domenica 31 marzo 2019

Note sulla Domenica "Laetare"

La IV domenica di Quaresima

Brani liberamente tratti e adattati da: Dom Prosper Gueranger, "L'anno liturgico" e Card. Ildefonso M. Schuster, "Liber Sacramentorum III"

Questa Domenica chiamata Laetare, dalla prima parola dell'Introito della Messa, è una delle più celebri dell'anno. In questo giorno la Chiesa sospende le tristezze della Quaresima; i canti della Messa non parlano che di gioia e di consolazione; si fa risentire l'organo, rimasto muto nelle tre Domeniche precedenti; il diacono riveste la dalmatica e il suddiacono la tunicella; è consentito sostituire i paramenti violacei coi paramenti rosa. Gli stessi riti li abbiamo visti praticare durante l'Avvento, nella terza Domenica chiamata Gaudete. Manifestando oggi la Chiesa la sua allegrezza nella Liturgia, vuole felicitarsi dello zelo dei suoi figli; avendo essi già percorso la metà della santa quaresima, vuole stimolare il loro ardore a proseguire fino alla fine.


La Stazione è, a Roma, nella Basilica di S. Croce in Gerusalemme, una delle sette principali chiese della città eterna.


Ad imitazione delle Chiese bizantine che la III domenica di quaresima celebrano una festa in onore del santo Legno della Croce, la liturgia romana dedica questa domenica, denominata già in vigesima, a celebrare le glorie del Vessillo trionfale della redenzione. Una parte considerevole del Legno della Santa Croce si custodisce sin dai tempi di sant'Elena nella basilica in aedibus sessoriis: di qui il motivo dell'odierna stazione. Questo venerando tempio coi suoi santuari ante Crucem e post Crucem vuole essere in Roma una libera riproduzione del Martyrion Gerosolimitano. Con questo proposito, ella vi fece trasportare una grande quantità di terra prelevata sul Monte Calvario, e depositò in questo tempio, insieme ad altri cimeli della Passione, l'iscrizione sovrapposta sulla testa del Salvatore mentre spirava sulla Croce; tale scritta ivi ancora si venera sotto il nome del Titolo della Croce. Il suo titolo primitivo era Basilica Heleniana, ovvero comunemente Sancta Hierusalem, donde le frequenti allusioni a Gerusalemme nella messa d'oggi. Il nome di Gerusalemme legato a questa Basilica ravviva tutte le speranze del cristiano. perché gli ricorda la patria celeste, la vera Gerusalemme dalla quale siamo ancora esiliati.

Nel Medio Evo, almeno a partire dal Pontificato di Papa Leone IX (+1054, ancorché il Moroni la faccia risalire a tempi ancora più antichi), fino al trasferimento dei Papi ad Avignone, il Sommo Pontefice andava alla stazione a Santa Croce in Gerusalemme tenendo in mano una rosa d'oro, di cui poi spiegava al popolo il mistico significato. Nel ritorno, ne faceva un presente al prefetto di Roma, donde è nato l'uso ancor oggi vigente, che la rosa d'oro benedetta dal Pontefice venga inviata in dono a qualche principe cattolico. È difficile di rintracciare l'origine di questa solennità, che circonda a Roma d'un carattere speciale la IV domenica di quaresima. Può essere che derivi dalla festa bizantina di mezza-quaresima, ma non è da rigettarsi affatto l'ipotesi che nell'odierna solennità, sotto il nome di Dominica in vigesima riconosca l'antico caput jejunii romano, tre settimane prima di Pasqua.

Rosa d'oro offerta da Papa Pio VII
all'imperatrice Carolina Augusta
d'Austria
La benedizione della Rosa è dunque ancora oggi uno dei particolari riti della quarta Domenica di Quaresima, per la quale ragione viene anche chiamata la Domenica della Rosa. I graziosi pensieri che ispira questo fiore sono in armonia coi sentimenti che oggi la Chiesa vuole infondere nei suoi figli, ai quali la gioiosa Pasqua presto aprirà una primavera spirituale, in confronto della quale la primavera della natura non è che una pallida idea. Anche questa istituzione risale ai secoli più lontani. La fondò san Leone IX, nel 1049, nell'abbazia di S. Croce di Woffenheim; e ci resta un sermone sulla Rosa d'oro, che Innocenzo III pronunciò quel giorno nella Basilica di S. Croce in Gerusalemme (PL 217, 393). Nel Medio Evo, quando il Papa risiedeva ancora al Laterano, dopo aver benedetta la Rosa, seguiva in corteo tutto il sacro Collegio, verso .a chiesa della Stazione, portando in testa la mitra e in mano questo fiore simbolico. Giunto nella Basilica, pronunciava un discorso sui misteri rappresentati dalla Rosa per la sua bellezza, il suo colore e il suo profumo. Quindi si celebrava la Messa; terminata la quale, i1 Pontefice ritornava al palazzo Lateranense, attraversando la pianura che separa le due Basiliche, sempre con la Rosa in mano. Arrivato alla soglia del palazzo, se nel corteo era presente un principe, toccava lui reggere la staffa ed aiutare il pontefice a smontare dal cavallo; in ricompensa della sua cortesia riceveva la Rosa, oggetto di tanto onore.

