martedì 3 settembre 2019

Lettera di un monaco ortodosso sulla Chiesa Cattolica moderna

Pubblichiamo la traduzione italiana della risposta di un monaco ortodosso, rimasto anonimo, a un monaco benedettino, anch'egli anonimo. La lettera tratta diversi punti d'interesse, a partire dall'incipit, nel quale la teologia ortodossa delle energie divine e della trasfigurazione del cosmo ad opera della grazia è resa con tratti semplici e chiari; seguono una critica al recentismo e all'evolutio dogmatum della teologia cattolica, dell'evoluzione dell'arte religiosa, un'attenta disamina del Papato, principale argomento su cui verteva la lettera del benedettino, e non mancano notevoli accenni alla crisi della Chiesa Cattolica moderna, che ha abbandonato le sue tradizioni liturgiche rimontanti alla Chiesa del primo millennio. Tutti argomenti anche già trattati sul nostro blog, che trovano qui riassunto durissimo ed efficace, scritto da una persona la cui sintonia con le nostre posizioni è disarmante, e al tempo stesso confortante nella fede in Cristo.
[Fonte. Traduzione a cura di Traditio Marciana]

Caro padre, figlio di San Benedetto, ti ringrazio per le tue parole e per la tua attenzione verso l'Ortodossia. E' risaputo che noi Ortodossi stiamo vivendo in questo momento un incredibile periodo di rinnovamento spirituale. La ricerca e l'esperienza di Dio sono il cuore dei nostri interessi. Certamente, Dio non è conoscibile, ma l'esperienza della Trasfigurazione e della luce increata è il cuore del nostro progresso spirituale. Conoscerai di sicuro la figura russa di San Serafino di Sarov, che insegnò dell'acquisizione dello Spirito Santo. Forse avrai sentito anche dei gherontes dell'Athos, come Giuseppe l'Esicasta, la cui fecondità spirituale è straordinaria. Anche tra gli Egiziani forse hai sentito nominare Matteo il Povero, già abate e ristrutturatore del monastero di San Macario. Questi mondi ortodossi, che siano essi greci, russi, copti o egiziani, sono oggi visitati dalla potente luce di Dio, Dio reso accessibile grazie alla forza del Nuovo Testamento, alla fedeltà agl'insegnamenti dei Padri e alle nostre divine liturgie in tutti i punti conformi alla nostra tradizione ricevuta; tutto ciò ci dà la possibilità di avere un respiro spirituale come mai prima d'ora. La Vergine di Zeitoun, non tanto tempo fa, ha onorato della sua presenza i nostri fratelli Copti, visibile a tutti.

Nonostante il pericolo Turco, nonostante le barbarie del Comunismo, nonostante un Islam impazzito, abbiamo preservato fedelmente l'eredità dei nostri padri.

Tu che appartieni al cosiddetto "mondo libero", cos'hai a che fare con essa? Chi tra i Cattolici conosce San Giovanni Climaco, la cui Santa Scala sorpassa in sapienza l'Imitazione di Cristo? Chi ha retto San Massimo il Confessore, il Tommaso d'Aquino del primo millennio? Chi conosce Efrem e Isacco il Siro, quei grandi maestri della vita spirituale? A parte Sant'Agostino, le vostre radici non fanno più indietro del dodicesimo secolo. Ciascuna delle vostre generazioni si dà i propri maestri, i propri riferimenti graditi. Qualche tempo fa lo era Pascal, ieri lo era il padre Teilhard de Chardin, oggi la moda è cambiata così velocemente che i nomi non vengono nemmeno ricordati, eccezion fatta forse per Rahner, Kung e Boff. Mi sembra che tutte queste persone siano più interessate a costruire un'antropologia a loro immagine e somiglianza, e conformi all'opinione comune del momento, piuttosto che ricevere la presenza di Dio in loro stessi. Come noi vediamo le cose, costoro che tu consideri guide e teologi sono spesso intellettuali meno avanzati del più giovane dei nostri monaci che compiono le loro metanie e senza sosta mormorano la Preghiera di Gesù per stabilire la cusodia del cuore al loro interno, con l'aiuto della Santissima Trinità. I vostri pensatori non sanno nulla né della prassi né della teoria. La sapienza degli umili è a loro aliena.

