venerdì 10 aprile 2020

Observationes de veritate horarum

OSSIA RIFLESSIONI SOPRA GLI ORARI E IL SIGNIFICATO DELLE LITURGIE DELLA SETTIMANA SANTA, E SPECIALMENTE DEL SABATO SANTO

Come sappiamo, ormai da tre anni la fu Pontificia Commissione Ecclesia Dei ha concesso ad alcuni istituti "tradizionalisti" la possibilità di celebrare la Settimana Santa secondo il rito antecedente le disastrose riforme del 1955, cosa che era de facto e grazie a Dio già praticata in alcuni luoghi. Tuttavia, non sempre a un lodevolissimo desiderio di celebrare i riti centrali della fede cristiana secondo i libri liturgici antichi, la cui struttura rimonta agli Ordines Romani e dunque alle più antiche fasi dello sviluppo liturgico romano, si accompagna una piena comprensione del significato di questi. Uno dei punti meno compresi, specialmente in Europa, è il significato della liturgia del Sabato Santo e, strettamente legato a questo, l'orario delle celebrazioni (cosa non secondaria, dacché la veritas horarum con la quale abbiamo titolato questo intervento fu uno degli assunti principali coi quali la commissione guidata da Bugnini argomentò la necessità di una riforma dei sacri riti). Scriviamo dunque queste righe proprio al fine di aiutare la comprensione di questo aspetto così sovente frainteso, nella speranza che si possa presto giungere a una completa e corretta comprensione dei riti della Grande Settimana.

Prima di passare alla trattazione specifica del Sabato, vediamo generalmente la struttura oraria della Settimana Santa in genere. Faremo continui riferimenti alla tradizione bizantina per stabilire un parametro: tutti i riti liturgici hanno avuto la loro origine dalla liturgia gerosolimitana, sviluppando poi caratteri propri anche a seconda dell'ethnos in cui sono cresciuti, ma sempre presentando uno sviluppo organico con tratti comuni. In particolare, nella questione degli orari, possiamo notare come quelli che identificheremo come "corretti" sono frutto di una secolare stratificazione che si ritrova identica nel rito romano e nel rito bizantino, e che ha come principale scopo il poter vivere con armonia e pienezza di significato i momenti culminanti dell'anno liturgico.

Anzitutto: per tutta la Quaresima, nel rito romano, i Vespri si sono cantati prima di mezzogiorno. Non mi soffermerò su questo aspetto che trovo in sé discutibile (la rubrica del resto dice ante comestionem, e volendo seguire la prassi più antica l'unico pasto del giorno di digiuno si prende alla sera): tuttavia è importante marcare il principio, che cioè la tradizione della Chiesa ha facoltà di modificare l'orario dei riti liturgici, e che anzi la veritas horarum degli stessi non è data dalle ore del giorno solare, ma da quelle del giorno liturgico. Il giorno liturgico è scandito dalle sue sette lodi quotidiane, e può, ma non necessariamente deve, coincidere con quello solare. Questo stesso costume è poi ritenuto nel rito bizantino almeno durante la Settimana Santa: la liturgia dei Presantificati, celebrata insieme al Vespero, si canta al mattino del Lunedì, Martedì e Mercoledì Santi, mentre alla sera è cantato l'Ufficio dello Sposo, cioè il Mattutino del giorno successivo.

