venerdì 31 agosto 2018

ULTIM'ORA: Bartolomeo intende concedere l'autocefalia all'Ucraina

AGGIORNAMENTO ore 21.40: Le fonti russe riportano dichiarazioni del Patriarca Kirill, che afferma si sia trattato di "un incontro cordiale". Non mancano tuttavia di far notare che numerose (e autorevoli) fonti greche, prontamente rilanciate in tutta l'Ucraina, parlano del fatto che Costantinopoli abbia preso la decisione di concedere l'autocefalia agli Ucraini. Dichiarazioni ufficiali comunque non vi sono ancora, a parte quelle di qualche metropolita fanariota...


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Durante l'incontro odierno in Constantinopoli tra Sua Santità il Patriarca Ecumenico Bartolomeo e Sua Santità il Patriarca di Tutte le Russie Kirill, è emersa la sconcertante notizia che il Patriarca di Costantinopoli intende concedere l'autocefalia alla Chiesa Ucraina!



La notizia è giunta da diverse fonti, che riporto (in traduzione personale). Per ora i portali maggiori dell'Ortodossia russa non danno la notizia.

(ANSA) - MOSCA, 31 AGO - Il patriarca ecumenico Bartolomeo ha comunicato a Kirill, patriarca di Mosca e di tutte le Russie, l'intenzione di concedere alla Chiesa ortodossa ucraina "l'autocefalia", l'indipendenza. Lo scrive Ukrainska Pravda, citando il portavoce della Chiesa ortodossa ucraina del patriarcato di Kiev l'arcivescovo Ievstrati.
    Secondo Ievstrati in seguito verrà diffuso "il testo ufficiale". "Ci sono le basi per un ottimismo moderato sebbene non bisogna dimenticare che il diavolo si nasconde nei dettagli", ha dichiarato l'arcivescovo.  (QUI)
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Orthodoxia.info (QUI) - Il dado è tratto! L'Ucraina ha acquistato l'autocefalia!

Come già riportato in una precedente risposta da Costantinopoli a orthodoxia.info, il Patriarca Ecumenico ha comunicato al Patriarca di Russia che è stata presa la decisione per la concessione dell'Autocefalia alla Chiesa di Ucraina.

Secondo la dichiarazione del Metropolita di Francia a orthodoxia.info, il Patriarca Ecumenico ha chiarito alla delegazione russa che la decisione è stata presa e ci sono già in corso processi simili.

"Non vogliamo scatenare un altro scisma, ma riunire la Chiesa" ha detto chiaramente il metropolita Emmanuil, il quale, interrogato da orthodoxia.info circa le dichiarazioni dei dignitari ecclesiastici russi sulla creazione di uno scisma, ha risposto che "il Patriarcato Ecumenico non minaccia nessuno e non è minacciato da nessuno".

Finora non v'è alcuna dichiarazione da parte russa.

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Ukrininform (QUI) - Il Patriarca Ecumenico Bartolomeo ha informato il Patriarca Kirill di Mosca circa la decisione di concedere l'autocefalia all'Ucraina.

Sua Eminenza il Metropolita Emmanuel di Francia, responsabile del processo per la concessione dell'Autocefalia dell'Ucraina, ha fatto una specie di dichiarazione dopo l'incontro dei due patriarchi, riporta Hromadske.

Superare lo "scisma" in Ucraina resta importante per il Patriarcato Ecumenico, ha notato.

L'incontro tra il Patriarca Bartolomeo e il Patriarca Kirill è durato per due ore e mezza, soprattutto di faccia a faccia alla presenza di interpreti.

La Chiesa Ortodossa Russa si oppone alla concessione dell'autocefalia alla Chiesa Ortodossa Ucraina.

Allo stesso tempo, il Patriarca Bartolomeo ha dichiarato che garantire l'autocefalia all'Ucraina è l'ultima vittoria del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli.

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Aspetto che la notizia venga confermata o smentita da altre fonti: particolarmente m'interesserà sentire quelle russe... dalle dichiarazioni elleniche pare che la motivazione ufficiale sia quella di voler sanare la crisi religiosa ucraina (ove vi sono ben tre pretese chiese ortodosse, cioè due autoproclamatesi e non riconosciute Chiese indipendenti e la legittima Metropolia di Kiev e di tutta l'Ucraina, sotto la giurisdizione del Patriarca di Mosca).
In realtà, parrebbe un assist alla condannata dottrina filetista, che sostiene che ogni stato indipendente dovrebbe avere la propria autocefalia, un appoggio alle pretese nazionalistiche russofobe degli ucraini, con la concessione di un'autocefalia senz'alcuna ragion d'essere, né storicamente né canonicamente (QUI un intervento del Patriarca di Gerusalemme, ieri, circa il fatto che il Patriarca Costantinopolitano non avrebbe l'autorità di sancire l'autocefalia a una metropolia del Patriarcato Russo...).
Stiamo a vedere come evolverà la vicenda. Alcuni amici che ho sentito, non escludono un prossimo scisma tra il Patriarcato Costantinopolitano e quello Moscovita... Dio liberi!

Ricordiamo il pellegrinaggio ad AQUILEIA il 15 settembre

Ricordiamo che il 15 settembre si svolgerà il
II Pellegrinaggio della Tradizione ad Aquileja
(già segnalato QUI)


Di seguito riportiamo il nuovo programma del pellegrinaggio.
(vi sono alcune variazioni, per cause tecniche, rispetto a quanto precedentemente comunicato)

08.00  Partenza del bus dei pellegrini dalla stazione FS di Cervignano, con destinazione Pineta San Marco (luogo di partenza del pellegrinaggio)
08.30  Sosta intermedia ad Aquileja presso l'Hotel "I Patriarchi" per raccogliere i pellegrini che avranno lasciato l'auto ad Aquileja. Saranno eventualmente possibili altre corse.
08.45  Benedizione sui pellegrini a Pineta San Marco
09.00  Partenza del pellegrinaggio a piedi da Pineta San Marco

10.30  Arrivo dei pellegrini alla chiesa del quartiere Monastero in Aquileja
11.00  Santa Messa in rito romano antico nella chiesa di Monastero *

12.30  Trasferimento processionale lungo la Via Sacra alla Basilica di Santa Maria Assunta (per chi lo desiderasse sarà disponibile un bus).
12.45  Rinnovo delle promesse battesimali nel battistero di Aquileja.
Venerazione delle reliquie dei Santi Martiri Aquilejesi nella cripta della Basilica.

13.30  Pranzo al ristorante "I Patriarchi" (costo 16€, è opportuna la prenotazione via mail [compagniasantantonio@libero.it] oppure al 347 396 1396).

15.00  Due conferenze di formazione presso la Sala Romana:
prof. don Samuele Ceccotti (Diocesi di Trieste), Conoscenza intellettuale e vita spirituale
prof. Giordano Brunettin (storico, Una Voce Pordenone), Il Patriarcato di Aquileja, Chiesa dei popoli: significato religioso e storico della tradizione marciana e martiriale aquilejese
Il prof. Giovanni Turco (Università di Udine) chiuderà la parentesi formativa.



* Monastero è un quartiere di Aquileia (il primo che s'incontra entrando in paese da Cervignano): la chiesa ove sarà celebrata la liturgia si trova in Piazza Pirano 1 (circa un quarto d'ora a piedi dalla Basilica, lungo la via Sacra).

giovedì 30 agosto 2018

Ancignano (Vicenza): MESSA SOSPESA

Rilanciamo questo sconcertante comunicato pervenutoci dai fedeli che curano la liturgia tradizionale nella parrocchia di S. Pancrazio ad Ancignano di Sandrigo (Vicenza), unendoci alla preghiera perché possa tornare a esser garantita al più presto la celebrazione della messa tridentina in diocesi di Vicenza.



Cari fedeli e amici,

nelle scorse settimane ci è stata comunicata ufficialmente la notizia secondo la quale don Cristiano Mussolin ha chiesto a Mons. Vescovo di essere dispensato dal celebrare la S. Messa secondo il rito antico nella nostra diocesi.

Siamo rimasti decisamente tristi e sorpresi ma ci sforziamo di rispettare ed accettare in cruce.

Nel frattempo abbiamo subito chiesto a Mons. Vescovo, tramite il parroco don Giovanni Sandonà, che la celebrazione domenicale possa essere assicurata, almeno temporaneamente, dai sacerdoti dell’Istituto di Cristo Re Sommo Sacerdote (con sede a Gricigliano, Firenze).

L’Istituto in questione, canonicamente riconosciuto e molto noto a noi fedeli legati al rito antico, ha assicurato volentieri la propria disponibilità. Per chi non lo conoscesse, invitiamo a visitare i siti: www.icrss.it e www.icrsp.org.

Ad oggi, tuttavia, siamo ancora in attesa di una risposta da parte di Mons. Vescovo e, nostro malgrado, ci viene chiesto di aspettare e di dilazionare, sine die, la ripresa della celebrazione domenicale della S. Messa nella chiesa di Ancignano.

In ogni caso, da domenica 2 settembre fino all’effettiva ripresa, alle ore 17 (e non alle 16.30) sarà recitato il S. Rosario, seguito dal canto delle litanie lauretane, per impetrare l’intercessione della Madonna di Monte Berico, affinché la celebrazione della S. Messa in rito antico possa riprendere al più presto.

Confidiamo nella preghiera di tutti voi.

Il coordinamento dei fedeli del gruppo stabile in Diocesi di Vicenza

martedì 28 agosto 2018

L'icona miracolosa della Madonna a Czestochowa

Qualche giorno fa (26 agosto) ricorreva la memoria di una delle icone taumaturgiche più venerate in tutto il mondo cristiano: quella della Santa Vergine a Czestochowa.

