Il rito, celebrato pontificalmente dal Custode di Terra Santa, padre Francesco Patton, si è svolto sostanzialmente nella sua forma antica, così come descritto nell'Ordo Processionum quae Hierosolymis in Basilica S. Sepulcri D.N. Jesu Christi a Fratribus Minoribus peraguntur (Romae, 1925). Dalla Brevis notitia (pp. 10-11) posta a prefazione di questo Processionale traiamo la seguente silloge storica circa l'origine di detto rito:
Processio funerea, quae Feria VI in Parasceve in hoc Templo a Franciscalibus peragitur, ad recolenda mysteria depositionis Jesu Christi e cruce ejusdemque repositionis in sepulcro, initio saeculi XVII instituta fuit. Imago Salvatoris in cruce pendentis processionaliter defertur, fideliumque venerationi exhibetur, ac tandem caeremoniae depositionis et sepulturae circa ipsam complentur. P. Bonifacius a Ragusa memoriae tradidit hanc processionem saeculo XVI non a Fratribus Minoribus, sed ab Aethiopibus peragi: Religiosi latini tunc aliam processionem celebrabant, deferentes scilicet Sanctissimam Eucharistiam a Monte Calvario ad S. Sepulcrum et ad Capellam Apparitionis.
Circa annum 1620, ut refert Lucas Waddingus, caeremoniae crucifixionis, depositionis e cruce et sepulturae peragebantur quidem a nostratibus in Monte Calvario, sed una cum officiis Missae Praesanctificatorum, eo scilicet tempore cum Passio a Diaconis decantabatur. Franciscus a Secli (1628), de hac funerea processione scribens, eam Feria V in Coena Domini peractam refert; Antonius Del Castillo (1629-1640) vero et Didacus a Cea (1639), in Parasceve quidem, sed statim post completorias preces.
Inchoabatur primo in Monte Calvario, sed haud multo post in Capella Apparitionis, et stationes variae fieri coeptae sunt ad sacella deambulatorii, quandoque etiam ad Columnam Flagellationis et ad Capellam Carceris. Ritus et caeremoniae quae in decursu processionis fiebant, praesertim caeremonia crucifixionis Imaginis Salvatoris, a peregrinis saepe commemorata sed hodie obsoleta, maxima cum gravitate et pietate peragebantur et animos adstantium vehementer commovebant. Mos quoque habendi plures sermones diversis linguis jam ab initio invaluit. Processionem hanc magna cum solemnitate et pontificali ritu a Rev.mo Terrae Sanctae Custode celebratam fuisse, auctores passim commemorant, eaque etiam praesenti tempore summo in honore habetur et magno populi concursu quotannis peragitur."La processione funebre, che il Venerdì Santo in questo Tempio è compiuta dai Francescani per commemorare i misteri della deposizione di Gesù Cristo dalla croce e la sua reposizione nel sepolcro, fu istituita all'inizio del XVII secolo. L'immagine del Salvatore pendente dalla croce viene portata processionalmente, ed esposta alla venerazione dei fedeli, e alfine attorno ad essa si compiono le cerimonie della deposizione e della sepoltura. P. Bonifacio da Ragusa racconta che questa processione nel XVI secolo era compiuta non dai Minori, bensì dagli Etiopi: i Religiosi latini allora celebravano un'altra processione, portando la Santissima Eucaristia dal Monte Calvario al Santo Sepolcro e alla Cappella dell'Apparizione.
Attorno al 1620, come riferisce Luke Wadding, le cerimonie della crocifissione, deposizione dalla croce e sepoltura erano compiute invece dai nostri sul Monte Calvario, ma insieme alle funzioni della Messa dei Presantificati, nel momento cioè in cui la Passione veniva cantata dai Diaconi. Francesco da Secli (1628), scrivendo a riguardo di questa processione funebre, riporta che si svolgesse il Giovedì Santo; Antonio del Castillo (1629-1640) invece e Didaco da Cea (1639) il Venerdì Santo, ma subito dopo la Compieta.
Si iniziava dapprima sul Monte Calvario, ma non molto tempo dopo nella Cappella dell'Apparizione, e si iniziavano a compiere varie stazioni ai sacelli del deambulatorio, talora anche alla Colonna della Flagellazione e alla Cappella del Carcere. I riti e le cerimonie che avvenivano durante la processione, soprattutto quelle della crocifissione dell'Immagine del Salvatore, spesso ricordate dai pellegrini ma oggi dimenticate, si compivano con somma pietà e reverenza, e commuovevano assai gli animi dei presenti. Sin dall'inizio invalse l'uso di tenere svariati sermoni in diverse lingue. Gli autori qua e là ricordano che tale processione fosse celebrata con gran solennità e in rito pontificale dal Rev.mo Custode di Terra Santa, ed essa anche al tempo presente è tenuta in sommo onore, e ogni anno celebrata con grande concorso di popolo".