Ai nostri giorni la funzione non è più così imponente; ma ne ha conservati tutti i principali riti. Il Papa benedice la Rosa d'oro nella Sala dei Paramenti, la unge col sacro Crisma e sopra vi spande una polvere profumata, conforme il rito d'un tempo; e quando arriva il momento della Messa solenne, entra nella Cappella del palazzo, tenendo il fiore fra le mani. Durante il santo Sacrificio la rosa viene posta sull'altare e fissata sopra un rosaio d'oro fatto a questo scopo; finalmente, terminata la Messa, la si porta al Pontefice, il quale all'uscire dalla Cappella la tiene sempre fra le mani fino alla Sala dei Paramenti. Molto spesso il Papa suole inviare la Rosa a qualche principe o principessa che intende onorare; altre volte è una città oppure una Chiesa che vien fatta oggetto di una tale distinzione. A chi la riceve in dono vien riconosciuto di portare il buon odore di Cristo con la vita e le opere al servizio della Chiesa. Anche il dono a una chiesa riconduce allo stesso significato: portare Cristo al mondo

Il rito papale della IV domenica di Quaresima

Tratto da: Francesco Cancellieri, "Descrizione delle Cappelle Pontificie e Cardinalizie di tutto l’anno", capo VII

La veste rosa secca dei Cardinali
Questa mattina canta Messa un Cardinal Prete. L’Altare è ornato con otto Statue d’argento, se la Cappella si fa alla Sistina, e con tredici, se si fa alla Paolina al Quirinale. Tutto il S. Collegio viene in Sottana, Mozzetta, e Mantelletta di color Rosa secca, come nella terza Domenica dell’Avvento, colle Cappe violacee.
Il Papa ancora viene in Piviale di color rosaceo, consimile al colore del Trono, ed anche il Celebrante co’ sacri Ministri. Il Diacono porta la Dalmatica, e il Suddiacono la Tonicella, e non già le Pianete piegate. Poichè tutta la Messa di questo giorno eccita all’allegrezza, interponendosi dalla Chiesa questo giubilo spirituale, per ristorare i Fedeli dall’afflizione del digiuno.
Il Papa unge col Balsamo del Perù, e col muschio, e benedice la Rosa d’oro nella stanza de’Paramenti, prima di venire in Cappella. Il Vaso col suo coperchio, in cui si contiene il Balsamo, è di argento. L’altro che serve pel muschio, è di avorio con piede, e coperchio simile, guarnito d’argento dorato, con un dente, o lingua serpentina impietrita nella Coppa.
Un picciolo Cucchiarino d’oro con uno Zaffiro in breccia incastrato nel mezzo serve per pigliare il Muschio, ed un altro di argento dorato per prendere il balsamo.
Varj sono stati i disegni, che si sono usati in diversi tempi, de’ vasi, o de’ piedi per questa Rosa. Presentemente ha un piede triangolare col suo balaustro, sopra di cui sorge un ramo spinoso con varie Rose, ed una in cima più grande, in cui v’ha una picciola Crate, o sia Lamina forata, dove il Papa nella benedizione pone il balsamo, e il Muschio. Tanto il piede, nelle cui tre facciate v’è lo stemma del Papa, quanto il Ramo, e le Rose, sono tutte d’oro.
Dopo che la Rosa è stata benedetta vien portata in Cappella da un Chierico di Camera in Cotta, e Rocchetto, che la consegna a mons. Sagrista, il quale la colloca sopra l’Altare sotto la Croce, d’onde la rileva, per farla riportare dal medesimo Chierico di Camera, dopo la Messa, nella stanza de’ Paramenti, in una picciola Mensa fra due Candelieri. Poi si ripone, e si conserva per regalarsi a qualche Personaggio, come ha fatto il Regnante Pontefice all’Arciduchessa di Austria Maria Cristina, ed alla di lei Sorella Arciduchessa Amalia.
L’Introito si canta in contrapunto. Sermoneggia il P. Procurator Generale de’ Carmelitani. Il mottetto Cantemus Domino dopo l’Offertorio, è di Matteo Simonelli, con seconda parte. Il Deo gratias si canta.
Rosa d'oro offerta da Papa
Giovanni XXII a Rodolfo
III di Nidau (1330)
Questa Domenica viene frequentemente chiamata Domenica Laetare, dall’Introito preso dalle parole d’Isaia (LXVI. 10). Dicesi ancora Dominica panum dall’Evangelio, in cui si narra la prodigiosa moltiplicazione de’ pani nel Deserto. Ma più communemente si appella Dominica Rosae, Rosarum, o de Rosa, dalla Rosa d’oro, che per antichissimo uso il Papa suol benedire in questo giorno.
Il P. Calmet (In Probatione Historica Lotharingiae Tom. I, col. 427) è stato il primo a scuoprire la vera origine del Rito, che ha dato questo nome alla presente Domenica. S. Leone IX ereditò fra’ suoi beni patrimoniali il Monastero di S. Croce in Alsazia, e vendicollo in libertà, assoggettandolo immediatamente alla S. Sede. E per eternare la memoria di questa esenzione, gl’impose il tributo annuo di una Rosa d’oro di due oncie, da portarsi in mano da lui, e da’ suoi successori nella quarta Domenica di Quaresima, celebrando nella Basilica di S. Croce di Gerusalemme. E così sotto il nome di Tributo, o Censo pagato da un Monastero posto in libertà, venivasi a simboleggiare la misteriosa allegrezza del Popolo d’Israello, liberato dalla schiavitù Babilonica, a cui si allude nel lieto uffizio di questo giorno.
Nel breve corso di un mezzo Secolo, queto semplice Tributo di un Monastero esente divenne regalo degno de’ Principi. Poichè si legge presso Dachery (T.X. Spicilegii p. 396), e Luca Olstenio (Colleg. Rom. P. 11. P. 222), che questo Fiore fu regalato nel 1096 da Urbano II, dopo la celebrazione del Concilio di Tours, a Fulcone Conte d’Angers, il quale grato di quest’onore fissò, che dovesse esser portato da sè, e da’ suoi successori nel giorno delle Palme.

