Oggi, a Venezia, ricorre l'Ottava del Santo Evangelista, Titolare della Ducale Basilica (oggi Patriarcale, Primaziale e Metropolitana), Patrono Principale della Città e del Patriarcato di Venezia, nonché "totius regionis olim subjectae reipublicae ejus" (così continuano a titolare gli Ordines veneziani al 25 aprile, fino agli anni '50). Pubblichiamo di seguito il terzo sermone che S. Pier Damiani tenne proprio a Venezia in onore del Santo Evangelista, magnificando la Chiesa Veneta che ne custodisce le spoglie, il quale sermone è letto al secondo notturno del Mattutino odierno.
Ça va sans dir, nel 1955 le ottave dei santi patroni sono state soppresse.
Gentile Bellini, S. Marco predica ad Alessandria, 1507
Evangelium Marci, Evangélium dícitur
Petri: quoniam hoc fidélis intérpres simplíciter et immutabíliter scripsit,
quod ex ore Magístri veráciter enarrántis audívit. Porro autem, cum Claviculárius
iste cæli per tot terrárum regna discípulos destináverit, eísque per divérsas
mundi províncias ecclesiárum régimen commíserit; quid est quod nulla eárum,
præter solam dumtáxat Alexandríam, vel Petri sedes, vel apostólica ecclésia
est appelláta? Antiochía plane, et ipsa sedes Petri dícitur, nimírum quod
illic ipse per se tenuísse cáthedram perhibétur. Alexandríæ vero per se
Petrus ipse non prǽfuit, sed eam per beátum Marcum, quem vidélicet hábuit et
in doctrína discípulum et in baptísmate fílium, próprii nóminis título
decorávit. Atque, quod mirabílius est, sicut Romána sedes excédit Alexandrínam
singuláris excelléntiæ cúlmine, sic et Alexandrína superéminet Antiochíæ
quadam privilégii dignitáte, ut supérior illa sit sedes, cui própriam cáthedram
Petrus ipse præsédit. Cur ergo Spíritus Sanctus beatórum pontíficum méntibus,
ut hoc statúerent, inspirávit, nisi quod Petrum et Marcum, mente et ánimo, fide
et voluntáte, non duos quodámmodo, sed unum pótius esse cognóvit? Tanta scílicet
idem Spíritus eos ínvicem caritáte constrínxerat, tanta mentis unanimitáte confláverat,
ut et cor unum et mens esset una duórum. Unde factum est, ut, quæ sedes fuit
Marci, fíeret indifferénter et Petri.
§ Marcus, cæléstis tonítrui
vehémens tuba, terribíliter íntonat, et, velut unus ex paradísi flumínibus raptim
prófluens, univérsam mundi latitúdinem exuberántibus sancti Evangélii
fluéntis inúndat. Felix quidem Alexandría, quam hic Christi bellátor invíctus
triumphális martýrii sui sánguine purpurávit; sed præcípue tu felix es et
nímium beáta, Venétia, quam ad hoc, ut pretiósum córporis sui thesáurum tibi
commendáret, elégit. Plúrima quidem divitiárum cópia ex divérsis in te mundi
pártibus cónfluit, sed hæc gemma cæléstis, quæ in médio tui pósita est, in
excélsum te glória conspícuæ dignitátis attóllit. Incomparábilis enim iste
thesáurus ómnia vibrántium metallórum supergréditur génera, cuncta gemmárum
coruscántium súperat ornaménta. Sicut enim beátus Job de Sapiéntia dicit: Non
adæquábitur ei aurum vel vitrum; non commutabúntur pro ea vasa excélsa et
eminéntia; non adæquábitur ei aurum de Æthiópia, nec tinctúræ mundíssimæ
componétur: et, ut ita lóquar, hæc est insígnis quædam spécies aromática, quæ
sua virtúte mellíflua cinnamómum excéllit ac bálsamum, et ómnium súperat
fragrántia pigmentórum.