Persino tu, caro Padre, figlio di San Benedetto e di San Giovanni Cassiano, hai avuto contezza della loro comune fonte, Evagrio Pontico? Molti dei tuoi negozietti monastici sono pieni del commercio di beni mondani, e lo spazio lasciato ai Padri è spesso ridotto.

La nostra tradizione spirituale fu dilaniata dalla controversia Iconoclasta, la soluzione della quale fu raggiunta al secondo Concilio di Nicea. La distinzione tra icona, idolo e immagine è molto importante per noi. Ma voi, dopo aver abbandonato l'icona con e dopo Fra Angelico, avete gettato voi stessi a rotta di collo nel culto dell'immagine con fattezze realistiche, che enfatizza il talento dell'artista, dell'emozione umana e dei sentimenti. Tutto questo finché non vi stancherete di queste visioni antropomorfiche. Voi ora avete raggiunto una sottile forma di iconoclastia, centrata sull'auto-celebrazione dell'uomo. Le vostre chiese sono spoglie di ogni segno, ma avete messo voi stessi al centro.

Questo mi porta al terribile deserto liturgico in cui ora vi trovate. Voi avete abbandonato la Romana liturgia di San Gregorio. Voi avete cacciato dalle vostre chiese più o meno tutti quelli che volevano rimanerle fedeli. Nonostante voi abbiate perso la tradizione che presso di noi è chiamata Iconostasi e da voi Tramezzo (ingl. Rood Screen, esp. Coro Alto, fr. Jubè, deut. Lettern), c'erano grandi punti d'incontro la vostra liturgia antica e le nostre divine liturgie di San Giovanni Crisostomo e S. Basilio. Voi avete l'urgente compito di una restaurazione da portare avanti, perché fintantoché non sarà adempito, voi non sarete in grado di accogliere altre tradizioni, così occupati come siete nel distruggere ogni memoria del passato.

Parlando di liturgia, sono rattristato dal vedere come la Santa Trinità sia scomparsa dal vostro orizzonte [1], nonostante Essa sia il solo soggetto della Fede. Mentre la Processione del Santo Spirito portò così tante discordie storicamente tra di noi, da ciò che vedo la contemplazione della Trinità sembra non essere più il cuore della liturgia per voi. Un po' come nell'Antico Testamento, voi siete la comunità, popolo di Dio, a faccia a faccia con l'Unico Dio, ma eppure abbastanza discreto rispetto all'individuo che è fondamentalmente indegno di fronte alla Santissima Trinità. La vostra mancanza di riverenza di fronte ai Santi Doni, la Comunione che il credente prende da sé [2] senza aver ricorso affatto alla Confessione, ci sembrano essere gravissime anomalie.

Veniamo ora all'obbedienza e al primato del papa di Roma. Per affrontare questo argomento, bisogna comprendere le nostre tradizioni storiche. Noi siamo gli eredi dell'Impero Romano d'Oriente. Presso di noi, il potere imperiale ha sempre contato qualcosa al tempo dei Santi Concili. E' normale e naturale che il potere temporale debba essere associato, in un modo o nell'altro, con la vita della Chiesa. E' naturale che i confini dello Stato debbano far parte della definizione dei Patriarcati, e che questi patriarchi debbano avere la lor propria autorità avanti ai governanti. Dal vostro canto, in Occidente, voi avete conosciuto una mancanza di potere temporale molto presto. Ambrogio di Milano, Agostino d'Ippona, vissero alla fine dell'Impero Romano d'Occidente. Questa situazione portò alla crescente importanza del ruolo dei vescovi nel governo degli stati. Essi e il papa ebbero spesso sia la giurisdizione spirituale che quella temporale. Le circostanze ci hanno portato ad avere un diverso approccio al governo nella Chiesa. Questo passato non è né buono né cattivo; semplicemente è. La domanda postaci, quindi, è come rispettare queste differenti tradizioni storiche.