La tradizione dice che sia stata realizzata da San Luca su di un legno che formava il tavolo adoperato per la preghiera e per il cibo dalla Sacra Famiglia. L’evangelista avrebbe composto a Gerusalemme due quadri allo scopo di tramandare l’incomparabile bellezza di Maria. Uno di essi, arrivato in Italia, è tuttora oggetto di culto a Bologna; l’altro, fu dapprima portato a Costantinopoli da Sant'Elena durante una visita in Terra Santa e deposto in un tempio dall’imperatore Costantino. Successivamente fu donato al principe russo Leone, che prestava servizio nell'esercito romano, il quale trasferì l’inestimabile reliquia in Russia dove, per numerosi miracoli, fu intensamente venerata.


Nel corso della guerra intrapresa da Casimiro il Grande, il quadro fu nascosto nel castello di Beltz e finalmente affidato ai principe di Opole. Questi, alla vigilia di una dura battaglia contro le truppe tartare e lituane che assediavano Beltz, aveva invocato la sacra immagine e, dopo la sospirata vittoria, indicò Maria come Madre e Regina. Si racconta anche che, durante l’assedio, un tartaro ferisse con una freccia il bellissimo volto della Vergine dalla parte destra e che, dopo la sacrilega profanazione, una fittissima nebbia, sorta d'improvviso, mettesse in difficoltà gli assedianti. Il principe, allora, approfittando del momento favorevole, si gettò con le truppe contro il nemico e lo sconfisse.

Altri documenti assicurano che, terminata l’amministrazione del principe Ladislao nella Russia, il quadro fu caricato su di un carro con l’intenzione di portarlo nella Slesia ma, tra lo stupore di tutti, i cavalli, pur ripetutamente sferzati, non si muovevano. Il principe ordinò allora di attaccarne di nuovi, senza però ottenere alcun risultato. Sconvolto, si inginocchiò a terra e promise di trasferire la venerata effigie sul colle di Czestochowa, Jasna Gòra (montagna luminosa), nella piccola chiesa di legno. In seguito egli avrebbe innalzato una basilica nel medesimo luogo ad onore di Dio onnipotente, della Vergine Maria e di tutti i Santi e, contemporaneamente realizzato un convento per i frati eremiti dell’Ordine di San Paolo.

Ma le vicissitudini della Madonna Nera non erano ancora finite. Nel 1430 alcuni seguaci dell’eretico Giovanni Hus, provenienti dai confini della Boemia e Moravia, sotto la guida dell’ucraino Federico Ostrogki, attaccarono e predarono il convento. Il quadro fu strappato dall’altare e portato fuori dinanzi alla cappella, tagliato con la sciabola in più parti e la sacra icona trapassata da una spada. Gravemente danneggiato, fu perciò trasferito nella sede municipale di Cracovia e affidato alla custodia del Consiglio della città; dopo un accurato esame, il dipinto venne sottoposto ad un intervento del tutto eccezionale per quei tempi, in cui l’arte del restauro era ancora agli inizi. Ecco allora come si spiega che ancora oggi siano visibili nel quadro della Madonna Nera gli sfregi arrecati al volto della Santa Vergine.

Il Quadro di Jasna Gòra sarebbe una variante antica dell'Odigitria, ovverosia di "colei che indica la strada", modello assai comune nell'iconografia bizantina e -soprattutto-, secondo la tradizione liturgica greca, ideata da San Luca stesso, andando ad avvalorare la pia tradizione (nonostante i critici la ritengano databile tra il VI e il IX secolo). Recita infatti un famoso tropario: Ἄλαλα τὰ χείλη τῶν ἀσεβῶν, τῶν μὴ προσκυνοῦντων τὴν εἰκόνα σου τὴν σεπτὴν, τὴν ἱστορηθεῖσαν ὑπὸ τοῦ ἀποστόλου Λουκᾶ ἱερωτάτου, τὴν Ὁδηγήτριαν (Mute le labbra degli empi, di coloro che non onorano la tua venerabile icona, istoriata dal beatissimo apostolo Luca, l'Odigitria).
 Dipinta su una tavola di legno, raffigura il busto della Vergine con Gesù in braccio. Il volto di Maria domina tutto il quadro, con l’effetto che chi lo guarda si trova immerso nello sguardo di Maria: egli guarda Maria che, a sua volta, lo guarda.

Anche il volto del Bambino è rivolto al pellegrino, ma non il suo sguardo, che risulta in qualche modo fisso altrove. I due volti hanno un’espressione seria, pensierosa, che dà anche il tono emotivo a tutto il quadro. La guancia destra della Madonna è segnata da due sfregi paralleli e da un terzo che li attraversa; il collo presenta altre sei scalfitture, due delle quali visibili, quattro appena percettibili.
Gesù, vestito di una tunica scarlatta, riposa sul braccio sinistro della Madre. La mano sinistra tiene il libro, la destra è sollevata in gesto di sovranità e benedizione. La mano destra della Madonna sembra indicare il Bambino. Sulla fronte di Maria è raffigurata una stella a sei punte. Attorno ai volti della Madonna e di Gesù risaltano le aureole, la cui luminosità contrasta con l’incarnato scuro dei loro visi, sul quale i critici hanno dato varie spiegazioni (fumi d'incenso e candele? incendi? semplice tradizione iconografica bizantina [che si riscontra del resto pure nell'icona della Mesopanditissa in Venezia]? La lettura spirituale comunque s'incentra sul versetto del Cantico dei Cantici nigra sum sed formosa).

Dopo la profanazione e il restauro, la fama del santuario crebbe enormemente e aumentarono i pellegrinaggi, a tal punto che la chiesa originaria si rivelò insufficiente a contenere il numero dei fedeli. Per questo motivo, già nella seconda metà del secolo XV, accanto alla Cappella della Madonna, fu dato avvio alla costruzione di una chiesa gotica a tre ampie navate.

I re polacchi, a eccezione dell’ultimo, vi si recavano in omaggio dopo l’incoronazione. Molti dei miracoli della Madonna di Czestochowa riguardano la collettività. Quand'era a Constantinopoli, si dice abbia spaventato i Saraceni che assediavano la città mandandoli via. Così nel 1655 un piccolo gruppo di difensori polacchi fu capace di scacciare un esercito molto più grande di invasori svedesi dal santuario. L'anno seguente, la Santa Vergine fu proclamata regina della Polonia da re Casimiro. La Vergine ha anche disperso un esercito di invasori sovietici, apparendo sul fiume Vistula il 15 settembre 1920. I resoconti dei numerosi e vari miracoli sono conservati negli archivi dei Padri Paolini a Jasna Gora.

Santissima Madre di Dio, salvaci!

sabato 25 agosto 2018

Qualche foto dal Convegno di Instaurare

Il 23 agosto presso il Santuario di Madonna di Strada a Fanna (PN) si è svolto il XLVI convegno degli Amici di Instaurare.

In apertura del convegno, il padre Leone Tagliaferro OFM di San Vito al Tagliamento ha cantato una Messa votiva allo Spirito Santo, seguita dal canto del Veni Creator.

I lavori sono stati presieduti dal prof. Danilo Castellano, dell'Università di Udine, presidente di Instaurare omnia in Christo. E' intervenuto il prof. Miguel Ayuso, presidente dell'Unione Internazionale dei Giuristi Cattolici, con un'avvincente relazione su «Politica e diritto dopo il ‘68». Assente per motivi personali invece il secondo relatore, il prof. Daniele Mattiussi, il cui intervento su «”Contestazione”, Chiesa e cristianità» è comunque pervenuto in forma scritta, letto pubblicamente e successivamente dibattuto. I testi delle relazioni saranno pubblicati sui prossimi numeri del periodico Instaurare omnia in Christo.









giovedì 23 agosto 2018

Conclusione della festa della Dormizione della Madre di Dio

Ἦχος δ'
Ὅτε ἐξεδήμησας Θεοτόκε Παρθένε, πρὸς τὸν ἐκ σοῦ τεχθέντα ἀφράστως, παρῆν Ἰάκωβος ὁ Ἀδελφόθεος, καὶ πρῶτος, Ἱεράρχης, Πέτρος τε ἡ τιμιωτάτη κορυφαία τῶν θεολόγων ἀκρότης, καὶ σύμπας ὁ θεῖος τῶν Ἀποστόλων χορός, ἐκφαντορικαῖς θεολογίαις ὑμνολογοῦντες, τὸ θεῖον καὶ ἐξαίσιον, τῆς Χριστοῦ τοῦ Θεοῦ οἰκονομίας μυστήριον, καὶ τὸ ζωαρχικόν, καὶ θεοδόχον σου σῶμα κηδεύσαντες, ἔχαιρον πανύμνητε. Ὕπερθεν δὲ αἱ πανάγιαι καὶ πρεσβύταται τῶν Ἀγγέλων Δυνάμεις, τὸ θαῦμα ἐκπληττόμεναι, κεκυφυῖαι ἀλλήλαις ἔλεγον· Ἄρατε ὑμῶν τὰς πύλας, καὶ ὑποδέξασθε τὴν τεκοῦσαν, τὸν οὐρανοῦ καὶ γῆς Ποιητήν, δοξολογίαις τε ἀνυμνήσωμεν, τὸ σεπτὸν καὶ ἅγιον σῶμα, τὸ χωρῆσαν τὸν ἡμῖν ἀθεώρητον καὶ Κύριον. Διόπερ καὶ ἡμεῖς τὴν μνήμην σου ἑορτάζοντες, ἐκβοῶμέν σοι· Πανύμνητε, Χριστιανῶν τὸ κέρας ὕψωσον, καὶ σῶσον τὰς ψυχὰς ἡμῶν.

