Rilanciamo di seguito una lettera con annessa risposta recentemente pubblicata sul sito amico "Traditio Liturgica". Da leggere assolutamente.
[Fonte]
Caro Pietro, ho letto molti sui articoli recenti e passati e volevo ringraziarla perché li trovo di una profondità e di una lucidità disarmante. Ho trovato risposte ad alcune grosse domande che mi ponevo e la ritengo una delle pochissime fonte sicure presente in rete. Ho capito cosa intende quando lei dice che vuole dare degli "strumenti" di lettura per vivere l'evento cristiano: l'altro giorno leggevo un commento di un autore di area cattolica che parlava degli scritti dei padri in modo molto scettico perché si contraddicevano su dei punti e questo fatto per questo autore che usava un certo linguaggio teologico non poteva essere possibile! invece è possibile dato che i padri come ha spiegato lei cercano di spiegare la loro esperienza di Cristo e i termini talvolta per spiegarla possono contraddirsi, ma questo non è un errore o pressapochismo come l'autore in questione ne riferiva. E questi strumenti gli ho imparati dai suoi articoli! grazie! Poi volevo chiederle un'altra questione che ogni tanto mi pongo: quando si parla di testimonianza cristiana oggi di oggi nei tempi cupi che corrono a lei che cosa le viene in mente? Grazie, Mattia.
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Gentile Mattia,
ho dato un risalto al suo gradito intervento più di quanto non si aspettava, non per portare luce su me stesso (non ha senso!) ma perché avvalora il metodo che in questo blog ho proposto, metodo che, poi, non è mio ma appartiene alla tradizione antica della Chiesa.
La cosiddetta "comprensione" religiosa avviene su più piani, a seconda di come una persona vive. Un tempo si diceva quidquid recipitur ad modum recipientis recipitur per indicare che ognuno recepisce le cose a seconda del suo orientamento e formazione.
Che recepirà il cosiddetto mondano della Scrittura, se non quanto colpisce le sue passioni? Che recepirà l'intellettuale razionalista della Scrittura, se non quanto rientra nel suo schema mentale preconfezionato, scartando perciò quanto non lo è?
Nel primo caso sono toccati e forse vengono pure "drogati" esclusivamente i sensi, nel secondo ci si chiude in un sistema intellettualistico astratto pensando che la realtà vera sia solo questa.
I Padri della Chiesa insistono molto sulla formazione del cuore, ossia sull'interiorità e la spiritualità umana. Una volta che il cuore è sensibilizzato, inizierà a recepire la sapienza della Scrittura, che non coincide affatto con la semplice "intelligenza" della stessa e, tanto meno, con i suoi aspetti meramente superficiali.
I termini e i concetti cristiani tradizionali sono relativi unicamente alla sapienza e se, a volte, sembrano contraddire l'intelligenza, ciò vuol semplicemente dire che la superano.
La chiave per entrare nella sapienza dei Padri, che poi è la sapienza biblica tout-cour, è l'umiltà: sapere di non sapere. L'umiltà unita al lume perennemente acceso della preghiera e della contrizione apre la via alla conoscenza sapienziale.
Poco importa se tale conoscenza non è sempre possibile esprimerla a parole. Sta di fatto che può essere intuita, vissuta, in qualche modo testimoniata. La vicinanza con qualcuno che la incarna provocherà inevitabilmente una certa sua irradiazione su di noi. "Non sentivi che il cuore ci bruciava?", dicono i discepoli di Emmaus capendo da ciò che il viandante sconosciuto era l'uomo-Dio, la Sapienza di Dio.
Oggi si parla di "nuova evangelizzazione" ma, figli del razionalismo e dell'illuminismo qual siamo, pensiamo di evangelizzare con qualche ora di bla-bla-bla e con un po' di spettacolo sensazionalistico.
Non combineremo nulla.
L'evangelizzazione è l'irradiazione, come da un sole, di un'energia nuova che proviene da cuori purificati, in altre parole è il contatto con l'Al di là già in questo mondo.
Nei tempi attuali, così difficili e disorientanti, Dio è sempre presente. Non resta che prendere la via indicata anticamente per scoprirlo. Passeranno i personaggi che oggi sembrano magnifici, passeranno le chiacchiere e le confusioni, Dio rimane e rimarrà. Avvicinarsi a Dio comporta, per l'antica tradizione, preparare il cuore, non riempirsi il cervello, camminare nell'umiltà e nel nascondimento, non cercare palcoscenici mondani o ecclesiastici per gonfiarsi come ranocchi, vivere nella perenne contrizione, non in un inutile e controproducente "pride". L'uomo da solo non è nulla, è come l'erba del campo che il mattino fiorisce e la sera dissecca... Ma l'uomo toccato dalla trascendenza si rinnova e può veramente dire "Cristo è risorto" per averlo interiormente colto.
Le auguro cordialmente ogni bene.
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