giovedì 20 maggio 2021

8 maggio - In conversione Gothorum

L'8 maggio la Chiesa latina, come pure quella orientale, commemora le gloriose apparizioni dell'Arcangelo Michele sul Monte Gargano, uno dei centri di pellegrinaggio più antichi e venerabili di tutta la Cristianità. E' meno noto tuttavia che nello stesso giorno nelle Spagne ricorre un'altra festa, quella in onore della Santissima Trinità ob conversionem Gothorum, per la conversione al Cristianesimo ortodosso dei Visigoti, avvenuta al Concilio di Toledo nel 589 sotto il re Recaredo I e raccontata dal vescovo Leandro di Toledo nella Homilia de triumpho Ecclesiae ob conversionem Gothorum.

Muñoz Degrain, Conversione di re Recaredo, 1888, Palazzo del Senato di Madrd

Il Cristianesimo nelle Spagne ebbe il momento di maggior splendore proprio durante il periodo della dominazione visigotica, integrandosi profondamente nel sistema di governo, tanto da formare probabilmente uno degli esempi più antichi di Chiesa nazionale: assieme al diritto romano e alla cultura ispano-romana, il Cristianesimo niceno fu uno dei caratteri identificativi del regno visigotico, che aveva così abbandonato l'eresia ariana (ricevuta nel IV secolo dal vescovo Ulfila, discepolo di Ario) insieme alle ultime vestigia di barbarie. Tale chiesa nazionale era dotata dei propri libri liturgici (il rito gotico, impropriamente detto mozarabico), delle proprie consuetudini, e finanche del proprio stile grafico nella produzione libraria, la littera visigothica. E' significativo che tutti questi caratteri fortemente connotanti sopravvissero alla rapida invasione Omayyade agl'inizi dell'VIII secolo, e continuarono a manifestarsi pur sotto la dominazione degl'infedeli (tralasciamo eventuali influssi giudaico-islamici su alcune prassi celebrative mozarabe, che sono tutt'ora discussi dagli studiosi e sarebbero comunque un fenomeno ordinario di contaminazione); vedranno tuttavia la loro fine nell'XI secolo, e precisamente nel 1081, con il Sinodo di Burgos, presieduto da re Alfonso VI di Castiglia e Léon su pressioni di Papa Gregorio VII e dei cluniacensi: in tale sinodo vennero proibiti i riti mozarabi, decretando l'adozione dei libri liturgici romani, e contestualmente fu pure vietato l'uso della littera visigothica. Queste dispotiche disposizioni romanocentriche non ebbero immediato effetto su tutta la penisola; nondimeno, pare che entro il XIII secolo, e sicuramente in ogni caso entro il completamento della Reconquista, la romanizzazione della Spagna, la quale è indubbiamente all'origine delle forme di cattolicesimo spagnolo caratteristiche dell'età moderna e contemporanea fino alla secolarizzazione, può dirsi compiuta.


A sinistra, il frontespizio del breviario mozarabico edito da Cisneros agl'inizi del XVI secolo e ristampato a Madrid nel 1775: si noti che è intitolato Breviarium Gothicum; a destra, un esempio
di littera visigothica maiuscola e minuscola: il Liber canticorum et horarum (Biblioteca storica dell'Università di Salamanca, ms. 2668) dell'XI secolo, con il cantico di Mosè (Deut. 32)

L'ufficio che si canta in tale occasione è quello consueto di ringraziamento alla Santissima Trinità, con le sue antifone e i suoi salmi; la ragione è ovviamente il fatto che professando la fede ortodossa i Visigoti hanno accolto il dogma trinitario e riconosciuto l'Unica Divinità nelle Tre Persone rigettando l'antritrinitarismo ariano così come quello priscilliano che infestava le Spagne nei primi secoli. Le letture del Mattutino sono da Isaia 6 (visione del re Ozia) nel I Notturno, un racconto agiografico della conversione nel II Notturno, nel III Notturno il Vangelo (Matteo 28, Cristo comanda agli Apostoli di convertire e battezzare le genti) e la sovraccitata omelia di Leandro di Toledo. Particolarmente interessante è l'inno in strofe saffiche che, diviso in tre parti, si canta a Vespro (fino a Floridus annus più la dossologia), Mattutino (da Patris elusa a Pectore mores più la dossologia) e Lodi (le restanti); è un canto di letizia, che annuncia il fiorire dell'ortodossia e il dissiparsi delle tenebre dell'eresia, e glorifica la Spagna e i Visigoti che a Cristo hanno così aderito. La seconda parte dell'inno racconta la convocazione del Concilio nella reggia toletana, cui accorrono i principi visigoti da tutte le Spagne, e la confessione trinitaria professata in esso; oltre a Leandro e Recaredo, già qui menzionati, è citata pure la figura del principe martire sant'Ermenegildo (+585), protomartire visigoto, che con la sua testimonianza di sangue contribuì a volgere alla vera fede il popolo delle Spagne.