Paolo Veneziano, Dormizione della Vergine, 1333

IV tono
Quando te ne andasti, o Vergine Deipara, presso colui che da te ineffabilmente è nato, erano presenti Giacomo fratello di Dio e primo gerarca, con Pietro, venerabilissimo e sommo corifeo dei teologi, e tutto il coro divino degli apostoli: con inni teologici atti a manifestarne la divinità, essi celebravano il divino e straordinario mistero dell’economia di Cristo Dio; e prestando le ultime cure al tuo corpo origine di vita e dimora di Dio, gioivano, o degna di ogni canto. Dall’alto le santissime e nobilissime schiere degli angeli, guardavano con stupore il prodigio e a testa china le une alle altre dicevano: Sollevate le vostre porte e accogliete colei che ha partorito il Creatore del cielo e della terra; celebriamo con inni di gloria il corpo santo e venerabile che ha ospitato il Signore che a noi non è dato contemplare. E noi pure, festeggiando la tua memoria, a te gridiamo, o degna di ogni canto: Solleva la fronte dei Cristiani e salva le anime nostre.

martedì 21 agosto 2018

L'inganno spirituale

C'è tutta una teologia attorno all'inganno spirituale, al miraggio falso erroneamente preso per vero. L'ascetica russa conosce il termine prelest per indicare questo concetto, e vi insiste ripetutamente (viste le deviazioni che spesso si manifestavano in alcuni personaggi spirituali). Il concetto è nondimeno patristico: si trovano molti esempi, nelle Vite dei santi, in cui monaci e asceti, molti dei quali giunsero poi a realizzare una genuina santità, caddero in uno stato di delusione, accogliendo demoni in forma di angeli, o addirittura di Cristo stesso, ricevendo “rivelazioni”, vedendo “luce” nelle loro celle e udendo “il Signore” parlare loro. A volte “Cristo” offriva loro il dono della “profezia” e poteri straordinari.

San Diadoco di Foticea avverte di non accettare l’inganno del maligno sotto forma di luce o di fuoco; e San Simeone il Nuovo Teologo mette in guardia contro gli spiriti maligni che provocano vari e numerosi inganni nell’aria. Il Padre Sabba del Monte Athos (+1908), un giorno liberò unmonaco che era stato ingannato da un falso “angelo custode”, che aveva pregato e parlato con lui quotidianamente per due anni, prosternandosi come se “con dolore e lacrime pregasse il Signore di aver misericordia del suo servo, e di cacciare i demoni maligni”. Lo Staretz Amvrosij di Optina ammoniva coloro che cercavano la sua guida di non fidarsi delle voci udite durante la preghiera, o delle trasformazioni delle icone, profumi o fiamme provenienti da esse, che potevano apparire segni positivi, ma a cui non doveva essere attribuito alcun significato, poiché cose del genere possono anche essere inganni del nemico.

Anche in Occidente molti Padri parlarono di inganno spirituale, tra gli ultimi San Giovanni della Croce. Paradossalmente, questo importantissimo aspetto della mistica scomparve (o meglio, venne spesso taciuto, ritrovandosi assai poche volte nei compendi di mistica) nei secoli successivi, sicché non solo i fedeli, ma financo i loro direttori spirituali o talora i loro vescovi apparivano digiuni di questi principi di ascetica.


Duccio di Buoninsegna, Tentazioni di Cristo, 1308-11.

Il testo che segue è tratto dalle esperienze ascetiche (vol. X dell'opera omnia) del teologo russo del XIX secolo Ignazio Brianchaninov (+1867).

L'inganno spirituale è il ferimento della natura umana con la falsità. L'inganno spirituale accomuna tutti gli uomini, senza eccezione, ed è uno dei frutti della caduta dei nostri protogenitori. Tutti siamo soggetti all'inganno spirituale. La consapevolezza di questo ci dovrebbe rendere più forti e attenti verso di esso, e il più grande inganno è considerarsi liberi dall'inganno spirituale stesso. Siamo tutti ingannati, tutti illusi, tutti necessitiamo della Verità per essere liberati. E la Verità è il nostro Signore Gesù Cristo (Giovanni 8,32 e 14,6). Cerchiamo di assimilare la Verità attraverso la fede nella stessa, gridiamo in preghiera a questa Verità e ci libererà dal baratro demoniaco e dall'auto illusione. Quanto è amaro il nostro stato! E' la prigione dalla quale preghiamo d'esser condotti fuori, così da confessare il nome del Signore (Salmo 141,8). Si tratta di quella terra cupa nella quale siamo stati posti dal nemico dell'anima, che ci insegue e ci odia. E' quella che chiamiamo  lo spirito carnale (cfr. lettera ai Romani 8:6) e la falsa gnosi (cfr. 1Timeoto 6,20), tramite la quale il mondo intero è infettato e si rifiuta di riconoscere la propria malattia, insistendo al contrario di vivere in perfetta salute. La carne e il sangue  non possono entrare nel Regno di Dio (1Corinzi 15,50). Ma il nostro vero stato è la guarigione dalla carne e dalla morte a opera di nostro Signore Gesù Cristo, che è la vita e la resurrezione (Giovanni 11,25). La percezione di questo nuovo stato ci porta al pianto. Con le lacrime chiediamo al Signore Gesù Cristo che ci apra le porte del carcere, che ci tiri fuori dalle viscere della terra, di strapparci dalla morte! "Per questo il Signore Gesù Cristo è sceso fino a noi", commenta a tal proposito san Simeone il Nuovo Teologo, "perché voleva salvarci dalla prigionia e dal malvagio inganno spirituale".

I mezzi con i quali l'angelo caduto ha corrotto l'uomo erano le bugie (Genesi 3,13). Per questo il Signore chiama il diavolo "il mentitore", e "omicida fin dal principio" (Gv 8,44). Il Signore ha unito strettamente la nozione di falsità con l'omicidio, e le parole "fin dal principio" indicano che il diavolo ha voluto mentire agli uomini col fine di ucciderli, per la loro rovina. La fonte dell'illusione auto indotta e l'inganno demoniaco sono il pensiero falso. L'inizio del male è la falsità. Per mezzo della menzogna, il diavolo ha piantato nell'Uomo la propria radice, nei nostri antichi genitori, e per mezzo di essa la morte eterna. I nostri proto-genitori hanno riconosciuto la falsità spacciandola per verità, e per questo si sono feriti in modo incurabile col peccato mortale, come dice la stessa Eva: il serpente mi ha sedotto, e ho mangiato (Genesi 3,13). Fin da quel tempo la nostra natura, infettata dal veleno mortifero, è volontariamente o involontariamente indotta a compiere il Male, il quale si presenta come Bene alla nostra volontà pervertita, al nostro intelletto distorto, al cuore debosciato.  Dico volontariamente perché rimane in noi ancora un residuo della libertà  che non funziona più in completezza, ma è sotto influenza del peccato. Così è per ogni essere umano che nasce e non può essere altrimenti. Per questo motivo tutti ci troviamo nell'inganno dell'auto illusione e della menzogna demoniaca. L'inganno spirituale, come si deduce, è l'assimilazione di una menzogna come se fosse verità. L'inganno spirituale prima tocca il pensiero, e viene accettato dal cuore la cui sensibilità è ormai compromessa, e successivamente si insinua in ogni attività dell'Uomo e avvelena il corpo che ci ha donato il Creatore assieme all'anima. Lo stato di chi è ingannato spiritualmente è quello della morte eterna. Fin dalla caduta dell'Uomo il demonio ha libero accesso all'uomo stesso, giacché deliberatamente abbiamo aperto ad esso le porte dell'anima, avendo respinto l'obbedienza a Dio e preferendo il maligno. Tuttavia Dio ha redento l'Uomo. Per l'Uomo redento e liberato dunque si prospetta la libera scelta di servire Iddio oppure il maligno: e questa libertà si manifesta senza alcuna coercizione, giacché al demonio è consentito l'accesso al cuore dell'Uomo, ed è del tutto naturale che esso provi il tutto e per tutto per mantenerci nella sua orbita, per asservirci e per mantenerci nella sua sottomissione. Per questo usa ancora e sempre la sua arma preferita, la falsità. Il demonio si sforza di convincerci che le nostre inclinazioni malate siano buone, ci illude e ci inganna, stimolando le nostre passioni, riveste le richieste perniciose del nostro spirito di bellezza e ci invoglia a compierle. Ma coloro che sono fedeli alla Parola di Dio non permettono al demonio di entrare, frenano gli assalti del nemico e l'irruenza delle passioni (cfr. Gc 4,7) e sotto la guida del Vangelo lottano contro la menzogna sottomettendo gli istinti, e disturggendo poco a poco l'influenza degli spiriti malvagi sulla natura, fino a passare di tappa in tappa fino al Regno della Libertà e della Verità (cfr. Giovanni 8:32). Chi non è fedele alla dottrina di Cristo passerà dall'auto inganno alla menzogna demoniaca, perderà ciò che rimane della propria libertà, e si asservirà totalmente al maligno. Lo stato di coloro che sono asserviti al Male varia da persona a persona in accordo con le passioni che hanno gli individui, schiavi della propria passione. Tutti coloro che sono caduti nell'inganno demoniaco, ossia che sono in comunione col diavolo e sono ridotti in schiavitù da esso, sono templi e strumenti degli spiriti malvagi, vittime della morte eterna, che vanno verso la vita falsa nei baratri dell'inferno.

