Vedasi qui la prima parte, con l'introduzione e la contestualizzazione.
Tra gli argomenti più importanti trattati in queste centurie:
- la natura sacrificale della messa (133-134)
- la distinzione tra vita intellettuale e vita vera nella grazia e nella luce divina
- alcuni consigli su come regolare la preghiera e la propria interazione con Dio (con riferimento alla preghiera del cuore e all'avvertire la presenza di Dio in ogni tempo e in ogni luogo).
131) La passione del Signore è come una scala con la quale egli discese sempre più in basso, fino all'estrema umiliazione e svuotamento di sé, fino al suo grido di dolore al Dio Padre: Perché mi hai abbandonato?
Così in basso siamo caduti! Che il Signore ci conceda di comprendere e sentire tutto l'orrore del peccato! Quale sacrificio è stato necessario! Eppure il Dio trino non si è allontanato da lui. Che profondità incommensurabile di amore per gli uomini!
132) Bisogna pregare affinché Dio ci conceda di vedere il Salvatore come Figlio di Dio incarnato che rimase Dio in tutta la sua umanità, essendo uno della Trinità di Dio.
133) Il mistero del Corpo e del Sangue è la cena per i fedeli, ma soprattutto è un sacrificio. In tutto il mondo gli uomini offrono sacrifici a Dio. Ma il vero sacrificio è uno solo, di infinito valore, quello del Corpo e del Sangue del Signore. Esso esiste senza interruzione nella Chiesa, unendo il cielo con la terra. I cristiani devono ricordarlo, perché tutti i credenti, dovunque siano, sono una Chiesa. Per questo ciò che si fa in una Chiesa particolare non è estraneo alle altre Chiese particolari e, di conseguenza, a tutti i cristiani.
134) Il sacrificio senza scorrimento di sangue viene offerto da Gesù Cristo come dal Capo della Chiesa. Questo è il senso di ogni Divina Liturgia dovunque essa sia celebrata. Il sacrificio non di sangue ha una sua forza perché attraverso il suo offerente il Signore lo unisce con il suo sacrificio cruento della croce. In questo modo tutti i sacrifici particolari, uniti all'unico sacrificio cruento, fanno in modo che esso agisca in modo protettivo in tutti e, attraverso la sua intercessione, salvi tutti.
135) Il Signore Gesù Cristo, come Capo della Chiesa, raccoglie le preghiere di tutti, le raccoglie nella sua persona e, intercedendo, le presenta a Dio uno e trino. Così accade che ciò che viene deciso, perché avvenga, avviene con unica decisione trinitaria.
136) Dal mattino, quando ti svegli, pensa che tu di nuovo entri nel coro delle creature di Dio che lo glorificano e si sottomettono alla sua volontà, nella natura creata e nel cielo, nell'ordine degli angeli e dei santi. Cerca di non perdere questo pensiero sia quando glorifichi Dio sia quando ti sottometti umilmente alla volontà di Dio. Tieni questo bene a mente.
137) Tutto ciò che è celeste appare molto splendente nella luce. La Divinità, in tre persone esistente e irradiante, rimane nascosta nell'inaccessibile luce divina e si afferra soltanto con l'intelligenza. Ma Dio, in quanto Verbo incarnato, anche se si irradia con luce di grandissimo splendore, può essere afferrato da una creatura, però è accessibile solo a coloro che hanno gli occhi adatti ad afferrarlo, secondo la misura della perfezione della creatura che lo contempla. Accanto a lui appaiono gli spiriti incorporali e la Madre di Dio che ci è più vicina. Poi gli apostoli e i profeti e quelli che già sulla terra sono stati illuminati da Dio. Dopo di questi seguono, in secondo luogo, quelli che accettano la rivelazione della volontà divina e poi tutti i santi dei diversi tipi: vescovi, martiri, confessori, giusti di ogni stato di vita. Tutti sono illuminati con la luce proveniente dal volto del Signore Salvatore, luce che supera ogni descrizione. Sotto di essi si collocano i penitenti che non sono ancora riusciti a purificarsi, ma progrediscono nella purificazione con l'opera della loro penitenza, con la forza della grazia e delle preghiere della Chiesa terrena e celeste, dei santi già glorificati nel cielo. Qui c'è la luce, secondo la misura della purificazione, luce che cresce nella perfezione della piena luce dei santi.
138) Prega in questo modo:
"Signore, Dio Padre onnipotente, nelle tue paterne viscere degnati di includere anche me.
Signore, Dio Figlio Redentore, aspergi con il tuo divino sangue anche me.
Signore, Spirito santo vivificante, vivifica con la tua divina grazia anche la mia anima resa morta con i peccati.
Santa Trinità, una e indivisa, Dio unico onnipresente e tutto penetrante, volgi il tuo occhio misericordioso su di me, appesantito da molti peccati, e procurami la salvezza, a causa del tuo nome".
139) Quando il cuore sente l'abbraccio divino, la dolcezza che ne deriva fa dimenticare all'uomo tutto ciò che esiste. Se lui sa conservarla, la sua vita da quel momento comincerà a svilupparsi in modo tale che per lui l'unica necessità sarà quella di restare con l'intelligenza nel cuore; tutto il resto sarà accessorio.
140) Il credente che ha lo zelo di raggiungere la propria salvezza ha messo il piede sul giusto cammino che conduce a questa salvezza. Gli è necessario progredire, faticare, combattere, con timore e con vigilanza, finché non raggiungerà il fine.
141) La preghiera è imposta da Dio affinché la sua grazia sia il fondamento della misericordia davanti al volto della sua verità. La preghiera di coloro che sperano non può rimanere inascoltata.
142) Non si può restare neanche un minuto senza operare. Vi sono opere che si eseguono con il corpo, visibilmente, e altre che sono opere mentali, non visibili. Anche quelle sono opere reali. Prima di esse c'è il continuo ricordo di Dio unito alla preghiera della mente e del cuore. Nessuno lo vede, eppure le persone che nutrono questa disposizione si trovano nel continuo e intenso operare. Questa è l'unica opera necessaria. Quando l'hai raggiunta, non preoccuparti delle altre.
143) Dio ha creato le creature per la felicità ed egli stesso si consola con esse. Perché allora esistono le tristezze? Le tristezze, le sofferenze, le miserie sono il cammino verso la felicità. Il Signore si consola anche con i sofferenti vedendo che essi camminano direttamente verso la felicità. La felicità per mezzo delle tristezze e delle sofferenze: questa è la legge.
La benevolenza di Dio permette che soffriamo. Ma egli aiuta i sofferenti a liberarsi e a persistere. La liberazione dalle sofferenze è una eccezione alla legge comune.
144) Ringrazia il Signore in primo luogo per il fatto che egli, che è infinitamente grande, permette a te, che sei senza valore, di aprire la bocca e intrattenerti con lui nella preghiera. Questa possibilità di rivolgersi a Dio nella preghiera e invocarlo è un privilegio della grazia divina, dato che anche senza questa invocazione Dio sa da solo di che cosa ognuno di noi ha bisogno. Pregare vuol dire aprire la bocca per ricevere beni dal Signore, ma tali beni sono quelli che lui stesso si degna di concederti e non quelli che tu desideri. Per questo motivo non si riceve tutto ciò che si chiede. Non chiedere, quindi, in questo modo: Dammi subito. Ma dì: Sia fitta la tua volontà. Se mi aiuti, gloria a te. Dammi soltanto pazienza.
La tua preghiera sia come aprire le mani per ricevere un dono, quale e quando il Signore vorrà dartelo.
145) Non far perdere alla tua mente il pensiero che la fine è vicinissima e anche il relativo giudizio. Aspetta a ogni istante di essere chiamato, come durante gli esami: venga il tale! Con ciò ricordati di come apparirai e di che cosa puoi dire a tua difesa.
Se non hai niente, allora supplica: Signore pietà! Signore abbi pietà di me peccatore! A causa del tuo Figlio, crocifisso per noi, perdona tutto e dimentica tutti i miei peccati!
146) Cammina alla presenza di Dio, ma senza diminuire il senso della grandezza divina. Con la mente osserva Dio come infinitamente grande, che scruta il tuo cuore e che vede tutto ciò che vi si trova.
147) La Chiesa è un corpo vivo, vivamente unito con il suo Capo, il Signore Salvatore. Ogni fedele deve arrivare a sentire l'unione intima (i veri cristiani sanno che essa realmente esiste) con tutti gli altri fedeli e con il Capo e, in questo sentimento, elevare la preghiera al Signore e per mezzo di lui alla SS. Trinità. Se desideri una illustrazione di ciò, la troverai guardando ogni membro del nostro corpo. Se ciascuno di loro avesse la conoscenza, saprebbe subito che è unito a tutti gli altri membri, cominciando dai vicini e poi anche con la testa e, per mezzo di essi, anche con tutto ciò che c’è.
148) Chi ripone la sua speranza nel Signore deve sentirsi come uno che si trova in una fortezza inaccessibile, protetto da tutti i nemici, o come si sente uno che è stato accettato sotto la protezione di un potente imperatore e da lui difeso.
149) Non dimenticare la speranza e le promesse cristiane che si riferiscono a questa vita e quelle riservate al futuro. Questo vivificherà e sosterrà efficacemente l'energia delle tue forze morali.
Fatica in modo positivo, fatica costantemente nella preghiera, nelle opere doverose, nelle opere benefiche, con quante forze hai. Se farai così, presto acquisterai la pace della coscienza; seguirà la pacificazione del cuore che è segno del fatto che le passioni sono mortificate. Allora aspetta la visita di Dio: la grazia ti illuminerà e tu sentirai consapevolmente la presenza di Dio uno e trino, secondo la promessa del Signore Salvatore. Sarà come pregustare il paradiso.
