"Il peccato impuro contro natura fa schifo anche ai demoni"
(S. Caterina)
Oggi si celebra la festa di S. Caterina da Siena, vergine e
mistica, proclamata Patrona d’Italia da
Papa Pio XII nel 1939, e pertanto celebrata come solennità di I classe
privilegiata in tutta la penisola italiana, tanto da prevalere persino sulle domeniche
del tempo pasquale.
Caterina nacque a Siena nel 1347, ventiquattresima figlia di
una numerosa famiglia di piccola borghesia, e trovò assai precocemente la sua
vocazione mistica: già all’età di sei anni ebbe una visione, in cui le apparse
Gesù stesso, in abiti pontificali e circondato dai Santi Pietro e Paolo
(riferimento al problema del Papa che al tempo sedeva ad Avignone), e nella
quale ella fu scelta misticamente in sposa dal Signore, consacrandosi già a
quell’età a lui vergine. Negli anni successivi, la mistica senese intraprese
sempre più duramente la via della perfezione cristiana, attraverso penitenze e
privazioni: il suo confessore e cronista Raimondo da Capua ci riporta che
ridusse sensibilmente cibo e sonno; una volta digiunò totalmente dalle Ceneri all'Ascensione, cibandosi di sola Eucaristia; da dodici anni smise di assumere carne e da
sedici ogni cibo cotto; fece frequentemente uso del cilicio (che lo stesso
Raimondo poi le proibì) e di frustate…
La Santa ebbe notevoli difficoltà nella famiglia a mantenere
il suo rigore, giacché i genitori, non essendo informati della sua visione, non
capivano perché rifiutasse sì tante cose. Caterina aveva anche provato a
scappare di casa e a vivere come un’eremita in una grotta, ma all’età di sei
anni non riuscì a portare avanti questo tentativo più di una notte. In
particolare, dovette lottare duramente coi genitori circa il matrimonio,
volendola essi maritare all’età di 12 anni. Caterina in realtà indugiò un po’
sulla proposta; poi, morta la sorella Bonaventura, convinta che fosse colpa
sua, che aveva tradito il suo sposo indugiando ed ornandosi siccome le aveva
detto la madre, intensificò ancora di più le penitenzesi tagliò i capelli, si
coprì il capo con un velo e si serrò in casa. Raccontò anche ai genitori la
visione: essi dapprima non le cedettero, ma un giorno il padre, vedendo una
colomba bianca posarsi sulla testa di lei in preghiera, si convinse che ella
era veramente una donna eletta da Dio.
Nel 1363 vestì l’abito delle «mantellate» (così dette dal
mantello nero sull'abito bianco dei Domenicani); Caterina si avvicinò alle
letture sacre pur essendo analfabeta. Al termine del Carnevale del 1367 si compiono, alla presenza di
Maria e dei Santi, le famose mistiche nozze: Caterina da Gesù riceve un anello
adorno di rubini. Fra Cristo, il bene amato sopra ogni altro bene, e Caterina
viene a stabilirsi un rapporto di intimità particolarissimo e di intensa
comunione, tanto da arrivare ad uno scambio fisico di cuore. Cristo ormai vive
in lei, ed ella trae ogni suo giovamento dalla strettissima comunione con Dio.
Il suo desiderio del Signore era tale che, in un suo scritto, ci racconta di
come ella si elevasse con brama ardente al cielo, mentre i demoni la
trattenevano picchiandola e massacrandola, ma ella, giunta al cielo, fu presa
da Dio che stampò il suo cuore su tutta la Chiesa. Caterina stessa descrive la
sua esperienza come un «affogare nel sangue di Cristo». Contemporaneamente, nel
1370, Caterina iniziò ad essere accompagnata dalla “Bella brigata”, un gruppo
di uomini e donne che la seguivano, la sorvegliavano nelle sue lunghe estasi,
l'aiutavano in ogni modo nelle attività caritative e anche nella corrispondenza
che gente di ogni parte intratteneva con lei. Nel 1375, secondo la Legenda Major, nella Chiesa di S.
Cristina a Pisa ricevette le stimmate, che però le furono, su sua stessa
richiesta, impresse nascostamente agli occhi di tutti. Contemporaneamente,
iniziò un fitto scambio epistolare (aveva ella infatti imparato a leggere e a
scrivere per ispirazione divina, non avendo avuto istruzione), arrivando a
scambiare lettere con importanti sovrani (il re di Francia, di Napoli …), per
dirimere questioni politiche che le stavano particolarmente a cuore, poiché la
popolazione era gravemente colpita dalle continue guerre e dalle conseguenti
epidemie e carestie. Il suo scambio forse più ricco e significativo è però con
il Papa, “il mio Cristo in terra”, Gregorio XI, con il quale ella discusse lungamente
dei più svariati temi (problemi e morale del clero, assegnazione delle sedi
vescovili …), e finanche spinse con forza il già filoromano Pontefice a
riportare nel suo luogo proprio, cioè a Roma, la sede papale, cosa che
effettivamente fece nel 1377, nonostante, una volta giunto a Genova, i timori
relativi ai disordini urbani e le pressioni di molti cardinali fossero sul
punto di fargli cambiare idea, ma furono prontamente dissipati da Caterina. La
Santa fu anche mediatrice politica tra la Repubblica di Firenze, colpita da
interdetto per la sua politica antipapale, e la Santa Sede.