L'anticipazione dei Mattutini è un tratto caratteristico di molte tradizioni liturgiche: nelle chiese slave tuttora, ma anche in molte cattedrali occidentali prima delle riforme, è uso quotidiano. I Mattutini in Occidente nascono dall'unione dei quattro notturni di cui parla San Benedetto nella sua Regola (le cui identificazioni orarie non sono ancora del tutto chiare), ma è evidente che al di fuori di un monastero è un costume difficilmente praticabile radunare il clero e il popolo quattro volte durante la notte per celebrare un ufficio liturgico; e non è nemmeno pensabile, come da prassi invalsa poi nei monasteri, convocarlo anche una sola volta nel cuore della notte, a mezzanotte (uso certosino) o tre ore prima dell'alba (uso benedettino). Dunque è chiaro che nelle Cattedrali, nelle Collegiate e idealmente nelle Parrocchie [1] l'ufficio del Mattutino dev'essere cantato a un'ora che permetta la partecipazione del clero e dei fedeli. Particolarmente, i Mattutini cosiddetti delle Tenebre, quelli del Giovedì, Venerdì e Sabato Santo, non possono che cantarsi la tarda serata precedente. Ragione dei gesti rituali che si compiono durante il canto di questi uffici è il terminare nella piena oscurità (non occorre ricordarne le ragione simboliche): stante che fuori dai monasteri è impensabile celebrarli in piena notte, ha più senso officiarli nella tarda serata del giorno precedente, quando le tenebre già son calate, oppure alla mattina, come invece la riforma di Pio XII obbliga, vietando il canto anticipato delle Laudi? Pare che in alcuni luoghi ove si segue la liturgia bugniniana le Tenebre vengano cantate alle 9 o alle 10 del mattino; dev'essere molto ridicolo nascondere la quindicesima candela e spegnere quelle dell'altare mentre dalle finestre penetra la piena luce del sole. Anche cantarle alle 7, vista la stagione in cui cade la Pasqua, non consentirebbe comunque di sfruttare il necessario buio.
Nel rito bizantino, i Mattutini del Triduo (il Mattutino del Giovedì, l'adorazione della Croce coi Dodici Vangeli del Venerdì Santo, l'ufficio dell'Epitafio del Sabato) sono celebrati la sera precedente da oltre mille anni e, del resto, se le rubriche del Typikòn prescrivono di portare in processione il Cristo morto nello scuro, accompagnato da molti lumi, il ragionamento è esattamente quello di cui sopra.

Gli orari tradizionali dei Mattutini vengono generalmente compresi e praticati; tuttavia non è capito che questi influenzino direttamente quelli delle altre liturgie. Per esempio, la Messa del Giovedì Santo tradizionalmente si cantava al mattino. Questo ha due ragioni evidenti: la pratica della Chiesa d'Oriente e d'Occidente da moltissimi secoli di non celebrare il Divin Sacrificio dopo mezzodì [2]; il permettere di assistere a tutti gli uffici senza un eccessivo debilitarsi del corpo. Chi non si sfinirebbe del resto a entrare in chiesa alle cinque e mezza del pomeriggio e uscirne alle dieci passate, cantando di seguito Nona, Messa, Vespro, Mandato, Mattutino e Laudi? Senza contare l'alterazione necessaria della legge del digiuno: poiché tutto il clero, e lodevolmente pure i fedeli, deve comunicarsi il Santo Giovedì, secondo tradizione dovrebbe essere digiuno dalla mezzanotte. Ora, se è già complesso restare totalmente digiuni senza bere nemmanco un goccio d'acqua sino al tardo pomeriggio, come è pensabile di cantare tutti quegli uffici in tali condizioni, peraltro non potendo poi nemmeno prender cibo dovendo subito iniziare i Mattutini, e dopo questi il rigorosissimo digiuno del Venerdì? La soluzione a questo fu trovata stralciando la prassi apostolica del digiuno dalla mezzanotte e sostituendola con tre ridicole ore.
Un Giovedì Santo tradizionale, secondo una prassi che ho avuto la grazia di vivere, consiste nel canto del Mattutino il mercoledì sera, la Messa preceduta da Nona e seguita da Vespro e dalla spoliazione degli altari al mattino, un pasto, il Mandato nel pomeriggio, un'ultima piccola refezione, e poi le Tenebre del Venerdì. La giornata in questo modo assume il suo significato interamente in relazione alla liturgia, ma con le necessarie pause intermedie per ristorare il corpo con cibo e sonno.
La veritas horarum, come detto, non è un motivo per turbare quest'ordine: il carattere "vespertino" della liturgia è dato dalla presenza del Vespro unito alla Messa, benché cantati al mattino. La liturgia di S. Basilio che i Greci cantano questo giorno, ancorché infra vesperas, è celebrata di primo mattino in tutte le chiese. Paradossalmente, la liturgia vespertina bugniniana è celebrata alla sera ma da essa è completamente assente il Vespro, che anzi questo giorno viene del tutto omesso, in modo inaudito.

