giovedì 20 febbraio 2020

Lo smarrimento del senso del Sacro

Alcuni fatti accadutimi piuttosto di recente mi hanno portato a riflettere ancora sul problema del Sacro nel mondo contemporaneo, un concetto che pare completamente obliato dalla mente dei più, imbevuti di sterile razionalismo e immanentismo; tale mancanza tuttavia, oltre a costituire un dramma per la stessa esistenza umana, che senza il sacro diventa confinata alla triste ed effimera dimensione terrena, rende le genti d'oggi profondamente lontane dai loro avi, prescindendo in modo piuttosto grave la comprensione della loro mentalità, e dunque delle loro azioni, e in ultima istanza della nostra storia e delle nostre radici.

Qualche mese fa assistei a un seminario riguardante la vexata quaestio dell'ateismo tucidideo, una "leggenda" nata tra i suoi contemporanei, a partire da alcuni passi delle Storie in cui egli pare distaccarsi dalla religiosità popolare (appunto dalla religiosità popolare, non dalla religione, pur parlando ovviamente di quella naturale pagana), e sfociata in una tradizione che vede per suo maestro Anassagora, il filosofo condannato a morte per empietà nell'Atene periclea. Il biografo tardo Marcellino, autore di una Vita Thucididis datata probabilmente al V secolo d.C., scrive infatti: Ἤκουσε δὲ διδασκάλων Ἀναξαγόρου μὲν ἐν φιλοσόφοις, ὅθεν, φησὶν Ἄντυλλος, καὶ ἄθεος ἠρέμα ἐνομίσθη [1]. La storiografia, nei secoli, ha accolto in modo molto vario questa opinione, rivalutando più volte la figura dello storico ateniese; tra gli studi più recenti, quelli di S. Hornblower tornavano a considerare valida la tesi dell'ateismo tucidideo, sottolineando che sempre, ove si presentasse qualche elemento religioso in Tucidide, ciò avvenisse per ironia sulla concezione molto religiosa ("caligine ingombrante del numinoso", la definì sprezzantemente) di Erodoto, dal cui modello storiografico Tucidide si allontana notevolmente. La relatrice, la dott.ssa Paola Schirripa, autrice peraltro di un saggio sugli spazi del sacro in Tucidide, Il tempio, il rituale, il giuramento: spazi del Sacro in Tucidide, edito da Carocci nel 2015, ha abilmente smontato questa teoria, dimostrando che nelle Storie si delinea in modo chiaro, e condiviso dall'autore almeno a livello valoriale se non in foro interno, un piano del Sacro, con i suoi tempi, i suoi luoghi i suoi riti.

Se ho personalmente molto apprezzato la preparazione della relatrice, nonché l'interesse e l'efficacia delle sue argomentazioni per quanto concerne la materia storiografica, un fatto mi ha colpito molto negativamente. Tanto la conferenziera quanto i presenti che sono dipoi intervenuti in sede di dibattito, hanno dimostrato, nei loro interventi, di parlare del Sacro, dei suoi ritmi, dei suoi spazi, quasi come qualcosa di alieno, appartenente a un'altra civiltà, o almeno a un'altra epoca, e non come un'esperienza comune e necessaria per tutta l'umanità lungo tutta la Storia, come invece effettivamente è. Durante il seminario, non rammento in quale intervento, ho registrato queste parole: "La religione antica è un'esperienza continua del Sacro". Quanto questo è vero anche per la religione Cristiana! Ed eppure quanto è dimenticato. Questa frase, molto precisa, che utilizza un termine fondamentale nella comprensione di una religione di tipo soprannaturale, cioè esperienza, si applica perfettamente al Cristianesimo. Le operazioni dello Spirito, della Divina Trinità, che noi esperiamo mediante la Grazia, sono la chiave della vita cristiana; l'ideale della vita cristiana è la deificazione dell'uomo, il diventare cioè un alter Christus nella Grazia, che riceviamo attraverso il Sacro. Per una mente non tristemente chiusa nel razionalismo, sarà palese provare sensazioni diverse trovandosi in una biblioteca o in una chiesa, a una liturgia o a una conferenza, anche qualora fosse cieco e sordo, e cioè non vi fossero elementi esterni che lo inducessero a considerare lo spazio in cui si trova, ma solamente le affezioni spirituali. Come si osservava durante il seminario, "il Sacro ha i suoi tempi, che sono diversi da quelli degli uomini": e si pensi quindi alle lunghe liturgie dei Cristiani, che durano anche diverse ore, e astraggono l'uomo da questo mondo di fretta per cui non c'è da sprecare un minuto, non solo dal tempo ma anche nello spazio, trovandosi egli nello spazio della chiesa, che con la sua struttura tradizionalmente non-naturale [2] vuole raffigurare il Regno dei Cieli e distaccare il fedele dal mondo.

