martedì 27 maggio 2025

Lettera a una persona smarrita negli inganni del Nemico

 

In tempi dove sembrano abbondare visioni, miracoli o profezie, proponiamo questa lunga lettera che San Macario di Optina (1788-1860) scrisse per mettere in guardia un fedele contro il pericolo del Prelest, l'inganno spirituale. Avevamo già trattato in precedenza questa tematica molto cara agli asceti Ortodossi che diffidano sempre dei frutti dell'immaginazione applicata alla preghiera. La lettera è una vera e propria catechesi sulla vita spirituale e l'orazione; contiene numerose citazioni da opere patristiche e dalla Filocalia, nessuna parola di San Macario è scritta senza che non abbia una radice nei Padri. E questo dovrebbe far riflettere sul valore che le parole - il "sì sì, no no" evangelico - dovrebbero avere e sul vero senso di nascondimento nella vita monastica.  Abbiamo aggiunto dei brevi titoletti per permettere una lettura più agevole del testo, mentre i riferimenti delle citazioni sono prese dall'originale e potrebbero quindi differire nelle opere tradotte in Italiano.

Traditio Marciana.


 

Lettera 445 di San Macario di Optina. Dalle lettere ai laici.


Altamente stimato nel Signore, N.N.,

ho ricevuto la vostra lettera, spedita nel Marzo di quest’anno e sono davvero stupefatto che, non conoscendomi affatto, abbiate scelto di descrivermi le vostre strane esperienze e di chiedere il mio consiglio circa i vostri dubbi. Dovrei preferire, conoscendo di essere fisicamente e spiritualmente debole, rifiutare di parlare di cose per me difficili e alte. E stavo per rifiutare di rispondere alle vostre domande ma, considerando la fede con la quale cercate consiglio e sentendomi dispiaciuto della vostra situazione passata e presente, che voi descrivete, ho osato rispondervi (dopo essermi consigliato con i nostri padri, dal momento che è risaputo che Dio ha posto parole di guida rette anche nella bocca delle bestie mute). Cercherò di darvi alcuni passaggi rilevanti dell’insegnamento dei Santi Padri e di rappresentare le azioni degli inganni del Nemico, in modo da mettervi sull’avviso per non seguirli, benché in apparenza assomiglino falsamente alla verità.

 

A proposito, voi stesso avete una volta menzionato i vostri sospetti di esservi smarrito nelle reti del Nemico. Alla luce della conoscenza dei Santi Padri dovreste vedere questo fatto ancora più chiaramente e abbracciare la verità, allora, abbandonate le menzogne, seguire cautamente la dottrina dei Santi Padri. Eccovi alcuni passaggi che ho preparato per voi.

 

(Orgoglio e false visioni)

L’inganno spirituale, in accordo con Gregorio il Sinaita (Filocalia parte 132; Filocalia Russa, volume V) ha due radici dal lato umano: l’orgoglio e la vita peccaminosa, a causa di queste ragioni un uomo è fatto zimbello dei nemici spirituali. Dio permette questa tentazione in modo che l’uomo ritorni in sé, faccia penitenza e se vuole cambi la sua vita.

Secondo la vostra lettera, concludo che la prima trappola dell’inganno venne stesa nel 1853, nella città di T., quando vi stavate rimettendo da una malattia: voi veniste visitato dall’illusione che guardando le icone queste cambiassero, finché un giorno anelli di rose staccatisi dalla icona di nostra Signora entrarono nel vostro cuore, portando con sé la convinzione che vi era concesso il perdono dei vostri peccati. Sull’autorità dei Padri posso assicurarvi che, nel momento che accettaste questo come vera rivelazione, cadeste nella rete del nemico. Tutto quello che seguì fu semplicemente il risultato di questo evento.

Nessun demone può rappresentare la vera immagine di Cristo, così come giustamente afferma Barsanufio il Grande nel suo libro, risposta 413, ma può ingannare ricreando la forma di un uomo normale. Questo deve essere successo nelle vostre apparizioni di nostra Signora con il Bambino e nelle altre riguardanti le icone.

S. Barsanufio dice nella stessa risposta 413, che il demonio è incapace di evocare la Santa Croce perfino nei sogni degli uomini e la Santa Chiesa proclama cantando: “Nella Tua Croce, o Signore, hai dato un’arma sicura, una potente arma contro il nostro nemico che rabbrividisce, trema e striscia via ferito da quell’orribile vista”. Perciò, la vostra visione del Metropolita con il Vangelo e la Croce in mano e l’esercito di diavoli che, stringendovi la testa fecero il segno della croce con essa sul terreno ai suoi piedi, non può essere nient’altro che una illusione, poiché il nemico teme la croce. Ma Dio lasciò che il demonio prendesse possesso della vostra mente e il demonio, mentre effettivamente faceva altre figure, vi suggerì che fosse la Croce. Tutto questo allo scopo di portarvi più confusione.

La stessa cosa si applica alla vostra illusione che qualcuno ripeta dopo di voi le parole della vostra preghiera. Diverse storie dei Padri (nel Sinassario) rendono piuttosto chiaro che il demonio non può dire la Preghiera di Gesù, la quale ( in accordo con Giovanni Climaco, La scala, gradino 21, § 7) è la più potente arma contro di loro. Voi scrivete che ripetono le parole di questa preghiera dopo di voi, comunque non è nient’altro che una illusione: essi producono rumori indistinti suggerendovi che si tratta delle parole della preghiera. Fanno questo per mostrarvi che non la temono, ma non dovreste creder loro. In generale dovreste sapere che i Padri insistono che forme, colori, luci, suoni e odori, buoni e cattivi ecc.. sono illusioni demoniache (vedi S.Simeone il Nuovo Teologo sul primo modo di preghiera; S. Pietro Damasceno sui sette argomenti; Ss. Callisto e Ignazio cap.73 ecc.. n.d.e.).

 

(falsa gioia)

La seconda trappola d’illusione fu stesa quando, stanco dei trucchi del demonio e correndo nella diligenza postale, meditaste sul male della vostra vita e desideraste la riconciliazione con tutti coloro che vi avevano offeso e con tutti coloro che si erano mostrati ostili con voi. Improvvisamente sentiste un flusso di dolce gioia nel vostro petto. Inesperto come siete, assumeste anche questo per vero e non come illusione. Presto foste così impigliato da questo tipo di tentazione da arrivare all’orlo della pazzia (così come notaste voi stesso). Penso che Dio, nella Sua grande misericordia, prevenne la vostra ragione dall’affondamento totale perché vi eravate smarrito non volontariamente, ma per la vostra inesperienza.

Nel suo settimo gradino, Giovanni Climaco dice: “Rigetta con la tua mano destra, la mano dell’umiltà, ogni flusso di gioia. Per paura, poiché ne sei indegno, che questa gioia sia una tentazione e ti porti a confondere il lupo con il pastore.” (La Scala dell’ascesa divina, gradino 7, § 57). La qual cosa è successa a voi. Anche altre situazioni, inclusa quella quando, meditando un testo della Scrittura ( Il Signore è sempre di fronte a me: perché è alla mia destra, non potrò vacillare. Ps 16:8) sentiste un soffio sulla spalla destra seguito dalla gioia, significa la stessa cosa, benché voi lo consideriate essere giusto secondo la vostra opinione. L’Apostolo dice che la vera gioia è “frutto dello Spirito” (Gal 5:22) da raggiungere solo vicino all’apice del percorso, in pace, dopo che tutte la cattive abitudini e i pensieri sono vinti, le passioni conquistate ed è raggiunta la riconciliazione con Dio.

Quindi, nella vostra condizione effettiva, non potete ricevere nessun flusso di gioia spirituale. S. Giovanni Climaco dice: “Durante la tentazione sentivo che questo lupo produceva nel mio spirito gioia incomprensibile, lacrime e consolazione, ma ero davvero ingannato (dal demone della fornicazione) quando così infantilmente pensai di aver frutto da questo e non male ( La scala, gradino 15, § 42)”.

