La Grande Quaresima, nel rito bizantino, è un tempo liturgicamente molto ricco e coinvolgente, per la gran quantità di uffici peculiari, spiritualmente probanti. Uno di questi e senza dubbio quello della Grande Compieta (Ἀπόδειπνον τὸ μέγα), un lungo ufficio solenne che sostituisce la Piccola Compieta che si canta durante il resto dell'anno (di cui abbiamo parlato qui).
Quando si celebra
I Tipici antichi prescrivevano il canto di questo ufficio in tutti i giorni in cui si era digiunato, quindi non solo in Quaresima e i primi due giorni della Settimana Santa, ma anche nelle vigilie delle grandi feste, in Avvento e durante i digiuni degli Apostoli e della Dormizione. Nei tipici moderni è invece un servizio prettamente quaresimale, senonché viene cantato anche la vigilia di Natale e dell'Epifania. In Romania e in Russia è però ancora costume cantare la Grande Compieta almeno il primo giorno degli altri digiuni, nonché il martedì e il giovedì della settimana dei Latticini (Sessagesima). I Russi celebrano la Grande Compieta durante tutti i giorni infrasettimanali di Quaresima, eccettuati quindi sabati e domeniche che non sono di digiuno; i Greci invece il venerdì sera la tralasciano, per il canto solenne dell'ufficio dell'Inno Akathistos (vedasi qui).
Origini storiche e prassi liturgica
Negl'insegnamenti monastici, la Grande Compieta è presentata come "più antica" della Piccola. In realtà questo pare implausibile, benché non vi siano in effetti fonti certe sulla nascita di questo ufficio. Se la Piccola Compieta è tradizionalmente attribuita a S. Basilio (IV secolo), con l'aggiunta posteriore delle due preghiere finali a Cristo e alla Vergine, di provenienza mediorientale, e sicuramente posteriori al VII secolo (in quanto la seconda è attribuita ad Antioco Sabaita, morto nel 630), la forma attuale della Grande Compieta è sicuramente più tarda, perché include al suo interno la totalità delle preci della Piccola Compieta, comprese queste ultime preghiere citate.
Ragionevolmente, poiché, come si vedrà, la Grande Compieta altro non è che la collazione istantanea di tre diversi uffici, l'ultimo dei quali coincide esattamente con la Piccola Compieta, si pensa che essa possa essere frutto dell'unione medievale delle quattro veglie notturne di cui parla già S. Benedetto nella sua regola (e da cui origina poi il Mattutino latino). Una delle quattro veglie era costituita dal Mesonittico, che non viene qui unito perché già abitualmente celebrato come ufficio a sé, generalmente legato all'ufficio dell'alba, l'Orthros (Mattutino), mentre la terza, cioè la Compieta, è qui accostata alle prime due, dando origine a questo lunghissimo ufficio penitenziale. L'ipotesi che questo ufficio origini dalla fusione di veglie notturne è data anche dal fatto che la struttura su cui è costruito rassomigli talora a quella di un Mattutino (come si vedrà): e in effetti le veglie benedettine si è detto essere confluite nel Mattutino.
La presenza contemporanea di un "Mattutino" (chiamato Compieta) composto di veglie notturne e un Mattutino albare cantato al mattino è probabilmente frutto della confluenza del tipico cattedrale e di quello monastico, con un netto predominio di quest'ultimo in molti punti [1], avvenuta dopo la sconfitta degl'iconomachi (IX sec.) con l'affermarsi del partito monastico come custode della purezza rituale e dottrinale ortodossa. Per la sua stessa composizione la Grande Compieta è difatti un ufficio prettamente monastico, che dev'essere inevitabilmente adattato per celebrarsi in cattedrali e parrocchie.
Ancorché officiato senza incensazioni e con la sola stola da parte del celebrante, l'ufficio ha evidenti tratti di solennità rispetto alla Piccola Compieta: in primis, prevede delle parti cantate con melodia ornata, e dunque presuppone un coro, e non semplicemente un lettore per salmodiare come la Piccola; nei monasteri, inoltre, è celebrata nel tempio principale del Katholikòn, come le Liturgie e i Vespri, e non nel nartece come gli altri piccoli uffici, tra cui la Compieta del resto dell'anno.