[...]

Se i santi stessi non hanno sempre saputo riconoscere i demoni che erano loro apparsi con l’aspetto di santi e dello stesso Cristo, com’è possibile per noi illuderci di riconoscerli senza errore! ...I santi maestri della lotta cristiana... ci ordinano di non fidarci di alcuna immagine o visione... se dovessero apparire all’improvviso, di non conversare con loro..., ma, risolutamente consapevoli della nostra indegnità e incapacità di vedere santi spiriti, pregare Dio di proteggerci dalle trappole e dagli inganni astutamente disposti dagli spiriti maligni... L’unica via per entrare rettamente nel mondo degli spiriti è la dottrina e la pratica del combattimento cristiano. L’unica via per entrare rettamente nella percezione sensoriale degli spiriti è l’avanzamento e la perfezione cristiana.

sabato 18 agosto 2018

L'Ufficio Divino Bizantino - 2. La Piccola Compieta

Nelle Compiete, i salmi e le preghiere
di compunzione e confessione,
riguardanti il perdono e la richiesta di favore,
e il trascorrere in pace la notte, senza fantasmi,
senza macchie e turbamenti;
E l'alzarsi bene al momento della preghiera
del Mesonittico e del Mattutino,
con zelo e compunzione.
Ogni sera, poi, alcuni cantano pure
i canoni della Deipara e l'ufficio dell'Akathistos:
e chiunque si mostrerà zelante e operoso
avrà maggior ricompensa secondo il proprio sforzo.
(S. Simeone di Tessalonica)

La Compieta (in greco Ἀπόδειπνον, cioè letteralmente "dopo cena") è l'ora canonica che viene cantata prima del riposo. Tale ufficio è infatti dominato dalla comparazione tra la notte e la morte, illuminata tuttavia dalla luce della Risurrezione di Cristo. Ovviamente l'ufficio è caratterizzato pure da un tono penitenziale.


Anticamente questo ufficio si cantava nei monasteri verso le 19, ed era seguito da altre preghiere private del monaco nella propria cella (come l'ufficio delle prostrazioni), prima di coricarsi per qualche ora fino al canto dell'ufficio di mezzanotte. Sul Monte Athos vi era l'uso di venerare le Sacre Reliquie e di ricevere la benedizione individuale dall'igumeno subito dopo il termine dell'ufficiatura. Presso i Russi invece si è diffusa l'usanza di aggiungere alla Compieta una decina di preghiere di composizione ecclesiastica (le cosiddette "preghiere della sera" o "prima del sonno").

Esistono due versioni di questo ufficio, la Piccola (μικρὸν Α.) e la Grande Compieta (μέγα Α.). La seconda si canta durante la Grande Quaresima e in altri periodi penitenziali, mentre la prima si canta durante tutto l'anno; di questa particolarmente ci occupiamo in questa istanza.

Pare che quest'ufficio, così com'è concepito, non sia esistito originariamente nel monachesimo orientale, ma sia menzionato per la prima volta nella Regola di S. Benedetto.
Cionondimeno, P. Pargoire presenta le testimonianze di Callinico di S. Basilio il Grande (IV secolo), che attestano una preghiera liturgica celebrata tra il Vespero e l'ufficio di mezzanotte, ivi chiamata πρωθύπνια (prima del sonno). P. Vandepitte attribuisce l'invenzione di quest'ora proprio a S. Basilio di Cesarea. Dom Plaine, pur non prendendo posizione su chi sia l' "ideatore" di questo ufficio, afferma che se ne trovano riferimenti in Eusebio di Cesarea, Sant'Ambrogio e Giovanni Cassiano, facendolo dunque risalire anch'egli al IV secolo. Certo comunque vi erano precedentemente delle preghiere private prima del sonno, non strutturate in forma liturgica, che però sono state sicuramente una sorta di "anticipazione" dell'Ora canonica, e probabilmente ne hanno anche ispirato la struttura (in questo senso, sono fondamentali le attestazioni di S. Cipriano e S. Cirillo d'Alessandria). Pare invece da scartare la tesi di Dom Besse, ovverosia che la Compieta fosse da ricondursi al monachesimo egiziano e a S. Pacomio, cioè a prima del IV secolo.

L'ufficio è così strutturato:
  • Preghiere iniziali
  • Salmi 50, 69 e 142
  • Piccola Dossologia (Gloria in excelsis con i versetti feriali)
  • Simbolo Niceno-Costantinopolitano
  • Salutazioni della Deipara (1)
  • Ἄξιόν ἐστιν (2), Trisagio, Pater e kontakio della festa
  • Kyrie eleison (40 volte) e preghiera Ὁ ἐν παντὶ (3) con benedizione
  • Preghiera alla Santa Vergine di S. Paolo monaco
  • Preghiera a Nostro Signore di Antioco monaco
  • Preghiera all'Angelo custode
  • Preghiere conclusive e mutuo perdono (4)
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NOTE

(1) Il poema alla Beata Vergine detto Akàthistos (di cui abbiamo ampiamente parlato QUI e negli articoli successivi) si canta (o, più spesso, si legge) integralmente nelle sue ventiquattro strofe (ma senza i tropari e il Canone che fanno parte dell'ufficio quaresimale).
(2) Famosissima preghiera alla Vergine della tradizione bizantina: Ἄξιόν ἐστιν ὡς ἀληθῶς μακαρίζειν σε τὴν Θεοτόκον, τὴν ἀειμακάριστον καὶ παναμώμητον καὶ Μητέρα τοῦ Θεοῦ ἡμῶν. Τὴν τιμιωτέραν τῶν Χερουβεὶμ καὶ ἐνδοξοτέραν ἀσυγκρίτως τῶν Σεραφεὶμ, τὴν ἀδιαφθόρως Θεὸν Λόγον τεκοῦσαν, τὴν ὄντως Θεοτόκον, σὲ μεγαλύνομεν (E' veramente degno beatificare te, la Deipara, la sempre benedetta e tutta immacolata Madre del nostro Dio. Colei che è più onorevole dei Cherubini e incomparabilmente più gloriosa dei Serafini, che generò senza macchia il Dio Verbo, la vera Madre di Dio, te magnifichiamo).
(3) Preghiera con cui si concludono tutte le ore liturgiche, seguita dal Kyrie, dal Pater e da una benedizione del celebrante. Con questa prece si chiude l'ora vera e propria, anche se la tradizione aggiunge poi delle preghiere di composizione ecclesiastica poi entrate nel Tipico.
(4) In alcune tradizioni si usa concludere sempre l'ufficio con una vicendevole richiesta di perdono, specialmente all'interno dei monasteri. Questo è in realtà più frequente al termine della Grande Compieta, piuttosto che della Piccola.

martedì 14 agosto 2018

La riforma della liturgia dell'Assunzione negli anni '50

In seguito alla proclamazione del dogma dell'Assunzione della Beata Vergine Maria solennemente proclamato il 1 novembre 1950 con la pubblicazione della bolla Munificentissimus Deus da parte di Papa Pio XII, la liturgia tradizionale della festa dell'Assunzione ha subito dei deprecabili cambiamenti che, cercando invano di rendere più "dogmatici" i testi della Messa, hanno di fatto distrutto gran parte della tradizione liturgica di questa festa.

Non entro qui nel dibattito attorno al dogma dell'Assunzione, dogma di Fede da sempre creduto nella Chiesa, ma mai proclamato per oltre diciannove secoli; un dogma anomalo quanto alla sua proclamazione, sotto almeno due aspetti (cioè la necessità dello stesso, in quanto non vi erano eresie che minacciavano la Fede, ma fu semplicemente una richiesta devozionale da parte di alcuni vescovi cattolici; ma anche l'opportunità dello stesso, in quanto tradizionalmente si ritiene poter essere proclamati dogmi di fede solo quegli aspetti necessariamente coinvolti nella dottrina dell'Incarnazione, Passione, Redenzione e Risurrezione di Nostro Signore; questi sono peraltro i motivi per cui gli Ortodossi, pur credendo l'Assunzione corporale della Beata Vergine, non ammettono che possa proclamarsi dommaticamente). Tuttavia mi soffermo su un passaggio della lunga e pomposa bolla, che coinvolge direttamente l'aspetto liturgico:

Ma poiché la liturgia della chiesa non crea la fede cattolica, ma la suppone, e da questa derivano, come frutti dall'albero, le pratiche del culto, i santi padri e i grandi dottori nelle omelie e nei discorsi rivolti al popolo in occasione di questa festa non vi attinsero come da prima sorgente la dottrina; ma parlarono di questa come di cosa nota e ammessa dai fedeli; la chiarirono meglio; ne precisarono e approfondirono il senso e l'oggetto, dichiarando specialmente ciò che spesso i libri liturgici avevano soltanto fugacemente accennato: cioè che oggetto della festa non era soltanto l'incorruzione del corpo esanime della beata vergine Maria, ma anche il suo trionfo sulla morte e la sua celeste «glorificazione», a somiglianza del suo unigenito Gesù Cristo.

Con questa frase Pacelli, dimostrando una grande ignoranza dello stile Patristico, o piuttosto volendo distruggere la tradizione Patristica per iniziare la costruzione di una nuova tradizione a proprio piacimento, sovverte la massima di Prospero d'Aquitania legem credendi lex statuat supplicandi, e la legge all'esatto contrario (come oggi fanno molti tradizionalisti, purtroppo), in modo da rendere la Liturgia quasi un aspetto superfluo o comunque secondario all'interno del Cristianesimo, sottomettendo l'ortodossia liturgica a una "più importante" ortodossia dottrinale (questo è anche il problema dell'impostazione di talune comunità tradizionaliste attuali). Per effetto di questa mentalità, di un approccio sbagliato alla dogmatizzazione del mistero, si sono così prodotti dei nuovi testi del Proprio della festa odierna che, oltre ad essere estranei alla tradizione liturgica, sono estremamente poco significativi addirittura per il dogma stesso, e suonano come una deprecabile disarmonia all'interno del quadro liturgico.