 

(false illusioni e immaginazione)

Mentre voi avanzate nella lettura dei Santi Padri e imparate qualcosa circa la guerra invisibile, i nemici inventano più sottili forme di inganni spirituali. Come dite tra le altre cose, voi spesso sentite la presenza di Gesù Cristo nella vostra stanza; allora, ripieno di gioioso timore, cadete al suolo ai suoi piedi. Le vostre descrizioni mostrano che immaginate di vederlo come una forma fisica, presente fisicamente nella vostra stanza. Se è così, è l’illusione più pericolosa ed è pericoloso prostrasi ai piedi della vostra visione. Poi descrivete le stesse visioni della presenza del vostro Angelo custode e dei Santi che pregate.

Attenzione a credere a queste illusioni: San Paolo dice che Satana stesso si è trasformato in un angelo di luce (2 Cor 11:14), naturalmente allo scopo di tentare coloro che sono inesperti nella vita spirituale. I Padri proibiscono rigorosamente ai novizi di porre qualsiasi fede in queste illusioni senza una grande discussione con i monaci esperti, ma è particolarmente pericolosa nella vostra situazione.

S. Gregorio Sinaita nel capitolo 7 (nella Filocalia) dice: “Da parte tua, se stai coltivando in modo giusto la quiete, aspirando a essere con Dio, e vedi qualcosa di sensoriale o di noetico, dentro o fuori, che sia una immagine di Cristo o di un angelo o di alcuni Santi, oppure immagini di vedere una luce nel tuo intelletto e le dai una forma specifica, non dovresti mai intrattenerti con essi. Perché l’intelletto stesso possiede naturalmente un potere immaginativo e, per coloro che non lo mantengono rigorosamente controllato, può facilmente produrre, a suo stesso danno, qualsiasi forma e immagine voglia. In questo modo il ricordo di cose buone o cattive possono improvvisamente imprimere immagini sulla facoltà percettiva dell’intelletto e così indurlo a intrattenere fantasie, trasformando perciò colui al quale succede in un sognatore e non in un esicasta. Stai attento, perciò, a non intrattenere o dare prontamente l’assenso a qualsiasi cosa,anche se buona, prima di aver chiesto a coloro che hanno esperienza spirituale e prima di aver indagato completamente, così da non essere danneggiato. Sii sempre sospettoso di queste cose e mantieni il tuo intelletto libero da colori, forme e immagini. Perché è spesso accaduto che le cose mandate da Dio per provare la nostra libera volontà, per vedere da che parte si inclina e agire come stimolo ai nostri sforzi, abbiano in effetti avuto cattive conseguenze. Perché quando vediamo qualcosa, che sia con la mente o con i sensi – anche se questa cosa viene da Dio – e prontamente ci intratteniamo con essa senza consultare gli esperti in questa materia, siamo facilmente ingannati o lo saremo in futuro a causa della nostra credulità. Un novizio dovrebbe prestare stretta attenzione solo all’attività del suo cuore, perché questo non porta a smarrirsi. Ogni altra cosa la deve rigettare finché le passioni non saranno acquietate. Perché Dio non rimprovera coloro che, per paura di essere ingannati, prima di aver chiesto agli altri e avere fatto una indagine accurata, prestano attenzione a loro stessi, anche se questo significa il rifiuto a intrattenersi con quello che Lui manda loro. Piuttosto, probabilmente loderà la loro prudenza” ( Filocalia, traduzione russa, vol V).

Voi affermate anche di vedere adesso, con gli occhi della fede, Nostro Signore sedere alla destra del Padre. Non soffermatevi nemmeno in questa illusione. La visione di questa gloria può essere conferita solo a coloro che hanno conquistato tutte le passioni e hanno raggiunto la purezza di cuore. Giovanni Climaco scrive: “Non cercare la vista prima che la tua ora di vedere sia venuta, ma lasciala avvicinare spontanea, attratta dalla bontà della tua umiltà. Allora si fonderà in te in tutta purezza, nei secoli dei secoli” ( La Scala dell’Ascesa Divina, gradino 7, discorso 68.§ 58). Descrivendo la prima forma della preghiera di Gesù, Simeone il Nuovo Teologo, afferma inequivocabilmente che visioni non vere portano l'uomo nelle trappole del demonio. (Vedi Simeone il Nuovo Teologo, Opere. Vol.2).

Anche Isacco il Siro nel secondo Discorso (p.14), descrivendo la seconda forma, scrive: “La Grazia di Dio arriva da se stessa senza nessuno sforzo ambizioso da parte nostra. Arriva solo ai cuori che sono puri”. E ancora:” Se la pupilla del tuo occhio fosse impura, non osare alzare lo sguardo; non cercare di fissare la palla del sole, affinché la tua temerarietà non ti privi anche della vista limitata acquisita attraverso la semplice fede, l’umiltà, la penitenza e altri atti e opere umili; affinché la tua temerarietà non sia punita e tu non cada a capofitto nelle tenebre esteriori, come quelli che osarono andare allo sposalizio senza avere gli abiti per le nozze”.

 

(immaturità nella preghiera del cuore)

Fu un errore per voi praticare la preghiera mentale e la preghiera del cuore. Tutto questo è al di là della vostra forza, al di fuori della vostra capacità, incompatibile con le vostre condizioni. Queste pratiche richiedono la più severa purezza d’intenzione verso Dio, gli uomini e perfino le cose. Oltretutto, come Simeone il nuovo Teologo scrive sulla terza forma di preghiera (Simeone il Nuovo Teologo, Opere. Vol. 2. Omelia 68), è necessario un maestro spirituale esperto. Per coronare il tutto, voi siete minacciato da una calamità spirituale.

Il grande asceta che praticò questa preghiera noetica, S. Gregorio il Sinaita, scrive nel capitolo 7 della Filocalia: ” Non è come minimo strano che i novizi siano ingannati anche dopo aver fatto grandi sforzi, perché questo è successo a molti che hanno visto Dio, sia oggigiorno che in passato. La consapevolezza di Dio, o preghiera noetica, è superiore a tutte le altre attività. Davvero essere innamorati di Dio è la virtù maggiore. Ma una persona che sia sfacciata e senza vergogna nel suo approccio con Dio e colui che sia iper zelante nei suoi sforzi di conversare con Lui in purezza e di possederlo interiormente, sarà facilmente distrutto dai demoni se avranno licenza di attaccarlo, poiché nello sforzo avventato e presuntuoso di ottenere ciò che è al di là delle proprie capacità effettive, diventa vittima della propria superbia. Il Signore, nella Sua compassione, spesso ci previene dal soccombere alla tentazione, quando vede che, troppo confidenti, aspiriamo di raggiungere quello che è ancora al di là del nostro potere; perciò in questo modo Egli dà ad ognuno di noi l’opportunità di scoprire la propria presunzione e così di pentirsi di propria iniziativa prima di rendersi bersaglio dei demoni od oggetto del ridicolo o della pietà delle altre persone. È questo il caso sopratutto quando proviamo a raggiungere questo obiettivo con pazienza e contrizione; perché abbiamo bisogno di molta tristezza e lamentazioni, di solitudine, privazione di tutte le cose, difficoltà e umiltà, e – più importante di tutti questi effetti meravigliosi – di guida e obbedienza; perché altrimenti potremmo inconsapevolmente raccogliere spine invece di grano, fiele invece di dolcezza, rovina invece della salvezza. Solo i forti e i perfetti possono continuamente combattere soli contro i demoni, maneggiando contro di loro la spada dello Spirito che è la parola di Dio. I deboli e i novizi scampano dalla morte rifugiandosi in volo, ritirandosi dalla battaglia reverentemente e timorosamente, piuttosto che rischiare la vita prematuramente” (Filocalia nella traduzione Russa, Vol.V).


