giovedì 19 luglio 2018

S. Girolamo Emiliani, S. Margarita megalomartire e S. Elia profeta

XX JULII
xiii kalendas augusti

Sancti Hierónymi Æmiliáni Confessóris, Congregatiónis Somáschæ Institutóris, cæléstis ómnium orphanórum ac derelíctæ juventútis Patróni; qui sexto Idus Februárii obdormívit in Dómino.

San Girolamo Emiliani confessore, fondatore della Congregazione dei Somaschi, celeste protettore di tutti gli orfani e della gioventù abbandonata; il quale s'addormentò nel Signore l'8 febbraio.


Religio munda et immaculata * apud Deum Patrem hæc est: visitare pupillum et viduam in tribulatione eorum, et immaculatum se custodire ab hoc sæculo.
(Antifona al Benedictus alle Laudi di S. Girolamo Emiliani, secondo il Breviario proprio del Patriarcato di Venezia)

Girolamo, nato a Venezia dalla nobile famiglia Emiliani, datosi alla milizia fin dalla prima adolescenza, fu, in tempi difficilissimi per la repubblica, preposto alla difesa di Castelnuovo presso Quero, sui monti di Treviso. I nemici impadronitisi della fortezza, lo gettarono in una orribilissima prigione, legato mani e piedi; dove, privo d'ogni umano soccorso, egli si rivolse alla beatissima Vergine, che esaudì le sue preghiere, gli apparve, ne spezzò le catene, e per mezzo ai suoi nemici, che occupavano tutte le strade, lo condusse incolume in vista di Treviso. Entrato in città, a testimonianza del benefìcio ricevuto, sospese all'altare della Madre di Dio, cui si era votato, le manette, i ceppi, le catene che aveva portato con sé. Tornato a Venezia, cominciò a darsi interamente alle opere di pietà, spendendosi meravigliosamente a pro dei poveri , ma soprattutto compassionevole verso i fanciulli, che, privi di genitori, erravano per la città miserabili e sordidi, raccogliendoli in case, da lui affittate, nutrendoli a sue spese, e formandoli ai cristiani costumi.
In quei giorni avevano approdato a Venezia il beato Gaetano e Pietro Caraffa, che fu poi Paolo IV, i quali approvato lo spirito di Girolamo e il suo nuovo istituto destinato a raccogliere gli orfani, lo condussero nell'ospedale degli Incurabili, dove, educando gli orfanelli, avrebbe insieme servito con pari carità ai malati. Ben tosto, dietro loro consiglio, partì per il vicino continente, ed eresse degli orfanotrofi, prima a Brescia, poi a Bergamo e a Como: soprattutto a Bergamo, dove oltre due orfanotrofi, uno per i ragazzi e l'altro per le ragazze, aprì, novità sconosciuta in quelle regioni, un asilo per le donne di mala vita convertitesi a penitenza. Fermatosi finalmente a Somasca, umile villaggio nel territorio di Bergamo, ai confini delle possessioni Venete, vi fondò una residenza per sé e per i suoi, e vi organizzò la sua congregazione, che poi da questo luogo prese il nome di Somasca; e che poi sviluppatasi e propagatasi, alla educazione degli orfani e al servizio delle chiese aggiunse, per maggiore utilità della società cristiana, la formazione dei giovani nelle lettere e nei buoni costumi in collegi, accademie e seminari, e san Pio V l'annoverò fra gli ordini religiosi, e altri Pontefici le accordarono dei privilegi.
Non pensando che a raccogliere orfani, egli partì per Milano e Pavia; e coll'aiuto di nobili personaggi, provvide di abitazione, vitto, vestito e maestri moltitudini di fanciulli radunati in ambedue questi luoghi. Ritornato a Somasca, fattosi tutto a tutti, non rifuggiva da nessuna fatica che prevedesse tornare a bene del prossimo. Mescolandosi cogli agricoltori nella campagna, li aiutava a raccogliere le biade, e spiegava loro i misteri della fede, puliva la testa dei fanciulli affetti da tigna ributtante, e li curava con pazienza; medicava le putride piaghe dei contadini così bene, che parve avesse ricevuto la grazia delle guarigioni. Scoperta sulla montagna che domina Somasca una grotta, vi si ritirò; e là flagellandosi, restando digiuno giorni interi, passando in orazione la maggior parte della notte, e non prendendo un po' di sonno che sulla nuda roccia , espiava i suoi falli e quelli degli altri. Nel fondo di questa grotta goccia dalla nuda roccia un'acqua ottenuta, secondo una costante tradizione, per le preghiere del servo di Dio; la quale scaturisce anche ai nostri giorni, e, portata in diversi paesi, ridona spesso la salute ai malati. In fine, in una peste che infieriva per tutta la vallata, mentre serviva i malati e portava i morti sulle proprie spalle alla sepoltura, attaccatoglisi il male, fece una preziosa morte, che egli aveva predetta poco prima, in età d'anni cinquantasei, nel 1537. Illustrato da numerosi miracoli in vita e dopo morte, Benedetto XIV l'iscrisse solennemente nell' albo dei Beati, e Clemente XIII in quello dei Santi.
(Dal Breviario Romano)


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Antiochíæ pássio sanctæ Margarítæ, Vírginis et Mártyris.

Ad Antiochia la passione di santa Margherita, Vergine e Martire.