L'introito. La Chiesa riservava a questa solennità un Introito impiegato per alcune delle feste più importanti della Madonna e dei Santi, composto secondo la tradizione da Sedulio, che recita Gaudeamus omnes in Domino diem festum celebrantes sub honore beatae Mariae Virginis de cujus Assumptione gaudent Angeli, et collaudant Filium Dei (Rallegriamoci tutti nel Signore, celebrando la festa in onore della Beata Vergine Maria, della cui Assunzione si allietano gli angeli e insieme lodano il Figlio di Dio), accompagnato dal secondo versetto del salmo 44.
Con la riforma liturgica degli anni '50, esso viene sostituito da un Introito costruito a tavolino con l'incipit del XII capitolo dell'Apocalisse di S. Giovanni, principiante Signum magnum. Questa scelta è deprecabile anzitutto perché non si riferisce assolutamente all'Assunzione, e secondo alcuni nemmeno alla Madonna tout court, in quanto la "donna vestita di sole" secondo molte interpretazioni sarebbe la Chiesa. Probabilmente questo introito è stato scelto poiché si cercava la necessità di giustificare scritturalmente l'Assunzione, trovandovi un riferimento nel Nuovo Testamento. Questa è però una mentalità molto protestante, perché si affida a una sorta di sola Scriptura, quasi ignorando che la Tradizione Apostolica sarebbe sufficiente ad attestare la veridicità di questa dottrina. Inoltre, ritenere, come scrivono taluni, che l'Introito dev'essere giocoforza scritturale è una falsità, poiché sono non pochi quelli di composizione ecclesiastica.
Per ironia, in molti messalini del '62 il commentatore, cercando d'introdurre la festa, ricorre immancabilmente alle parole del vecchio introito... e questo la dice lunga.

L'orazione. Qui si vede bene la "predominanza" assoluta della dottrina sulla liturgia, tanto da cancellare l'orazione tradizionale Famulorum, attestata sin dall'Alto Medioevo, con una nuova orazione che si dilunga inutilmente riportando la definizione dogmatica nella sua interezza (corpore et anima ad caelestem gloriam assumpsisti), a discapito di quelli che sono i veri punti costitutivi della colletta, cioè la petizione dei fedeli (si chiama colletta perché raccoglie tutte le richieste del popolo di Dio). Questo fraintendimento si riscontra in molte orazioni composte nel XX secolo o poco prima. Anche il latino impiegato nella nuova orazione risulta penoso, di fronte alla semplicità, all'evidenza e all'armonia della vecchia colletta, che pregava l'intercessione della Beata Vergine, di cui abbiamo bisogno estremo, perché de actibus nostris placere non valemus (non siam capaci colle nostre azioni di essere graditi [a Dio]).

L'epistola. La lettura viene stravolta, peraltro non con l'introduzione di un testo originale ma con il ricupero (non molto sensato) di un passo del libro di Giuditta che nel tardo Medioevo si era assegnato alla festa francescana dei Sette Dolori, poi passata alla Chiesa Universale. Se per la festa dei Sette Dolori possono trovarsi alcune convergenze col passo, in questa occasione risulta del tutto insensato, dacché la Patristica generalmente non riconosce Giuditta come una prefigurazione di Maria, ma piuttosto della Chiesa. I Padri conoscevano profondamente le Scritture, e nei propri liturgici che vengono dall'antichità si vede come riescano a cogliere i più remoti riferimenti dalla Bibbia, riferendoli sapientemente alla Nuova Alleanza. L'Epistola della Messa pre anni '50 era tratta dal libro del Siracide, e faceva espliciti riferimenti al riposo in Dio (in omnibus requiem quaesivi), cioè alla Dormizione della Vergine, cui segue l'Assunzione (exaltata sum). Nel nuovo Proprio, come in altri Propri composti negli stessi anni, si vede bene quanto affermò un dotto domenicano inglese, cioè che i liturgisti del XX secolo, non essendo più in grado di cogliere i molteplici contenuti nascosti nelle Sacre Scritture, iniziarono a scegliere il primo testo utile tra quelli già impiegati in altre Messe che si potesse appaiare almeno apparentemente con la festività.

Il vangelo. L'incompetenza biblica dei nuovi liturgisti è ancora più palese nella scelta del Vangelo. La tradizione più antica scelse per questa festa l'armonica collazione di due passi del Vangelo di S. Luca, il primo (10,38-42) che narra la vicenda di Gesù in casa di Marta e Maria, e uno dal capitolo successivo in cui una donna esclama a Gesù: beata viscera quae te portaverunt et ubera quae suxisti (che è poi il brano del Comune delle Messe della Vergine Maria). Nel rito bizantino questo brano è ancora letto durante l'ufficio della Grande Paraklisi nei primi quindici giorni di agosto, e pure nel giorno stesso della festa. Nel rito romano fu sdoppiato, mantenendo solo l'episodio narrato nel capitolo 10 per la festa odierna, e spostando il secondo passo alla vigilia. Apparentemente, questo Vangelo non parla della Madonna, perché non è nemmeno nominata, ma in realtà è molto significativo: San Bruno d'Asti dice chiaramente che la Madonna è simboleggiata in entrambe queste donne, poiché Ella ha sia ruolo attivo che passivo nella Salvezza). Anche l'omonimia tra la Deipara e la sorella di Marta calza a pennello, poiché permette di isolare questo bellissimo versetto,  impiegato pure come Communio: Optimam partem elegit Maria, quae non auferetur ab ea (Maria ha scelta la parte migliore, e non le verrà tolta).
All'opposto, il nuovo brano evangelico, pur parlando della Beata Vergine, non è affatto significativo circa la sua Assunzione, essendo banalmente il brano contenente l'incipit del Magnificat (1,41-50), che si riferisce genericamente alla condizione privilegiata della Genitrice di Dio.

Non mi soffermo qui sul versetto offertoriale (tratto dalla Genesi, anche qui rimpiazzando un testo più antico di composizione ecclesiastica ed esplicitamente menzionante l'Assunzione) o sulle altre orazioni, per cui possono valere i discorsi già fatti.

La conclusione che pongo a questo breve studio non è mia, ma una mia traduzione di un pensiero dello studioso cattolico inglese Patrick Sheriman, che prima di me si è occupato di questo tema, e che io trovo perfettamente in linea con le mie posizioni.

"Munificentissimus Deus fu il trionfo della supremazia Papale sulla Liturgia, non un trionfo della Tradizione sulla novità o della Verità sull'eresia. Io non vedo come possa l'uso antico compromettere il "dogma" [virgolette nell'originale, ndr] dell'Assunzione. Io direi anzi l'opposto, che quella è l'espressione migliore possibile di credere in tal dogma. Usare il Proprio più recente degrada questa festa antichissima e veneranda in onore della Madre di Dio, ed è indicativa dell'estremamente tragico rivoltamento della Tradizione operato da Pio XII nella Mediator Dei, soppiantando la Liturgia della Chiesa con il volere del Papa.

Per parafrasare George Orwell, se vuoi un'immagine della Chiesa Cattolica, immagina una pantofola del Papa impressa per sempre sulla Tradizione..."

In vigilia Assumptionis Beatae Mariae Virginis

Ἦχος γ’
Ὁ οὐρανὸν τοῖς ἄστροις


Ἀπόστολοι ἐκ περάτων, συναθροισθέντες ἐνθάδε, Γεθσημανῆ τῷ χωρίῳ, κηδεύσατέ μου τὸ σῶμα, καὶ σύ, Υἱὲ καὶ Θεέ μου, παράλαβέ μου τὸ πνεῦμα.

Ὁ γλυκασμὸς τῶν Ἀγγέλων, τῶν θλιβομένων ἡ χαρά, χριστιανῶν ἡ προστάτις, Παρθένε Μήτηρ Κυρίου, ἀντιλαβοῦ μου καὶ ῥῦσαι, τῶν αἰωνίων βασάνων.

Καὶ σὲ μεσίτριαν ἔχω, πρὸς τὸν φιλάνθρωπον Θεόν, μή μου ἐλέγξῃ τὰς πράξεις, ἐνώπιον τῶν Ἀγγέλων, παρακαλῶ σε, Παρθένε, βοήθησόν μοι ἐν τάχει.

Χρυσοπλοκώτατε πύργε, καὶ δωδεκάτειχε πόλις, ἡλιοστάλακτε θρόνε, καθέδρα τοῦ Βασιλέως, ἀκατανόητον θαῦμα, πῶς γαλουχεῖς τὸν Δεσπότην;


Tono III.
Colui che il cielo alle stelle.

"O Apostoli, dai confini della terra qui radunati, nell'orto del Getsemani, seppellite il mio corpo, e tu, Figlio mio e Dio mio, ricevi il mio spirito."

O dolcezza degli Angeli, letizia degli oppressi, difesa dei Cristiani, Vergine Madre del Signore, soccorretemi e liberatemi dagli eterni supplizi.

Vi ho per mediatrice verso Iddio filantropo, che Egli non riprovi le mie azioni davanti agli Angeli, vi prego o Vergine, venite in fretta in mio aiuto.