(falso calore durante la preghiera)

Un altro punto della massima importanza è che siete stato ancora molestato da Asmodeo, demone della lussuria (Tb. 3), questo ostacolo è della massima importanza nelle nostre pratiche di preghiere noetiche e del cuore, specialmente quando queste sono al di là delle nostre abilità e capacità. Nella prefazione a Filoteo del Sinai, Capitoli spirituali, è scritto: “Quanto facilmente la sensazione di calore causata dalla preghiera può volgere nella lussuria sensuale, infiammando il cuore cieco, riempendo la mente col fumo di immagini e pensieri lascivi e causando la brama per il tocco della carne.” Anche S. Callisto il Patriarca afferma: “La prima cosa che inizia nel corpo sono alcuni movimenti, come il prurito sotto la pelle, salgono anche dei calori dai reni, come una cintura. Tutto ciò deriva dall’ascetismo naturale. Se qualcuno è orgoglioso di questo, come se provenisse dalla grazia di Dio e non da ragioni naturali, è sicuramente nell’illusione spirituale. Anche un altro calore arriva dal cuore e, se la mente è immersa in pensieri carnali, allora è una illusione assoluta.”

A causa di tutto ciò vi consiglio fortemente di fermare ogni pratica di preghiera noetica. Piuttosto, leggete o recitate, sotto la direzione del vostro confessore, salmi, canoni penitenziali, litanie e quant’altro. Andate in chiesa il più frequentemente possibile; vivete umilmente, in accordo con le ammonizioni della vostra coscienza e prestando attenzione ai comandamenti di Nostro Signore. In altre parole conducete la vita di un laico Cristiano normale e timorato di Dio.

 

(digiuni e vita spirituale impropri)

Voi scrivete anche di aver da tempo abbandonato di mangiare carne. Dacché nel vostro caso questa è un’altra occasione di orgoglio, non è cosa buona. Leggete nella vita di Giovanni Climaco come egli sempre mangiò, anche se solo poco, di tutto il cibo permesso dalla regola monastica scalzando così la tromba dell’autostima (La Scala, breve vita dell’Abate Giovanni, Cap. VI). Vi consiglio anche, per l’amor di Dio, di mangiare carne ogniqualvolta la vostra famiglia e gli uomini timorati di Dio la mangiano: ovvero ogni giorno eccetto il Mercoledì e il Venerdì e i giorni e le settimane segnati appositamente dalla Chiesa per i digiuni; mangiate con moderazione, naturalmente, umiliando i pensieri d’orgoglio che vi mandano false idee sulla santità – che Dio ne scampi!

Non incorriate in debiti al fine di aumentare la vostra carità! Niente di questo tipo è menzionato in nessun libro raccomandato dalla Chiesa perfino per le persone molto caritatevoli. Nell’Antico Testamento leggiamo: “ Non trattenere il bene a quelli ai quali è dovuto, qualora è in tuo potere farlo” (Pb 3,27). Deve anche considerare la situazione della sua stessa famiglia, in modo di non portarla nelle difficoltà con una carità irragionevole e dissennata. Anche Barsanufio il Grande, insiste nelle risposte 629 e 630 (veda anche 626-628) che perfino il ricco (per non dire della gente comune) dovrebbe avere una discrezione particolare in materia di carità, così da non esporsi a un duplice pericolo, sia interno che esterno. Per ora dovreste sospendere il vostro desiderio di essere monaco, finché Dio non vi mostri quale sia il Suo volere. Più tardi, quando i vostri bambini saranno ben sistemati e se vostra moglie consentirà di entrare in un convento, voi dovrete provvedere a mantenerla. Nei monasteri le monache vivono a spese proprie.

Fatevi una regola di non parlare a nessuno se non al vostro confessore delle vostre tentazioni. Adesso, circa il vostro ricevere la Sacra Comunione ogni sei settimane, così come avete scritto di aver fatto recentemente. Se ciò è sotto la direzione del vostro confessore, continuate a fare così. Ma se è una vostra scelta vi consiglierei di limitarvi di prendere la comunione durante i digiuni: due volte alla Grande Quaresima, una volta durante il digiuno dei Santi Pietro e Paolo e della Dormizione e una volta o due durante il digiuno di Natale in base alla vostra situazione. Questo eviterà che l’attenzione degli altri si concentri su di voi a causa del vostro zelo eccessivo e vi darà meno occasioni di orgoglio.

È indubbiamente vostro dovere insegnare alla vostra famiglia di camminare nel timor di Dio e istruirla nei modi della vita devota. Ma non insegnate ad altri che non siano sotto il vostro potere, altrimenti minereste il vostro stesso lavoro. E siate particolarmente attento a evitare le discussioni, in queste non beneficerete nessuno, ma potreste facilmente farvi del male.

Dovreste ottenere la conoscenza necessaria alla vostra pietà dai libri pertinenti alla vostra situazione e chiedendo a persone esperte. Non osate iniziare una cosa dubbia senza la rilevante testimonianza del Vangelo, degli Apostoli e dei Santi Padri e anche chiedendo a persone d’esperienza; dovreste scegliere cose ben note e pertinenti alla vostra età spirituale, non quelle della più alta vita spirituale. Ci sono determinati passaggi anche nella vita mondana: ricordatevi che non siete giunto in un giorno alla vostra attuale posizione.

Alla fine della vostra lettera dite che adesso, avendo abbandonato tutto voi stesso – volontà, pensieri, cuore, spirito, corpo – a Dio, siete ricolmo di un’inesprimibile sensazione di compassione verso i vostri vicini. Ma gran parte della vostra lettera vi contraddice nettamente! In un punto menzionate quanto siate turbato dall’odio per questa o quella persona; in un altro passaggio quanto ferocemente trattiate i vostri subordinati e quale furia si impossessi di voi quando li ammonite: dite anche che tali persone non possano essere trattate diversamente.

Tutto questo contraddice gli insegnamenti del Vangelo, che è la guida per coloro che governano la loro vita in Dio, avendo davvero abbandonato a Lui i loro corpi e il loro spirito. Poiché una cosa è ammonire in spirito di gentilezza coloro che sbagliano e altra cosa è lasciarsi dominare dalla furia, per qualsiasi ragione possa essere. Tutto questo dimostra l’illusione della vostra opinione di aver abbandonato corpo, spirito, cuore e volontà a Dio.

In altre parole il vostro abbandono è nient’altro che un’altra forma di sofisticata illusione spirituale, la quale vi incita nel frenarvi dal mangiare carne essendo un laico, a dare in carità più di quello che possiate permettervi, di prendere la comunione più spesso degli altri e di tentare forme di preghiera del cuore o noetica che sono al di là di voi e al di là della vostra situazione presente.


(vera umiltà)

Perciò dovreste benevolmente accettare il mio consiglio, è meglio per voi conoscere la vostra debolezza e umiliarvi, scegliendo, invece di un’alta e pericolosa strada, la ben più conosciuta e sicura via della salvezza, che corrisponde anche al vostro status sociale, come ho più volte menzionato sopra. Il Signore dice nel Vangelo: “Se vuoi entrare nella vita, segui i comandamenti” (Mt 19:17).