Erat autem Margarita annorum quindecim, dum ab impio Olybrio trahebatur in carcere.
(Antifona di S. Margarita al Vespero, secondo il Breviario proprio del Patriarcato di Venezia)

Nasce ad Antiochia di Siria nella seconda metà del III secolo da genitori pagani. Viene educata alla fede cristiana dalla sua balia, una cristiana convinta. Il governatore Olibrio cerca di distoglierla dal cristianesimo e vuole sposarla. Ella si rifiuta e così viene uccisa intorno al 305. È patrona dei contadini, delle partorienti, delle balie ed è invocata contro l'infertilità. Al governatore che la chiede in sposa, Margherita risponde di aver dedicato la sua vita a Gesù, suo sposo celeste. «Puoi pretendere che io rinunzi al cielo e scelga invece la polvere della terra?», gli dice. Olibrio, umiliato, dà ordine di bruciarle il corpo con fiaccole accese e di fustigarla. La leggenda vuole che alla prigioniera appaia un drago per sbranarla, che però scompare appena ella si fa il segno della croce. Anche le gravi ferite scompaiono miracolosamente. La notizia di questo miracolo si diffonde subito tra il popolo suscitando scalpore, tanto che alcuni si fanno battezzare. L'ira del governatore non conosce allora più limiti e ordina che la giovane venga decapitata sulla pubblica piazza.

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In monte Carmélo, sancti Elíæ Prophétæ.



'Ο τὸν Θεσβίτην Ἠλίαν, πυρίνῳ ἅρματι, ἀπὸ τῆς γῆς οἰκτίρμον, μεταθέμενος Λόγε, ταῖς τούτου ἱκεσίαις, σῶσον ἡμᾶς τοὺς πιστῶς σε δοξάζοντας, καὶ τὴν αὐτοῦ ἐκτελοῦντας χαρμονικῶς, θείαν μνήμην καὶ σεβάσμιον.
(I stichira del Vespero di S. Elia, secondo il rito bizantino)

Il verbo del Signore si rivolse a Elia profeta ed egli disse a Acab: Per la vita del Signore, Dio delle schiere, Dio d’Israele, davanti al quale io oggi sto: non ci sarà né rugiada, né pioggia in questi anni, se non per mio comando. E il verbo del Signore si rivolse a Elia: Vattene di qui verso oriente e nasconditi presso il torrente Chorrath, che è di fronte al Giordano. Berrai l’acqua del torrente e io comanderò ai corvi di portarti da mangiare lì. Elia partì e andò a sedersi presso il torrente Chorrath, che è di fronte al Giordano, e i corvi gli portavano pane al mattino e carne la sera, e beveva l’acqua dal torrente. Ma dopo un certo numero di giorni il torrente seccò, perché non pioveva sulla terra. E il verbo del Signore si rivolse a Elia: Alzati e va’ a Sarepta di Sidone e risiedi là. Ecco, io comanderò a una vedova di darti da mangiare. Elia si alzò, partì per Sarepta e giunse alla porta della città. Ed ecco c’era là una vedova che raccoglieva legna; Elia le gridò dietro: Prendimi un po’ d’acqua in un vaso perché io beva. Essa andò a prenderla ed Elia le gridò dietro: Prendimi anche con le tue mani un pezzo di pane. Ma la donna rispose: Per la vita del Signore tuo Dio, non ho neppure una focaccia, ma solo una manciata di farina nella giara e un po’ d’olio nell’orcio ed ecco, raccolgo due pezzi di legna, vado a prepararla per me e per i miei figli: mangeremo e poi moriremo. Elia le disse: Coraggio, entra e fa’ come hai detto, ma prima fai per me con quello che hai una focaccia e portamela; per te e per i tuoi figli la farai dopo, perché cosi dice il Signore Dio d’Israele: La farina nella giara non verrà meno e l’olio nell’orcio non diminuirà, fino al giorno in cui il Signore Dio manderà la pioggia sulla faccia di tutta la terra. La donna andò e fece secondo la parola di Elia: e mangiarono lui, lei e i figli di lei. Da quel giorno la farina nella giara non venne meno e l’olio nell’orcio non diminuì, secondo la parola del Signore, detta per mezzo di Elia. Accadde poi dopo questi fatti che il figlio della donna, la padrona della casa, si ammalò e la sua malattia era molto grave, tanto che non rimase più in lui respiro. E la donna disse ad Elia: Che c’è tra me e te, uomo di Dio? Sei venuto da me per far ricordare i miei peccati e far morire mio figlio? Elia le disse: Dammi tuo figlio. Lo prese dal grembo di lei, lo portò nella stanza al piano superiore dove stava lui e lo depose sul proprio letto. Elia gridò: Ahimè, Signore, testimone della vedova presso la quale abito! Le hai fatto del male facendo morire suo figlio. Poi alitò tre volte sul ragazzo, invocò il Signore e disse: Signore mio Dio, ritorni l’anima di questo ragazzo in lui. Così avvenne e il ragazzo emise un grido: il Signore aveva ascoltato la voce di Elia, l’anima del ragazzo era tornata dentro di lui ed egli era tornato in vita. Elia prese il ragazzo e lo condusse giù dal piano superiore, in casa e lo diede a sua madre, dicendo: Guarda, tuo figlio vive. E la donna rispose ad Elia: Ecco, ora so che sei un uomo di Dio e che verace è la parola del Signore nella tua bocca.
(III libro dei Re, cap. 

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