Tali sono le promesse per tutta la vita. Esse si verificano infallibilmente in tutti coloro che non risparmiano se stessi nello zelo per la salvezza. Ciò però accadrà nell'altro mondo in un modo che non siamo capaci neanche di immaginare. Allora, se ti viene la tentazione di essere negligente e pigro, ricordati subito queste promesse e vincerai la pigrizia. In questa situazione sarai costretto a riconoscere che tu troverai più presto ciò che cerchi, quanto più costantemente e con più applicazione eseguirai la tua opera. Ma se, al contrario, sarai pigro, potrà accaderti di non ottenere nulla. Il riposo viene dato dopo le fatiche, come ricompensa per esse; non si dà nulla per nulla.
150) Ricevendo sempre i sacramenti si ottiene la grazia che ci rimarrà, ma non sempre continuerà a penetrarci. Chi si è predisposto come si deve, ne viene penetrato, mentre colui che non si è preparato, non viene penetrato, anche se la grazia rimane dentro. Ciò accade a somiglianza di quando si accende il fuoco nel forno. Vi si colloca legna e anche ciò che si mette sotto, ciò che prende fuoco facilmente. Ma finché il fuoco non si attacca anche alla legna e rimane solo in ciò che si trova sotto, l'uno resta accanto all'altro; quando però si confondono, il fuoco, da ciò che è sotto passa alla legna che è sopra, dall'uno all’altra, finché non si accende tutto. Noi siamo legna verde. La materia di sotto non attacca la legna umida finché il luogo non si sia asciugato per il fuoco. Similmente anche la grazia, ricevuta da noi che siamo resi come cibi crudi dai peccati e dalle passioni, all'inizio, per introdursi, asciuga soltanto una parte di noi (quella preparata in precedenza). Si introduce in quanto asciuga. Una volta introdotta continua ad asciugare dall'umidità una parte dopo l'altra del nostro essere, finché non raggiunge tutto e riempie tutto.
La prima introduzione della grazia si manifesta con un certo fuoco nel cuore. Tale è l'inizio della purificazione interna e della trasformazione di tutto l'interiore. Ciò comporta grandissime fatiche, ma in mezzo ad esse l'opera si compie.
Alla fine appaiono i doni della grazia, ma neanche questo costituisce la fine del progresso verso la perfezione. Anche l'apostolo Paolo dice: corro. Ora, al momento in cui si verifica la prima azione della grazia (un focherello nel cuore), alcuni la considerano finale e smettono di lavorare e con ciò l'azione soffoca e si spegne. In essi poi rimane soltanto la memoria del fuoco che vi è stato ed essi credono che ancora vi sia.
151) Dio vuole che lo supplichiamo nelle preghiere, non per se stesso, dato che egli conosce tutto, ma per noi stessi, affinché siamo sempre pronti a ricevere la sua grazia, quando lui giudicherà che sia il momento di darcela.
La preghiera sta a significare la tensione delle mani verso Dio per ricevere la sua grazia. Chi prega ha le mani sempre tese; quando il Signore si degna di dargli la grazia, egli è sempre pronto a riceverla. Immaginati un uomo benefico, il quale, in un certo tempo distribuisce l'elemosina; se egli ha l'abitudine di porgerla nelle mani tese verso di lui va oltre colui che guarda da una parte e non tende le mani. In questa stessa situazione si trovano coloro che, tendendo le mani, ricevono, mentre quelli che non le tendono non ricevono, anche se chiedono.
Dio, quando distribuisce le sue grazie, non ha molte parole, ma dice semplicemente: abbiate sempre le mani tese verso di me nella preghiera, affinché siate pronti a ricevere quando deciderò di distribuire le grazie. In questo modo colui che prega sempre non perde mai la grazia e, al contrario, non c'è da meravigliarsi che colui che non prega sempre perda la grazia.
152) Il segno manifesto della nostra caduta è la pesantezza dell'anima quando essa vuole elevarsi verso Dio, nell'alto dei cieli. Quale sforzo è necessario per avere questa attenzione! E ciò nonostante l'anima tende a scendere giù come una nebbia che scende sulla terra e non vola in alto liberamente.
153) Chi crede nella forza del santissimo sacramento dell'eucaristia, chi crede cioè che vi sia veramente il corpo e il sangue del Signore, non può non credere che, quando si celebra questo mistero, siano presenti sempre gli angeli ad assistere.
154) Come nella parabola del lievito che, messo nella farina, agisce subito producendo la sua fermentazione fino al momento in cui tutta la massa non sarà fermentata, così anche le forze fondamentali messe, attraverso l'economia incarnata, non soltanto nell'umanità, ma anche in tutte le creature, agiscono e producono la loro opera. In quale modo tutto ciò accada in tutto il campo dell'essere, è per noi invisibile. Ma ciò che succede nella Chiesa e, in particolare, in ognuno di noi, lo si può vedere. Il Signore Salvatore, la grazia dello Spirito santo, gli angeli custodi, i santi di Dio e tutta la struttura della santa Chiesa costruiscono e abbelliscono le anime e, per mezzo di esse, riempiono il regno di Dio. E si farà così finché non si realizzerà ciò che fu predestinato.
Gloria all'infinito amore degli uomini che ci guida nel corso della salvezza universale, e che promette di introdurci nella perfezione del suo regno se dimostriamo di esserne degni.
155) Quando l'anima è profondamente tormentata dal passaggio di qualche passione, essa perde lo stato pacifico e per un lungo tempo, diviene scomposta, malferma, incapace di pregare. Il Signore l'ha abbandonata ed essa si agita. La penitenza e lo sforzo di concentrazione servono a prepararsi, ma è la santa comunione che restituisce la disposizione doverosa dell'anima.
156) Dio, dopo aver creato il mondo, diede a tutto la sua evoluzione in armonia con tutto l'universo, che egli solo conosce. Le forze del mondo, secondo le leggi ad esse imposte, agiscono continuamente da sole, guidate dalla mano sostenitrice di Dio, ma solo nei limiti del proprio essere. Nel corso delle cose, che si svolge secondo il proprio modo, non raramente interviene, qua e là, Dio con la sua azione, non perché l'azione delle forze fisiche sia sbagliata, ma per realizzare i suoi progetti, l'esecuzione dei quali non poteva essere affidata alle forze fisiche, né parzialmente né nella loro piena collaborazione. Ciò appare necessario nel caso della libertà delle creature ragionevoli, le quali possono deviare dalla direzione data loro dalla volontà divina nel piano generico di esistenza. Allora è necessario farle ritornare alla direzione dovuta, affinché si raggiunga il progetto generale. Questo si può realizzare solo con le proprie e dirette azioni di Dio, che superano le forze naturali.
Il punto centrale di questa azione divina è l'economia dell'incarnazione, attorno alla quale si collocano tutte le altre azioni divine.
157) Vi è una vita e una fede intellettuale, basata su argomenti intellettuali e persino la preghiera intellettuale che si esaurisce nelle semplici nozioni. Aggiungiamo che vi sono anche azioni intellettuali che seguono i motivi dell’intelletto. Anche questa è vita, ma non la vera. Non vi è il cuore, il quale ha la possibilità di comportarsi in modo proprio, indipendentemente dalle riflessioni intellettuali. Esso si commuove anche sotto l'influsso delle nozioni, ma superficialmente, similmente alla superficie delle acque mossa da un vento leggero. Dato che l'azione che ne proviene non scaturisce dal profondo del cuore, il suo modo e il suo corso prosegue secondo il proprio ritmo che, forse, non corrisponde alle predisposizioni intellettuali.
158) I doni della grazia divina sono diversi e i diversi doni sono spesso in gradi diversi. Così accade anche nell'ordine naturale: qualcuno appare prevalentemente idoneo alla pittura, un altro alla musica, altri nelle imprese o in qualsiasi altra cosa. E in ogni tipo di idoneità essi sono di vario grado. Tra quanti, ad esempio, osserviamo capaci di dipingere, uno è mediocre, l'altro molto buono, il terzo eccellente. Tranne gli ultimi, tutti gli altri sono imitatori degli originali che sono superiori ad essi. Così è anche nella vita spirituale. La preghiera, ad esempio, è un dono, ma quelli che pregano si trovano in gradi diversi dell'orazione. Così è anche per la questione della fede o nella pratica della pietà, nella fatica dell'umiliazione di se stesso e in tutto. Si potrebbe supporre che questo dipenda dall'uomo stesso.
Dio è generoso e pronto a mostrare la sua generosità a tutti senza distinzione, nella quantità che ciascuno accetta o che mostra di essere capace di ricevere. In ciò sono i misteri della provvidenza divina a riguardo di tutti e di ognuno. Da Dio dipende tutto, anche ciò che è naturale e non soltanto ciò che è opera della grazia.
159) Il Padre mio opera sempre e anch'io opero, disse il Signore; va da sé che anche lo Spirito santo agisce inseparabilmente con essi. Che cosa fanno? Guidano il mondo verso la sua ultima destinazione, conosciuta solo da Dio, uno e trino. Come? Per mezzo delle opere destinate a ogni creatura. Le creature sono chiamate all'essere affinché ognuna, nel suo posto e nel suo tempo, esegua l'opera che le è destinata. Quando ogni creatura realizza la sua opera per mezzo di questo, il mondo progredisce verso la sua destinazione. Le creature razionali ne devono essere consapevoli e fare con tutti gli sforzi ciò che è proprio a ognuno nel proprio ambiente.
160) L’ultimo fine dell'evoluzione del mondo è la sua spiritualizzazione che, nelle creature razionali, si effettua nell'ordine morale, e nelle altre in qualche altro ordine. Abbiamo ragione di pensare così dato che san Paolo dice che il nostro corpo, nel secolo futuro, non soltanto diventerà incorruttibile, ma anche, in qualche modo, animato e, inoltre, spirituale. Dato che anche in quel tempo non sarà spersonalizzato e separato da tutto l'insieme armonioso degli esseri, esso esisterà in una relazione essenziale con tutti; da ciò si deve concludere che tutto sarà trasformato insieme con esso, divenendo non soltanto incorruttibile ma anche spiritualizzato. Osserviamo che questa spiritualizzazione si effettua, nelle creature razionali, per mezzo dell'economia incarnata. Ma si deve supporre che, con la forza della stessa economia, ciò verrà realizzato anche nel mondo delle cose, anche se invisibilmente. Questo dobbiamo supporre data l'immensa grandezza dell'economia incarnata. Ma, alla fine del mondo, l'invisibile apparirà visibile. Lo significa il detto: vi sarà il cielo nuovo e la terra nuova. La loro apparenza, quella di adesso, invecchierà e passerà.
