Salomone storico era stato designato da Dio stesso come successore di Davide; ciononostante, il fratellastro Adonia aveva tramato, con il padre ancora in vita, per farsi incoronare al suo posto. La congiura era stata sventata dal profeta Natan mediante l’intervento di Betsabea, madre di Salomone, che si era presentata al sovrano per avvertirlo e chiedergli di confermare il figlio nella successione. L’anziano re aveva allora ordinato che Salomone fosse consacrato e poi, seduto sulla sua mula, fosse solennemente scortato nel palazzo regale e ivi intronizzato (cf. 1 Re 1, 5ss).
Il giorno delle Palme, dunque, il Messia prendeva possesso della Città santa come legittimo re e sommo sacerdote incaricato di purificare il Tempio (cf. Mc 11, 15-17). La folla lo riconosce e lo acclama come tale, entusiasta per lo strepitoso miracolo della risurrezione di Lazzaro (cf. Gv 12, 17-18), al punto che anche alcuni pagani desiderano incontrare Gesù (cf. Gv 12, 20-21). La classe dirigente d’Israele, vedendo messa in pericolo la sua egemonia abusiva, freme convulsa ed esige che il profeta galileo faccia tacere la gente (cf. Mt 21, 15-16); ma questa volta Egli non si sottrae alla pubblica esaltazione, come aveva fatto dopo la moltiplicazione dei pani (cf. Gv 6, 15): la Sua regalità sta sì per manifestarsi, ma in una forma assolutamente imprevedibile. La condanna con la quale le autorità giudaiche crederanno di aver chiuso la partita rappresenterà invece l’instaurazione del regno eterno e universale: Regnavit a ligno Deus, Dio ha regnato dalla Croce.
Il Re divino aveva pianto su quella sua Gerusalemme che, non riconoscendo l’ora in cui era stata visitata, si era condannata alla distruzione (cf. Lc 19, 41ss). Nei tre Uffici delle Tenebre riecheggia, nella lettura delle Lamentazioni, il lamento del Salvatore per la tragica sorte che attende la città ribelle, ma anche il Suo instancabile appello alla conversione: Ierusalem, Ierusalem, convertere ad Dominum, Deum tuum! Anche il castigo che i deicidi si sono tirati addosso era previsto e permesso come occasione di salvezza; a tanto arriva la misericordia divina! Eppure coloro che non si sono lasciati smuovere neppure dalla risurrezione di un morto in decomposizione, ma hanno addirittura deciso di uccidere anche lo scomodo miracolo vivente (cf. Gv 12, 10-11); coloro che hanno deriso un uomo confitto in croce perché, pur avendo salvato altri, come sapevano benissimo, non sarebbe stato in grado di salvare se stesso (Mt 27, 41-42); coloro che sono arrivati fino a mettere invano guardie e sigilli al suo sepolcro, divulgando poi una menzogna per bocca di testimoni addormentati, come ironizza sant’Agostino (cf. Mt 27, 62-66; 28, 11-15)… continuano a respingere il Messia in nome di un messianismo che mette loro al posto di Dio.
Per mano di un regime satanico, hanno ordito un genocidio per poter rifondare il loro Stato nella terra perduta, sebbene nelle loro stesse Scritture, già dal VI secolo a.C., si dica: «La nostra eredità è passata a stranieri» (Lam 5, 2). Siccome non sopportavano che la Chiesa, mossa dalla carità del suo Sposo, continuasse a chiedere a Dio per loro la grazia inestimabile della conversione, si sono prestati ben volentieri, invitati da un Giuda cattolico, a comporre una dichiarazione conciliare che, pur non avendo la minima autorità dogmatica, contraddice radicalmente la Scrittura, la Tradizione e due millenni di Magistero. Poi hanno preteso, in conseguenza di ciò, che la Chiesa falsificasse le più solenni preghiere di intercessione che rivolga a Dio, a favore di tutto il genere umano, in forza della morte del suo Signore, in uno dei riti più sacri del culto pubblico. Essa si ritrova così a insultare inconsapevolmente il Crocifisso proprio nel momento in cui intende adorarlo, parlandogli come se il Suo Sacrificio fosse stato superfluo per alcuni, che avrebbero una corsia preferenziale di salvezza in virtù di un’alleanza mai revocata… Certo, revocata no, ma cessata sì, nell’istante in cui è entrata in vigore la nuova (cf. Eb 8, 13).
Ora, questi signori che, in base a un’interpretazione grossolanamente materiale delle promesse divine, vogliono il dominio del mondo – e, sotto un certo aspetto, ce l’hanno, in quanto controllano l’alta finanza – avendo rinnegato la fede si sono messi al servizio del principe di questo mondo di tenebra, cioè dello spirito che domina quanti rifiutano Dio. La struttura politica che hanno creato a questo scopo è l’impero anglo-sionista (dove anglo indica i burattini e sionista chi tira i fili), la cui egemonia ha cominciato, con nostro sollievo e tripudio, a scricchiolare paurosamente. Di fronte ad esso, infatti, non c’è più un nemico fasullo creato ad arte per mantenere l’umanità sotto scacco, come il blocco comunista di un tempo o il cosiddetto terrorismo islamico di oggi. Di fronte ad esso, stavolta, c’è un polo realmente alternativo, che però non ha alcun interesse per una competizione o un conflitto con un Occidente in rapida dissoluzione: la Russia e la Cina hanno tutte le risorse necessarie per crescere insieme in modo autonomo, da tutti i punti di vista.
Dopo l’ennesima profferta di dialogo e negoziato da parte di Putin, hanno replicato con un’accusa tanto ridicola da essere vergognosa, non essendoci la minima prova a sostegno ed essendo stata impedita un’indagine seria sul presunto avvelenamento di una spia che in realtà è ancora in vita. Il servilismo della colonia europea ha raggiunto livelli a dir poco indecenti, sia pur contro voglia: gli interessi economici che la legano alla Russia sono considerevoli, per non parlare del fatto che, se il gas russo fosse dirottato a Oriente, l’Europa centrale, d’inverno, si congelerebbe. Ma, visto che l’infinita serie di provocazioni, dall’Ucraina alla Siria e alla Turchia, non sono valse a scuotere i nervi del Presidente riconfermato in modo plebiscitario, sono partiti all’attacco con il conflitto diplomatico. Per non perdere il monopolio, i banchieri sionisti hanno bisogno di periodiche guerre o “rivoluzioni”. Questa volta, però, l’osso è più duro del previsto e, probabilmente, l’ascesa del nemico deputato è stata voluta dal Figlio di Davide. Riconoscerlo Messia sarebbe la cosa più logica e vantaggiosa, per loro e per tutti: far parte della corona di Salomone… è molto meglio!
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