I santi Padri insegnano in conformità a questo. Così ad esempio,i Ss. Callisto e Ignazio affermano in Filocalia, capitolo 73: “In merito all’infallibile sentiero della salvezza circa il quale mi chiedete, figlio mio, dovreste sapere che ci sono molte vie che portano alla salvezza e molte conducono alla morte. La vostra via che conduce alla vita: rispettare i comandamenti di Cristo. In questi comandamenti troverete ogni forma di virtù, specialmente queste tre: umiltà, amore e misericordia. Senza queste, nessuno vedrà il Signore (Eb 12:14). Queste tre cose… sono armi invincibili che la Santa Trinità ci ha dato contro il demonio… lasciate perciò che imbracciamo queste armi, perché chi si cinge di esse è invincibile ai nemici” (Filocalia nella traduzione russa, Vol. V). E San Giovanni Climaco asserisce al gradino 25: “L’umiltà è… la sola virtù che i demoni non possono imitare” (La Scala, gradino 25, § 18). Circa le qualità del vero amore, S. Paolo scrive nella 1 Corinti come segue: “La carità soffre a lungo, è gentile; la carità non invidia; la carità non si vanta, non si gonfia, non si comporta sconvenientemente, non cerca il proprio interesse, non si irrita facilmente, non pensa il male; non gioisce dell’iniquità, ma gioisce nella verità; tutto sopporta, tutto crede, tutto spera, sopporta tutte le cose”(1 Cor 13 4-7); S.Efrem aggiunge che l’amore non ricorda nessun male. La misericordia menzionata dai Ss. Callisto e Ignazio non è solo la carità formale, che S. Paolo nello stesso capitolo mostra non essere perfetta: “E anche se dessi tutti i miei beni per nutrire i poveri e pensassi di dare il mio corpo per essere bruciato, e non avessi la carità, non avrei nessun profitto”(1 Cor 13 3). Ma come Nilo di Sora ci insegna, la vera pratica della carità richiede di accettare le sofferenze, le ingiustizie e la persecuzione. “Questa carità dello spirito sta così alta rispetto a quella corporale quanto lo spirito si eleva sulla carne”(S. Nilo di Sora, La Vita a Skete). Sull’umiltà, amore e carità, i Ss Callisto e Ignazio affermano nello stesso capitolo 73: “ Consideriamo questo triplice filo che la Santa Trinità ha filato e attorcigliato assieme come qualcosa che è sia uno che trino. Sono tre nel nome, o se preferite come entità sussistenti, ma sono uno in potenza e operazione, uno nella loro prossimità a Dio, nel loro gravitare verso di Lui e nella loro affinità con Esso.” (Filocalia traduzione Russa, Vol.V).

 

(discernimento degli impulsi)

Vi dirò qualcosa in più sugli apparenti buoni impulsi. Voi erroneamente assumete che il demonio non possa mostrarsi sotto le apparenze di impulsi buoni e forti, ma gli insegnamenti dei Santi Padri mostrano l’opposto. Isacco il Siro scrive nel Capitolo 33: “ Un desiderio, buono sotto tutte le apparenze, arriva dal demonio e non da Dio ogni volta che non si accorda con le condizioni dell’uomo – interne ed esterne; può dunque non portare il bene, non importa quanti sforzi si profondano in ciò.” (Isacco il Siro, Discorsi spirituali e ascetici). Questo accade per la ragione che, quando il demonio suggerisce che l’uomo dovrebbe sforzarsi su qualcosa che sembra buono, questa cosa è irraggiungibile (o prematura o al di là delle sue forze), essendo l’obiettivo del demonio di indurre l’uomo a spendersi alla ricerca di illusioni, di modo che, mancando il suo reale obiettivo, esso debba vivere col cuore in agonia e lo spirito afflitto e tutto ciò per una illusione, per un nulla. A volte il demonio può usare le presunte buone intenzioni per stringere la rete della più dannosa delusione spirituale (idem).

S. Gregorio Sinaita nella Filocalia, capitolo 7, chiaramente definisce questo impulso “quello di Satana” (Filocalia russa, Vol. V) e San Giovanni Climaco nel gradino 26 li “disprezza” (La Scala, gradino 26, § 121). Questo perché, essendo l’uomo in questa condizione di autostima e di ‘guida di sé stesso’ , è spesso portato ad ignorare la guida dei direttori esperti che cercano di mantenerlo sulla via della salvezza e salvarlo da estremi pericolosi. Perciò i Padri testimoniano il pericolo di mirare prematuramente troppo in alto e, dopo essersi sforzati verso un bene apparente, puntare abbattuti all’abisso, essendo queste tutte trappole escogitate dall’astuzia del demonio.


(penitenza e umiltà)

Dopo tutte le parole che io, un peccatore, vi ho rivolto rispondendo alla vostra lettera, devo aggiungere che, come dice Isacco il Siro, abbiamo bisogno di penitenza fino alla nostra morte, sia coloro che son giusti sia gli ingiusti, poiché non c’è nessuna perfezione in questo mondo. (Isacco il Siro. Discorsi ascetici e spirituali, Discorso 71). Le caratteristiche principali del pentimento sincero sono il non condannare le persone e il controllare la propria rabbia. S. Giovanni Climaco dice nel gradino 8 che la conversione richiede grande umiltà e l’ira è il segno di ogni tipo di presunzione (La Scala dell’ascesa divina, gradino 8, § 12). La persona che condanna gli altri è chiamata da Nostro Signore nel Santo Vangelo un ipocrita che non può notare la trave dei suoi stessi peccati e delle sue mancanze nel suo stesso occhio e prova a togliere la pagliuzza dall’occhio del vicino (Mt 7:5).

Sia la penitenza che il seguire i comandamenti di Dio iniziano dalla pazienza nelle avversità che accadono, come dice San Pietro Damasceno (Opere); e Nostro Signore dice nel Santo Vangelo: con la vostra pazienza possederete il vostro spirito (Lc 21:19). Non potete ottenere questa pazienza senza l’umiltà e l’autocondanna che consiste nell’accusare se stessi e non gli altri.

Non sentitevi arrabbiato dalle mie conclusioni: benché percepisca in voi il sincero desiderio di essere più vicino a Dio, non posso sbagliare nel vedere chiaramente quanto malato sia il vostro spirito. La miglior medicina per l’anima, così come per il corpo, dovrebbe esser scelta considerando le radici della malattia. Ho menzionato sopra le parole di S. Gregorio Sinaita che l’orgoglio e la vita peccaminosa rendono l’uomo lo zimbello dei nemici spirituali (Filocalia traduzione russa, volume V). Perciò la miglior medicina è l’umiltà e la vita secondo i comandamenti di Dio ma non qualcosa di sofisticato che può portarvi alla estrema illusione incluso una malattia mentale.

Le parole non possono descrivere o spiegare la vera umiltà, ma i Santi Padri ne menzionano il segno: una persona umile che si sforza duramente di vivere i precetti di nostro Signore, credendo di essere il peggiore e il più peccatore degli uomini. Perciò abbiate ogni cura di raggiungere l’umiltà, ricordando i vostri peccati e avendo avvertenza di non pensare bene di voi stesso e di non lasciar spazio al pensiero di essere un po’ meglio degli altri.

La grande forza dell’umiltà è spiegata da nostro Signore a S.Antonio il Grande. Quando S. Antonio vide dispiegate le insidie del diavolo, sospirò e pianse rivolto a Dio: “Chi può evitarle?” E Dio rispose “L’umiltà le evita. Queste nemmeno la toccano” (Abba Doroteo, Discorsi spirituali e detti, Discorso 2; Apoftegmi dei Padri, Capitolo 15, § 3; Storie memorabili. Su Padre Antonio § 7).

Anche S. Isacco il Siro nel Discorso 46 dice quanto segue: “L’umiltà, anche senza opere, guadagna il perdono per molte colpe ma, senza di essa, le opere non sono di profitto e piuttosto preparano per noi grandi mali. Possa l’umiltà far perdonare i vostri peccati. Se abbiamo l’umiltà diventiamo figli di Dio e senza opere ci conduce a Dio, ma senza di essa tutte le nostre opere, virtù e azioni sono un nulla.” (S.Isacco il Siro. Discorsi ascetici).