161) Dato che la prima destinazione dell'uomo è di trovarsi nella viva relazione con Dio, questa relazione si esprime quando egli, con la mente e con il cuore, vive con Dio. Quanto più uno si sforza di condurre tale vita, quanto più si fa partecipe ad essa in qualche misura, tanto più si può dire di lui che egli adempie il compito della vita per il quale egli è stato collocato nel corso dell'esistenza. Ne siano consapevoli tutti coloro che si affaticano in qualsiasi genere di vita e non si rattristino quando non fanno apertamente altre opere che sembrano più importanti. La disposizione indicata contiene in sé tutte le opere.
162) Dio uno e trino conduce il mondo alla sua ultima destinazione. L'insostituibile fine dell'esistenza del mondo è la salvezza degli uomini. Verso questo fine è diretta tutta la provvidenza divina. Quanta preoccupazione egli ha di convertire i peccatori e di purificare e spiritualizzare i convertiti. A questo fine confluiscono tutta l'economia incarnata, gli angeli e i santi. Tutte le forze sono dirette verso questo e tutte costantemente agiscono per questo fine, secondo la guida divina. Eppure non tutti si salvano. Ciò accade perché Dio non costringe nessuno. Quale sia la percentuale di coloro che vogliono, può essere stabilita sulla base della percentuale in cui appaiono i perfetti, in tutti i generi di vita.
sabato 25 gennaio 2020
lunedì 13 gennaio 2020
Diario della preghiera di Teofane il Recluso - parte 3
Vedasi qui la prima parte, con l'introduzione e la contestualizzazione.
In queste centurie vengono affrontati, in modo sparso, tre temi molto importanti:
- le relazioni tra le persone della Santissima Trinità, e tra la Trinità e l'uomo mediante l'Incarnazione di Cristo e le operazioni dello Spirito
- la conciliazione delle opere dello Spirito e della preghiera con le occupazioni quotidiane, e le tentazioni che possono insorgere in esse
- la differenza sostanziale tra la comprensione intellettuale ("riflessiva, dotta") del dogma di fede e la sua "conoscenza viva" che passa dall'esperienza della purificazione del cuore e dell'illuminazione dello Spirito.
91) Dio misericordioso vuole che le sue creature ragionevoli vivano nella gioia. Alcuni godono del loro benessere, altri, che hanno perduto il benessere, si consolano con la convinzione che questo stato è, in relazione ad essi, insostituibile mezzo per la riconquista del benessere qui o, cosa migliore, nell'Aldilà. Non sottomettersi benevolmente a ciò che Dio ha destinato potrebbe significare privarsi degli effetti salutari delle circostanze avvenute; può, irreparabilmente, nuocere a se stesso.
92) Come precursori delle tentazioni e dei movimenti passionali vi sono i pensieri frequenti su queste cose, e il permettersi concessioni e consolazioni della carne. Bisogna essere vigilanti.
93) Una cosa è riflettere sui temi della fede e altra è credere. Nel credere non si aggiunge nulla di nuovo, ma vi è un altro atteggiamento del cuore e un altro gusto delle cose conosciute.
94) Accade che, anche se non facciamo nulla di cattivo, il cuore non sta bene. Dio rigetta un tale, anche se egli apparentemente non è cattivo. Guarda se non appartieni a questa specie di uomini anche tu!
95) Dio organizza la salvezza di ognuno in questo modo: chi è degno viene attratto da Dio al Figlio; il Figlio riceve colui che gli si avvicina; quando lo accetta la grazia dello Spirito santo, essa lo trasforma. Questa è la prima fase preparatoria. Perdura sino al momento in cui il cuore risponde; allora l'uomo si offre pienamente alla onnipotenza divina, perché Dio agisce in tutti. Da quel momento comincia l'azione divina per mezzo delle forze umane, lo stato, cioè, della divino-umanità. questa è la seconda fase. Il terzo periodo porta lo stato di pace con Dio, il cui vero luogo è là, ma il cui inizio viene posto qui. La gran parte degli uomini si trova nella prima fase, alcuni nella seconda; la terza è raggiunta da pochi in questa vita, ma nell'Aldilà arriveranno tutti ugualmente alla beatitudine eterna.
96) Nessuno conosce Dio-Padre se non Dio-Figlio e Dio-Spirito santo; e nessuno il Figlio se non il Padre e lo Spirito santo; e nessuno conosce lo Spirito santo se non il Padre e il Figlio. Da questa reciproca conoscenza e da questo mutuo volere e comune esistenza, questi tre, che convergono in uno, possiedono un'unica conoscenza, un'unica volontà e un unica azione.
Dato che le tre persone sono in uno, tutte sono in tutto. Mai una persona è sola in qualche cosa, tranne nel nascere e nel procedere. Ma, in proposito a quest'ultimo, bisogna dire che il Padre, generando il Figlio, in nessun modo separa la sua persona da lui e dallo Spirito; e quando fa procedere lo Spirito, non separa la sua persona da sé e dallo Spirito. Il Figlio nascendo, non si separa dal Padre e dallo Spirito; e lo Spirito, procedendo, non si separa dal Padre né dal Figlio. Il Padre genera il Figlio e lo Spirito santo senza farsi superiore e maggiore di essi. Ugualmente il Figlio che nasce dal Padre e lo Spirito santo che procede dal Padre non diventano per questo inferiori, ma rimangono coesistenti con lui, non diventano minori di lui, ma sono uguali a lui in tutto.
97) Le persone della SS. Trinità si conoscono a vicenda e in questa conoscenza si uniscono; conoscono ciò che ognuna di esse ha come proprio, ciò che hanno le altre e anche la sostanza che è comune. il Padre, generando il Figlio e facendo procedere lo Spirito, conosce sia la sostanza sia ciò che è proprio a ognuno. il Figlio generato conosce la sua sostanza e ciò che è proprio al Padre e allo Spirito. Anche lo Spirito che procede conosce la sostanza e ciò che è proprio del Padre e del Figlio. In questo modo in essi rimane l'unica conoscenza dell'unica sostanza, cioè la conoscenza che, nella Trinità delle persone, esiste un solo Dio.
98) Nella nostra situazione presente le tentazioni sono necessarie. Ci troviamo in una situazione di cattività. Siamo come uno che riesce a fuggire dal castello nemico, ma, finché non raggiunge le frontiere della propria patria, deve soffrire ancora molto; così è anche per noi.
99) La conoscenza degli oggetti di fede è di tre tipi:
- riflessiva, ossia dotta;
- scaturente dall'esperienza, raggiunta con le fatiche della purificazione del cuore;
- infine, la conoscenza viva, data per mezzo dell'entrata nella sfera della luce.
Quest'ultima è la vera contemplazione, i cui inizi si trovano già nel secondo grado di conoscenza.
100) Raggiungere la visione delle cose spirituali è opera della preghiera. Ma la preghiera orale da sola non basta, bensì quella di poche parole unita al pensiero di Dio.
101) Quando mettono in azione un organetto, esso, in seguito, suona da solo. Così anche il nemico introduce nell'anima un falso desiderio, si allontana e osserva. Il desiderio si protrae e vive da solo. E quando finisce il primo desiderio, il nemico accorre e, con furbizia, insinua un altro desiderio, di nuovo si allontana e guarda. Quando finisce questo, accorre e introduce il terzo, e così di seguito. Quando lo scacciano con una risoluta rinuncia a ogni falso desiderio, egli si allontana, ma non troppo; guarda come potrebbe introdurre nuovamente, da un'altra parte, il suo falso desiderio. Non se ne va finché non ottiene il successo del suo agire. Tale è la sua continua opera.
Quando insieme con il desiderio appare il movimento della passione, egli accorre per attrarre e raggiungere il consenso, sia pieno che imperfetto. Riuscito in questo, insegna, in seguito, come condurre ciò che si è pensato all'opera. Non vi è un momento in cui egli perda di vista l'anima e smetta le sue cattive intenzioni contro di essa.
102) Quelli che vogliono impossessarsi di una fortezza, prima sparano contro di essa e poi conducono l'attacco. Lo stesso accade nel combattimento spirituale. Il nemico, all'inizio, spara con le pallottole dei cattivi pensieri; dopo, quando vede che la resistenza si è indebolita, realizza un forte attacco risvegliando le passioni. Se nel primo periodo l'anima riesce a tenere fortemente, come si deve, resisterà virilmente anche nel secondo.
103) Il nemico seduce con il piacere del peccato. Anche il Signore, distraendoci dal peccato, dà ai penitenti, convertiti sulla giusta strada, la possibilità di sentire la dolcezza della vita nella pace con lui e con la coscienza. Tale dolcezza è più pura, più luminosa e pacifica della dolcezza del peccato, sempre offuscata e insoddisfatta. Per questo colui che ha esperienza della dolcezza del Signore possiede un'arma più forte per resistere all'attrazione della dolcezza peccaminosa del nemico.
104) Quando avverti l'impulso di fare qualche cosa in modo sempre più rapido, sappi che ciò viene dal nemico per tuo danno o beffa, anche se ciò potrebbe apparire come luminoso.
105) Lo spirito di Cristo consiste nel disprezzo di se stesso e nella prontezza al sacrificio per la gloria di Dio e per le sofferenze del prossimo. Esso si ripercuote su tutta l'essenza dell'uomo. I demoni, appena lo sentono, scappano il più lontano possibile.