Il Venerdì gli orari si sono stratificati in modo diverso a seconda dei luoghi. Sostanzialmente le liturgie centrali del giorno, anticipate le Tenebre al giovedì sera, sono due: la Messa dei Presantificati e un'esposizione o processione con le reliquie della Passione, o con la statua di Cristo morto, spesso seguenti la devozione della Via Crucis. Nella maggior parte dei luoghi la prima delle due funzioni si faceva al mattino, per facilitare il digiuno naturale del celebrante, e alle tre veniva poi compiuta la seconda. La pietà di molti fedeli induceva a restare in chiesa in preghiera dalle dodici alle quindici, tra i due uffici, nelle cosiddette "tre ore dell'agonia". Non mancavano alcuni luoghi dove, per zelo di taluni celebranti, l'ordine dei due uffici era invertito, con processioni e Via Crucis al mattino (chiaramente non laddove si portava in processione il Cristo Morto) e i Presantificati alle tre. Il Vespro, che in tutte le tradizioni rituali riconduce alla deposizione di Cristo dalla Croce, segue immediatamente i Presantificati, non ne fa parte: porre la liturgia dei Presantificati, che in sé nel momento della scoperta e adorazione della Croce rappresenta il momento della morte, all'ora del Vespro -come fa la liturgia bugniniana- è contrario proprio alla veritas horarum tanto sbandierata. Possono valere poi tutte le altre considerazioni già fatte sopra circa il digiuno e il canto consecutivo di molteplici uffici.

Vigilia di Pasqua con rito tradizionale e orari bugniniani
FSSP Guadalajara, 2019
 Veniamo infine alla nota dolente: il Sabato Santo. Quello che si verifica nella liturgia bugniniana non è solo un cambiamento ingiustificato di orario, come nei giorni precedenti, ma del significato stesso della liturgia vigiliare. Cercherò di spiegare quest'ultimo con chiarezza e sintesi.
Premessa: "veglia" è la variante diacronica volgare del lat. vigilia (caduta della i breve interconsonantica e mutamento della prima vocale), che indica in questo contesto il giorno prima di una festa, che presenta sì dei caratteri penitenziali, ma - specie prima delle grandi feste - anche dei tratti festivi (si pensi ai toni gaudiosi della messa del 24 dicembre, pur cantata in paramenti viola). Dai tempi delle pannychides stazionali, non è più una veglia che dura tutta la notte. Contrariamente a quanto si dice popolarmente, la veglia di Natale non è la messa di mezzanotte (che è la prima messa della festa, celebrata a orario insolito solo in ragione dell'ora della nascita del Salvatore), ma quella del 24 dicembre mattina (dopo Nona). Stesso discorso si può fare per la veglia/vigilia dell'Epifania o dell'Ascensione, nelle quali nessuno si sogna di offrire una messa di mezzanotte.
Ne consegue quindi che la Messa del Sabato Santo NON è una Messa di Pasqua. Sfruttando un termine popolare greco (vide infra), possiamo chiamarla una "Messa della Prima Risurrezione", cioè quella dei progenitori e dei patriarchi liberati dal limbo cui vengono aperte le porte Paradiso. Gesù Cristo secondo la testimonianza apostolica risorge alle sei del mattino [3] dell'ottavo giorno, non a mezzanotte (l'ora in cui invece tradizionalmente nasce il 25 dicembre). Il carattere festivo e allelujatico di questa liturgia è in ragione della liberazione dei padri d'Israele, non della corporale risurrezione di Cristo, che pure si festeggia, ma solo per anticipazione dell'evento ormai prossimo [4]. Al Gloria di tale Messa si scoprono le immagini della chiesa, al suono festante di campane, campanelli e organo: ma questo non è il momento in cui il corpo del Redentore esce dal sepolcro, bensì quello in cui Virgilio, da poco nel Limbo, ci vide venire un possente, con segno di vittoria coronato e trasseci l'ombra del primo parente, d'Abèl suo figlio e quella di Noè, e di Moisè legista ed ubidiente, Abraàm patriarca e Davìd re, Isacco con suo padre e co' suoi nati, e con Rachele per cui tanto fé, ed altri molti: e feceli beati (Inferno, IV, vv. 53-61).