Tutto ciò, tuttavia, non pare preso in considerazione, e la sacralità sembra qualcosa relegata all'antico (o al più, ammetteva qualcuno se non erro, presente nella "superstizione" popolare ottocentesca). Tra i presenti e intervenuti, per mia conoscenza, vi era più di qualcuno almeno nominalmente cattolico: eppure dai suoi interventi pareva essere così distante da qualsiasi concezione del Sacro! Verrebbe da chiedersi cosa questi credono che sia la religione Cristiana: forse una filosofia, un ragionamento puramente umano intorno a un'entità superiore? Questi sono i devastanti effetti del modernismo: lo si vedé in Germania, ove particolarmente il luteranesimo guglielmino, che - a differenza del protestantesimo classico, basato sull'esasperazione della dottrina agostiniana, che professavano i luterani del Cinque-Seicento - si fonda essenzialmente sull'idealismo (razionalista) hegeliano, ha condotto la popolazione alla più totale indifferenza verso qualsiasi concezione sacrale, anche quelle poche rimaste intatta alla furia di Lutero. Lo si vede oggi nel mondo cattolico, dove l'"aggiornamento" della Chiesa nel XX secolo, coronamento di un sentire razionale che da parecchi secoli era covato entro le sue mura, e la cui esplosione fu enormemente favorita dalla secolarizzazione importata dopo la Seconda Guerra Mondiale dalla colonizzazione globale, ha portato una popolazione intera a dimenticare completamente il significato e il valore di un Sacro che riconosce a parole negli antichi, ma in cui è incapace di ritrovarsi.

Una simile sensazione ebbi di una docente di Storia che conobbi, la quale era ben conscia del fatto che l'Impero Bizantino -cui aveva dedicato molti anni dei suoi studi- aveva come suo primo fondamento l'Ortodossia, e che a Costantinopoli la teologia faceva la storia; eppure, pur ammettendo che questo le piacesse come tema di studio, si vedeva ch'ella accettava questo fatto ma non lo capiva. Perché non era capace di viverlo, di concepirlo, pur essendo una cattolica praticante. E, non riuscendo a viverlo e a concepirlo, in fondo probabilmente non ha mai ricompreso dentro di sé, la Storia Bizantina, di cui è stata una, pur geniale e dottissima, fredda osservatrice esterna [3].

L'ultimo fatto che cito riguarda un articolo del Fatto Quotidiano [4] sulla processione recentemente tenutasi in Sicilia per implorare Sant'Antonio di far cessare la siccità che attanaglia l'isola. Del fatto che i "gretini" sembrano ostinatamente non comprendere qualsiasi aspetto religioso avevo scritto qui. Conoscendo l'autrice, poi, veganista convinta oltreché gretina militante, mi aspettavo il classico articolo ateista contro le manifestazioni religiose pubbliche. Invece no: nell'articolo addirittura l'autrice simpatizzava con la processione, salvo negarle ogni valore. Le pareva così retrogrado il fatto che qualcuno pensasse che la religione possa avere qualche influenza sul cosmo. Ora, non che io mi aspettassi molto di più dal Fatto Quotidiano, un giornale i cui vaticanisti ogni giorno spingono per le più eterodosse innovazioni in seno alla Chiesa Romana, e tuttavia quell'articolo, così imbevuto di positivismo razionalista, mi ha fatto molto pensare. I costumi e le usanze dei nostri padri, dagli antichi ecisti ai nostri bisnonni, non li comprendiamo più: leggiamo tutto con una mentalità positivista, sentendoci superiori al passato e alla sua mentalità, che dall'alto del nostro razionalismo sprezziamo fortemente. Ogni tanto qualcuno ha l'intuizione di guardare indietro, ai grandi esempi di un tempo, ma il suo sguardo è vano, perché non riesce a comprenderli. Senza renderci conto che in questo modo ci stiamo privando non solo del fondamento della vita terrena, ma soprattutto della vita ultraterrena, unico e sommo scopo della nostra esistenza.

{La I persona plurale è chiaramente generica, non si riferisce sperabilmente agli autori né ai lettori del blog}

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NOTE

[1] "Tra i suoi maestri ebbe il filosofo Anassagora, laonde, dice Antillo, lentamente fu ritenuto ateo". Marcellino, Vita Thuc. 22.

[2] Nella struttura tradizionale della chiesa, la luce, la decorazione musiva, pittorica o statuaria, l'assenza di panche o sedie e di qualsiasi elemento strettamente legato alla vita di tutti i giorni, contribuiscono a creare questa atmosfera di distacco dal mondo e di ingresso nel Regno Celeste. Le modifiche che via via, nei secoli, hanno interessato la struttura dell'edificio (decorazione che diventa puramente "artistica", introduzione di fiori o peggio vasi con terra, di panche e sedie, e in ultimo la rivoluzione degli spazi simbolici come l'altare, la separazione tra aula e santuario, etc.) ne hanno gradatamente offuscato la funzione.

[3] E non mi metto qui a disquisire di ciò che ho potuto constatare nella preparazione religiosa della popolazione durante quel corso, ove un giovane ventenne, formato al catechismo parrocchiale da fanciullo, scoprì di aver inconsciamente sempre professato la fede ariana, tanta essendo l'ignoranza diffusa...

[4] https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/02/18/ce-siccita-in-sicilia-invocano-santantonio-ma-la-scienza-non-crede-nei-miracoli/5709175/

1 commento:

  1. Nulla da eccepire, riguardo a suo commento. Non dovrebbe meravigliare che viviamo in una societas volutamente post e anti cristiana. Le strutture ecclesiastiche che dovrebbero conservare in se stesse i significati più profondi del Cristianesimo si ritrovano a fare da volano e accelleratore a questa decristianizzazione perché totalmente prostrate al secolarismo e avverse alla propria tradizione. Il nostro è realmente un mondo assurdo!

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