106) Il nemico cerca senza posa di macchiarci con le sue impurità, e riesce a gettare in noi la polvere dei pensieri cattivi e, spesso, anche sentimenti peccaminosi. Questo accade quando l'uomo dorme, quando non vi presta attenzione. Quando si sveglia e lo nota, deve subito purificarsi, affinché non ne rimanga alcuna traccia. Con che cosa? Con il nome del Signore Gesù, il quale tiene il badile nelle sue mani. Il manico di questo badile è la penitenza, la contrizione e la risoluzione che in seguito non verranno ammesse le piante nemiche per disattenzione. La mano con la quale si prende quel badile è la fede e la speranza che il Signore non ci abbandonerà.
Il motivo del lavoro è lo zelo. Il suo sostegno e fondamento è il non aver compassione con se stessi. Scendi nel tuo cuore armato con tutto ciò e non smettere di lavorare finché non sparisca anche la più piccola macchia del nemico.
107) Il nemico scandalizza l'uomo fino al suo consenso, affinché poi l'uomo conduca tutto verso la fine da solo, in modo tale che l’opera viene fatta soltanto da lui e lui rimane del tutto responsabile. Il nemico si tiene in disparte. E' forse da stupirsi?
108) Quando il nemico vede che qualcuno decide di liberarsi dalla sua schiavitù e vuol mettersi sul cammino del bene, non lo contraddice apertamente, ma si affretta a indebolire la fermezza della risoluzione con tentativi di deviazione; in particolare, insinua nell'uomo la necessità di fare qualche opera che appartiene alla sua normale occupazione, presentandola come assolutamente necessaria in modo da prestarle tutta l'attenzione. Quando l'attenzione viene attratta da quest'opera e da tutta la sua realizzazione, in quel momento il nemico riesce a insinuare quei pensieri con i quali terrà l'uomo in schiavitù. Qualche volta accade che non riesca a finire l'opera. Ma la buona intenzione si disperde. Allora, di nuovo, c'è bisogno di ripetere tutto come prima.
109) Ogni uomo di per sé può agire da solo, pensare, riflettere e operare con l'aiuto di Dio. Ma in ogni tempo ognuno diventa strumento di forze superiori e il bene necessario avviene o si comunica al suo ambiente per mezzo di lui. Lo si testimonia e lo si realizza con la disposizione nel dire o nel fare qualche cosa nei momenti in cui l'uomo parla o agisce non secondo le proprie idee, ma secondo un irresistibile sentimento o attrazione. Egli non può tenere dentro di sé ciò che gli viene suggerito. In tali casi egli è solo uno strumento attraverso il quale il bene passa, è come un canale per mezzo del quale passa l'acqua. Ma può anche appropriarsene. In tal caso si realizza, per mezzo di lui, un doppio bene.
110) Sia nella fede che nella vita bisogna appropriarsi di una convinzione fondamentale: nella fede - che Dio discese sulla terra e ci procurò la salvezza; nella vita - che tu sei redento e che, perciò devi lavorare senza posa, nella speranza di raggiungere la pace già qui e non solo nell’Aldilà.
La radice della vita è nello zelo per Dio, nella sottomissione al suo aiuto, alla sua direzione e alla sua opera universale.
111) Ogni uomo è bivalente, buono e non buono. Da una parte prevale il bene, nell'altra ciò che non è bene. Ma nel primo il male non tace e, all'inizio di qualche opera buona cerca di attirare l'attenzione su di sé, direttamente o indirettamente. E nel secondo non tace il bene, ma ci fa sempre ricordare di lui all'inizio di ogni azione non buona. Si pensa talvolta che il male sia dentro di noi, come una persona che si è associata alla nostra esistenza, al nostro operare nel bene, una persona che ci osserva attentamente e di continuo suggerisce i suoi propositi.
112) La vigilanza è una tensione incessante dell'energia interiore che tiene in allerta sia l'anima sia il corpo; essa si indebolisce con il desiderio di quiete o con l'attrazione per qualche cosa creata, con la consolazione in qualche cosa al di fuori di Dio e delle cose divine. Tali oggetti che sono al di fuori di Dio e delle cose divine sono innumerevoli. La nostra attenzione deve rendersene conto e rigettarle.
113) Nella preghiera, sin dal primo momento, la parte cattiva di noi propone sempre qualche opera, forse necessaria, per farci dedicare a lei. Se colui che comincia a pregare non fa attenzione, la sua mente si dirige verso quell'opera, allora Dio e la preghiera vengono dimenticati; e se vengono fatti inchini li facciamo come pupazzi. Per evitarlo bisogna, prima di pregare, con una ferma decisione rigettare tutto e accedere alla preghiera con una mente spoglia, affinché, eseguendo la preghiera, si abbia questa sola preoccupazione.
114) Non possiamo esistere senza le opere e le occupazioni. Dio ci ha dato delle forze operative che esigono esercizi. Perciò ognuno ha opere e occupazioni proprie. Esse esigono anche attenzione. D'altra parte, però, il progresso morale è più importante del resto ed esige, quindi, che la nostra attenzione sia rivolta sempre a Dio. Come conciliare l'uno e l'altro? Bisogna fare ogni opera come opera di Dio, come cosa impostaci da Dio e consacrarla a lui. In tal caso, eseguendola, non si perde l'attenzione a Dio, perché l'inevitabile occupazione e tutto ciò che facciamo deve essere fatto in modo tale da essere secondo il divino piacere.
115) Affinché le opere e le occupazioni non assorbano tutta l'attenzione, bisogna farle senza esserne attratti, senza attaccamento passionale. Bisogna acquisire la seguente attitudine: dirigersi e disporsi continuamente a fare le proprie opere non perché l'anima si senta attratta per l'una o l'altra, ma secondo la consapevolezza del dovere. Bisogna giudicare il riconoscimento del dovere e del relativo sforzo secondo i criteri della sfera divina. In tal caso l'esecuzione delle opere sarà diligente e decisa, non con propensione per la vanità, ma direttamente per Dio. Allora quelli che cominciano a pregare non troveranno nulla che possa distrarre la loro attenzione, ma essi stessi perderanno attenzione per le opere nel momento in cui le mani smetteranno di lavorare. Tutto ciò dipende dall'abitudine di stare senza posa alla presenza di Dio con sentimento devoto.
116) Ha detto il Sapiente: L'inizio della sapienza è il timore di Dio. E qualcuno degli startsi aggiunse: procurati di pensare devotamente a Dio e tutto sarà in te ben ordinato internamente ed esternamente. I discepoli discoli fanno, di solito, rumore e brusio, fino a quando viene il maestro; ma appena egli appare, essi corrono ai loro posti e sono silenziosi. Lo stesso accade dentro di noi come effetto di un pensiero devoto.
117) Un pensiero devoto è dato e suggerito da Dio, ma non all'improvviso, solo a quelli che lo cercano e lo mettono in pratica. Il miglior modo di cercarlo è lo sforzo di restare nella preghiera sia in chiesa che a casa. Non risparmiare fatica in questa cosa, senza aver compassione con se stessi, ma, piuttosto, con il desiderio di punirsi per le proprie soddisfazioni. Tieni l'intelletto occupato con la memoria di Dio o cammina nella presenza divina. Tutti questi sforzi sono solo preparazione. Il vero pensiero devoto ci viene suggerito dalla grazia di Dio, liberandoci dai vincoli. Esso, infatti, è naturale allo spirito, ma occasionalmente si corrompe.
118) Quando lo zelo è attivo, il nemico siede tranquillamente nel suo nascondiglio, nell'organo della passione carnale, osserva e aspetta il tempo idoneo per attaccare. Appena appare qualche negligenza e il desiderio di comodità, egli subito esce fuori e comincia a suggerire un pensiero cattivo o a suscitare un movimento carnale. Se questo non viene rigettato con avversione e se, al contrario, incontra qualche consenso, egli, in seguito, rende i suoi attacchi più forti, affrettandosi a riscaldare la passione e a condurre al pieno consenso, che è preannuncio della realizzazione della sua opera, se non verrà ostacolata. E' quindi importante vincere il nemico sin dall'inizio, cioè al suo primo suggerimento cattivo o nel movimento passionale. Per non spaventarci il nemico, talvolta, si ritira dopo il primo o secondo segno di consenso; lo fa per creare il sentimento di falsa sicurezza, ma, all'improvviso, attacca di nuovo con una più forte insistenza. Ciò non è terribile per chi resta diligente e, con attenzione, è preparato a contraddire gli attacchi.
119) Quando finisci di pregare, non pensare di essere del tutto libero, ma rimani come se fossi sempre nella liturgia, affinché la tua mente sia sempre vigilante e il pensiero casto.
120) Non dividere il Signore Salvatore tra Dio e l'uomo, ma consideralo indiviso come Dio incarnato, adoralo come Dio e spera in lui.
121) Il soffermarsi su qualche cosa al di fuori di Dio - il sentimento di negligenza, la soddisfazione con la carne, la dissolutezza dei membri - porta al fatto che questi vengono seguiti da pensieri e anche da opere pericolosi, la cui miseria raramente si riconosce.
122) Bisogna credere che Dio è dentro di noi, perché nel battesimo lo "vestiamo", nella comunione lo riceviamo. Se manchi a questa fede, prega: Signore aumenta la mia fede! - e lui l'aumenterà. E anche per altri punti della nostra confessione nei quali senti la mancanza di fede, prega: Signore, aumenta la mia fede! E non smettere finché non sarà aumentata.
123) La contemplazione di Dio è misteriosa, come dice sant'Efrem Siro [1], nel senso che egli è nascosto per tutte le creature, anche agli angeli e ai santi, anche se questi hanno una contemplazione superiore e più pura. Tale stato conduce direttamente al grado nel quale, pensando a Dio, non abbiamo alcuna immaginazione e crediamo solo che egli è dentro di noi e ovunque.