Vigilia di Pasqua con rito tradizionale e orari bugniniani
ICRSS Detroit, 2018
Dunque celebrare questa messa verso mezzanotte, come molti fanno anche con il rito tradizionale, è ingannevole e trasmette un senso erroneo della celebrazione, facendola apparire una messa di Pasqua. Ma l'unica messa di Pasqua è quella della domenica mattina [5]: il momento della Risurrezione è tradizionalmente segnato dal canto del Mattutino Pasquale, che era celebrato con grande solennità, spesso con rito pontificale come i Mattutini di Natale. Prova che detta funzione vigiliare non abbia il suo orario naturale nella tarda notte è data dal fatto che essa termina con il canto del Vespero, del primo Vespro di Pasqua (cioè l'inizio, ma solo DOPO il termine della Messa, della festa pasquale!). Se essa viene malamente intesa come celebrazione notturna che connette un giorno all'altro, che senso avrebbe cantare il Vespro di sabato all'una di notte di domenica? Questo è ben diverso dall'uso, pienamente legittimo e giustificato dall'ordine pratico, di anticipare questa funzione vesperale al mattino. E infatti Bugnini, almeno in modo coerente con la sua idea del tutto innovativa di veglia, sostituì questo Vespro con il canto delle Laudi: tutto logico apparentemente (pare che ci sia qualcuno che celebra la veglia pre-1955 a tarda notte, ma con le Laudi al posto del Vespro). Peccato che uno dei riti più caratteristici della funzione, la benedizione e accensione del cero al canto solenne dell'Exultet, è per unanime consenso di tutti i liturgisti l'unico residuo del lucernale nell'uso di Roma (ben più ampia né è la presenza nell'ambrosiano o nel bizantino), essendo però questo un rito che è eminentemente proprio e caratteristico del Vespro!

Molto spesso, viene supposta una presunta "antichità" del carattere di veglia notturna introdotto dalla riforma del '55, portando ad esempio le veglie notturne che si compiono nel giorno di Pasqua presso i Greci e a Gerusalemme. Questa è una dimostrazione di profonda ignoranza del modo in cui si svolgono le funzioni di questo giorno nella liturgia bizantina! Ricapitolo velocemente: alla sera del Venerdì si è cantato il Mattutino del Sabato Santo, con gli Encomi e la processione con l'Epitafio; alla mattina del Sabato si canta il Vespro con inserita la Liturgia di S. Giovanni Crisostomo. Questo è l'esatto parallelo della vigilia pasquale romana! Anche nel rito greco, seppur con una minor solennità rispetto alla peculiare e unica forma romana, vi è ovviamente il lucernario (con il consueto Φῶς ἱλαρόν), e la liturgia eucaristica è celebrata in paramenti dorati in memoria della liberazione dei padri dagl'inferi, e caratterizzata da riti festivi come l'Ἀνάστα ὁ Θεός e lo spargimento degli allori. Nella notte tra sabato e domenica viene sì celebrata un'ufficiatura notturna, con la proclamazione della risurrezione: ma questa NON è la veglia romana del sabato, bensì il Mattutino Pasquale. Lo stesso che, prima dei fraintendimenti, a Roma era con solennità celebrato la sera tra sabato e domenica per festeggiare finalmente la Risurrezione. La liturgia che segue subito dopo è la liturgia che nell'uso occidentale è celebrata nella mattinata di domenica, anticipata alla notte solo per comodità [6], e comunque in nessun modo collegabile alla messa che segue la vigilia pasquale romana, che invece corrisponde appunto alla liturgia del mattino del sabato. La confusione tra questi concetti è indotta, oltre che dalla sparizione completa del Mattutino Pasquale (che del resto, secondo Bugnini, non dev'essere recitato da quanti assistono alla funzione di veglia: ecco completo il cambio di significato!), anche dall'introduzione di rituali che cercano di imitare il Mattutino pasquale bizantino, per esempio la distribuzione (mai esistita a Roma) di candele al popolo da accendere durante l'ingresso in chiesa. Questa è chiaramente una mistificazione, che inganna tuttavia non pochi.