Dal lunedì al giovedì della prima settimana di Quaresima, durante la Compieta si inseriscono alcuni tropari del lungo canone penitenziale di S. Andrea (vedi qui), diviso appunto in quattro parti, e che sarà poi cantato integralmente (fuori dalla Compieta) tra il mercoledì e il giovedì della quinta settimana.
Struttura del rito
Dopo la benedizione del celebrante e le preghiere iniziali, il lettore dice i tre Δεῦτε προσκυνήσωμεν (Venite adoriamo), ai quali tutti fanno una grande prostrazione con la faccia a terra. Quindi, legge i salmi 4, 6 e 12; quindi, detto un Gloria, un triplice Alleluja (contrariamente all'uso latino, l'Alleluja dai Greci non è omesso in Quaresima, ma anzi è moltiplicato: per la tradizione bizantina non è infatti un canto di gioia, ma di adorazione) accompagnato da prostrazioni, e un triplice Kyrie eleison, i salmi 24, 30 e 90 [2], al termine dei quali ripete le predette preghiere. Si noti che questa è la struttura tipica dell'Esapsalmo, cioè dei sei salmi che aprono l'ufficio del Mattutino, uno dei più complessi e solenni della tradizione bizantina: ciò fa capire la particolare importanza data alla celebrazione della Grande Compieta, visto che ne imita nelle forme gli uffici maggiori.
Terminati i salmi, i due cori cantano alternatim in tono secondo plagale il poema tratto dall'ottavo capitolo di Isaia, Μεθ'ἡμῶν ὁ Θεὸς (Dio è con noi), ripetendo queste parole come ritornello tra i vari versetti. Il poema annuncia la venuta del Salvatore del Dio forte principe di pace, e la sconfitta dei nemici di Dio. Questa è la parte centrale della Grande Compieta della vigilia di Natale, per ovvi motivi.
Seguono tre tropari intervallati dal Gloria, che rappresentano un gioco linguistico affatto interessante: si tratta in sostanza della stessa invocazione (prendiamo ad esempio la prima: Passato il giorno, ti ringrazio o Signore: chiedo che la sera, insieme alla notte, sia priva di peccato: esaudiscimi, Salvatore e salvami), ripetuta ogni volta cambiando poche parole, spesso sinonime [3]. I cori quindi cantano insieme, sempre in tono plagale secondo, un altro poema, di composizione ecclesiastica, di lode alla Santissima Trinità portata da tutta la Creazione, Ἡ ἀσώματος φύσις (La natura incorporea). Segue il Credo, che dev'essere detto "χθαμαλῇ τῇ φωνῇ", secondo le rubriche, cioè a voce bassa. Quindi nuovamente i cori, stavolta alternatim, cantano delle richieste di intercessione a varie categorie di santi, chiedendo di intercedere (πρέσβευε[τε]) per noi peccatori. L'invocazione alla Madre di Dio è ripetuta tre volte, mentre due volte sono ripetute le altre (alle potenze celesti, al Battista, agli Apostoli e ai profeti e ai martiri, ai confessori e ai teofori e ai pastori); quindi due volte è ripetuta una richiesta alla "invincibile, invitta e divina potenza della venerabile e vivificante Croce", di non abbandonare (μὴ ἐγκαταλείπῃς) noi peccatori, e infine tre volte è chiesto a Dio d'essere propizio (ἱλάσθητι) a noi peccatori, e infine una volta di avere misericordia (ἐλέησον). Secondo una tradizione popolare, ancorché non riportata dai tipici, a ciascuna di queste invocazioni si effettua una prostrazione, per un totale di 16.
Si ripetono a questo punto le preghiere iniziali, e dopo il Padre nostro si cantano dei tropari per intervallare gli stichi del Gloria: il lunedì e il mercoledì sera sono tre brevi, mentre il martedì e il giovedì sera sono quattro molto lunghi, che richiamano la liberazione dai nemici spirituali, il giudizio finale, il pentimento con l'immagine della Maddalena, e la fiducia nella protezione della Madre di Dio. Questa distinzione è dovuta al fatto che il martedì e il giovedì sera, liturgicamente, sono il mercoledì e il venerdì, cioè i due giorni più marcatamente penitenziali.