124) Desiderando Dio, troviamo il cammino verso la pratica mentale; quando è veramente operante, da essa nascono i sentimenti spirituali che vengono seguiti dalla contemplazione spirituale. Tutto ciò non accade secondo qualche sistema, ma è Dio che conduce, secondo la sua volontà, colui che gli si è offerto. Tu devi fare soltanto la tua parte: compi i tuoi doveri familiari, sociali, ecclesiali, opere di beneficenza, dell'ascesi, dell'orazione; tutto come ciò che viene da Dio e che si fa per Dio. E Dio, che è ovunque e tutto riempie, ti condurrà a sé attraverso quella via che ti sarà indicata.
125) I cristiani offrono a Dio un sacrificio divino, secondo la volontà divina. Nessuno potrebbe escogitare un tale sacrificio e anche se in qualche modo miracoloso riuscisse a escogitarlo, non avrebbe il coraggio di accedere alla sua esecuzione. Ma il Signore stesso lo stabili e diede il comandamento: Fate questo! Ed egli stesso, per mezzo delle persone consacrate, esegue questa offerta. Quale è il nostro compito? Avere uno spirito contrito, il cuore puro e pacifico, con la ferma decisione di non offendere il grande Benefattore, e di fare ogni altra cosa per la sua gloria.
126) Come si può raggiungere lo stato di rimanere senza posa davanti al Signore? Comincia a camminare davanti a lui con i sentimenti corrispondenti. Da ciò nasce il timore di Dio, il quale ti condurrà al fine ricercato. Questo è il metodo giusto e spirituale per la disposizione spirituale. Ma il metodo meccanico, che viene mostrato da Gregorio Sinaita [2], è un aiuto che da solo non conduce al fine. Ma agli sforzi mentali dobbiamo unire anche quelli pratici: custodire la coscienza pura, soggiogare la carne, perseverare nelle preghiere, facendo tutto ciò con spirito contrito e pacifico, con devozione.
127) Sii attento! Il nemico continuamente si sforza di impedirci questo bene, tutti i suoi sforzi sono diretti a questo. Il suo primo sforzo è quello di suggerirci alcune opere e di convincerci a eseguirle. Possono anche non essere cattive, ma il male consiste nel fatto che occupano la mente e il sentimento, distraggono dall'obiettivo principale, spingono a collocarlo in secondo piano, ossia a dimenticarlo per qualche tempo. Questo è molto pericoloso, specialmente la dimenticanza. Il suo secondo sforzo è quello di dare soddisfazione alla carne, permettere la negligenza nel cibo, nel dormire, nel riposare, permettersi un cammino non controllato e la libertà nell'evoluzione dei sentimenti. Tutto questo può sembrare poco importante, ma è molto distruttivo. Fa' attenzione a entrambe le tentazioni.
128) Sforzati, con tutta la tensione, di arrivare al punto in cui tutta l'opera della tua salvezza sia diretta consapevolmente a Dio, adorato nella Trinità. Inseparabilmente, in un solo atto, venera la benevolenza di Dio Padre, la partecipazione al sangue del Figlio e la santificazione dello Spirito santo. Per la benevolenza del Padre la grazia dello Spirito insieme con il Signore opera l'unificazione dello spirito, dell'anima e del corpo. In ciò è la salvezza.
129) Il genere umano viene unito al Dio trino per mezzo della seconda Persona della SS. Trinità, perché il Figlio di Dio, incarnandosi, non diviene estraneo all'unità trinitaria, in quanto rimane dentro di essa. Egli si è incarnato non abbandonando il seno del Padre, come canta la Chiesa. Dato che egli ha racchiuso nella sua Persona tutta l'umanità, essa insieme con lui si è unita con l'unità trinitaria, dentro la quale egli abita. Per questo motivo ogni credente che vive secondo i misteri cristiani è in unità con il Signore e insieme compreso nell'unità trinitaria.
130) Che Dio misericordioso ci conceda di arrivare alla conoscenza del senso profondo della passione del Signore Salvatore. Venne predeterminata dai secoli. Di conseguenza essa e entrata nel piano della creazione del mondo e nella provvidenza che lo conduce verso il fine ultimo. Non è comprensibile, ma e cosi.
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NOTE
[1] Santo diacono di Siria (306-373), innografo e dottore della Chiesa, strenuo difensore dell'ortodossia della fede contro l'arianesimo e le altre eresie insorgenti in quella regione. Fu autore di alcuni dei più antichi testi liturgici in uso nella liturgia siriaca e bizantina, e in particolare della nota preghiera che si recita in Quaresima.
[2] Monaco ed esicasta (1265-1346). Originario dell'Anatolia, fu deportato in Siria dai Turchi, onde scelse la monacazione nell'isola di Cipro. Da lì passo al monastero di S. Caterina nel Sinai (onde il suo soprannome), e quindi al Monte Athos, dove fu l'iniziatore di una grande scuola esicasta, tra i cui discepoli si annoverano il Patriarca Callisto e S. Gregorio Palamas, il più noto teologo esicasta. Dopo diverse esperienze monastiche nelle isole greche, rese ostili dalle incursioni turche, si trasferì in Bulgaria, ove morì. Non lasciò alcuna trattazione sistematica sull'esicasmo (che fu compiuta dai suoi discepoli), ma nella Filocalia greca sono contenute 175 sue massime e un'omelia sulla Trasfigurazione.
In queste centurie vengono affrontati, in modo sparso, tre temi molto importanti:
- le relazioni tra le persone della Santissima Trinità, e tra la Trinità e l'uomo mediante l'Incarnazione di Cristo e le operazioni dello Spirito
- la conciliazione delle opere dello Spirito e della preghiera con le occupazioni quotidiane, e le tentazioni che possono insorgere in esse
- la differenza sostanziale tra la comprensione intellettuale ("riflessiva, dotta") del dogma di fede e la sua "conoscenza viva" che passa dall'esperienza della purificazione del cuore e dell'illuminazione dello Spirito.
91) Dio misericordioso vuole che le sue creature ragionevoli vivano nella gioia. Alcuni godono del loro benessere, altri, che hanno perduto il benessere, si consolano con la convinzione che questo stato è, in relazione ad essi, insostituibile mezzo per la riconquista del benessere qui o, cosa migliore, nell'Aldilà. Non sottomettersi benevolmente a ciò che Dio ha destinato potrebbe significare privarsi degli effetti salutari delle circostanze avvenute; può, irreparabilmente, nuocere a se stesso.
92) Come precursori delle tentazioni e dei movimenti passionali vi sono i pensieri frequenti su queste cose, e il permettersi concessioni e consolazioni della carne. Bisogna essere vigilanti.
93) Una cosa è riflettere sui temi della fede e altra è credere. Nel credere non si aggiunge nulla di nuovo, ma vi è un altro atteggiamento del cuore e un altro gusto delle cose conosciute.
94) Accade che, anche se non facciamo nulla di cattivo, il cuore non sta bene. Dio rigetta un tale, anche se egli apparentemente non è cattivo. Guarda se non appartieni a questa specie di uomini anche tu!
95) Dio organizza la salvezza di ognuno in questo modo: chi è degno viene attratto da Dio al Figlio; il Figlio riceve colui che gli si avvicina; quando lo accetta la grazia dello Spirito santo, essa lo trasforma. Questa è la prima fase preparatoria. Perdura sino al momento in cui il cuore risponde; allora l'uomo si offre pienamente alla onnipotenza divina, perché Dio agisce in tutti. Da quel momento comincia l'azione divina per mezzo delle forze umane, lo stato, cioè, della divino-umanità. questa è la seconda fase. Il terzo periodo porta lo stato di pace con Dio, il cui vero luogo è là, ma il cui inizio viene posto qui. La gran parte degli uomini si trova nella prima fase, alcuni nella seconda; la terza è raggiunta da pochi in questa vita, ma nell'Aldilà arriveranno tutti ugualmente alla beatitudine eterna.
96) Nessuno conosce Dio-Padre se non Dio-Figlio e Dio-Spirito santo; e nessuno il Figlio se non il Padre e lo Spirito santo; e nessuno conosce lo Spirito santo se non il Padre e il Figlio. Da questa reciproca conoscenza e da questo mutuo volere e comune esistenza, questi tre, che convergono in uno, possiedono un'unica conoscenza, un'unica volontà e un unica azione.
Dato che le tre persone sono in uno, tutte sono in tutto. Mai una persona è sola in qualche cosa, tranne nel nascere e nel procedere. Ma, in proposito a quest'ultimo, bisogna dire che il Padre, generando il Figlio, in nessun modo separa la sua persona da lui e dallo Spirito; e quando fa procedere lo Spirito, non separa la sua persona da sé e dallo Spirito. Il Figlio nascendo, non si separa dal Padre e dallo Spirito; e lo Spirito, procedendo, non si separa dal Padre né dal Figlio. Il Padre genera il Figlio e lo Spirito santo senza farsi superiore e maggiore di essi. Ugualmente il Figlio che nasce dal Padre e lo Spirito santo che procede dal Padre non diventano per questo inferiori, ma rimangono coesistenti con lui, non diventano minori di lui, ma sono uguali a lui in tutto.
97) Le persone della SS. Trinità si conoscono a vicenda e in questa conoscenza si uniscono; conoscono ciò che ognuna di esse ha come proprio, ciò che hanno le altre e anche la sostanza che è comune. il Padre, generando il Figlio e facendo procedere lo Spirito, conosce sia la sostanza sia ciò che è proprio a ognuno. il Figlio generato conosce la sua sostanza e ciò che è proprio al Padre e allo Spirito. Anche lo Spirito che procede conosce la sostanza e ciò che è proprio del Padre e del Figlio. In questo modo in essi rimane l'unica conoscenza dell'unica sostanza, cioè la conoscenza che, nella Trinità delle persone, esiste un solo Dio.
98) Nella nostra situazione presente le tentazioni sono necessarie. Ci troviamo in una situazione di cattività. Siamo come uno che riesce a fuggire dal castello nemico, ma, finché non raggiunge le frontiere della propria patria, deve soffrire ancora molto; così è anche per noi.