O torre intrecciata d'oro, o città dalle dodici mura, o trono che stilla sole, seggio del Re, miracolo inconcepibile, come poteste allattare il Signore?

lunedì 13 agosto 2018

Deliri fanarioti: Papa Francesco ortodosso?

Qualche sera fa, dopo la Paraklisi, mi sono fermato a parlare con un sacerdote dell'Arcidiocesi Ortodossa d'Italia e di Malta, del Patriarcato Ecumenico. A un certo punto, essendo il discorso arrivato per caso a toccare il nome di Papa Francesco, questo chierico se ne esce con un affermazione che mi lascia seriamente interdetto: Bergoglio sarebbe, a suo dire, molto vicino alla spiritualità e alla dottrina ortodossa.
Sul momento non rispondo nulla, ma non sono assolutamente convinto delle parole del sacerdote. Dopo aver fatto un po' di ricerche, aver parlato con qualche altro sacerdote ortodosso di provata fiducia e con qualche amico esperto della situazione odierna del Fanar, sono riuscito a formulare una risposta, che propongo di seguito.

Anzitutto, guardando qua e là sul web, soprattutto se si cerca in lingua italiana o inglese (ma pure cercando in greco i risultati non saranno molto diversi), ci si potrà imbattere in sorprendenti dichiarazioni da parte di prelati e vescovi del Patriarcato di Costantinopoli, i quali non esitano ad affermare che "gli Ortodossi amano Papa Francesco". Leggendo tali dichiarazioni, che non differivano poi molto dal discorso che avevo personalmente sentito, appare tuttavia evidente che questi greci hanno, in buona fede o meno, una visione estremamente parziale e arbitraria dell'operato di Bergoglio. Del resto mi era già ben chiaro il fatto che in Grecia si conoscesse la storia della Chiesa Occidentale, e particolarmente quella degli ultimi secoli, in modo superficiale: si pensi che una volta, parlando con un Metropolita (da 25 anni in Italia, peraltro!) mi sentii dire che Paolo VI fosse un difensore della tradizione liturgica...

Costoro, ad esempio, sostengono che egli propenda per una sana revisione dell'ufficio papale, cosa a loro dire comprovata dal fatto che Bergoglio chiami se stesso "Vescovo di Roma" e che parli sovente di sinodalità e collegialità. Chi dice questo però non riesce a vedere l'insieme delle cose, perché le riforme e in generale il cambio di mentalità che Bergoglio (sulla scia dei predecessori) sta apportando alla Chiesa Cattolica riescono solo grazie all'esasperazione di una struttura gerarchica e verticistica (solo per restare ai fatti recenti, cambiare un articolo del Catechismo per una posizione personale del Pontefice è mettere il Papa al di sopra della Tradizione, così come lo fu inserire il nome di San Giuseppe nel Canone per una devozione personale dell'allora regnante Pontefice). Cosa c'entra che Francesco non voglia ricevere gli onori formali dell'ufficio papale? Ai fatti, è ben più significativo ch'egli sfrutti e anzi abusi (ribadisco, in una linea di "ipertrofia" papale che ha origine con Pio IX) delle prerogative di governo!

Allo stesso modo, è assurdo il paragone che certo clero fanariota fa tra l'οἰκονομία della tradizione bizantina e la "misericordia" bergogliana. Come scriveva QUI anni fa un caro amico, la "misericordia" della neochiesa non ha nulla a che fare con la vera οἰκονομία, perché, mentre quest'ultima, secondo l'insegnamento di San Paolo, è sempre sapientemente bilanciata con una sana ἀκρίβεια, nel cattolicesimo contemporaneo si commette l'omicidio dell'ἀκρίβεια con un prevalere incontrastato di un'οἰκονομία sovrabbondante: il discernimento, tanto invocato dalla Chiesa contemporanea e tanto apprezzato dai succitati chierici ortodossi, è in realtà completamente negato, perché viene applicato in modo unidirezionale (cioè verso l'atteggiamento di οἰκονομία). In fondo, anche se magari si utilizzano delle nuove modalità esteriori, in buona sostanza stiamo assistendo a un grande revivial del lassismo seicentesco, incrementato dalla peggior casuistica di matrice gesuita, quella che l'Ortodossia ha sempre condannato come una delle piaghe della morale cattolica.

Sempre in tale ambito, io posso e devo concordare con l'assioma "si condanna il peccato, non il peccatore" (citatomi dal sacerdote con cui parlavo), ma il peccatore va abbracciato e corretto, poiché questo è il vero atto di carità. Inoltre (si parlava nello specifico della sodomia) non mi pare di aver sentito in questi anni nemmeno una condanna del peccato in sé.

Non mi soffermerò sui molti altri argomenti sollevati durante il discorso o letti in internet, perché sono comunque tutte dimostrazioni di superficialità e parzialità (certo che espressioni quali "i poveri sono la carne di Cristo" o "la Chiesa è come un ospedale da campo" appartengono a San Giovanni Crisostomo, ma l'interpretazione che ne dava il grande vescovo costantinopolitano e l'attuale vescovo di Roma sono diametralmente opposte!).

Mi limiterò a concludere con qualche considerazione sul clero ortodosso cui appartiene il sacerdote con cui ho parlato. Si tratta di un clero completamente secolarizzato, che "gestiscono il sacro come impiegati statali, senza una valida formazione umana, intellettuale e spirituale", esattamente paragonabile al clero modernista che infesta il Cattolicesimo contemporaneo. Per capirsi, è il clero da cui è stato partorito il sinodo cretese dell'anno scorso, che su alcuni temi (adattamento alla modernità, ecumenismo) pareva configurarsi come un Vaticano II dell'Ortodossia; è il clero a cui si riconducono alcuni documenti del Fanar che parlavano dell'ecologia come "un obbligo evangelico" tredici anni prima dell'elezione di Francesco al soglio petrino. A quanto pare tratta di un problema endemico al Patriarcato Ecumenico, che non si riscontra generalmente (o comunque molto meno) nelle altre Chiese Ortodosse (non a caso, la Chiesa Russa, pur essendo stata storicamente più aperta verso il Cattolicesimo rispetto a quella Greca, non dimostra alcuna esaltazione nei confronti di Francesco, pur nutrendo qualche leggera simpatia nei confronti di Ratzinger per alcune sue sagge decisioni liturgiche, né volle partecipare al Concilio Cretese, decretandone di fatto il carattere locale e facendone venir meno l'ecumenicità che rischiava veramente di farne un Vaticano II dell'Oriente). A tale clero secolarizzato si possono ascrivere oramai gran parte dei sacerdoti, nonché dei Vescovi, della Grande Chiesa di Cristo, tanto in Grecia quanto all'estero: solo i monasteri parrebbero salvarsi. Siamo di fronte a un fenomeno perfettamente speculare al modernismo cattolico, perché gli atteggiamenti mondani di questi sacerdoti e la loro particolare attrazione verso certi aspetti del cattolicesimo contemporaneo (per dirla tutti, alcuni di questi hanno creato l'assurda e ridicola favoletta che col Vaticano II la Chiesa Romana si sarebbe avvicinata all'Oriente) testimoniano una mentalità radicata oramai nel secolo e lontana dall'ideale cristiano.
Se questi dunque sostengono che Bergoglio abbia la stessa spiritualità ortodossa, alla fine non si sbagliano, nel senso che Bergoglio è spiritualmente ortodosso, ma in quell'"Ortodossia" (in realtà un ethos secolaristico) vissuto da tali sacerdoti e condiviso con il clero cattolico modernista, che però NON è assolutamente la vera Ortodossia.

Come mi ha detto un amico quando gli ho raccontato la vicenda: "Qui le Chiese si sono veramente unite ma nel peccato e nell'eresia..."

sabato 11 agosto 2018

Il Penitenziale di Bucardo di Worms (+1025)

Il presente testo è tratto dal Guaritore, opera composta nel 1002 (secondo taluni, però, circa un decennio più tardi) dal vescovo di Worms Bucardo (950-1025), raccolta di canoni che indicavano ai confessori quali penitenze assegnare per i singoli peccati, secondo un uso consolidato nel Cristianesimo medievale (i primi penitenziali risalgono al VI secolo, e si fanno risalire ai santi fondatori del monachesimo irlandese, Colombano e Finnian). La lettura sarà senz'altro interessante, soprattutto se si rifletterà su quanto gravi venissero considerati taluni peccati che oggi sono viceversa sdoganati nella società immorale contemporanea, e quanto le penitenze fossero più dure e soprattutto avessero una certa durata. Ancora oggi i confessori più rigorosi, in Oriente, assegnano periodi di astensione dalla Comunione, oppure dei canoni di preghiera o delle prostrazioni quotidiane da osservare per un certo periodo di tempo. Questo perché il peccato, che è essenzialmente una malattia che compromette la salute dell'anima, necessita di strumenti di guarigione che non sono certamente leggeri (padre Paisios spesso paragonava il confessore al medico che, per guarire il malato, deve dargli erbe amare), né brevi, perché solo con un esercizio ascetico prolungato il peccatore potrà abbandonare quello che S. Alfonso chiama il "malabito", cioè l'assunzione di comportamenti abitualmente peccaminosi, per via del disordine comportato dal peccato che -in alcuni casi, specialmente nei peccati contro il VI comandamento che oggi costituiscono una vera piaga della società- si radica nell'anima, portando all'abitudine all'atto malvagio e inibendo talora la stessa coscienza morale dell'individuo.