Nel 1230 s’introdusse il costume di aggiungere a questa Rosa le qualità esterne del suo Fiore, tingendo l’oro di rosso, e spargendola di muschio; e di spiegarsi il mistero del colore, e dell’odore della Rosa naturale, dallo stesso Pontefice con un Sermone, per l’istruzione del Popolo, come ci attestano il Canonico Benedetto (In Ord. XI. num. 36), il Diploma di Alessandro III, che la regalò a Ludovico VII Re di Francia (T.X. Concil. p. 1360. E in T. IV. Hist. Francor. a pg. 768) e il Durando (Rational. lib. cap. 53 num. 10). Ma sopra tutto ce ne convince il Sermone d’Innocenzo III su questo argomento.
Sappiamo poi da Cencio Camerario (Ord. XII. num. 17), che nello stesso Secolo XII s’ incominciò ad aggiungere al muschio anche il balsamo. Sembra, che si cessasse di colorir l’oro, quando s’introdusse l’uso di collocare un Rubino in mezzo alla Rosa, per renderla più preziosa, senza alterarne le qualità, come poi si è sempre praticato, anche quando si è ridotta la semplice Rosa ad un Ramo di Rose vago, e fiorito, come or lo vediamo. Questa variazione dev’esser seguita prima di Sisto IV, che un anno in vece della Rosa, benedisse una Quercia d’oro, rappresentante il suo Stemma, che mandò in dono alla Cattedrale di Savona sua Patria. Pio II sermoneggiò sopra la Rosa, secondo l’antico costume, che però, come apparisce da Pietro Amelio (Ord. XV. num. 48), era già divenuto arbitrario, e poi andò affatto in disuso.
Ma benchè si variassero le circostanze, che accompagnavano le qualità della Rosa, si conservò l’uso di mandarla in dono a qualche Principe, ovvero di regalarla a qualche nobile Personaggio, che si trovasse in quel dì presente alla Sacra Funzione. Questi per lo più era il Prefetto di Roma (Felix Contelorius de Praefecto Urbis. Romae 1631. 4. Gaet. Cenn del Prefetto di Roma a tempo de’Re, e della Repubblica, a tempo degli Augusti, e Re d’Italia, e sotto i Rom. Pontefici. nel T. I. delle sue Dissert. Postume p. 269), vestito di scarlatto, o di porpora, colle calze di color oro, che accompagnava a piedi il Papa, che cavalcando portava la Rosa in mano fino al Palazzo Lateranense, dove smontava, e ivi baciandogli i piedi, ricevea il dono della Rosa.