99) La conoscenza degli oggetti di fede è di tre tipi:
- riflessiva, ossia dotta;
- scaturente dall'esperienza, raggiunta con le fatiche della purificazione del cuore;
- infine, la conoscenza viva, data per mezzo dell'entrata nella sfera della luce.
Quest'ultima è la vera contemplazione, i cui inizi si trovano già nel secondo grado di conoscenza.
100) Raggiungere la visione delle cose spirituali è opera della preghiera. Ma la preghiera orale da sola non basta, bensì quella di poche parole unita al pensiero di Dio.
101) Quando mettono in azione un organetto, esso, in seguito, suona da solo. Così anche il nemico introduce nell'anima un falso desiderio, si allontana e osserva. Il desiderio si protrae e vive da solo. E quando finisce il primo desiderio, il nemico accorre e, con furbizia, insinua un altro desiderio, di nuovo si allontana e guarda. Quando finisce questo, accorre e introduce il terzo, e così di seguito. Quando lo scacciano con una risoluta rinuncia a ogni falso desiderio, egli si allontana, ma non troppo; guarda come potrebbe introdurre nuovamente, da un'altra parte, il suo falso desiderio. Non se ne va finché non ottiene il successo del suo agire. Tale è la sua continua opera.
Quando insieme con il desiderio appare il movimento della passione, egli accorre per attrarre e raggiungere il consenso, sia pieno che imperfetto. Riuscito in questo, insegna, in seguito, come condurre ciò che si è pensato all'opera. Non vi è un momento in cui egli perda di vista l'anima e smetta le sue cattive intenzioni contro di essa.
102) Quelli che vogliono impossessarsi di una fortezza, prima sparano contro di essa e poi conducono l'attacco. Lo stesso accade nel combattimento spirituale. Il nemico, all'inizio, spara con le pallottole dei cattivi pensieri; dopo, quando vede che la resistenza si è indebolita, realizza un forte attacco risvegliando le passioni. Se nel primo periodo l'anima riesce a tenere fortemente, come si deve, resisterà virilmente anche nel secondo.
103) Il nemico seduce con il piacere del peccato. Anche il Signore, distraendoci dal peccato, dà ai penitenti, convertiti sulla giusta strada, la possibilità di sentire la dolcezza della vita nella pace con lui e con la coscienza. Tale dolcezza è più pura, più luminosa e pacifica della dolcezza del peccato, sempre offuscata e insoddisfatta. Per questo colui che ha esperienza della dolcezza del Signore possiede un'arma più forte per resistere all'attrazione della dolcezza peccaminosa del nemico.
104) Quando avverti l'impulso di fare qualche cosa in modo sempre più rapido, sappi che ciò viene dal nemico per tuo danno o beffa, anche se ciò potrebbe apparire come luminoso.
105) Lo spirito di Cristo consiste nel disprezzo di se stesso e nella prontezza al sacrificio per la gloria di Dio e per le sofferenze del prossimo. Esso si ripercuote su tutta l'essenza dell'uomo. I demoni, appena lo sentono, scappano il più lontano possibile.
106) Il nemico cerca senza posa di macchiarci con le sue impurità, e riesce a gettare in noi la polvere dei pensieri cattivi e, spesso, anche sentimenti peccaminosi. Questo accade quando l'uomo dorme, quando non vi presta attenzione. Quando si sveglia e lo nota, deve subito purificarsi, affinché non ne rimanga alcuna traccia. Con che cosa? Con il nome del Signore Gesù, il quale tiene il badile nelle sue mani. Il manico di questo badile è la penitenza, la contrizione e la risoluzione che in seguito non verranno ammesse le piante nemiche per disattenzione. La mano con la quale si prende quel badile è la fede e la speranza che il Signore non ci abbandonerà.
Il motivo del lavoro è lo zelo. Il suo sostegno e fondamento è il non aver compassione con se stessi. Scendi nel tuo cuore armato con tutto ciò e non smettere di lavorare finché non sparisca anche la più piccola macchia del nemico.
107) Il nemico scandalizza l'uomo fino al suo consenso, affinché poi l'uomo conduca tutto verso la fine da solo, in modo tale che l’opera viene fatta soltanto da lui e lui rimane del tutto responsabile. Il nemico si tiene in disparte. E' forse da stupirsi?
108) Quando il nemico vede che qualcuno decide di liberarsi dalla sua schiavitù e vuol mettersi sul cammino del bene, non lo contraddice apertamente, ma si affretta a indebolire la fermezza della risoluzione con tentativi di deviazione; in particolare, insinua nell'uomo la necessità di fare qualche opera che appartiene alla sua normale occupazione, presentandola come assolutamente necessaria in modo da prestarle tutta l'attenzione. Quando l'attenzione viene attratta da quest'opera e da tutta la sua realizzazione, in quel momento il nemico riesce a insinuare quei pensieri con i quali terrà l'uomo in schiavitù. Qualche volta accade che non riesca a finire l'opera. Ma la buona intenzione si disperde. Allora, di nuovo, c'è bisogno di ripetere tutto come prima.
109) Ogni uomo di per sé può agire da solo, pensare, riflettere e operare con l'aiuto di Dio. Ma in ogni tempo ognuno diventa strumento di forze superiori e il bene necessario avviene o si comunica al suo ambiente per mezzo di lui. Lo si testimonia e lo si realizza con la disposizione nel dire o nel fare qualche cosa nei momenti in cui l'uomo parla o agisce non secondo le proprie idee, ma secondo un irresistibile sentimento o attrazione. Egli non può tenere dentro di sé ciò che gli viene suggerito. In tali casi egli è solo uno strumento attraverso il quale il bene passa, è come un canale per mezzo del quale passa l'acqua. Ma può anche appropriarsene. In tal caso si realizza, per mezzo di lui, un doppio bene.
110) Sia nella fede che nella vita bisogna appropriarsi di una convinzione fondamentale: nella fede - che Dio discese sulla terra e ci procurò la salvezza; nella vita - che tu sei redento e che, perciò devi lavorare senza posa, nella speranza di raggiungere la pace già qui e non solo nell’Aldilà.
La radice della vita è nello zelo per Dio, nella sottomissione al suo aiuto, alla sua direzione e alla sua opera universale.
111) Ogni uomo è bivalente, buono e non buono. Da una parte prevale il bene, nell'altra ciò che non è bene. Ma nel primo il male non tace e, all'inizio di qualche opera buona cerca di attirare l'attenzione su di sé, direttamente o indirettamente. E nel secondo non tace il bene, ma ci fa sempre ricordare di lui all'inizio di ogni azione non buona. Si pensa talvolta che il male sia dentro di noi, come una persona che si è associata alla nostra esistenza, al nostro operare nel bene, una persona che ci osserva attentamente e di continuo suggerisce i suoi propositi.
112) La vigilanza è una tensione incessante dell'energia interiore che tiene in allerta sia l'anima sia il corpo; essa si indebolisce con il desiderio di quiete o con l'attrazione per qualche cosa creata, con la consolazione in qualche cosa al di fuori di Dio e delle cose divine. Tali oggetti che sono al di fuori di Dio e delle cose divine sono innumerevoli. La nostra attenzione deve rendersene conto e rigettarle.
113) Nella preghiera, sin dal primo momento, la parte cattiva di noi propone sempre qualche opera, forse necessaria, per farci dedicare a lei. Se colui che comincia a pregare non fa attenzione, la sua mente si dirige verso quell'opera, allora Dio e la preghiera vengono dimenticati; e se vengono fatti inchini li facciamo come pupazzi. Per evitarlo bisogna, prima di pregare, con una ferma decisione rigettare tutto e accedere alla preghiera con una mente spoglia, affinché, eseguendo la preghiera, si abbia questa sola preoccupazione.
114) Non possiamo esistere senza le opere e le occupazioni. Dio ci ha dato delle forze operative che esigono esercizi. Perciò ognuno ha opere e occupazioni proprie. Esse esigono anche attenzione. D'altra parte, però, il progresso morale è più importante del resto ed esige, quindi, che la nostra attenzione sia rivolta sempre a Dio. Come conciliare l'uno e l'altro? Bisogna fare ogni opera come opera di Dio, come cosa impostaci da Dio e consacrarla a lui. In tal caso, eseguendola, non si perde l'attenzione a Dio, perché l'inevitabile occupazione e tutto ciò che facciamo deve essere fatto in modo tale da essere secondo il divino piacere.
115) Affinché le opere e le occupazioni non assorbano tutta l'attenzione, bisogna farle senza esserne attratti, senza attaccamento passionale. Bisogna acquisire la seguente attitudine: dirigersi e disporsi continuamente a fare le proprie opere non perché l'anima si senta attratta per l'una o l'altra, ma secondo la consapevolezza del dovere. Bisogna giudicare il riconoscimento del dovere e del relativo sforzo secondo i criteri della sfera divina. In tal caso l'esecuzione delle opere sarà diligente e decisa, non con propensione per la vanità, ma direttamente per Dio. Allora quelli che cominciano a pregare non troveranno nulla che possa distrarre la loro attenzione, ma essi stessi perderanno attenzione per le opere nel momento in cui le mani smetteranno di lavorare. Tutto ciò dipende dall'abitudine di stare senza posa alla presenza di Dio con sentimento devoto.
116) Ha detto il Sapiente: L'inizio della sapienza è il timore di Dio. E qualcuno degli startsi aggiunse: procurati di pensare devotamente a Dio e tutto sarà in te ben ordinato internamente ed esternamente. I discepoli discoli fanno, di solito, rumore e brusio, fino a quando viene il maestro; ma appena egli appare, essi corrono ai loro posti e sono silenziosi. Lo stesso accade dentro di noi come effetto di un pensiero devoto.
117) Un pensiero devoto è dato e suggerito da Dio, ma non all'improvviso, solo a quelli che lo cercano e lo mettono in pratica. Il miglior modo di cercarlo è lo sforzo di restare nella preghiera sia in chiesa che a casa. Non risparmiare fatica in questa cosa, senza aver compassione con se stessi, ma, piuttosto, con il desiderio di punirsi per le proprie soddisfazioni. Tieni l'intelletto occupato con la memoria di Dio o cammina nella presenza divina. Tutti questi sforzi sono solo preparazione. Il vero pensiero devoto ci viene suggerito dalla grazia di Dio, liberandoci dai vincoli. Esso, infatti, è naturale allo spirito, ma occasionalmente si corrompe.