Possa il nostro misericordioso Signore, che disse “prendete il mio giogo su di voi perché sono mite e umile di cuore, e troverete pace nelle vostre anime” (Mt 11:29), donarvi la mente limpida per seguire le sua vera via di salvezza. Continuate a pregare il nostro buon Signore e vi auguro sinceramente la salute e la salvezza,


il vostro


Igumeno Macario, peccatore


Marzo, 1856

mercoledì 21 maggio 2025

Il minimalismo papale è l'Ortodossia orientale

 

Il minimalismo papale è l'Ortodossia orientale

Scritto da Michael Warren Davis

  

Da qualche anno gli Stati Uniti conoscono una fioritura di dibattiti apologetici, storici, culturali e di pubblicazioni che riguardano l'Ortodossia, il Cattolicesimo e il Protestantesimo che hanno portato anche ad una serie di conversioni. Una delle più note e discussa nel web è stata quella di Michael Warren Davis, editorialista di Crisis Magazine, diventato successivamente Ortodosso. Da qualche mese Davis vivifica il panorama editoriale tramite il suo yankeeathonite con articoli certamente non banali. Considerata la sua preziosa utilità per i momenti presenti, pubblichiamo la traduzione del seguente scritto. Il testo è lasciato immutato dall'originale, anche nelle sue leggiere imprecisioni (e.g., il Filioque a Roma fu introdotto nel 1014, non nel 1024..), che comunque non alterano la sostanza e il valore del testo.  Traditio Marciana.

 19 maggio, 2025


 


Cari amici, avevo intenzione di prendermi una pausa dall’apologetica dopo il mio ultimo articolo, “Il Primato di Dio”. Prima di farlo, però, sento che dovrei rispondere a un certo articolo dal momento che l'autore mi menziona per nome. Quindi la normale programmazione riprenderà venerdì. Grazie per la vostra attenzione.


La rivista Crisis Magazine ha recentemente pubblicato un articolo intitolato “Sì, il Capo Visibile della Chiesa è il Papa”(1). L’autore, Robert Lazu Kmita, sostiene che negli ultimi anni i cattolici hanno teso verso un malsano “iper-papalismo”. Come i miei amici Peter Kwasniewski, Eric Sammons, Timothy Flanders e altri cattolici tradizionalisti, Kmita sostiene invece un “minimalismo papale”.

In tal modo sostiene anche che i cattolici non dovrebbero iper-correggersi unendosi alla Chiesa Ortodossa. Usa me e il mio amico Rod Dreher come esempio di questa tendenza:

Molti di coloro che si sono trovati di fronte alle mura di Gerico dell’Iperpapalismo credono ancora nell’autorità della struttura gerarchica della Chiesa come ordinata da Dio e nella necessità dell’ufficio papale. Purtroppo ci sono anche molti cattolici che non hanno superato la prova. Se menziono solo i nomi Rod Dreher e Michael Warren Davis sono sicuro che capirete immediatamente a chi mi riferisco. Questi sono tutti coloro che, scandalizzati dall’ambiguità del pontificato che si è appena concluso, non solo hanno lasciato la Chiesa cattolica, ma sono arrivati al punto di negare l’esistenza stessa dell’ufficio papale.

Lasciatemi dire qualcosa su questo.

In primo luogo, come ho sottolineato più di una volta, non ho lasciato il cattolicesimo perché sono stato “scandalizzato” da Papa Francesco. Mi piaceva molto Francesco. No: sono diventato Ortodosso perché sono arrivato a credere nelle affermazioni di verità della Chiesa Ortodossa. Questo è tutto.

In secondo luogo, e, cosa più importante, non “nego l’esistenza stessa dell’ufficio papale”. Questo è assurdo. Il papato è esistito fin dai primi secoli della Chiesa. Gli ortodossi lo affermano esplicitamente. Riconosciamo anche che il Papa gode di un “primato d’onore” tra i suoi confratelli vescovi. Egli è (o è stato) il “primo tra uguali”. Ciò che contestiamo, tuttavia, è che il Papa abbia un’autorità assoluta magisteriale e giurisdizionale sull’intera Chiesa.

In questo senso gli Ortodossi sono gli originali “minimalisti papali”.


La Testimonianza dei Padri


Kmita dice: “È tragico che tali ex pensatori e autori cattolici pretendano di essere ‘ortodossi’ negando un insegnamento – il dogma dell’infallibilità – che è una Verità di fede confessata da santi come Basilio il Grande, Massimo il Confessore e Teodoro lo Studita”.

Kmita non cita nessuno di questi Padri della Chiesa, quindi non posso rispondere alle sue affermazioni specifiche. Tuttavia sono più che disposto ad ammettere che i Padri parlavano spesso del Papa in termini elevati. Nel primo millennio i vescovi a volte si appellarono a Roma per risolvere le controversie. I papi occasionalmente agivano come portavoce a nome della Chiesa.

Gli Ortodossi non contestano nulla di tutto questo. Ci chiediamo semplicemente se primato sia uguale a supremazia. La Costituzione degli Stati Uniti conferisce al ramo esecutivo una certa autorità; concede quindi al Presidente l’assoluta autorità? La maggior parte di noi direbbe di no - che la dittatura non sarebbe uno “sviluppo” legittimo del governo costituzionale  - ma un allontanamento da esso.

Allo stesso modo gli Ortodossi sostengono che la supremazia e l’infallibilità papale, come definita dal Concilio Vaticano I, superano di gran lunga il “primato d’onore” di cui Roma godeva nel primo millennio. Possiamo saperlo con certezza indicando una serie di episodi in cui i Padri della Chiesa semplicemente respingevano a priori i dettami papali.

Permettetemi di fare esempi da due dei Padri che Kmita ha citato: San Basilio Magno e San Massimo il Confessore.

 

(A) Basilio il Grande

Durante lo scisma Meleziano, Papa Damaso I “ha deposto” Melezio di Antiochia a favore di un pretendente rivale di nome Paolino. Basilio ha respinto la deposizione, scrivendo:

Mi congratulo con coloro che hanno ricevuto la lettera da Roma. E, anche se è una grande testimonianza a loro favore, spero solo che sia vera e confermata dai fatti. Ma non sarò mai in grado di convincermi, per queste ragioni, a ignorare Melezio o a dimenticare la Chiesa che è sotto di lui o a trattare come piccole e di poca importanza per la vera religione, le questioni che hanno originato la divisione. Non accetterò mai di cedere semplicemente perché qualcuno è molto euforico nel ricevere una lettera dagli uomini. Anche se fosse discesa dal cielo stesso, ma egli non fosse in accordo con la sana dottrina della fede non potrei considerarlo in comunione con i santi.

Melezio continuò a servire come presidente del Primo Concilio di Costantinopoli; Damaso boicottò il Concilio per protesta. È interessante notare che le obiezioni di Damaso non impedirono agli altri vescovi cristiani di frequentare il Concilio o di emettere definizioni dogmatiche.

Melezio morì fuori dalla comunione con Roma. Eppure Roma non solo accettò Costantinopoli I come Concilio Ecumenico diversi decenni dopo: alla fine riconobbe la linea di Melezio contro quella di Paolino. In più canonizzò Melezio come un santo!

È interessante notare che Costantinopoli I era il Concilio che aggiunse la frase: “Credo nella Chiesa, Una, Santa, Cattolica e Apostolica...” al Credo niceno. I cattolici oggi sostengono che i Padri conciliari intendevano cattolico come : “Sotto l’autorità del Papa”. Ma come può essere questo, quando i Padri conciliari fecero questa aggiunta in un concilio che era stato condannato dal Papa, sotto la presidenza di un vescovo che Roma aveva deposto?