Senza dubbio l'era Comunista ci ha mostrati i limiti dei patriarcati nazionali, così spesso oppressi dal potere politico. La tragedia della Chiesa Ortodossa Russa Fuori dalla Russia è ancora fresca nelle nostre menti. Dal vostro canto, la centralizzazione e le purghe che seguirono il Vaticano II, la subordinazione ai vescovi senza il contrappeso dei pastori a causa dei loro tempi di servizio assai ridotti, le sofferenze e le tribolazioni di uomini spirituali come Padre Pio nelle mani della gerarchia, la brutalità di Papa Francesco contro quei vescovi che sono semplicemente fedeli agli insegnamenti dei suoi immediati predecessori, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI; tutto questo suscita sospetti.

E' risaputo quindi che voi abbiate un manifesto problema d'autorità nella Chiesa Latina. I Concili Occidentali dell'era Carolingia riportarono alla luce l'esistenza del sistema dei pesi e contrappesi all'interno della vostra Chiesa. Oggi tutto ciò è scomparso, e la parola di un uomo solo, il vescovo di Roma, deve imporre se stesso su tutti gli uomini su ogni argomento, al di là delle tradizioni dei Pari. Questo non è conforme né alla vostra tradizione, né alla nostra. Voi ora siete in un momento di impasse. Forse sarete capaci di tornare un passo indietro, tenendo conto delle nostre rispettive impasse come le abbiamo vissute nel ventesimo secolo, in modo che possiamo trovare una soluzione alla luce della Trinità, senza trionfalismo o schiavitù.

Caro padre, per concludere queste parole vorrei condividere con te questa speranza che ho e che guida i miei passi ogni giorno. Già adesso ogni momento è per me un dono per avanzare nella conoscenza del Dio Trino ed Unico. Nel serbare gl'insegnamenti dei miei maestri, Macario d'Egitto ed Eschio di Bato, io aspiro a null'altro che vuotarmi da me stesso per lasciare che la Santissima Trinità dimori in me sempre più in ogni istante, qui ed ora. Desidero condividere con te questo tesoro di preghiera che ci unisce, sicché la Carità di Dio, agendo in noi, possa essere feconda.

Uno ieromonaco.

NOTE

[1] Il monaco potrebbe star pensando a qualcosa di questo tipo: le due esplicite menzioni della Santissima Trinità nella liturgia Romana antica, il Suscipe e il Placeat tibi, sono state entrambe rimosse con la riforma liturgica, insieme a pressoché tutte le dossologie trinitarie che vi erano presenti.

[2] Il monaco si riferisce alla pratica della comunione sulla mano, che è naturalmente del tutto estranea alla pratica orientale, come lo è stata a quella occidentale per oltre un millennio.

11 commenti:

  1. Cari amici di Traditio, questo articolo mi ha profondamente disturbato. L'ho letto ieri in inglese a New Liturgical Movement. Il monaco scrive (e cito solo questo): "Chi tra i cattolici conosce San Giovanni Climaco, la cui 'Scala Santa' supera in saggezza 'l'imitazione di Cristo'? Chi ha letto San Massimo il Confessore, il Tommaso d'Aquino del primo millennio? Chi è a conoscenza di Efrem e Isacco il Siriano, quei grandi Maestri della vita spirituale? Oltre a Sant'Agostino, le tue radici non risalgono non oltre al XII secolo. Ognuna delle tue generazioni si dà i suoi padroni, i suoi riferimenti alla moda... ". Questo è stato un colpo davvero malizioso, questo sottilissimo sminuire alcuni dei doni divini tra i più eccellenti e dei santi Dottori della Chiesa! È bestiale perché induce le povere anime a pensare che sono state frodate, che manca qualcosa alla perfezione dell'amata Chiesa e percio', non è perfetta. Dio stesso ha ornata la Sua Chiesa con questi doni e sono di una perfezione tale che solo l'umile possa riconoscerli e apprezzarli. Quindi, con tutto il rispetto, questo monaco è un mascalzone!