SUI PECCATI E LE PENITENZE



ESORTAZIONE

O caro sacerdote che ti appresti a confessare, quando vesti la stola del pentimento per un servizio così caro a Dio come la riconciliazione dei Suoi figli presso la sua Maestà, ricordati che l'animo umano non è mai uguale. Alcune persone sono viscide e non realmente pentite, altre sono troppo modeste e tendono ad esagerare la loro condotta, altri ancora sono bugiardi, taluni omettono alcuni peccati o ne inventano addirittura: il ruolo di confessore e di padre spirituale diventa perciò molto delicato e gravoso. Quando ti appresti a confessare un individuo, domandagli sempre della sua vita, in modo da conoscerne le scelte e poter indirizzare questa creatura di Dio verso un cammino spirituale che gli si confaccia maggiormente. Non essere avaro né prodigo di penitenze e di castighi, ricordati della mano di Dio, che è il sommo bene e la somma giustizia, e agisci di conseguenza nel dispensare tanto misericordia quanto il canone di pentimento. Addestra i tuoi figli spirituali alla lotta, che però non sia loro impossibile a causa del tuo zelo eccessivo.

Ricordandoti delle mie povere parole, o sacerdote, leggi ora come la Tradizione per molto tempo ha corrisposto per ogni peccato una giusta penitenza.

OMICIDIO

Chi confessa di aver ucciso un chierico si comunichi solo in punto di morte, e viva a pane e acqua senza alcuna economìa.

Chi confessa di aver ucciso un laico, abbandoni il mondo e vesta il saio monastico, oppure viva per sempre non mangiando carne, né formaggi, oppure conducendo digiuno totale fino all'Ora Nona (le 15.00) e facendo comunione quanto raramente il confessore deciderà che egli debba, a esclusione di Pasqua, nella quale è obbligatoria. (Alcuni canonisti antichi non permettevano all'omicida di comunicarsi mai se non in punto di morte, altri davano 20 anni di astinenza dalla comunione prima di essere riammessi al Calice, ndr)

OFFESE ALLA CASTITÀ

L'incesto
Chi confessa di aver compiuto un atto sessuale con un parente, se non è sposato, si dedichi alla ricerca della virtù vivendo in monastero, oppure osservando un digiuno per dieci anni secondo quanto disporrà il padre spirituale.

Chi fornica con la propria madrina o il proprio padrino di battesimo sia punito con sette anni di digiuno stretto.

L'adulterio
Coloro che attentano al proprio e altrui matrimonio compiendo l'adulterio, per quindici anni dovranno vivere in regime quaresimale due volte l'anno, oltre alla Quaresima di Pasqua, sempre obbligatoria e da vivere nella totale continenza.

Colui o colei che rompe il matrimonio senza un valido motivo, per un capriccio carnale, a causa di figli nati da un altro uomo o da un altra donna, viva sette anni nel digiuno.

La fornicazione
L'uomo o la donna che abbiano sesso occasionale o reiterato nel tempo senza essere sposati, ogni volta che fornicano sappiano che devono passare venti giorni a pane e acqua.

La masturbazione
Coloro che peccano di masturbazione stiano dieci giorni a pane e acqua, oppure siano obbligati a frequentare un officio liturgico, oppure a praticare un canone di preghiera.

Se un uomo pratica masturbazione utilizzando vagine fittizie, legni forati, rotoli di carta o altri metodi, venti giorni a pane e acqua. Parimenti, la stessa pena per una donna che utilizza apparecchi di qualsiasi forma e materiale per masturbarsi.

Coloro che si masturbano vicendevolmente, se uomo e donna, stiano quindici giorni a pane e acqua.

Se due uomini o due donne si masturbano vicendevolmente, stiano in regime quaresimale per trenta giorni.

Sodomia e Lesbismo
Un uomo che ha praticato sodomia occasionalmente, viva un anno a pane e acqua, due anni a pane e acqua se è sposato e occasionalmente tradisce la moglie con un altro uomo.

Un uomo che pratica sodomia regolarmente sia in penitenza per quindici anni.

Una donna che ha relazione con un'altra donna, occasionalmente, venti giorni a pane e acqua. Una donna che fa sesso lesbico regolarmente, viva tre anni di penitenza.

La donna che usa strumenti e oggetti per fare da uomo su un'altra donna, viva un anno come in quaresima.

<< Il sesso proibito >>
Si diano quattro giorni di penitenza alla coppia che si unisce carnalmente nella vigilia del sabato e il giorno della domenica.

Si diano quattro giorni a pane e acqua alla coppia che si unisce alla pecorina.

Si diano delle preghiere da fare all'uomo che ha voluto il sesso dalla moglie nei giorni in cui è indisposta.

Chi compie fornicazione con una pecora, una giumenta o il proprio cane, faccia  7 anni di quaresima se è solo, se è sposato 15. Se è una pratica abituale, abbia un canone per tutta la vita.

Chi fa sesso con animali stia sette anni in penitenza.

L'uomo o la donna che usano i propri i figli o i bambini altrui per i propri piaceri, stiano due anni senza comunione.

L'ABORTO

La donna che, per mezzo di medicamenti, erbe o altri rimedi ha abortito, abbia un regime di vita quaresimale per tre anni, e non prenda comunione per tre anni.

Chi insegna ad abortire o pratica l'aborto stesso, quali medici e infermieri o nutrici, abbia tre anni di digiuno stretto.

LA MAGIA

Chi pratica magia sessuale per farsi amare o per compiacere, sette anni di penitenza.

Chi pratica magia sessuale rendendo impotente il partner, cinque anni di penitenza.

Chi pratica magia naturale, attraverso l'astrologia o le rune, chi legge i tarocchi e le carte, chi usa le pratiche di medicina e di erboristeria per preparare e usare intrugli magici, sia punito con quattro anni di penitenza.

Chi celebra le feste pagane, sia un anno a digiuno.

Chi pratica magia per benedire la propria casa, gli animali, i campi o qualsiasi cosa, andando contro la Chiesa e le sue preghiere, sia ad un anno senza comunione.

Chi preferisce consultare maghi e indovini, frequentando circoli teosofici e magici, sia punito con un anno senza comunione.

Chi recita incantesimi presso case, crocicchi, croci, sagrati delle chiese, alberi e fonti d'acqua sia punito con tre anni di digiuno.

Chi presta orecchio agli indovini e mette in pratica usi pagani o magici, venti giorni a pane e acqua.

Chi profana il corpo dei defunti, siano essi bambini o adulti, sia sottoposto a due anni di digiuno.

Dieci giorni a pane e acqua spettano ai peccatori che utilizzano scongiuri pagani piuttosto che preghiere.

SATANISMO

Coloro che maledicono siano condannati ad un mese di digiuno.

Coloro che praticano il satanismo e ne diffondono i precetti, se pentiti, vivano sette anni in penitenza.

Coloro che assistono ad una messa nera stiano due anni senza comunione, o sette anni in digiuno, e vangano riammessi in chiesa solo dopo l'esplicito permesso del Vescovo.

Le donne che prestano il proprio corpo alla lascivia dei demoni o di coloro che li invocano stiano dieci anni in regime quaresimale e un anno senza comunione.

Chi profana la Divina Eucarestia, e confessa, viva in astinenza e quaresima per tutta la vita, e ottenga l'assoluzione e la comunione solo in punto di morte.

Coloro che si professano apertamente adoratori dei demoni e aprono portali, oppure servono le creature delle tenebre, stiano tre anni senza eucarestia e possano accedere nuovamente ai sacramenti solamente dopo l'esplicito permesso del Vescovo e con il suo esorcismo.

MANCANZA DELLA CARITÀ

Coloro che mancano di carità verso gli affamati e gli indigenti, coloro che pur potendo non compiono il bene, coloro che evitano di visitare i malati e i carcerati ed era stato loro chiesto, stiano quaranta giorni in vita quaresimale.

Coloro che difendono il prepotente e attaccano il debole vivano quindici giorni a pane e acqua.

Chi dice falsa testimonianza col motivo di difendere un amico o un parente, trenta giorni a pane e acqua.

Chi racconta falsa testimonianza senza alcun motivo, dieci giorni a pane e acqua.

FURTO

Chi ruba sia assolto solo dopo che ha reso il maltolto. Se non è possibile, che sconti la pena civile e venga assolto alla sua conclusione.

Chi è in grave stato di indigenza e ruba per povertà, e confessa il suo crimine rendendo il maltolto, stia tre giorni a pane e acqua. Se evita di rendere il maltolto al legittimo padrone, stia in regime di digiuno per quaranta giorni.

Chi ruba in chiesa oggetti sacri stia tre mesi a pane e acqua.

INTEMPERANZA

Chi mangia e beve smodatamente nei periodi di digiuno compia una astinenza o un canone secondo il confessore.

Chi non si astiene dal sesso nella Settimana Santa, nei giorni di Natale, Pentecoste, Dormizione e nel santo del suo nome, stia quindici giorni in digiuno anche se il periodo d'astinenza è concluso.

Chi fa ubriacare qualcuno stia dieci giorni in astinenza.

Chi vomita l'Eucarestia per malanni o per ubriachezza stia venti giorni a pane e acqua.

EMPIETÀ

Coloro che bestemmiano siano puniti con preghiere e canoni secondo il sacerdote.

Coloro che calpestano le tombe o estraggono i morti stiano quaranta giorni a pane e acqua.

Coloro che sparlano in chiesa o interrompono un ufficio stiano quindici giorni in digiuno.

Chi non si comunica nei giorni di Natale, Venerdì Santo, Pasqua, Pentecoste, nel giorno della Dormizione della Vergine e nel giorno di Tutti i Santi sia punito con venti giorni a pane e acqua.