118) Quando lo zelo è attivo, il nemico siede tranquillamente nel suo nascondiglio, nell'organo della passione carnale, osserva e aspetta il tempo idoneo per attaccare. Appena appare qualche negligenza e il desiderio di comodità, egli subito esce fuori e comincia a suggerire un pensiero cattivo o a suscitare un movimento carnale. Se questo non viene rigettato con avversione e se, al contrario, incontra qualche consenso, egli, in seguito, rende i suoi attacchi più forti, affrettandosi a riscaldare la passione e a condurre al pieno consenso, che è preannuncio della realizzazione della sua opera, se non verrà ostacolata. E' quindi importante vincere il nemico sin dall'inizio, cioè al suo primo suggerimento cattivo o nel movimento passionale. Per non spaventarci il nemico, talvolta, si ritira dopo il primo o secondo segno di consenso; lo fa per creare il sentimento di falsa sicurezza, ma, all'improvviso, attacca di nuovo con una più forte insistenza. Ciò non è terribile per chi resta diligente e, con attenzione, è preparato a contraddire gli attacchi.
119) Quando finisci di pregare, non pensare di essere del tutto libero, ma rimani come se fossi sempre nella liturgia, affinché la tua mente sia sempre vigilante e il pensiero casto.
120) Non dividere il Signore Salvatore tra Dio e l'uomo, ma consideralo indiviso come Dio incarnato, adoralo come Dio e spera in lui.
121) Il soffermarsi su qualche cosa al di fuori di Dio - il sentimento di negligenza, la soddisfazione con la carne, la dissolutezza dei membri - porta al fatto che questi vengono seguiti da pensieri e anche da opere pericolosi, la cui miseria raramente si riconosce.
122) Bisogna credere che Dio è dentro di noi, perché nel battesimo lo "vestiamo", nella comunione lo riceviamo. Se manchi a questa fede, prega: Signore aumenta la mia fede! - e lui l'aumenterà. E anche per altri punti della nostra confessione nei quali senti la mancanza di fede, prega: Signore, aumenta la mia fede! E non smettere finché non sarà aumentata.
123) La contemplazione di Dio è misteriosa, come dice sant'Efrem Siro [1], nel senso che egli è nascosto per tutte le creature, anche agli angeli e ai santi, anche se questi hanno una contemplazione superiore e più pura. Tale stato conduce direttamente al grado nel quale, pensando a Dio, non abbiamo alcuna immaginazione e crediamo solo che egli è dentro di noi e ovunque.
124) Desiderando Dio, troviamo il cammino verso la pratica mentale; quando è veramente operante, da essa nascono i sentimenti spirituali che vengono seguiti dalla contemplazione spirituale. Tutto ciò non accade secondo qualche sistema, ma è Dio che conduce, secondo la sua volontà, colui che gli si è offerto. Tu devi fare soltanto la tua parte: compi i tuoi doveri familiari, sociali, ecclesiali, opere di beneficenza, dell'ascesi, dell'orazione; tutto come ciò che viene da Dio e che si fa per Dio. E Dio, che è ovunque e tutto riempie, ti condurrà a sé attraverso quella via che ti sarà indicata.
125) I cristiani offrono a Dio un sacrificio divino, secondo la volontà divina. Nessuno potrebbe escogitare un tale sacrificio e anche se in qualche modo miracoloso riuscisse a escogitarlo, non avrebbe il coraggio di accedere alla sua esecuzione. Ma il Signore stesso lo stabili e diede il comandamento: Fate questo! Ed egli stesso, per mezzo delle persone consacrate, esegue questa offerta. Quale è il nostro compito? Avere uno spirito contrito, il cuore puro e pacifico, con la ferma decisione di non offendere il grande Benefattore, e di fare ogni altra cosa per la sua gloria.
126) Come si può raggiungere lo stato di rimanere senza posa davanti al Signore? Comincia a camminare davanti a lui con i sentimenti corrispondenti. Da ciò nasce il timore di Dio, il quale ti condurrà al fine ricercato. Questo è il metodo giusto e spirituale per la disposizione spirituale. Ma il metodo meccanico, che viene mostrato da Gregorio Sinaita [2], è un aiuto che da solo non conduce al fine. Ma agli sforzi mentali dobbiamo unire anche quelli pratici: custodire la coscienza pura, soggiogare la carne, perseverare nelle preghiere, facendo tutto ciò con spirito contrito e pacifico, con devozione.
127) Sii attento! Il nemico continuamente si sforza di impedirci questo bene, tutti i suoi sforzi sono diretti a questo. Il suo primo sforzo è quello di suggerirci alcune opere e di convincerci a eseguirle. Possono anche non essere cattive, ma il male consiste nel fatto che occupano la mente e il sentimento, distraggono dall'obiettivo principale, spingono a collocarlo in secondo piano, ossia a dimenticarlo per qualche tempo. Questo è molto pericoloso, specialmente la dimenticanza. Il suo secondo sforzo è quello di dare soddisfazione alla carne, permettere la negligenza nel cibo, nel dormire, nel riposare, permettersi un cammino non controllato e la libertà nell'evoluzione dei sentimenti. Tutto questo può sembrare poco importante, ma è molto distruttivo. Fa' attenzione a entrambe le tentazioni.
128) Sforzati, con tutta la tensione, di arrivare al punto in cui tutta l'opera della tua salvezza sia diretta consapevolmente a Dio, adorato nella Trinità. Inseparabilmente, in un solo atto, venera la benevolenza di Dio Padre, la partecipazione al sangue del Figlio e la santificazione dello Spirito santo. Per la benevolenza del Padre la grazia dello Spirito insieme con il Signore opera l'unificazione dello spirito, dell'anima e del corpo. In ciò è la salvezza.
129) Il genere umano viene unito al Dio trino per mezzo della seconda Persona della SS. Trinità, perché il Figlio di Dio, incarnandosi, non diviene estraneo all'unità trinitaria, in quanto rimane dentro di essa. Egli si è incarnato non abbandonando il seno del Padre, come canta la Chiesa. Dato che egli ha racchiuso nella sua Persona tutta l'umanità, essa insieme con lui si è unita con l'unità trinitaria, dentro la quale egli abita. Per questo motivo ogni credente che vive secondo i misteri cristiani è in unità con il Signore e insieme compreso nell'unità trinitaria.
130) Che Dio misericordioso ci conceda di arrivare alla conoscenza del senso profondo della passione del Signore Salvatore. Venne predeterminata dai secoli. Di conseguenza essa e entrata nel piano della creazione del mondo e nella provvidenza che lo conduce verso il fine ultimo. Non è comprensibile, ma e cosi.
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NOTE
[1] Santo diacono di Siria (306-373), innografo e dottore della Chiesa, strenuo difensore dell'ortodossia della fede contro l'arianesimo e le altre eresie insorgenti in quella regione. Fu autore di alcuni dei più antichi testi liturgici in uso nella liturgia siriaca e bizantina, e in particolare della nota preghiera che si recita in Quaresima.
[2] Monaco ed esicasta (1265-1346). Originario dell'Anatolia, fu deportato in Siria dai Turchi, onde scelse la monacazione nell'isola di Cipro. Da lì passo al monastero di S. Caterina nel Sinai (onde il suo soprannome), e quindi al Monte Athos, dove fu l'iniziatore di una grande scuola esicasta, tra i cui discepoli si annoverano il Patriarca Callisto e S. Gregorio Palamas, il più noto teologo esicasta. Dopo diverse esperienze monastiche nelle isole greche, rese ostili dalle incursioni turche, si trasferì in Bulgaria, ove morì. Non lasciò alcuna trattazione sistematica sull'esicasmo (che fu compiuta dai suoi discepoli), ma nella Filocalia greca sono contenute 175 sue massime e un'omelia sulla Trasfigurazione.
lunedì 6 gennaio 2020
La festa della Cristoforia nella tradizione ambrosiana
di Luca Farina
Una delle feste probabilmente meno conosciute caratteristiche della tradizione ambrosiana è quella della cosiddetta Christophoria o Reductio ab Ægypto. Trattasi di una particolarità, infatti, del rito mediolanense, spazzata via dopo la riforma liturgica postconciliare.
L’oggetto della festa
Questa celebrazione ha per oggetto, come è possibile intendere dal nome, il trasporto di Nostro Signore Gesù Cristo dall’Egitto per fare ritorno in Israele. Difatti, stando al testo evangelico, la Sacra Famiglia era fuggita nella provincia romana che fu tolemaica per fuggire alla persecuzione del Re Erode il Grande (Matt. II 13). Avvertito in sogno da un angelo della morte di costui, San Giuseppe riporta la sua Sposa e il Salvatore in Israele (Matt. II 20).
E’ questo, quindi, un fatto storico della vita di Nostro Signore sulla terra, specificatamente legato alla Sua infanzia. Tuttavia, questa non è un semplice “aneddoto” della Sua santissima vita, ma è una realizzazione della profezia di Osea, dimostrando, fin da subito, come Egli sia il Salvatore che, per usare le parole cantate nei Secondi Vespri dell’Epifania, “hanno acclamato tutti i patriarchi” [1].
Testi liturgici
Secondo il Messale Ambrosiano del 1954, ultima edizione prima della riforma, la solennità del Signore è indicata come “Cristophoria sive ReditusChristi ex Ægypto”. E’ fissata al 7 gennaio e celebrata in paramenti bianchi; trovandosi nell’Ottava dell’Epifania, se ne fa sempre commemorazione per ognuna delle quattro orazioni, con conclusioni distinte (super populum, super sindonem[2], super oblatam, post communionem). Si cantano il Gloria e il Credo.
Consideriamo ora alcuni testi, qui di seguito.