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    1. Partiamo dal presupposto che probabilmente conosco questo monaco, anche se non si è firmato e dunque non posso dire con certezza chi sia. Se è chi penso io, trovo che "mascalzone" sia una definizione del tutto inadeguata alla statura del personaggio.

      L'accusa, sicuramente dura, non è però del tutto falsa. Io sono personalmente molto avverso al fenomeno del recentismo, e tendo a privilegiare le citazioni di santi dell'antichità piuttosto che recenti; anche la Chiesa Ortodossa ha comunque i suoi riferimenti più recenti: S. Serafino di Sarov, S. Silvano dell'Athos, S. Ambrogio di Optina, S. Paisios dell'Athos etc. Tuttavia non manca mai nell'Ortodossia uno sguardo ai Padri della Chiesa e della Fede, che nel Cattolicesimo è troppo trascurato. Ciò è dovuto sicuramente a circostanze storiche (una minor trasmissione dei testi patristici, per esempio; il prevalere delle tesi agostiniane che condizionano il modo in cui i teologi medievali leggono gli altri Padri...). Mi sono personalmente sempre battuto per la riscoperta delle radici patristiche della Chiesa, pubblicando scritti risalenti ai primi secoli, non per negare l'esistenza di maestri spirituali nei secoli successivi, ma per ricordare comunque che il Cristianesimo si è diffuso in primis grazie ai Padri, che essi sono le radici di ogni sviluppo teologico che ne è seguito.
      La dimenticanza dei Padri soprattutto in quello che viene trasmesso ai semplici fedeli (tutti i preti leggevano i Padri d'Occidente e alcuni Padri d'Oriente come S. Basilio o S. Crisostomo nel Breviario; ma raramente nelle prediche o nei libretti devozionali si citava qualcosa che andasse più indietro del basso medioevo) è un fatto. Possiamo deprecarlo, possiamo e dobbiamo adoprarci per risolverlo. Ma negarlo, invocando a pretesto l'indefettibilità della Chiesa, è poco utile, ed espone solo alla perdita di ogni credibilità scientifica.

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  2. Su New Liturgical Movement vi è stato un vivo dibattito, con interventi interessanti al netto di qualche acceso commento ideologico (e da parte cattolica e da parte ortodossa), concluso da un ampio post di commento del prof. Kwasniewski. Sto leggendo tutto con calma e valuterò se proporre traduzioni di altri passaggi.

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  3. Gentile Unam Sanctam,

    essendo questo il mio primo commento sul suo blog, spero di "non intrare con mal pede", come diciamo in Spagna. L'intervento di questo monaco, sempre misurato nella sua severità (essendo io stesso ortodosso di provenienza cattolica, sento vergogna dei propagandisti ortodossi che dimostrano di non ignorare tutto sulla storia e la spiritualità occidentali), mi sembra uno schiaffo nella faccia di tutti quanti pensano che la soluzione ai problemi del mondo cattolico odierno sia "portare indietro l'orologio" e tornare ad un papato autoritario (forse non lo è questo, a suo modo?): i problemi sono ben più profondi e afettano sia all'essere stesso del papato che all'evoluzione di certi elementi della pietà cattolica.

    Questo monaco mi pare però di sbagliare quando parla mette l'accento sullo stato di crisi che oggi attraversa la chiesa romana: pure nell'Ortodossia ci sono parecchi problemi, di cui lo scisma ucraino è forse quello più visibile. Nonostante molti elementi della crisi cattolica attuale siano certo cenni di problemi più profondi, credo che una tale critica possa rischiare de restare sulla superficie e, peggio ancora, di solliviantare una discussione del tipo "da noi le cose si fanno meglio che da voi". È proprio questo che mi sembra di vedere sia in molti commenti, sia più precisamente nella risposta di PK. Non riesco a vedere in questa un vero confronto delle obiezioni contenute nella lettera. Comunque nei commenti al suo scritto lo stesso Kwasniewski fa un’affermazione a mio avviso molto significativa.