Nel Dialogo della
Divina Provvidenza, la Santa ci lascia alcune preziose testimonianze delle
sue visioni mistiche e del suo strettissimo rapporto con Gesù: una di queste,
risalente al 1364 circa, racconta che, donato il suo mantello a Gesù apparsogli
sottoforma di povero, la mistica ricevette in visione lo stesso Signore, che le
donò il suo cuore per il quale lei sempre
viveva.
Rese lo spirito la domenica dopo l’Ascensione, il 29 aprile
1380, ricevuti i Sacramenti e invocando spesso il Signore, col quale, così come
era stata prodigiosamente unita in vita, restò unita anche dopo la morte.
Testi scelti
Caterina fu eccellente scrittrice di teologia, nonché
autrice di diverse orazioni. Riportiamo anzitutto l’incipit del suo Trattato
sulla Divina Provvidenza, il quale è una sintesi teologica veramente mirabile
dell’economia salvifica di Dio, la quale dovrebbe essere subito insegnata nei
catechismi:
Mandai el Verbo
dell’unigenito mio unico Figliuolo (el quale fu figurato per Eliseo) che si
conformò con questo figliuolo morto, per l’unione della natura divina unita con
la natura vostra umana. Con tutte le membra si unì questa natura divina, cioè
con la potenza mia, con la sapienza del mio Figliuolo e con la clemenzia dello
Spirito santo, tutto me, Dio, abisso di Trinità, conformato e unito con la
natura vostra umana.
(Dialogo della Divina
Provvidenza, di S. Caterina da Siena, cap. I)
Poi riportiamo la sua orazione allo Spirito Santo,
frequentemente consigliata dagli asceti per il raggiungimento della perfezione
cristiana:
Spiritus Sancte, veni
in cor meum,
per tuam potentiam illud trahas ad te Deum,
et mihi concede charitatem cum timore.
Custodi me, Christe, ab omni mala cogitatione.
Me recalescas, et me inflamma tuo dolcissimo Amore,
ita quod omnis poena mihi levis videatur.
Sancte mi Pater, mi Domine, dulcis Dominator,
or me juvate in omni mea necessitate.
Christus Amor, Christus Amor.
per tuam potentiam illud trahas ad te Deum,
et mihi concede charitatem cum timore.
Custodi me, Christe, ab omni mala cogitatione.
Me recalescas, et me inflamma tuo dolcissimo Amore,
ita quod omnis poena mihi levis videatur.
Sancte mi Pater, mi Domine, dulcis Dominator,
or me juvate in omni mea necessitate.
Christus Amor, Christus Amor.
Infine, la famosissima preghiera alla SS. Trinità contenuta
nel Dialogo della Divina Provvidenza, in un adattamento linguistico moderno per
facilitarne la recita devozionale:
O Deità eterna, o
eterna Trinità, che, per l'unione con la divina natura, hai fatto tanto valere
il sangue del tuo Unigenito Figlio! Tu, Trinità eterna, sei come un mare
profondo, in cui più cerco e più trovo; e quanto più trovo, più cresce la sete
di cercarti. Tu sei insaziabile; e l'anima, saziandosi nel tuo abisso, non si
sazia, perché permane nella fame di te, sempre più te brama, o Trinità eterna,
desiderando di vederti con la luce della tua luce.
Io ho gustato e veduto con la luce
dell'intelletto nella tua luce il tuo abisso, o Trinità eterna, e la bellezza
della tua creatura. Per questo, vedendo me in te, ho visto che sono tua
immagine per quella intelligenza che mi vien donata della tua potenza, o Padre
eterno, e della tua sapienza, che viene appropriata al tuo Unigenito Figlio. Lo
Spirito Santo poi, che procede da te e dal tuo Figlio, mi ha dato la volontà
con cui posso amarti.
Tu infatti, Trinità eterna, sei creatore ed
io creatura; ed ho conosciuto - perché tu me ne hai data l'intelligenza, quando
mi hai ricreata con il sangue del tuo Figlio - che tu sei innamorato della
bellezza della tua creatura.
O abisso, o Trinità eterna, o Deità, o mare
profondo! E che più potevi dare a me che te medesimo? Tu sei un fuoco che arde
sempre e non si consuma. Sei tu che consumi col tuo calore ogni amor proprio
dell'anima. Tu sei fuoco che toglie ogni freddezza, e illumini le menti con la
tua luce, con quella luce con cui mi hai fatto conoscere la tua verità.
Specchiandomi in questa luce ti conosco
come sommo bene, bene sopra ogni bene, bene felice, bene incomprensibile, bene
inestimabile. Bellezza sopra ogni bellezza. Sapienza sopra ogni sapienza. Anzi,
tu sei la stessa sapienza. Tu cibo degli angeli, che con fuoco d'amore ti sei
dato agli uomini.
Tu vestimento che ricopre ogni mia nudità.
Tu cibo che pasci gli affamati con la tua dolcezza. Tu sei dolce senza alcuna
amarezza. O Trinità eterna!
(Dialogo della Divina
Provvidenza, di S. Caterina da Siena, cap. CLXVII