§ Porro, si tantæ per eum
dignitátis est Alexandría, quam glorióso martýrii sui cruóre perfúdit, ut
sedes apostólica nuncupétur; quantæ putámus est excelléntiæ felix illa província,
in qua nunc pretiósa córporis ejus gleba recónditur? Numquid non ejúsdem
grátiæ et dignitátis esse credénda est, et si non vulgáto nómine, sed ipsa
re, et arcána sacra mystérii veritáte? Illas dénique partes ingréssus est,
dum adhuc jam in corruptíbili carne mortális exísteret; istas autem elégit,
cum jam in ætérnum victúrus in regni cæléstis aula regnáret. Illos invísit,
ut eos de ténebris infidelitátis ad id, quod ipse jam mente concéperat, veræ
fídei lumen edúceret; ad istos autem transférri vóluit, ut illos ad eum, cum
quo nunc est, ductórem lúminis revocáret. Gaude ígitur, et exsúltans in
Dóminum, plaude, Venétia: quia per illud pretiósi thesáuri taléntum, quod in
te constat esse recónditum, facta es supérni Regis ærárium; et, dum in tuo
grémio virum apostólicæ grátiæ suscepísti, et ipsa quodámmodo sedes apostólica
fíeri meruísti. Quam ob rem, sicut mater úrbium Roma super ómnia regna
terrárum sublimátur in Petro, sic et tu, velut ejus insígnis fília, per
Marcum gloriáris in Christo. Quem scílicet humíliter implorámus, ut, sicut
beátum Petrum de mari vocávit et navi, deínde, ne lapsus in pélago obruerétur,
erigéndo contínuit; sic remígium tuum inter discrímina marína custódiat, et
te cum fíliis tuis ad portum quiétis ætérnæ subdúcat, qui vivit et regnat cum
Deo Patre in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per omnia sǽcula sæculórum. Amen.
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Il Vangelo di Marco è definito
il Vangelo di Pietro: poiché egli, quale fedele interprete, scrisse
semplicemente e immutabilmente ciò che ascoltò narrare con verità dalla bocca
del Maestro. Inoltre, avendo il Custode delle chiavi del cielo destinato i
suoi discepoli per tutti i re-gni della terra, e avendo loro affidato la
guida delle chiese nelle varie provincie del mondo, perché nessuna di queste,
eccetto la sola Alessandria, è chiamata sede di Pietro, o chiesa apostolica?
Antiochia certamente è pur essa detta sede di Pietro, soprattutto perché si
attesta ch’egli stesso abbia personalmente tenuto quella cattedra. Ma ad
Alessandria Pietro non fu personalmente a capo, ma per mezzo del beato Marco,
che ebbe infatti per discepolo nella dottrina e per figlio nel battesimo, la
illustrò con il decoro del proprio nome. E, cosa ancor più straordinaria,
come la sede Romana supera quella Alessandrina per la perfezione di tal singolare
eccezionalità, così anche quella di Alessandria supera quella di Antiochia
per una certa dignità di privilegio, talché è superiore di quella sede in cui
Pietro stesso governò la propria cattedra. Perché dunque lo Spirito Santo
ispirò le menti dei santi vescovi a stabilire ciò, se non perché riconobbero
essere Pietro e Marco, per animo e mente, per fede e volontà, non già due,
bensì piuttosto uno? Con tanto grande amore fraterno li aveva infatti stretti
in uno la carità, con tanta concordia di pensiero li aveva infiammati, che di
due una sola mente e un sol cuore vi fossero. Laonde avvenne che la sede che
fu di Marco, parimenti fosse anche di Pietro.
§ Marco, forte tromba del tuono
celeste, risuona terribilmente, e come uno dei fiumi del paradiso che scorre
rapido, inonda tutto il mondo con i flutti traboccanti del santo Vangelo.