    Infatti parla di tre "tentazioni" che subirebbero i tradizionalisti cattolici: farsi orientale, sedevacantista oppure "anglicano dell’Ordinariato". C’è il fatto (rivelatore?) che consideri ortodossi ed uniati sullo stesso livello di "straneità", come se, nello stile di dom Guéranger, non considerasse i greco-cattolici veri cattolici allo stesso livello dei "romani" (da parte ortodossa si può certo criticare duramente l’Unia, ma non proprio per questo!). Ma, inoltre, mette i rapporti cattolici-ortodossi di nuovo sul mero piano liturgico-estetico, come se fra i cattolici che s’interessano per il cristianesimo orientale non ce ne fossere molti preoccupati per le divergenze dottrinali.

    Spero di non aver occupato troppo spazio (essendo pure arrivato in ritardo!). Ho scoperto il suo sito poco tempo fa, e sono lieto di poter trovarvi riflessioni veramente interessanti.

    In Cristo.

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  4. Gentile Ἰουστινιανός,

    anzitutto mi fa piacere ritrovarla qui come commentatore sul mio modesto diario elettronico. Mi ricordo dei suoi piacevoli interventi sulle "Pagine di don Camillo" e su "Traditio Liturgica", perché da essi traspariva una sensibilità religiosa molto affine alla mia. Probabilmente ha fatto il mio stesso percorso (di cui questo blog è appunto una sorta di cronaca, diario di un'esperienza religiosa ancora pienamente in divenire), solo qualche anno prima.

    Vedo che apprezza lo stile di questo monaco, e anch'io lo apprezzo perché non c'è ideologismo o propaganda cieca nelle sue considerazioni sul mondo cattolico (cosa che si trova in molti polemisti ortodossi e, al rovescio, in altrettanti cattolici). Condivido appieno anche le sue osservazioni sull'autoritarietà di questo papato, e sull'inefficacia di quanti non si curano delle radici profonde della crisi ma solo di quelle apparenti.

    Sicuramente la presenza di crisi e di modernismo all'interno della Chiesa non è un indice della non-autenticità della stessa, proprio perché -come dice- la crisi c'è parimenti nel mondo ortodosso. Lo scisma ucraino è solo una conseguenza, peraltro molto complessa, di un'assalto modernista all'Ortodossia, che purtroppo ho sotto i miei occhi nella quotidiana vita delle chiese ortodosse della mia città. Però è un argomento da cui partire: conosco molti, oggi anche preti ortodossi, che hanno iniziato il loro cammino riconoscendo la crisi modernista nel cattolicesimo, passando per il tradizionalismo, e infine approdando all'autentica tradizione della Chiesa. Allo stesso modo, molti si avvicinano all'Ortodossia per motivi puramente liturgico-estetici (e lo stesso Kwasniewski, per quanto di una cultura e lucidità ammirabile, se ne interessa solo per questo mi pare); ma se molti di questi restano a tale fase iniziale, da qui più d'uno passa a una considerazione più profonda, dottrinale e spirituale.

    Sicuramente chi ha già fatto questo percorso, e ha quindi giustamente "ripudiato" le convinzioni delle proprie fasi intermedie, non può che notare in esse delle incorrettezze, ma dobbiamo ricordare che non tutti l'hanno fatto e anche a loro potrebbero essere necessarie tali fasi.

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  5. Sulla considerazione dei greco-cattolici come "minus habentes" da parte dei romani, si perpetua una deviazione romanocentrica che a Roma sussiste almeno dal basso medioevo, e si acuisce nel tridentino.

