Tratto da: Padre Nikolaus Gihr, “Das Heilige Messopfer – Dogmatisch, liturgisch und aszetisch erklärt – Klerikern und Laien
gewidmet, 17a
-19a
edizione, ed. Herder, Freiburg im Breisgau 1922 (imprimatur: Friburgi Brisgoviae, die 24
Decembris 1921)”, cap. XXXV
1. Nella Messa Solenne, subito dopo le preghiere dell’Introito ha luogo l’incensazione
dell’altare. Per spiegare questo rito, vogliamo premettere alcune osservazioni generali
sull’uso e sul significato dell’incenso.
Per diretta disposizione di Dio, l’incenso fu largamente usato nelle cerimonie liturgiche
già nell’Antico Testamento. Sì, allora l’incenso doveva essere offerto solamente al Signore:
bruciato solo per Yahve. L’azione dell’incensare era “sacra al Signore”: il Signore stesso
aveva prescritto in dettaglio come andava preparato e mescolato l’incenso; dove e quanto
spesso lo si doveva accendere (Es. 30,1 e ss.). Nel Santo – diviso tramite il velo dal Luogo
Santissimo – c’era l’altare sacrificale dell’incenso sul quale, ogni mattina e al tramonto, si
doveva compiere un apposito sacrificio bruciando l’incenso. Anche nel grande sacrificio
espiatorio della festa della riconciliazione e nel sacrificio dei pani azzimi veniva aggiunto e
bruciato dell’incenso. I Padri della Chiesa insegnano all’unanimità che i Re Magi, giunti
dall’Oriente, con l’offerta dell’incenso al Bambino Gesù, “Re dei Giudei”, hanno voluto
adorare “Dio” che, pur celato nella bassezza terrena, si era rivelato loro al momento
dell’adorazione.
Nel culto cristiano l’incenso fu accolto sin dagli inizi; soprattutto dopo il IV secolo –
quando le celebrazioni liturgiche incominciarono a svolgersi con maggiore libertà –
l’uso divenne generale. La prima testimonianza certa sull’uso liturgico dell’incenso in
Occidente la troviamo presso S. Ambrogio. Infatti, quando questo dottore della Chiesa viene a
parlare dell’apparizione angelica a Zaccaria (Luc. 1,5-25), aggiunge: “Possa un angelo
assistere anche noi mentre incensiamo gli altari e celebriamo il Santo Sacrificio”. L’attuale
prassi liturgica occidentale dell’incensazione si è perfezionata durante il Medioevo. Nelle
funzioni liturgiche è consentito solamente l’uso dell’incenso autentico. La migliore qualità
proviene dall’Africa e dall’India (Penisola Arabica) dove viene estratta dall’albero
dell’incenso (Boswellia). All’incenso si possono aggiungere anche altre sostanze profumate,
per es. resina o erbe aromatiche, ma solamente in quantità minima.
2. Il religioso bruciare, nell’atto nobile e prezioso dell’incensazione, è in sé un rito
splendido che non solo contribuisce ad esaltare maggiormente le celebrazioni liturgiche, ma
anche manifesta simbolicamente i segreti della fede e delle virtù della vita cristiana. Il
simbolismo dell’incenso risiede essenzialmente nel fatto che i suoi granelli si sciolgono nel
carbone acceso spargendo così un profumo amabile che sale verso l’alto, circonda l’altare e
riempie la chiesa. Per questo, dunque, l’incensazione liturgica ha un valore simbolico, ma solo
se l’incenso brucia (incensum scil. Thus) perché, se da esso non si diffonde il profumo o la brace è scarsa (prunae ardentes – Pont. Rom.) o non vengono utilizzati carboni accesi, questo
valore va perso.
L’incenso profumato che si consuma nel fuoco sembra fatto apposta per indicare e per
esprimere solennemente il sentimento interiore del sacrificio e della preghiera grata a Dio. Il
profumo è il più fine e nobile, ad esempio quello dell’albero balsamico, della rosa, del
ciclamino, è “l’anima nascosta e dormiente della pianta”. L’incenso, quindi, consumandosi
nel fuoco espira e spande all’intorno la sua anima [p. 321] in nuvole di fumo che salgono
verso il cielo. In ciò esso rende sensibile in primo luogo lo spirito di sacrificio dell’uomo, che
sacrifica sé stesso e tutte le sue energie nel fuoco dell’amore, per la gloria di Dio e il servizio
a Lui.
Inoltre, il fumo che si sviluppa e s’innalza quando l’incenso brucia sulla brace infuocata
simbolizza anche la preghiera: è l’anelito dell’anima verso Dio, è l’elevazione dello spirito e
del sentimento al Cielo, è la tensione del cuore ai beni invisibili ed eterni. Quando si lascia
cadere i grani d’incenso sui carboni infuocati, ecco che s’innalza un profumo gradevole: se il
cuore, quasi carbone ardente, commosso dalle fiamme dell’amore divino, è in fervido
raccoglimento, allora la preghiera lascia la terra e sale, come dolce e prezioso profumo, al
cospetto del Signore; e viene da Lui accolta con grazia e benevolenza ed esaudita. Perciò il
salmista implora: “Possa salire al tuo cospetto, o Signore, la mia preghiera come l’incenso!”