Convien però avvertire, che non tutti ebbero questa Rosa benedetta, come molti han creduto, quasi che sia tanto antica la Rosa d’oro, quanto la sua benedizione. Questa certamente non può attribuirsi nè a Urbano V, nè ad Innocenzo IV, a cui sia assegna dall’Autore della sua vita, a cui si assegna dall’Autore della sua vita, seguito dal Martene (De Rit. Ant. Diss. XIX num. XVII); ma è posteriore a Niccolò V, giacchè niuna menzione di questa benedizione si fa negli Ordini da noi citati, e la prima volta che si nomina, è nel Cerimoniale di Cristofaro Marcello. Paolo III tolse l’uso, introdotto da Paride de Grassi sotto Giulio II, Leone X, e Clemente VII, di ungerla col Crisma; e il Rito prescritto dal suddetto Cerimoniale di ungerla col balsamo, di sovrapporvi il muschio, di benedirla, ed’ incensarla, è perseverato fino a’ nostri tempi.

Testo della benedizione della rosa

V. Adjutórium nóstrum in nómine Dómini.
R. Qui fecit cælum et terram.
V. Dóminus vobíscum.
R. Et cum spíritu tuo.

Orémus.
Deus qui es lætítia et gáudium omnium fidélium, majestátem tuam supplíciter exorámus ut hanc Rosam odore visuque gratíssimam, quam hodiérna die in signum spiritúalis lætítiæ in mánibus gestámus, bene + dícere et sancti + ficáre tua pietáte dignéris, ut plebs tibi dicáta ex jugo Babilónicæ captivitátis edúcta, per Unigéniti Filii tui grátiam cæléstis Jerúsalem gáudium sincéris córdibus repræséntet. Et quia ad honórem nóminis tui Ecclésia tua hoc signo hodie exúltat et gáudet, tu ei, Dómine, verum et perféctum gáudium et grátiam tuam largiáris, ut per fructum boni óperis in odórem illíus floris tránseat qui de radíce Jesse prodúctus, flos campi, lílium convállium mystice prædicátur. Qui tecum vivit et regnat in unitate Spíritus Sancti Deus per omnia saécula saeculórum. R. Amen.

Postea imponit incensum in thuribulo. Deinde Rosam ungit balsamo imponitque ei muscum: aspergit aqua benedicta et adolet incenso.

Paolo VI compie i riti di benedizione della rosa d'oro (1967)

Destinatarj della Rosa d'oro

La ricevettero tra gli altri Enrico VIII re d'Inghilterra, il conte Amedeo VI di Savoia nel 1364, per aver combattuto i turchi e riconquistato Gallipoli, Federico il Savio elettore di Sassonia, Ludovico III Gonzaga marchese di Mantova per aver ospitato nel 1459 il concilio di Mantova.
Gli ultimi latori della Rosa d'Oro,
Principi Luigi Massimo Lancellotti
e Giuseppe Dalla Torre del Tempio
di Sanguinetto
In origine era destinata a re o regine, ma dopo il 1759 esclusivamente alle regine. Le ultime a riceverlo furono: Isabella del Brasile reggente dell'Impero brasiliano (1888) per l'abolizione della schiavitù in Brasile, Vittoria Eugenia di Battenberg regina di Spagna (1923), Elisabetta di Wittelsbach (1925) ed Elena di Savoia (1937). Nel 1956 fu concessa alla granduchessa Carlotta del Lussemburgo.
Inoltre, la rosa d'oro può essere recata anche a un santuario. La basilica di San Marco a Venezia la ottenne da Papa Gregorio XVI nel 1833. 
Nell'antica corte pontificia esisteva l'incarico di latore della rosa d'oro, affidato ad un cameriere laico, generalmente un principe romano, che s'incaricava di consegnare materialmente una rosa d'oro alle personalità, o ai santuari, a cui era indirizzata dal papa. La carica di latore della Rosa d’Oro venne istituita come carica di corte stabile da papa Leone XIII nel 1893 con personaggi spesso provenienti dal mondo della diplomazia pontificia. Tale carica venne ricoperta dal conte Soderini fino al 1910 quando Pio X decise di abolirla in quanto giudicata non stabile. La carica venne in seguito ripristinata da Pio XII nel 1941 quando essa venne attribuita a due principi romani, Luigi Massimo Lancellotti ed Enrico Barberini  (quest’ultimo morto nel 1958 e sostituito dal conte Giuseppe Dalla Torre del Tempio di Sanguinetto).

In questa pagina di wikipedia è elencata gran parte dei sovrani cui fu fatto dono della Rosa d'Oro nei secoli.

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