    Chiaramente da parte ortodossa si critica l'uniatismo per altri e ben più seri motivi. Però, nell'Ortodossia possiamo vedere spesso lo stesso atteggiamento (possiamo chiamarlo "bizantinocentrismo"?) nei confronti degli ortodossi di rito occidentale, o addirittura verso gli stessi ortodossi orientali di diversa tradizione (un archimandrita greco ebbe a dirmi che secondo lui i russi "hanno perso la fede" perché la loro liturgia non è identica a quella costantinopolitana).

    E' un atteggiamento di ideologizzazione della religione, umanamente comprensibile (e proprio per questo si verifica egualmente in Cattolicesimo e Ortodossia), ma assolutamente sbagliato, come lei può certamente ben capire.

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  6. Caro Unam Sanctam,
    certo, da qualche tempo mi sono pressoché “ritirato” dal commenti sui blogs religiosi. Anni fa, essendo più giovane e meno consciente dei veri problemi che ci circondano, intravo volentieri in dibattiti spesso sterili. Oggi preferisco di leggere ed imparare da coloro che sanno più di me. Infatto ho scoperto il suo sito pocche settimane fa; rivedento per caso vecchi post di “Chiesa e postconcilio” trovai uno scontro fra Lei ed un tradizionalista cattolico che parlava delle “interminabili funzioni” degli ortodossi. Io stesso ero così ideologico come lui fino a pocchi anni fa.
    Proprio l’ideologismo sembra di essere una vera e propria epidemia negli ambienti eccesiali odierni, sia cattolici che ortodossi. È il resultato della perdita dei riferimenti tradizionali, cui subentrano “idee” religiose confezionate sullo stampo dell’ego (nonostante si ricopra di motivi altisonanti come “salvare la Chiesa” o “lottare contro il modernismo” – un termine purtroppo, ma forse sin dall inizio, inteso in termini proprio assai ideologici). Tutti ne siamo vittime in certa misura, ma il suo prevalere fra quanti si dicono veri difensori della Tradizione mi spaventa.
    Non direi che il riconoscimento della crisi nella chiesa cattolica sia da sé inutile, certamente: io stesso sono partito da lì, e mi sembra che il caso suo sia abbastanza simile. Ma a mio avviso è soltanto utile se viene accompagnato da un desiderio sincero di ricavare le radici profonde di questa crisi. Questo non succede nel caso della maggioranza dei tradizionalisti cattolici (di cui P. Kwasniewski è forse un caso paradigmatico), poiché restano ancorati a posizioni ideologiche risultanti in una sorta di schizofrenia: loro assumono la totalità delle premesse del papato moderno, ipertrofiato e assai “modernistico” in un certo senso, ma quando questo fa uso di questi poteri smisurati nella forma più estrema possibile (p.e. nel CV2), si lamentano. Alcuni di loro finiscono in queste posizioni “intermedie” da Lei accennate, ma pure qui c’è una sorta di disagio. Qualche anno fa, quando cominciavo a tornarmi verso l’Ortodossia, in un sito cattolico tradizionale americano si affermava (come accenna pure PK nei suoi commenti a questa lettera) che il papato di Francesco ha distrutto l’ultramontanismo; io vi risposi di no: se domani Burke o Sarah diventassero papi, questi andrebbero verso Roma per baciarne i piedi e proclamerebbero che “non si può ammettere nessuna disidenzia contro il parere del papa”. Queste conclusione le ho estratte della mia esperienza personale in ambienti tradizionalisti, e da qui viene la mia diffidenza verso una qualsiasi reazione in senso veramente tradizionale. Ciò non significa certo che non ci possano essere casi particolari, ma oggi sono soltanto delle eccezioni.
    Come Lei ben fa notare, questo ideologismo si può riscontrare pure tra gli ortodossi, e quindi l’aversione verso i cultori ad esempio dei riti occidentali. Personalmente credo che questi dovrebbero essere “purgati” di alcuni elementi, certo non di grande portata, ma nel loro complesso rimandano alle stesse radici di quella bizantina e non si possono sostenere opinioni come quella di un certo chierico greco che cercava di trovare eresie nel Canone romano. Fuorviante! Personalmente ho l’esperanza che, se nel futuro si costituisce una chiesa ortodossa spagnola, questa utilizze il rito spagnolo (detto a torto “mozarabico”) accanto a quello bizantino.