Il lettore dice dunque 40 volte Kyrie eleison, un Gloria, il tropario della Deipara Τὴν τιμιωτέραν (Tu più onorevole), quindi chiede la benedizione al celebrante, che la dà con la formula Δι'εὐχῶν τῶν ἁγίων πατέρων ἡμῶν (Per le preghiere dei santi nostri padri). Questa è una formula con cui tipicamente si danno le benedizioni solo alla fine degli uffici: ciò avvalora la tesi già esposta della collazione di diverse veglie. Alla benedizione finale segue, come a tutte le ore bizantine, una preghiera conclusiva detta da un lettore, e attribuita a San Basilio.
Subito, con altri tre Δεῦτε προσκυνήσωμεν e altrettante prostrazioni fino a terra, il lettore introduce la seconda parte dell'ufficio, e subito prosegue con i salmi 50 e 101. Questi salmi, come già il 6, sono qui letti a motivo del loro carattere penitenziali, già facendo parte del canone dei sette salmi penitenziali raccolto da Cassiodoro nel VI secolo. Quindi, immediatamente legge la Preghiera di Manasse Re di Giuda (di cui abbiamo già parlato qui). Si noti che non è rubricata come preghiera (εὐχή), che come tale sarebbe uso - come detto - leggerla dopo la benedizione, bensì come orazione (προσευχή), ed in quanto facente parte del Libro delle Odi biblico [4] trova all'interno dell'ufficio e non alla fine il suo posto naturale. Seguono nuovamente le preghiere iniziali, e dopo il Padre nostro i tropari di pentimento, che nelle vigilie sono sostituiti dal kontakion della festa, 40 Kyrie eleison, un Gloria, il tropario Τὴν τιμιωτέραν e nuovamente la benedizione come sopra. La preghiera conclusiva è una breve supplica trinitaria attribuita al martire cappadoco (o armeno secondo altre fonti) S. Mardario (III secolo).
Nuovamente si dicono tre Δεῦτε προσκυνήσωμεν con grandi prostrazioni, e inizia così la terza sezione che de facto è la Compieta vera e propria (piccola): il lettore salmeggia i salmi 69 e 142, e la Dossologia (Gloria in excelsis) secondo il formulario feriale. Rispetto alla piccola Compieta si omettono il salmo 50 e il Credo, poiché già detti in precedenza.
A questo punto, laddove usualmente s'inseriscono le Salutazioni alla Madre d Dio, nei primi quattro giorni di Quaresima, secondo la prassi greca si canta la porzione assegnata del Canone di Sant'Andrea, come detto sopra; negli altri giorni si dice il canone del giorno o della Madre di Dio, questi ultimi solitamente omessi fuori dai monasteri. Nell'uso russo, invece, il Canone di Sant'Andrea è recitato all'inizio dell'ufficio: dopo le preghiere iniziali, il lettore dice il salmo 69 e subito dopo si canta il Canone; quindi tutto il resto della Grande Compieta, omettendo il salmo 69 in quest'ultima sezione.
Alla fine del Canone, si dice il Trisagio e il Padre nostro, quindi è inserita un'altra parte direttamente tratta dal Mattutino, per le ragioni già menzionate: il salmo laudativo 150 antifonato con il tropario Κύριε τῶν δυνάμεων (Signore delle potenze). Ancorché nelle rubriche sia indicato come "tropario con i suoi stichi" (τροπάριον μετὰ τῶν στίχων αὐτοῦ), di fatto è una versione accorciata (solo l'ultimo salmo della triade 148-149-150) delle Laudi con cui si conclude il Mattutino [5]. Segue un Gloria intervallato da tropari d'intercessione e l'affidamento alla Madre di Dio cantato dai due cori con un tropario a testa; quindi, esattamente come alla Piccola Compieta, il lettore canta 40 volte Kyrie eleison, dice la preghiera Ὁ ἐν παντὶ καιρῷ (Tu che in ogni tempo) con la quale si conclude ogni ora liturgica minore, altri tre Kyrie eleison, il tropario Τὴν τιμιωτέραν, e chiede la benedizione. Il celebrante dà la benedizione "intermedia" Ὁ Θεὸς οἰκτειρήσαι ἡμᾶς (Iddio abbia pietà di noi), e a questo punto si recita la preghiera quaresimale di S. Efrem il Siro (di cui abbiamo parlato qui) con le sue prostrazioni. Seguono nuovamente le preghiere iniziali, le preghiere a Cristo e alla Vergine di S. Paolo e S. Antioco monaci, normalmente poste in questo punto alla Piccola Compieta, con i loro tropari susseguenti.