L’Ingressa della Messa (equivalente dell’Introito romano) recita: Visi sunt gressus tui, Domine: gressus Dei mei, regis, qui est in sancto. Praevenurunt principes conjuncti psallentibus. Il ritorno di Cristo è visto, riprendendo il salmo 67, come un corteo, il corteo di Dio.
L’oratio super populum: Praesta, omnipotens Deus, cordibus nostris: ut iugiter Ægyptiacae servitutis, et peccati iugum excutere cupiamus, atque maiestati tuae apparere possimus in caelesti patria, quam nobis promisisti. Per Dominum…Si nota l’interessante parallelismo tra Egitto e peccato, assai caro alla tradizione cristiana [3]. Naturalmente, Cristo non ha bisogno di purificarsi da alcun peccato, e nemmeno la Santa Vergine, ma l’orazione propone un modello didascalico che segna, ancora una volta, un collegamento veterotestamentario (o, meglio, una sua realizzazione più perfetta).
La lettura è tratta dal profeta Osea (Os. XI 1-12), il cui punto chiave è sicuramente la profezia esplicita: "et ex Ægypto vocavi filium meum”.
L’epistola, tratta dalla lettera di san Paolo Apostolo agli Ebrei (XI, 13-16), considera la fede dei padri, che non riuscirono a raggiungere i beni della terra promessa. Ancora si fa dunque un parallelismo col popolo ebraico e il Salvatore.
Il Vangelo, naturalmente, racconta l’episodio, dal sogno di San Giuseppe fino all’arrivo a Nazareth (Mt II 19-23).
Negli apocrifi
Se questo episodio non è molto conosciuto, anche perché l’unica testimonianza è data da San Matteo, ne danno, invece, attenta testimonianza gli apocrifi dell’infanzia, in particolare i vangeli dello pseudo-Matteo e il cosiddetto arabo. Pur non essendo testi canonici, possono fornire alcuni spunti interessanti: per esempio, al passaggio di Gesù, Maria e Giuseppe, le palme si inchinano e le statue degli idoli egiziani si frantumano, dimostrando la veridicità del salmo XCV “Omnes dii gentium daemonia sunt”. Questo episodio è stato ricordato qui in occasione dell’assurda polemica sulla trafugazione delle statue della pachamama. Di fronte al vero Dio gli idoli crollano, dimostrando la propria falsità.
Conclusione
Oltre a quanto appena detto dal punto di vista, possiamo dire, teologico, c’è un punto liturgico da sottolineare: questa ricorrenza, al seguito della riforma postconciliare, è del tutto scomparsa, senza lasciare alcuna traccia. Eppure questa è una festa “storica” nel senso che commemora un evento della vita sulla di Cristo; di contro, sopravvisse e continua a sopravvivere, la festa della Santa Famiglia, che nel rito antico si celebra i lunedì successivo alla quarta domenica di gennaio, mentre nel rito attuale ne ha preso la precedenza sulla sopraddetta domenica. Si badi bene, non vi è alcun astio (e come potrebbe esserci?) nell’onorare la Santa Famiglia, ma questa è una festa d’idea, di astrazione, fissata da Leone XIII, poi soppressa da Pio X e restaurata nuovamente da Benedetto XV. Un’istituzione recente, quindi, istituita al fine di combattere il libertinismo, che però ha avuto più fortuna di una ricorrenza molto più antica che commemora un fatto storico. Ancora una volta ci si ritrova, dunque, nell’alveo di quel sistema già segnalato in questo blog.
______________________________________
NOTE
[1] E' la traduzione dell’antifona in coro Omnes Patriarchae, già analizzata qui.
[2] Questa orazione segna lo stacco tra la parte didattica e quella sacrificale, essendo situata poco dopo il canto Post Evangelium e, subito dopo di essa, hanno inizio i riti offertoriali.
[3] Difatti, il salmo CXIII In exitu Israel de Ægypto, fu sempre visto non solamente in funzione letterale, ma anche e soprattutto come esempio dell’anima che deve fuggire dalla vita peccaminosa. Ne fornisce ottima illustrazione l’Alighieri nell’Epistola XIII a Cangrande della Scala.
Una delle feste probabilmente meno conosciute caratteristiche della tradizione ambrosiana è quella della cosiddetta Christophoria o Reductio ab Ægypto. Trattasi di una particolarità, infatti, del rito mediolanense, spazzata via dopo la riforma liturgica postconciliare.
L’oggetto della festa
Questa celebrazione ha per oggetto, come è possibile intendere dal nome, il trasporto di Nostro Signore Gesù Cristo dall’Egitto per fare ritorno in Israele. Difatti, stando al testo evangelico, la Sacra Famiglia era fuggita nella provincia romana che fu tolemaica per fuggire alla persecuzione del Re Erode il Grande (Matt. II 13). Avvertito in sogno da un angelo della morte di costui, San Giuseppe riporta la sua Sposa e il Salvatore in Israele (Matt. II 20).
E’ questo, quindi, un fatto storico della vita di Nostro Signore sulla terra, specificatamente legato alla Sua infanzia. Tuttavia, questa non è un semplice “aneddoto” della Sua santissima vita, ma è una realizzazione della profezia di Osea, dimostrando, fin da subito, come Egli sia il Salvatore che, per usare le parole cantate nei Secondi Vespri dell’Epifania, “hanno acclamato tutti i patriarchi” [1].
Testi liturgici
Secondo il Messale Ambrosiano del 1954, ultima edizione prima della riforma, la solennità del Signore è indicata come “Cristophoria sive ReditusChristi ex Ægypto”. E’ fissata al 7 gennaio e celebrata in paramenti bianchi; trovandosi nell’Ottava dell’Epifania, se ne fa sempre commemorazione per ognuna delle quattro orazioni, con conclusioni distinte (super populum, super sindonem[2], super oblatam, post communionem). Si cantano il Gloria e il Credo.
Consideriamo ora alcuni testi, qui di seguito.
L’Ingressa della Messa (equivalente dell’Introito romano) recita: Visi sunt gressus tui, Domine: gressus Dei mei, regis, qui est in sancto. Praevenurunt principes conjuncti psallentibus. Il ritorno di Cristo è visto, riprendendo il salmo 67, come un corteo, il corteo di Dio.
L’oratio super populum: Praesta, omnipotens Deus, cordibus nostris: ut iugiter Ægyptiacae servitutis, et peccati iugum excutere cupiamus, atque maiestati tuae apparere possimus in caelesti patria, quam nobis promisisti. Per Dominum…Si nota l’interessante parallelismo tra Egitto e peccato, assai caro alla tradizione cristiana [3]. Naturalmente, Cristo non ha bisogno di purificarsi da alcun peccato, e nemmeno la Santa Vergine, ma l’orazione propone un modello didascalico che segna, ancora una volta, un collegamento veterotestamentario (o, meglio, una sua realizzazione più perfetta).
La lettura è tratta dal profeta Osea (Os. XI 1-12), il cui punto chiave è sicuramente la profezia esplicita: "et ex Ægypto vocavi filium meum”.
L’epistola, tratta dalla lettera di san Paolo Apostolo agli Ebrei (XI, 13-16), considera la fede dei padri, che non riuscirono a raggiungere i beni della terra promessa. Ancora si fa dunque un parallelismo col popolo ebraico e il Salvatore.
Il Vangelo, naturalmente, racconta l’episodio, dal sogno di San Giuseppe fino all’arrivo a Nazareth (Mt II 19-23).
Negli apocrifi
Se questo episodio non è molto conosciuto, anche perché l’unica testimonianza è data da San Matteo, ne danno, invece, attenta testimonianza gli apocrifi dell’infanzia, in particolare i vangeli dello pseudo-Matteo e il cosiddetto arabo. Pur non essendo testi canonici, possono fornire alcuni spunti interessanti: per esempio, al passaggio di Gesù, Maria e Giuseppe, le palme si inchinano e le statue degli idoli egiziani si frantumano, dimostrando la veridicità del salmo XCV “Omnes dii gentium daemonia sunt”. Questo episodio è stato ricordato qui in occasione dell’assurda polemica sulla trafugazione delle statue della pachamama. Di fronte al vero Dio gli idoli crollano, dimostrando la propria falsità.
Conclusione
Oltre a quanto appena detto dal punto di vista, possiamo dire, teologico, c’è un punto liturgico da sottolineare: questa ricorrenza, al seguito della riforma postconciliare, è del tutto scomparsa, senza lasciare alcuna traccia. Eppure questa è una festa “storica” nel senso che commemora un evento della vita sulla di Cristo; di contro, sopravvisse e continua a sopravvivere, la festa della Santa Famiglia, che nel rito antico si celebra i lunedì successivo alla quarta domenica di gennaio, mentre nel rito attuale ne ha preso la precedenza sulla sopraddetta domenica. Si badi bene, non vi è alcun astio (e come potrebbe esserci?) nell’onorare la Santa Famiglia, ma questa è una festa d’idea, di astrazione, fissata da Leone XIII, poi soppressa da Pio X e restaurata nuovamente da Benedetto XV. Un’istituzione recente, quindi, istituita al fine di combattere il libertinismo, che però ha avuto più fortuna di una ricorrenza molto più antica che commemora un fatto storico. Ancora una volta ci si ritrova, dunque, nell’alveo di quel sistema già segnalato in questo blog.
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NOTE
[1] E' la traduzione dell’antifona in coro Omnes Patriarchae, già analizzata qui.
[2] Questa orazione segna lo stacco tra la parte didattica e quella sacrificale, essendo situata poco dopo il canto Post Evangelium e, subito dopo di essa, hanno inizio i riti offertoriali.
[3] Difatti, il salmo CXIII In exitu Israel de Ægypto, fu sempre visto non solamente in funzione letterale, ma anche e soprattutto come esempio dell’anima che deve fuggire dalla vita peccaminosa. Ne fornisce ottima illustrazione l’Alighieri nell’Epistola XIII a Cangrande della Scala.
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