Il Concilio di Toledo in una miniatura del Chronicon Albeldense (881)

Carmen, antiqui memor usque doni,
Pangat Hispanus Triadi supernæ,
Cœlitum plaudat recinens ab alto
æthere cœtus.

Natio late domininans Gothorum,
Labe doctrinæ maculata, demum
Novit errorem, recipitque toto
Pectore Christum.

En dies clari redeunt novumque
Lumen, hispana regione cedit
Hæresis frendens, nigra luctuosæ
Noctis imago.

Sic, noto nubes removente, solis
Fulgurat vultus, zephyro tepenti
Hic hiems terris fugit et renidet
Floridus annus.

Patris elusa feritate, vectus
Jam triumphali super astra curru,
Lucis æternæ capiebat auras
Hermenegildus.

Non tamen caræ patriæ nec ille
Fratris oblitus, roseum cruorem
Exhibet Christo, fideique semen
Crescere poscit.

Annuens votis Deus excitavit
Præditum magnis meritis Leandrum,
Tota gens cujus sapiente dextra
Ducta regatur.

Ut poli sedes, meliusque regnum
Martyrem Regem docuit subire
Sic parem cura, studioque fratrem
Format alumnum.

Lætus huic æquam Recaredus aurem
Præbuit, tanto docilis magistro,
Mente doctrinam bibit aureosque
Pectore mores.

Ut Gothus labem sceleris vetusti
Eluat, Christi repetens ovile,
Ampla Toleti recipit vocatos
Regia patres.

Affluunt omni proceres ab ora,
Qui Pyræneos tenere saltus,
Quosque ab extremis mare fabulosum
Discidit Afris.

Præsides cleri populique rite
Hæresim damnant, præeunte rege,
Tresque Personas profitentur, unum
Numen adorant.

Hanc fidem ductu retinent Leandri,
Quam nec irripens labefactet error,
Ulla neu longo revoluta cursu
Polluat ætas.

Mente concordi celebrentur una,
ut pares ambo, Pater atque Verbum,
Quodque non impar cœlitus spirat
Flamen amoris. Amen.

Facendo memoria dell’antico dono, un carme
canti l’Ispanico alla Trinità superna,
e dal cielo esulti cantando dai cori
celesti il consesso [dei santi].

La Nazione dei Goti, che su molte terre domina,
macchiata da errore di dottrina, alfine
ha riconosciuto il suo errore, e ha accolto Cristo
con tutto il cuore.

Ecco, tornano i giorni luminosi, e nuova
luce; si ritira dall’ispanica regione,
frantumando l’eresia, la tetra immagine
della notte luttuosa.

Così, spazzate dal vento le nubi, risplende
il volto del sole, e con il tiepido zefiro
da queste terre fugge l’inverno, e rifiorisce
florida la primavera.

Abbandonata la barbarie del padre, trasportato
già sovra gli astri con un carro trionfale,
riceveva i raggi della luce eterna
Ermenegildo.

Tuttavia, non dimentico della cara patria
né del fratello, egli mostrò a Cristo
il suo rosso sangue, e domandò che crescesse
il seme della fede.

Accogliendo i voti, Iddio suscitò
Leandro, dotato di grandi meriti,
dalla cui saggia destra tutto il popolo
venisse rettamente guidato.

Come insegnò al Re Martire a mirare
alle dimore celesti e a un regno migliore,
così con cura e attenzione allevò
il fratello gemello.

A questi Recaredo prestò volentieri
l’orecchio benigno, a tanto docile maestro,
e bevve con la mente la dottrina, e col cuore
gli aurei costumi.

Perché il Goto abbandonasse la macchia
dell’antico delitto, tornando all’ovile di Cristo,
l’ampia reggia di Toledo accolse
i padri convocati.

Accorrono tutti i maggiorenti dalla costa,
quelli che governano i valichi dei Pirenei,
e quelli che il mare narrato dalle favole
divide dall’Africa.

I capi del clero e del popolo, secondo il rituale,
condannano l’eresia, guidati dal sovrano,
e confessano le Tre Persone, adorano
l’Unica Divinità.

Sotto la guida di Leandro, questa fede
mantengono, che l’errore ritornando non macchierà, né alcun secolo, trascorso lungo tempo, inquinerà.

Con mente concorde siano celebrati insieme,
come pari entrambi, il Padre e il Verbo,
e Colui che egualmente pari spira dal cielo,
lo Spirito d’amore. Amen.

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