 

(B) Massimo il Confessore

Per quanto riguarda San Massimo, fu arrestato durante una controversia con il Patriarca ecumenico di Costantinopoli. A quanto pare il Papa stava venendo a Costantinopoli per celebrare la liturgia con il Patriarca ecumenico. I carcerieri di Massimo chiesero: “Cosa farai quando i Romani saranno uniti ai Bizantini?” Massimo rispose:

Anche se l’intero universo fosse in comunione con il Patriarca, io non comunicherei con lui. Perché so dagli scritti del santo apostolo Paolo: lo Spirito Santo dichiara che persino gli angeli sarebbero anatema se dovessero cominciare a predicare un altro Vangelo, introducendo qualche nuovo insegnamento.

Il Patriarca Ecumenico in questione era Sergio I; il Papa era Onorio I. Entrambi furono anatemizzati dal Sesto e dal Settimo Concilio Ecumenico per aver insegnato l’eresia del monotelitismo.

Quindi, da un lato, i Padri hanno riconosciuto che il Papa aveva una sorta di anzianità all’interno del Collegio dei Vescovi. Dall'altro, non avevano scrupoli a rifiutare le sue decisioni giuridiche o le sue opinioni teologiche. Consideravano il papa come colui che esercitava un primato limitato. Questa comprensione del papato è stata chiaramente sostenuta anche dai Concili ecumenici.

 

(C) Cirillo di Cartagine [lege Cipriano di Cartagine]

Fondamentale per comprendere l’atteggiamento patristico nei confronti del papato è l’esperienza della Chiesa di Cartagine. I Cartaginesi appartenevano alla Chiesa occidentale (o latina). E poiché il Papa era considerato il Patriarca d’Occidente, appartenevano alla sua diretta “sfera di influenza”. Il papa era senza dubbio il loro patriarca.

Eppure, quando Papa Stefano I dichiarò unilateralmente che alcuni eretici possedevano battesimi validi, fu rimproverato da san Cipriano di Cartagine: “Anche Pietro, che il Signore scelse per primo e su cui costruì la sua chiesa, quando Paolo in seguito contese con lui sulla circoncisione, non rivendicò insolentemente alcuna prerogativa, né avanzò alcuna pretesa speciale per se stesso. Non affermò di avere diritti di anzianità e che quindi i nuovi arrivati e gli ultimi dovessero obbedirgli".

Alcuni anni dopo il Secondo Concilio di Cartagine sostenne Cirillo contro Stefano: “Nessuno tra di noi si erge come vescovo dei vescovi, né costringe i suoi colleghi con la tirannia e il terrore all’obbedienza obbligatoria, visto che ogni vescovo nell’autonomia di libertà e di potere ha il diritto alla propria opinione e non può essere giudicato da un altro più di quanto lui stesso possa giudicare un altro”.

Questo è un eccellente banco di prova perché la Chiesa cattolica oggi insegna che Stefano aveva ragione e Cipriano torto. In altre parole, (A) Stefano insegnò con la piena autorità del suo ufficio e (B) la sua posizione fu, secondo Roma, perfettamente ortodossa.

Eppure gli apologeti cattolici non si sarebbero nemmeno preoccupati di sostenere che la dichiarazione di Stefano “ex-cathedra” avesse risolto la questione. La storia è chiara: nel primo millennio Roma non era considerata infallibile nemmeno nella Chiesa occidentale!


 Massimalismo Papale nel Vaticano I

Quindi i Padri della Chiesa erano “minimalisti papali”. Lo erano anche i Concili Ecumenici. Ma è questo oggi l’insegnamento della Chiesa cattolica? No, non lo è. Oggi Roma ritiene che il Papa sia infallibile e supremo.

Ecco come la Pastor Aeternus, la costituzione dogmatica del Vaticano I, definisce l’infallibilità papale:

Insegniamo e definiamo come un dogma divinamente rivelato che quando il Romano Pontefice parla EX CATHEDRA, cioè quando, nell’esercizio del suo ufficio di pastore e maestro di tutti i cristiani, in virtù della sua suprema autorità apostolica, egli definisce una dottrina riguardante la fede o la morale che deve essere tenuta da tutta la Chiesa, egli possiede, per l’assistenza divina promessa a lui nel Beato Pietro, quell’infallibilità che il divino Redentore ha voluto che la sua Chiesa godesse nella definizione della dottrina concernente la fede e i costumi. Pertanto, tali definizioni del Romano Pontefice sono di per sé, e non per consenso della Chiesa, irreformabili.

Ed ecco come Pastor Aeternus insegna l’infallibilità papale:

Per disposizione divina, la Chiesa romana possiede una preminenza di potestà ordinaria su ogni altra Chiesa e questo potere giurisdizionale del Romano Pontefice è sia episcopale che immediato. Sia il clero che i fedeli, di qualsiasi rito e dignità, sia singolarmente che collettivamente, sono tenuti a sottomettersi a questo potere dal dovere della subordinazione gerarchica e della vera obbedienza, e questo non solo nelle questioni riguardanti la fede e la morale, ma anche in quelle che riguardano la disciplina e il governo della Chiesa in tutto il mondo.

Molti cattolici, in particolare i minimalisti papali, sostengono che il Vaticano I abbia lasciato questioni “irrisolte” sui limiti del potere papale. Ma questo non è vero.

In primo luogo, la definizione di infallibilità papale data dal Pastor Aeternus è perfettamente chiara. Ogni volta che il Papa si rivolge a tutta la Chiesa su questioni di fede e di morale, le sue definizioni sono infallibili. Pastor Aeternus è un’opera in gran parte “massimalista”.

Nel caso ci fossero dubbi, sappiamo però che i tentativi per limitare o qualificare l'autorità papale nel Concilio furono sommariamente respinti.

Il cardinale Filippo Maria Guidi, ad esempio, chiese che venisse aggiunta una clausola che facesse riferimento al “consiglio dei vescovi che manifestano la tradizione delle chiese”. Gregorio II, il patriarca melchita, disse di Pastor Aeternus: “Questa definizione distruggerebbe completamente la costituzione dell’intera chiesa greca. Ecco perché la mia coscienza di pastore si rifiuta di accettare questa costituzione” (2).

Papa Pio IX, che presiedeva il Vaticano I, respinse tutti gli sforzi per limitare il potere papale con la sua famigerata dichiarazione: “Io sono la Tradizione. Io sono la Chiesa”.

I cattolici risponderanno dicendo che la battuta di Pio non è ex cathedra. Ma non è questo il punto. Il punto è questo: (A) Il testo della Pastor Aeternus è profondamente radicato nella tradizione massimalista. (B) Sappiamo con certezza che gli autori della Pastor intendevano promuovere un papato massimalista, rifiutando consapevolmente qualsiasi sforzo per porre anche i più piccoli limiti al potere papale.


 Il massimalismo papale come tradizione cattolica

Se fossero necessarie ulteriori prove possiamo constatare, studiando la storia della teologia cattolica dopo il Grande Scisma, che il “massimalismo papale” è sempre stato la norma. Discutiamo brevemente quattro casi di riferimento.

 (A) Dictatus Papae

Ad esempio, nel 1075 - circa vent'anni dopo lo Scisma - Papa Gregorio VII emise il Dictatus Papae. Tra questi “dettati” troviamo le seguenti affermazioni:

  • “Che lui solo può usare le insegne imperiali”.

  • “Che solo il suo nome sia recitato nelle chiese”.

  • “Che questo è l’unico nome al mondo.”

  • “Che per lui è lecito deporre gli imperatori.”

  • “Che nessun capitolo si tenga e nessun libro canonico sia riconosciuto senza la sua autorità.”

  • “Che la sua sentenza non debba essere ritrattata da nessuno e che solo lui possa ritrattare quelle di tutti.”

  • “Che egli stesso non sia giudicato da nessuno”.

  • “Che la chiesa romana non abbia mai errato né errerà mai in perpetuo, come testimonia la Scrittura.”