Detto un Gloria e un triplice Kyrie eleison, prima della litania, il celebrante benedice (Εἰρήνη πᾶσι: pace a tutti) e invita i fedeli a inchinare i capi; durante l'inclinazione, legge un'orazione sul popolo, che di fatto è un ampliamento eucologico del consueto congedo di tutti gli uffici Χριστὸς ὁ αληθινὸς Θεὸς ἡμῶν (Cristo vero Dio nostro), che infatti alla Grande Compieta sarà omesso, proprio perché già pregato, seppure in forma leggermente diversa, in questo punto. Segue la litania consueta Εὐξώμεθα ὑπὲρ εἰρήνης τοῦ κόσμου (Preghiamo per la pace del mondo) con i Kyrie eleison. Al termine, il secondo coro canta un tropario alla Beata Vergine (il lunedì e il mercoledì), oppure a Cristo Crocifisso (il martedì e il giovedì). Tutto è concluso con un Δι'εὐχῶν τῶν ἁγίων πατέρων ἡμῶν.
Nel tipico, subito dopo è riportata una Εὐχὴ λεγομένη ἐν τοῖς κελλίοις, cioè appunto una preghiera che i monaci dicono tornando alle loro celle, nella quale invocano il perdono su quanti li odiano, la ricompensa dei benefattori, la salvezza dei fratelli, la cura dei malati, la guida dei naviganti e dei pellegrini, l'ausilio ai re e la misericordia su quanti si sono affidati alle loro preghiere, supplicando dipoi Iddio per i fratelli e i padri defunti, per la liberazione dei fratelli prigionieri, per la ricompensa e la salvezza eterna di chi compie servizio nelle chiese, e infine per la guida dell'anima e della mente del monaco stesso attraverso le tribolazioni, con l'aiuto della Madre di Dio. Amin.
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NOTE
[1] Questa confluenza porterà alla scomparsa di moltissimi elementi del rito cattedrale (il rito della Grande Chiesa, di Santa Sofia) e alla redazione di un tipico quasi completamente monastico, ricco di ripetizioni e lunghe preghiere (per esempio i canoni del Mattutino); è interessante notare come col tempo la prassi parrocchiale (talora registrata addirittura nelle moderne edizioni del tipico) comporti la riduzione o eliminazione di alcune parti, risultandone una sorta di rito cattedrale "ricostruito".
[2] Si noti che tre di questi sei salmi sono presenti nell'ufficio latino della Compieta (4, 30 e 90): il quarto salmo della Compieta latina, il 133, secondo l'uso orientale è detto invece al Mesonittico, ma del resto nella scansione della giornata liturgica non vi intercorre troppo tempo. Degli altri salmi, curiosamente, ben due (6 e 12), che secondo la tradizione romana si cantano a Mattutino, sono stati portati a Compieta dopo la riforma del Breviario di Pio X. E' probabile che tuttavia il salmo 6 fosse qui presente in quanto salmo penitenziale, e non in quanto notturnale (vide infra).
[3] "Passato" è reso ora con διελθών, ora παρελθών e ora διαβάς; "ringrazio" (εὐχαριστῶ) diventa ora "glorifico" (δοξολογῶ) e ora "lodo" [lett. inneggio] (ὑμνολογῶ); "senza peccato", con leggere sfumature di significato, è reso ἀναμάρτητον, ἀσκανδάλιστον e ἀνεπίβουλον.
[4] Libro incluso nel canone biblico della Chiesa Ortodossa e posto in appendice alla Vulgata sisto-clementina latina: contiene undici cantici tratti da vari libri dell'Antico Testamento, molti dei quali cantati ai mattutini e latini e bizantini; appunto la preghiera di Manasse (non riportata nell'Antico Testamento, ma solo menzionata nel II Libro dei Paralipomeni), il cantico di Simeone (Lc 2) e il Gloria in excelsis.
[5] Peraltro, nelle parrocchie più piccole, anche durante le Laudi del Mattutino è cantato normalmente solo quest'ultimo salmo, o comunque solo quest'ultimo è antifonato con gli apostichi del giorno, mentre gli altri sono detti in salmodia diretta.
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