Felice dunque Alessandria, che questo soldato invitto di Cristo arrossò col
sangue del suo trionfale martirio; ma soprattutto sei tu felice e davvero beata,
o Venezia, che egli scelse allo scopo di custodire il prezioso tesoro del suo
corpo. Grandissima abbondanza di ricchezze infatti da diverse parti del mondo
in te s’adunò, ma questa gemma celeste, che è posta in mezzo a te, ti eleva
negli eccelsi per l’onore di tanto grande dignità. Questo incomparabile tesoro
infatti supera ogni tipo di metallo vibrante, ogni ornamento di gemme
lucenti. Come infatti dice il beato Giobbe riguardo la sapienza: Pari a lei
non stimerai oro né vetro; non si scambieranno per essa vasi eccelsi e
preziosi; non sarà stimata uguale a lei qualsiasi bell’aroma, poiché con la
sua virtù sovrasta la cannella e supera le fragranze di tutti i fiori.
§ Inoltre, se per mezzo di lui
di tanto onore gode Alessandria, che inondò con il glorioso sangue del suo
martirio, da essere chiamata sede apostolica; di quanta eccellenza stimiamo
felice quella terra in cui ora le preziose spoglie del suo corpo stanno nascoste?
Forse non è da credersi che goda della medesima grazia e dignità, e, se non per la fama tramandata, almeno per il
fatto stesso, e per l’arcana e santa verità del mistero? Egli giunse in quei
territori mentre ancora viveva nella sua carne mortale; questi poi scelse,
quando già regnava vittorioso in eterno nel regno dei cieli. Quelli visitò,
per condurli dalle tenebre della miscredenza al lume della vera fede, ch’egli
già aveva accolto nella sua mente; a questi poi volle essere portato, per
richiamare a sé, guida verso la luce, questi coi quali ora si trova.
Rallegrati dunque, ed esultante nel signore festeggia, o Venezia: poiché per
quel talento del tesoro prezioso che in te risulta esser nascosto, sei
divenuta cassaforte del Re del cielo; e accogliendo nel tuo grembo un uomo di
grazia apostolica, tu stessa in un certo qual modo meritasti di essere sede
apostolica. Pertanto, come la madre di tutte le città, Roma, è insignita in
grazia di Pietro in tutti i regni della terra, così pure tu, come sua insigne
figlia, per mezzo di Marco hai gloria in Cristo. E noi con umiltà lo supplichiamo,
acciocché, come chiamò il beato Pietro dal mare e dalla nave, e poi, perché
non affogasse caduto in mare, proseguì sollevandolo; così custodisca il tuo
remo tra le calamità del mare, e conduca te
i tuoi figli al porto della pace eterna, colui che vive e regna con
Dio Padre nell’unità dello Spirito Santo, Iddio, per tutti i secoli dei
secoli. Amen.
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Vale la pena di notare anche con quali parole e motivazione è illustrato il primato di Roma sulle altre sedi apostoliche, e quali paragoni compie il santo tra la città di Roma, quella di Alessandria e quella di Venezia, per avere un'idea molto chiara dell'idea che poteva averne un uomo dell'XI secolo.
RispondiEliminaBellissima l' omelia di san Pier Damiani, scalda il cuore sentire tali espressioni rivolte alla nostra capitale. Interessante come il fatto di custodire le reliquie di San Marco conferisca alla nostra Venezia una dignità equiparabile alle antiche sedi apostoliche di Alessandria e Antiochia. Il Santo dottore non sembra ritenere di menzionare Aquileia la quale pure nella sua tradizione (storica o leggendaria non saprei) vantava una origine in qualche modo apostolica: ricordo un pittura nella cripta della basilica aquileiese dove Sant' Ermagora viene designato vescovo da San Pietro per tramite di San Marco. Dunque gli stessi protagonisti. Grazie ancora di permetterci di imparare molte cose preziose sulla nostra tradizione.
RispondiEliminaGiordano dalla provincia Treviso.