Gli apologeti cattolici affermeranno di nuovo che questo documento non è ex cathedra. Non ne sono sicuro. Eppure, non importa. Perché dimostra il punto più importante: Papa Gregorio VII pubblicò un manifesto “iper-palista” appena vent’anni dopo il Grande Scisma. Chiaramente questo non è un problema nuovo nella Chiesa cattolica. Le sue radici vanno molto più in profondità del Vaticano I.

 

(B) Unam Sanctam

Nel 1302 Papa Bonifacio VIII promulgò la bolla Unam Sanctam attribuendosi un'autorità assoluta su tutte le questioni spirituali e temporali.

“Della sola e unica Chiesa”, scrive Bonifacio, “c’è un solo corpo e un solo capo, non due teste come un mostro; cioè Cristo e il Vicario di Cristo”. Inoltre, dichiara che “l'autorità temporale" deve essere "sottomessa al potere spirituale". Pertanto, “spetta al potere spirituale stabilire il potere terreno e giudicare se non è stato buono”.

“Chi resiste a questo potere così ordinato da Dio, resiste all’ordinanza di Dio”, conclude Bonifacio. “Inoltre, noi dichiariamo, proclamiamo, definiamo che è assolutamente necessario per la salvezza che ogni creatura umana sia soggetta al Romano Pontefice”.

In altre parole: (A) Il Papa ha un’autorità assoluta sulla Chiesa. (B) La Chiesa ha un’autorità assoluta su ogni governo del pianeta. (C) Questa autorità è data da Dio al papa tramite San Pietro. (D) Chiunque non sia d’accordo non può essere salvato.

 

(C) Il Concilio di Costanza

Il Concilio di Costanza fu convocato nel 1414 per risolvere lo scisma occidentale: un periodo in cui due o tre pretendenti rivali (uno a Roma, uno ad Avignone ed uno a Pisa) pretendevano di essere il legittimo Papa.

Il Concilio risolse lo Scisma deponendo tutti e tre i pretendenti e scegliendo un papa nuovo di zecca: un cardinale di nome Oddone Colonna, giunto al concilio come cortigiano dell’antipapa Giovanni XXIII. Colonna prese il nome di Martino V al momento della sua elezione.

Ciò che è fondamentale comprendere su Costanza è che, qualunque dei tre pretendenti fosse legittimo, fu deposto da un Concilio. Inoltre gli Atti di Costanza dichiarano:

In primo luogo che questo sinodo, legittimamente riunito nello Spirito Santo, costituendo un concilio generale, rappresentante la chiesa cattolica militante, ha immediatamente il potere da Cristo e che ognuno, di qualsiasi stato o dignità, anche papale, è tenuto a obbedirgli in quelle questioni che riguardano la fede e l'eradicazione dello scisma.

Naturalmente, il neoeletto papa Martino ricevette Costanza. (Come avrebbe potuto non farlo?) Tuttavia, il successore di Martino, Eugenio IV, “rivide” l’accoglienza di Martino, aggiungendo questa precisazione: “senza pregiudizio, tuttavia, alla dignità giuridica e alla preminenza della Sede Apostolica”.

Quindi, contrariamente a quanto sostengono i minimalisti papali, i papi hanno definitivamente stabilito che le loro decisioni sono inappellabili.

Questo è ciò che intendeva la Pastor Aeternus quando affermava che le decisioni ex-cathedra del Papa “sono di per sé, e non per il consenso della Chiesa, irreformabili”. E allo stesso modo quando disse: “Si allontanano dal vero sentiero della verità coloro che sostengono che è lecito appellarsi contro i giudizi dei Romani Pontefici a un Concilio Ecumenico, come se questa fosse un’autorità superiore al Romano Pontefice”.

Anche se un Papa dovesse trovarsi in disaccordo con un (ipotetico) Concilio Ecumenico, i cattolici devono sottomettersi alla decisione del Papa. Letteralmente ogni altro vescovo della Chiesa – anzi, ogni altro cristiano della Chiesa – potrebbe essere in disaccordo con il Papa, eppure il giudizio del Papa rimane “irreformabile”.

 

(D) Il Codice di Diritto Canonico

L’attuale Codice di Diritto Canonico, promulgato da Papa Giovanni Paolo II nel 1983, include quanto segue: “La Prima Sede non è giudicata da nessuno” (can. 1404). Questa è la più chiara espressione dell’iperpapalismo.

Il canone 1404 è anche una citazione diretta della Donazione di Costantino. Per chi non lo sapesse la Donazione è un famigerato falso. Fu citata da generazioni di teologi cattolici dall'VIII al XIV secolo al fine di giustificare l'espansione del potere papale. Fu citata numerose volte dal partito romano durante il Grande Scisma.

La Donazione fu finalmente smascherata in Occidente durante il Rinascimento. (I patriarchi orientali non sono mai caduti nella trappola.) Tuttavia la sua comprensione del papato è diventata così radicata nella mente cattolica che il Vaticano continua a citare i suoi insegnamenti nei suoi documenti ufficiali.

Il Codice di diritto canonico dice anche: “Un giudice non può rivedere un atto o uno strumento confermato specificamente dal Romano Pontefice senza il suo precedente mandato” (can. 1405 - 2). In altre parole, la decisione di un papa non può essere contestata senza il suo permesso.

Questo è il motivo per cui (come spesso sottolineo) quando il vescovo Joseph Strickland fu deposto come ordinario della diocesi di Tyler, non potè fare ricorso. Il vescovo Strickland non era mai stato accusato (e tanto meno dichiarato colpevole) di alcun crimine canonico. Non potè fare alcun ricorso. Perché, ripeto: “La prima sede non è giudicata da nessuno”.

I fatti parlano chiaro: negli ultimi 1.000 anni, la Chiesa cattolica ha insegnato il massimalismo papale praticamente senza interruzione. Era così prima del Vaticano I e lo è anche dopo il Vaticano II.


 

Ortodossia: Il vero minimalismo papale

Se ci hanno seguito fino a questo punto, i minimalisti papali potrebbero trovarsi in sintonia con la causa ortodossa nel Grande Scisma.

Come sappiamo, il Grande Scisma si verificò quando i pontefici romani aggiunsero la clausola del filioque al Credo di Nicea. Il filioque apparve per la prima volta nel V secolo, in un concilio locale in Spagna. Fu inserito nel Credo per combattere l'arianesimo che era ancora prevalente nell'odierna Penisola Iberica e nel sud della Francia.

Fin dall'inizio i Papi di Roma si opposero all'uso del filioque. Per esempio, Papa San  Leone III non si oppose alla doppia processione di principio. Tuttavia, credeva che il Credo stesso fosse inviolabile. Così fece coniare due enormi lastre d'argento sulle quali il Simbolo della Fede era inciso senza il filioque, una in lingua latina e una in greco. Poi appese le lastre sopra le porte del Vaticano.

Per quanto riguarda le lastre il santo papa disse: “Io, Leone, le ho poste qui per amore e protezione della fede ortodossa”. Notò anche che, nel formulare il Simbolo della Fede, il Primo e il Secondo Concilio Ecumenico avevano “agito per illuminazione divina piuttosto che per sapienza umana ... e lungi da me considerarmi loro pari” (3).

Inoltre, due Concili Ecumenici – il Quarto e l’Ottavo – proibiscono espressamente qualsiasi ulteriore aggiunta al Credo.

Il Concilio di Calcedonia dichiarò solennemente: “Questo Credo saggio e salvifico, dono della grazia divina, era sufficiente per una perfetta comprensione e fondazione della religione. Poiché il suo insegnamento sul Padre e sul Figlio e sullo Spirito Santo è completo, e illustra il divenire uomo del Signore a coloro che lo accolgono fedelmente”.