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  7. Al contempo si riscontra in circoli cattolici una sorta di “ideologismo inverso”, che nega assolutamente le differenze dottrinali tra cattolici, ortodossi, miafisiti e nestoriani assiri – mi è capitato persino di sentire che la chiesa cattolica non ha mai difeso il Filioque in senso ontologico! – ma, al contempo, difende la prevalenza del papato e la teologia cattolica dalla scolastica in poi. Inanzitutto sembra una sorta di posizione ecumenistica propria dei modernisti, ma l’ho sentita soltanto da persone di simpatie tradizionalistiche. Ho letto che la lettera da Lei tradotta potrebbe essere stata scritta da Gabriel Bunge, monaco benedettino convertito all’Ortodossia. Non so se è vero ma serve ugualmente: per questi “tradizionalisti-ecumenisti” questo monaco non si dovrebbe aver convertito, perché tutto quanto cercava lo aveva già nel suo monastero, e poi interventi come questa lettera sarebbero fondati su un’interpretazione distorta e proprio “ideologica”.
    Ma dove andiamo così?

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    1. Questo ideologismo inverso (che è, in fondo, anche se magari inconsapevole, ecumenismo!) è anch'essa, secondo me, una possibile fase. Un'altra fase (tipica anche di alcuni secoli passati) era riconoscere le problematiche cattoliche, professare in privato la fede ortodossa, eppure rimanere cattolici per convenienza o anche solo per abitudine; la stessa cosa succedeva anche al contrario (Demetrio I Mocenigo e Tommaso Flangini possono iscriversi in queste correnti?).

      Non bisogna demonizzare queste fasi, però è necessario che si superino, ed è proprio per questo che occorrono voci che aiutino a superarle; quella di Gabriel Bunge è una testimonianza molto efficace in questo senso, e purtroppo molto isolata, visto che le vere opere apologetiche e serie difficilmente vengono tradotte in lingue straniere e fatte girare, mentre ciò vien fatto con molte pubblicazioni ecumenistiche (spesso anche filo-Vaticano II), come il Compendio di Teologia Ortodossa di N. Matsoukas.

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    2. Invece, la sfido a trovare un'edizione in lingua straniera (a parte quella in lingua inglese, curata però da una casa editrice ortodossa) de "La Via" dell'arciprete G. Metallinos. Non la troverà, semplicemente perché è schietta e non scende a compromessi di melenso ecumenismo filomoderno...

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  8. La voce di P. Bunge ha ancora più valore, per quanto non risponda ad ideologismi o fanatismi, ma ad una riflessione maturata durante tutta la vita e, accanto ad essa, a un’esperienza veramente spirituale. Testimonianze come quella sua (e pure quella dell’ormai defunto P. Deseille) sono veramente evangeliche.
    Non posso certo condannare queste “tappe”, poiché io stesso le ho vissute. Anche la seconda cui Lei si riferisce, per qualche tempo; non ne sono fiero infatti, ma grazie a Dio è già passata. E sono con Lei convinto che interventi come questo siano oggi più che necessarie. Quando si vedono vescovi e patriarchi tollerare, anzi incoraggiare l’indiferentismo ecumenista, queste voci (proprio monastiche!) sono portatore di speranza.
    Non conoscevo l’opera del Metallinos, quindi La ringrazio. Il fenomeno delle “traduzioni selettive” di opere ortodosse mi era però già noto; in Spagna si publicizzano molto a.e. le opere “terapeutiche” del Larchet (da parte di editorie cattoliche!), ma dei suoi scritti contro il Filioque non si fa mai menzione.

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