(Sal. 140,2). La Sacra Scrittura presenta simbolicamente “le preghiere dei santi” come
“profumi amabili in coppe d’oro”, che gli Anziani portano sulle loro mani fino davanti al
Trono dell’Agnello di Dio (Ap. 5,8). Adorazione, lodi, azioni di grazie e suppliche penetrano
come un incenso fino al Santo dei Santi del Cielo e al Trono dell’Altissimo.
Da questo significato originale dell’incenso ne deriva spontaneo un altro: il sacrificio e la
preghiera, simbolizzati dal “fumo di profumi fragranti”; cioè, il sacrificio e la preghiera
suscitano la divina compiacenza e misericordia, attirano la Grazia di Dio su di noi, e perciò il
profumo dell’incenso simbolizza anche la divina grazia. Mentre l’innalzarsi del profumo
manifesta i devoti e insistenti sacrifici e le preghiere; le nubi d’incenso, che si spandono
tutt’attorno, suggeriscono l’effetto della preghiera e del sacrificio, che è il profumo della
Grazia che scende dal Cielo, o emana da Cristo presente sull’altare. La preghiera si eleva
verso l’alto e la misericordia di Dio scende a noi.
Le nuvole profumate dell’incenso sono un monito, anche per i sacerdoti e per i fedeli, a
diventare “buon odore di Cristo” (“Christi bonus odor” - 2Cor. 2,15) tramite lo spirito di
sacrificio e di preghiera, tramite la grazia e la virtù, tramite una fervente devozione e la santità
di vita, così da riempire di allegria il Cielo e la Terra.
È nella stessa natura dell’azione che il bruciare i chicchi d’incenso sia un segno di
adorazione, ossia del sacrificio da intendere come l’atto e l’atteggiamento più perfetto
dell’adorazione. Si tenga anche presente che, per disposizione della Chiesa, l’incenso non
viene usato solo per venerare solennemente Dio, ma anche per dimostrare nei confronti delle
cose sacre una religiosa venerazione. Perciò, oltre ai più venerabili oggetti, [p. 322]
s’incensano, per esempio, le reliquie e le immagini dei santi, il libro del Vangelo, il sacerdote,
il clero e i fedeli.
Nelle celebrazioni solenni l’incenso viene benedetto, cioè diventa un oggetto sacro, o
elemento consacrato a Dio. L’incenso benedetto è un sacramentale, e come tale non ha
semplicemente un significato elevato e misterioso, ma anche (a suo modo) un effetto
soprannaturale.
Questa benedizione, ora, conferisce all’incenso un senso religioso più marcato. Il
significato simbolico dell’incenso è già presente nella sua natura, ma, tramite l’uso nelle
funzioni religiose esso riceve quasi una consacrazione che viene confermata dalla benedizione
della Chiesa. Da questo momento l’incensare simboleggia perfettamente (come la cenere e le
palme benedette) il suo significato sacro e misterioso.
In quanto sacramentale l’incenso conferisce una protezione divina. Tramite il segno di
croce e la preghiera della Chiesa, l’incenso acquisisce un forte potere che allontana satana
dall’anima o lo tiene lontano, agisce contro astuzia e malignità, contro tentazioni e assalti
degli spiriti infernali, e dà grande aiuto di cui abbiamo particolarmente bisogno quando
stiamo celebrando i Sacri Misteri all’altare.
Prima di bruciare l’incenso sull’altare, che così sta per essere consacrato, il vescovo prega
Dio che “guardi misericordioso questo incenso, lo benedica e lo consacri affinché il suo
profumo allontani tutti i mali e le debolezze; davanti al suo profumo fuggano anche tutte le
insidie del Maligno e la creatura (l’uomo), redenta dal prezioso sangue di Cristo, non venga
mai ferita dai morsi dello scellerato serpente senza Dio”. Perciò esso è utile anche nella
consacrazione di persone e cose. Con le nuvole d’incenso, infatti, si spande anche la forza
della benedizione che la Chiesa pronuncia e vuole comunicare: esse attirano tutto ciò che
viene incensato entro un’atmosfera sacrale.
Dal simbolo dell’incenso e dal suo effetto si può facilmente intuire lo scopo e il
significato delle varie incensazioni.
3. L’elevarsi in nubi di gradevole fumo, conferisce all’azione liturgica una maggiore
dignità, magnificenza e solennità. Perciò la Chiesa ha onorato molte esecuzioni liturgiche con
l’uso dell’incenso; tra queste, la più alta e la più nobile, particolarmente profonda e
significativa, è la celebrazione del S. Sacrificio della Messa. Le chiare nubi dell’incenso che si
librano verso il cielo avvolgono l’altare e riempiono il santuario con il loro amabile profumo,
sono ancora più appropriate per marcare e far risaltare meglio la maestà di un tale Sacrificio, e
così rendere più visibile l’altare terreno come simbolo dell’Altare Celeste (Ap. 8,3).