Il Quarto Concilio di Costantinopoli, che Papa Giovanni VIII ratificò nell'880, fu convocato specificatamente per risolvere il dibattito sul filioque. Deliberò che qualsiasi ecclesiastico che usasse questo credo modificato dovesse essere ridotto allo stato laicale e qualsiasi laico scomunicato.

Ciononostante, i Franchi continuarono a spingere per l'uso del filioque. Poi, nel 1024, Papa Giovanni XIX soccombette infine alla loro pressione e inserì il filioque nella versione “ufficiale” del Credo di Roma.

Ora, dobbiamo chiederci: perché i Franchi erano così irremovibili sul filioque? Le ultime vestigia dell'arianesimo furono eliminate nel settimo secolo. Perché continuavano a promuovere questo nuovo credo 300 anni dopo, nonostante l’opposizione di tutta la Pentarchia e due Concili Ecumenici? La risposta è che era parte del loro tentativo di screditare Bisanzio e stabilire il "Santo Impero Romano" come suo legittimo successore.

L'Europa orientale fu convertita al cristianesimo dai missionari Bizantini, i più importanti dei quali sono San Cirillo e San Metodio. Questi legami di religione crearono una profonda simpatia tra Bulgari e Bizantini. I Franchi tentarono di recidere questi legami inviando missionari nell'Europa orientale, sostenendo che i Bizantini avevano insegnato loro una versione eterodossa del cristianesimo e incoraggiandoli a usare il filioque.

So che i cattolici sono stanchi degli apologeti ortodossi che parlano dei Franchi. Ma questo è davvero un banco di prova importante, per i seguenti motivi:

  1. La minaccia dell'arianesimo fu risolta 300 anni prima dello Scisma. Pertanto l’aggiunta del filioque non ha svolto alcuna funzione pastorale. Al contrario fu profondamente divisiva.

  2. La teologia di fondo del filioque fu fortemente contestata, specialmente dai patriarchi orientali. Pertanto l’aggiunta del filioque non esprimeva la volontà della Chiesa universale.

  3. Il Credo originale era stato redatto in Concilio per una ragione: doveva esprimere il consenso dei vescovi cattolici ortodossi. Quindi, l’aggiunta del filioque vanificò l'intero scopo del Credo.

  4. Per circa seicento anni, i Papi avevano insegnato i pericoli di inserire il filioque nel Credo. Quindi l'aggiunta del filioque violava persino le usanze locali di Roma.

  5. I Concili Ecumenici avevano stabilito che il Credo non dovesse essere modificato. Quindi l'aggiunta del filioque violava i Santi Canoni.

  6. Roma promuoveva il filioque solo per ragioni mondane. Quindi aggiungerlo avrebbe permesso a un solo vescovo di promuovere i propri interessi politici ed economici a spese di tutta la Chiesa.

I Patriarchi orientali avevano tutte le ragioni per rifiutare l’inserimento del filioque e nessuna ragione per accettarlo, a parte: “il papa lo ha detto e dobbiamo fare tutto ciò che dice il papa”.

È anche importante notare che i patriarchi orientali non hanno scomunicato il papa per aver usato il filioque.(4) Tuttavia, il Papa ha scomunicato il Patriarca ecumenico di Costantinopoli per la sua presunta insolenza, innescando così il Grande Scisma.

Questo è il motivo per cui dico che il Grande Scisma è un buon banco di prova per il minimalismo papale. L’argomento per Roma è il caso del massimalismo papale, mentre l'argomento per l’Oriente è il caso del minimalismo papale e viceversa.


 

“Trazionalismo cattolico” = Cristianesimo ortodosso

Sono convinto che, se fossero vissuti nell’XI secolo, i nostri amici cattolici tradizionalisti si sarebbero schierati dalla parte dei patriarchi orientali.

Avrebbero respinto gli sforzi papali per modificare arbitrariamente il Credo, specialmente quando i papi precedenti si erano opposti così pubblicamente e strenuamente a tali sforzi. Non sarebbero stati così veloci a seguire l’ultimo papa nel ribaltare le decisioni dei Concili ecumenici.

Anche se avessero accettato la logica di fondo del filioque, si sarebbero opposti ai tentativi del papa di imporre i propri giudizi teologici a tutta la Chiesa, soprattutto di fronte alla strenua resistenza delle voci più “conservatrici” in Oriente. Il fatto che i papi agissero sotto l'influenza dei poteri secolari li avrebbero solo confermati nella loro risoluzione.

Avrebbero resistito a Roma. E lo avrebbero fatto non perché odiassero Roma. Al contrario! Avrebbero agito per amore dei santi papi ortodossi dei secoli passati: Leone I, Leone III, Giovanni VIII, e naturalmente Gregorio I, che dichiarò: “Chiunque si definisca o desideri essere chiamato Sacerdote Universale è nella sua euforia il precursore dell’Anticristo, perché si mette orgogliosamente al di sopra di tutti gli altri”.

(C'è da sorprendersi che, appena vent'anni dopo lo scisma, Papa Gregorio VII dichiarò che il suo era "l'unico nome al mondo"?)

Allo stesso modo, noi ortodossi saremmo d’accordo con i tradizionalisti (e altri cattolici conservatori, come Erick Ybarra) che avanzano una visione più limitata del potere papale. Condividiamo anche la loro riverenza per la Sede Apostolica di Roma! Vorremmo sottolineare, tuttavia, che il loro minimalismo papale non si conforma alla visione massimalista sposata da Roma dall’XI secolo.

Nulla nella tradizione cattolica dopo lo scisma consente una comprensione minimalista del potere papale. Al contrario, la Chiesa romana ha colto ogni opportunità per espandere il potere papale e abbattere ogni tentativo di limitare lo stesso.

Roma ha insegnato l'iper-papalismo negli ultimi 1000 anni. Non c’è stato alcun momento dal Grande Scisma in cui Roma abbia accettato limiti alla sua autorità, nemmeno ai giorni nostri.

Ecco la buona notizia: la Chiesa ortodossa ha mantenuto la sua ecclesiologia “papal minimalista” completamente invariata per l’ultimo millennio. Ecco perché gli argomenti per il minimalismo papale sono, in realtà, argomenti per l'Ortodossia.

Roma ha insegnato l’iper-papalismo negli ultimi 1000 anni. Non c’è stato alcun momento dal Grande Scisma in cui Roma abbia accettato limiti alla sua autorità, nemmeno ai giorni nostri. Quindi, i cattolici che rifiutano questo modello stanno rifiutando l’ecclesiologia della loro Chiesa degli ultimi dieci secoli.

A tutti i nostri amici latini che desiderano vedere Roma tornare alle sue radici apostoliche, patristiche ed ecumeniche: unitevi a noi! Le nostre porte sono sempre aperte. Venite e vedete!




NOTE:

 

1) Presumo che il titolo sia un riferimento al mio recente articolo “Il Capo Visibile della Chiesa”, in cui sostengo che il capo visibile della Chiesa non è il papa ma Cristo nella Santa Eucarestia.

2) Gregorio II alla fine accettò il Vaticano I.

3) Ciò è in linea con gli Atti del Concilio di Costanza. È tuttavia una chiara contraddizione della revisione di Eugenio IV del Concilio di Costanza, nonché dell’insegnamento della Pastor Aeternus riguardante la relativa autorità del papa ai Concili ecumenici.

4) Michele Cerulario, allora patriarca di Costantinopoli, cessò di commemorare il papa nei Dittici. Eppure questo era un evento abbastanza comune nella Chiesa primitiva; non era (e non è) in alcun modo equivalente a una scomunica. È stato (ed è) semplicemente il riconoscimento pubblico da parte di due patriarchi che hanno una disputa su una grave questione ecclesiale o teologica. Infatti, Pietro III informò Cerulario che i Patriarchi di Antiochia non avevano commemorato i Papi di Roma poiché Vigilio fu condannato dal Sesto Concilio Ecumenico nel 680!