Come si sarebbe potuto intuire, il costume è di provenienza orientale. Nel rito bizantino, durante il canto del Vespro, il corpo del Salvatore viene deposto dalla Croce, e dal Santuario l'Epitafio e portato al luogo della sepoltura, e ivi incensato e profumato con aromi. Quindi, esso viene processionalmente portato nel cuore della notte per le strade durante il canto del Mattutino del Sabato. I riti dei Francescani sono evidentemente derivati dalle usanze orientali.
La nota ci ricorda che fino al Seicento invece essi celebravano una processione eucaristica secondo il costume occidentale: in molti riti medievali occidentali, e anche a Roma nei secoli più antichi, il Giovedì Santo venivano consacrate tre ostie: una per la consumazione quel giorno, una per i Presantificati, e una da riporre nel Sepolcro durante il Vespro che segue i Presantificati, e quindi da portare in processione nel pomeriggio secondo un rituale suggestivo e complesso, in cui le consuete riverenze al Sacramento erano sostituite da altre più cupe e modeste, per significarne la temporanea morte. Coerentemente con le due teologie (dell'immagine e del Sacramento) sviluppate in Oriente e Occidente, il Cristo sepolto è portato in processione con un'icona negli usi orientali e con l'Ostia consacrata negli usi occidentali. Il Messale Tridentino non contiene più questa processione teoforica, che del resto a Roma era già disusata da parecchi secoli, ma suoi contemporanei locali (Aquilejese, Ambrosiano...) ne contengono tracce evidenti. Presso la Ducale Basilica di S. Marco in Venezia essa fu compiuta con il rito patriarchino (con il quale si svolgevano ordinariamente le cerimonie in essa) fino al 1806, quando divenne Patriarcale e assunse il Rito Romano; la processione continuò nondimeno a svolgersi, così come del resto nella maggior parte delle Venezie e dell'Istria, sino al Patriarcato di Giuseppe Sarto, che la sostituì con una processione con le reliquie della Passione. Di questo però si parlerà meglio in altra occasione.
Tornando al rituale francescano di provenienza orientale del video, notiamo le seguenti cose: gli atti cerimoniali sono svolti esattamente come dal Processionale summenzionato. I sermoni in diverse lingue sono sostituite dalla lettura di Vangeli della Passione nei medesimi idiomi (a parte quello tradizionalmente tenuto in greco, che qui è in polacco), sostituzione a mio avviso non deprecabile. Il Vangelo della Deposizione secondo Giovanni è comunque cantato nel suo tono proprio. Il Miserere è cantato in tono primo durante la processione con l'Immagine del Salvatore; il Processionale offre un altro tono, non incorporato nell'ochtoichos, dagli accenti mesti e solenni. Unica nota negativa: sono omessi (forse per la relativa difficoltà musicale?) tre dei quattro responsori che il Processionale prevedeva si cantassero all'inizio, dopo il Vangelo e durante la turificazione nel Sepolcro. Questi sono sostituiti dal più banale canto quaresimale Parce Domine. Tali responsori, di cui offriamo le partiture sotto, erano l'Offerimus ergo, il Velum templi e il Sepulto Domino. Quest'ultimo accompagnava tipicamente anche le processioni eucaristiche occidentali di questo giorno. Alla fine di tutta l'ufficiatura è qui invece regolarmente cantato il Christus factus est con cui si conclude pressoché ogni ufficio di questo Triduo: si noti che è cantato anche il propter quod etc., cioè la forma propria del Sabato Santo. Questo ufficio infatti, collocandosi tra la Compieta del Venerdì e le Tenebre del Sabato, ha già caratteri di quest'ultimo, come del resto la processione con l'Epitafio nel rito costantinopolitano è liturgicamente del Sabato Santo.
Offerimus ergo
Velum templi
Sepulto Domino
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FONTI della storia della Processione (citate in Ordo Processionum etc.)
BONIFACIUS A RAGUSA (1552-1564), Liber de perenni cultu, ed. 1875, pp. 41-42.
L. WADDINGUS, Annales Minorum, ed. 1635, III, p. 497.
FRANCESCO DA SECLI, Viaggio di Gerusalemme, ed. 1639, p. 124.
A. DEL CASTILLO, El devoto peregrino, ed. 1705, p. 247.
DIDACUS A CEA, Thesaurus Terrae Sanctae, p. 285.
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