Chi disprezza gli offici divini celebrati da un sacerdote sposato, ritenendolo inadatto al suo ruolo o inferiore al sacerdote celibe, stia quaranta giorni a digiuno totale fino all'Ora dei Vespri, e poi chieda pubblicamente scusa al sacerdote e assuma la sua assoluzione e i sacramenti da colui che ha offeso, ritenendolo un peccatore, quando in realtà il sacerdote sposato è degno d'ogni rispetto.

Il Vescovo che si lascia comprare, affidando un Ordine sacro o un sacramento in cambio di soldi, sia scomunicato.

Il sacerdote che impone tariffe per i sacramenti, invece che accettare solamente le libere offerte, stia due settimane a pane e acqua.

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Fonte:
Edmond Pognon. La Vita nell'Anno Mille, Fabbri editori

giovedì 9 agosto 2018

Inno in onore della passione del beatissimo martire Lorenzo

Riportiamo di seguito i due brani più significativi del secondo libro del Peristephanon di Prudenzio, dedicato alla passione di San Lorenzo di cui oggi ricorre la festa (qui l'articolo dello scorso anno con l'agiografia). La prima parte (vv. 1-44) costituisce l'introduzione del carme, in cui si accenna alle virtù del generoso e devoto Lorenzo e si anticipa il suo martirio, mentre la seconda (vv. 413-484) è la preghiera che il santo diacono pronuncia sulla città di Roma poco prima di subire il martirio.
Traduzione di Nicolò Ghigi.

Tiziano Vecellio, Martirio di S. Lorenzo, metà del XVI secolo,
Chiesa dei Gesuiti (Venezia)


Aurelio Prudenzio Clemente
PERISTEPHANON
II, 1-44 et 413-484

Inno in onore della passione del beatissimo martire Lorenzo

Antiqua fanorum parens,
iam Roma Christo dedita,
Laurentio victrix duce
ritum triumphas barbarum.

Reges superbos viceras
populosque frenis presseras
nunc monstruosis idolis
inponis imperii iugum.

Haec sola derat gloria
togatae insignibus,
feritate capta gentium
domaret ut spurcum Iovem,

non turbulentis viribus
Cossi, Camilli aut Caesaris,
sed martyris Laurentii
non incruento proelio.

Armata pugnavit Fides
proprii cruoris prodiga;
nam morte mortem diruit
ac semet inpendit sibi.

Fore hoc sacerdos dixerat
iam Xystus adfixus cruci
Laurentium flentem videns
crucis sub ipso stipite:

‘Desiste discessu meo
fletum dolenter fundere!
praecedo, frater; tu quoque
post hoc sequeris triduum.’

Extrema vox episcopi,
praenuntiatrix gloriae,
nihil fefellit; nam dies
praedicta palmare praetulit.

Qua voce, quantis laudibus
celebrabo mortis ordinem,
quo passionem carmine
digne retexens concinam?

Hic primus e septem viris,
qui stant ad aram proximi,
levuita sublimis gradu
et ceteris praestantior,

claustris sacrorum praeerat
caelestis arcanum domus
fidis gubernans clavibus
votasque dispensans opes.

[…]

Haec ludibundus dixerat,
caelum deinde suspicit
et congemescens obsecrat
miseratus urbem Romulam:

'O Christe, nomen unicum,
O splendor, O virtus patris,
O factor orbis et poli
atque auctor horum moenium,

qui sceptra Romae in vertice
rerum locasti, sanciens
mundum Quirinali togae
servire et armis cedere,

ut discrepantum gentium
mores et obseruantiam
linguasque et ingenia et sacra
unis domares legibus!

En omne sub regnum Remi
mortale concessit genus,
idem loquuntur dissoni
ritus, id ipsum sentiunt.

Hoc destinatum, quo magis
ius christiani nominis,
quodcumque terrarum iacet,
uno inligaret vinculo.

Da, Christe, Romanis tuis,
sit christiana ut ciuitas,
per quam dedisti, ut ceteris
mens una sacrorum foret!

Confoederantur omnia
hinc inde membra in symbolum,
mansuescit orbis subditus,
mansuescat et summum caput.

Advertat abiunctas plagas
coire in unam gratiam,
fiat fidelis Romulus
et ipse iam credat Numa.

Confundit error Troicus
adhuc Catonum curiam
veneratus occultis focis
Frygum penates exules.

Ianum bifrontem et Sterculum
colit senatus, horreo
tot monstra patrum dicere
et festa Saturni senis.

Absterge, Christe, hoc dedecus!
Emitte Gabriel tuum,
agnoscat ut verum deum
errans Iuli caecitas!

Et iam tenemus obsides
fidissimos huius spei,
hic nempe iam regnant duo
apostolorum principes,

alter vocator gentium,
alter cathedram possidens
primam recludit creditas
aeternitatis ianuas.

Discede, adulter Iuppiter,
stupro sororis oblite,
relinque Romam liberam
plebemque iam Christi fuge!

Te Paulus hinc exterminat,
te sanguis exturbat Petri,
tibi id, quod ipse armaveras,
factum Neronis, officit.

Video futurum principem
quandoque, qui servus dei
taetris sacrorum sordibus
servire Romam non sinat,

qui templa claudat vectibus,
valvas eburnas obstruat,
nefasta damnet limina
obdens aenos pessulos.

Tunc plura ab omni sanguine
tandem nitebunt marmora,
stabunt et aera innoxia,
quae nunc habentur idola.'
O antica genitrice di templi,
Roma, già a Cristo votata,
sotto la guida di Lorenzo, vincitrice
trionfi sul barbaro costume.

Avevi sconfitti re superbi,
e oppresso in catene popoli,
ora sugli orridi idoli
imponi il giogo del tuo potere.

Sol questa gloria mancava
agl’insigni trionfi della città ove si porta la toga,
vinta i costumi selvaggi delle genti,
superare finalmente Giove infame, 

non con le forze sediziose
di Cosso, di Camillo o di Cesare,
ma con la non incruenta battaglia
del martire Lorenzo.

La Fede combatté armata,
prodiga del proprio sangue;
la morte infatti distrusse con la morte,
e con sé riscattò se stessa.

Il sacerdote Sisto, appeso alla croce,
già avea detto che ciò sarebbe successo,
vedendo Lorenzo che piangeva,
sotto al legno stesso della croce:

‘Smettete di piangere amaramente
per la mia dipartita!
Ti precedo, fratello; tu pure
mi seguirai dopo tre giorni.’

Le ultime parole del vescovo,
che preannunciavano la gloria,
affatto non sbagliavano; infatti, il giorno
prestabilito, portò seco la palma della vittoria.

Con qual voce, con quali lodi,
celebrerò l’esito della morte,
con quale canto degnamente
potrò cantare la passione?

Egli, primo dei sette uomini
che stanno presso all’altare,
levita di grado eccelso
e ben al di sopra degli altri,

s’occupava del santuario ascoso,
ministrando fidatamente le chiavi
dell’arcano della casa celeste,
e donando ricche offerte.

[…]

Queste parole aveva detto canzonando,
dipoi guardò il cielo,
e sospirando pregò,
commiserando la città di Romolo:

‘O Cristo, unico nome,
o splendore, o virtù del Padre,
o creatore della terra e del cielo,
e fondatore di queste mura,

tu che hai collocato lo scettro di Roma
sopra ogni altro potere, decretando
che il mondo si sottomettesse alla toga di Quirino, e cedesse alle sue armi,

affinché, tra popoli diversi
per costumi, indole,
lingua e culti, tu imponessi
di sottostare a un’unica legge!

Ecco che tutto il genere umano
è venuto sotto il regno di Remo,
la stessa lingua parlano popoli di diverso
costume, e han gli stessi sentimenti.

Fu pure ciò destinato, che la legge
del nome cristiano ancor più
legasse in un sol vincolo
tutto ciò che si trova sulla terra.

Da, o Cristo, ai tuoi Romani,
che sia cristiana la città
per mezzo della quale donasti
alle altre un’unica fede.

Tutte le membra, d’ogni dove,
si riuniscono nel simbolo,
si ammansisce l’orbe sottomesso,
si ammansisca pure la sua suprema capitale.

Guidi i territori a lei legati
a riunirsi in una sola grazia,
sia fedele Romolo,
e pur Numa stesso già creda.

L’error troiano ancor offusca
la curia dei Catoni,
venerando ad altari ascosi
gli esuli penati dei Frigi.

Il senato è devoto a Stercolo
e a Giano Bifronte, provo ribrezzo
nel raccontar gli orrori dei padri
e le feste del vecchio Saturno.

Lava, o Cristo, questa vergogna!
Manda il tuo Gabriele,
perché la cecità di Giulio, ch’è nell’errore,
riconosca il vero Dio.

E già abbiam prove certissime
di questa speranza,
qui infatti già regnano i due
principi degli apostoli,

uno detto delle genti,
l’altro possiede il trono primaziale,
e chiude le porte dell’eternità,
che gli sono affidate.

Vattene, o Giove adultero,
sozzato dallo stupro della sorella,
e lascia libera Roma,
già fuggi dal popolo di Cristo!

Da qui Paolo ti scaccia,
ti bandisce il sangue di Pietro,
ti nuoce ciò che tu stesso hai disposto,
il crimine di Nerone.

Vedo il principe che verrà
un giorno, servitore di Dio,
il qual non permetterà che Roma
si sottometta alle fosche sordidezze del culto,

che serrerà colla spranga i templi,
sprangherà le porte d’avorio,
ripudierà quei nefasti ingressi,
chiuderà i catenacci di bronzo.

Alfine allora i molti marmi
saran splendenti d’ogni sangue,
e pur le statue bronzee, che ora son tenute per idoli, saranno innocue’.