L’incensazione si trova all’inizio della funzione liturgica, cioè tra l’introito ai piedi
dell’altare e l’introito vero e proprio, così come anche quando inizia il Sacrificio con
l’oblazione. Vengono adornati e glorificati, inoltre, altri due punti salienti: il Vangelo, dove il
Signore è presente come Maestro, e la consacrazione, quando Egli è sull’altare come Agnello
sacrificato. Le nubi d’incenso sono qui il simbolo dell’apparizione e presenza del Signore nel
SS. Sacramento e nella Sua parola. Già nell’Antico Testamento la Gloria del Signore appariva
nel Tabernacolo; e nel gran giorno dell’Espiazione il Sommo Sacerdote avvolgeva il Santo dei
Santi in una nube d’incenso come segno della Rivelazione di Yaveh in questo venerabile
luogo. Una nuvola avvolgeva la Sacra Tenda che Mosè aveva eretto e ordinato, e la Gloria del
Signore la riempiva, tanto che Mosè non osava entrarvi. Durante tutta l’attraversata del
deserto, questa nuvola miracolosa rimase presso la Sacra Tenda. Durante il giorno appariva
scura su di essa e durante la notte infuocata (Es. 40,34-38). Anche nel Santuario stesso
permaneva la benevola presenza del Signore, poiché Egli troneggiava sempre in una nuvola
sopra l’Arca dell’Alleanza; e ogniqualvolta Mosè voleva interpellarLo, veniva qui per sentire
la Sua volontà. “Apparirò sulla nuvola sopra il luogo delle sentenze” (Lev. 16,2).
4. Si può considerare la prima incensazione nel rito della Messa come la solenne
conclusione della preghiera dell’introito ai piedi dell’altare: il rito è semplice e viene eseguito
senza essere accompagnato da preghiere. Il celebrante mette tre volte dell’incenso sui carboni
incandescenti, mentre dice: “Ab illo benedicaris – in cujus honore – cremaberis. Amen” (“Sii
benedetto da Colui in onore del quale verrai bruciato. Amen”). Dopo queste parole egli fa il
segno di croce sui chicchi d’incenso che bruciano. Questa formula della benedizione dice
quale sia il primo scopo dell’incenso: la glorificazione del Nome divino. L’incenso non viene
usato nella liturgia per gratificare, col suo amabile profumo, l’odorato dei fedeli, ma
piuttosto per infondere un profondo timore reverenziale verso Misteri così grandi.
Per primo si venera dovutamente, tramite l’incenso, la croce dell’altare, ossia il SS.
Sacramento. Se il Santissimo Sacramento non è esposto, allora s’incensano le reliquie
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dell’altare o le immagini dei santi. Questa incensazione è, in primo luogo, segno di
venerazione verso i Beati del Cielo che come il cinnamomo e il balsamo danno un odore
dolce e come la preziosa mirra offrono un fragrante profumo (Sir. 24,20); con l’ossequio di
cui è segno, inoltre, essa deve muovere i santi affinché, con la loro potente intercessione
davanti al trono di Dio, ci ottengano misericordia e accondiscendenza alle nostre suppliche. In
questo momento il sacerdote, sostenuto dall’intercessione dei santi, ha pregato Dio per una
perfetta purificazione del cuore: le nuvole d’incenso profumato che avvolgono l’altare sono
simbolo di quelle preghiere e dei meriti dei santi; ed esprimono in questa forma simbolica le
preghiere appena recitate, cioè la richiesta d’intercessione dei santi.
L’altare, dotato delle reliquie dei santi, consacrato solennemente dal vescovo, è il luogo
del Sacrificio da contemplare con religioso e venerabile fremito: è il nostro Santo dei Santi.
Tramite l’incensazione si vuole rendere presente alla memoria l’alta sacralità dell’altare. Le
nubi d’incenso benedette, poi, non sono una semplice esortazione, ma esse mediano, anche, il
necessario aiuto dall’Alto per entrare con retta intenzione nel Santo dei Santi e stare all’altare
con cuore devoto a celebrare il Santissimo Sacrificio. Allo stesso tempo, le nuvole profumate
indicano che il Sacrificio eucaristico è un “odore amabile” che sale verso il Cielo ed è, per
noi, la fonte di tutti i profumi spirituali della Grazia. Infine, lo stesso sacerdote celebrante – e
lui solo –, come rappresentante visibile dell’invisibile Sommo Sacerdote Gesù Cristo, riceve
tre volte l’incenso, in segno di venerazione dovuta al suo nobile ufficio.
L’incensazione all’inizio della messa si applica soprattutto all’altare. Esso, tramite la
misteriosa e celeste atmosfera che suscitano le nubi d’incenso, viene caratterizzato come il
luogo eccelso del Sacrificio e dell’adorazione. La nostra cerimonia, così solenne, così
significativa e tanto edificante, deve indurre tutti i presenti a una sacrale disposizione d’animo
e, contemporaneamente, richiamarli al pensiero che – come l’incenso si consuma nella brace
incandescente – così anche essi possono offrire la propria vita nel fuoco e nelle fiamme
dell’amore, come prezioso olocausto a gloria e servizio di Dio.
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