Vigilia di Pasqua con rito tradizionale a orari tradizionali. ICRSS Oakland, 2018
Si è liberi di preferire una meccanica veritas horarum in ambito liturgico, seppur, come detto, molteplici sono i suoi svantaggi. Nel caso del sabato, tuttavia, chi segue il rito tradizionale dev'essere consapevole che la sua hora vera non è poco prima di mezzanotte, bensì il tardo pomeriggio, l'ora cioè del Vespro. E si ricorda che nell'uso occidentale il Vespro dev'essere concluso ben prima che cali l'oscurità (persino la Compieta è da cantarsi quando ancora gli ultimi bagliori del giorno resistono: Te lucis ante terminum, canta il suo inno). Oppure, meglio ancora, può ritenere il secolare e venerabile costume diffuso in tutto l'orbe cristiano di anticipare la funzione al mattino di sabato, con consapevolezza del suo significato reale, imitando in ciò i santi e i padri. La veritas horarum fu il grimaldello del grimaldello [7], quella da cui i più si fecero ingannare e ancor oggi si fanno ingannare, vedendola come cosa buona e meritoria, non accorgendosi dei pericoli ch'essa comporta alla simbologia liturgica stessa.

Vigilia di Pasqua con rito tradizionale e veritas horarum corretta (le 17)
S. Simon Piccolo, Venezia, 2019
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NOTE

[1] Un elemento di decadenza liturgica che non manchiamo di sottolineare spesso è il disuso della celebrazione delle ore liturgiche nelle parrocchie, e la mancata partecipazione del laicato alle stesse, cosa che invece nel medioevo era la norma. Sicuramente la forma particolare dell'ufficio romano, che è di diretta derivazione monastica senza una mediazione cattedrale e dunque prevede una lunga parte salmodica cantata, può essere pesante per il popolo, ma vivere la liturgia senza la celebrazione almeno delle ore principali (il Vespro quotidiano, il Mattutino con le Lodi almeno la domenica e le feste, Terza prima della Messa) è difficilmente accettabile per una parrocchia, il cui scopo precipuo è quello della celebrazione del culto pubblico a Dio a vantaggio spirituale dei fedeli, culto pubblico che non si espleta nella sola Liturgia Eucaristica, in quanto non può prescindere dell'Ufficio.

[2] Questo avviene per una ragione simbolica molto più forte della veritas horarum: l'insensatezza di consacrare, cioè di far venire sul santo altare il Re della gloria, sole che sorge a illuminare quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra della morte, mentre il sole tramonta! Un'antichissima tradizione ecclesiastica, compreso l'orientamento a est della preghiera, viene a cadere con la messa vespertina.

[3] Questa è la ragione cristologica intrinseca all'Ora Prima, che si accosta alla ragione laudativa delle sette lodi quotidiane prescritte dal salmo. L'abolizione dell'Ora Prima significa l'abolizione dell'ora della Risurrezione dall'ufficio liturgico! E tra i liturgisti moderni apologeti di tali riforme qualcuno dice pure che "non aveva legami con la vita di Cristo"... che sia un segno delle diffuse incomprensioni, frase detta da chi crede che il Salvatore sia risorto a mezzanotte?

[4] Non a caso, specialmente nell'Exultet sono moltissimi i riferimenti al Passaggio degl'Israeliti dall'Egitto alla Terra Promessa: è presentata la nuova liberazione dei giusti dell'antico Israele, non più quella terrena dalla schiavitù del Faraone, ma quella spirituale e ultramondana dalla schiavitù della morte e dello sheol.

[5] Come si sa, in realtà, tutte le messe dell'intera Ottava di Pasqua sono messe pasquali pleno sensu, e tuttavia qui si è marcato il "solo" per distinguere nettamente il Sabato e la Domenica.

[6] Peraltro, a Gerusalemme, dove in ragione dell'evocazione simbolica dei suggestivi rituali propri di quella terra la veritas horarum è generalmente rispettata da secoli, la funzione inizia all'alba, proprio perché l'ora della Risurrezione è la prima del giorno.

[7] Parafrasando una definizione che Carlo Braga, stretto collaboratore di Bugnini, diede alle riforme della Settimana Santa, considerandole la "testa d'ariete" della successiva riforma liturgica (cfr. C.BRAGA, “Maxima Redemptionis Nostrae Mysteria” 50 anni dopo (1955-2005) in Ecclesia Orans n. 23 (2006), p. 33.

11 commenti:

  1. Buongiorno. Sono un fedele di rito tradizionale Ambrosiano; nel nostro ambito, vorrei sapere, la liturgia della Veglia Pasquale "in nocte Sancta" con il triplice annuncio "Christus Dominus Resurrexit" è possibile condirearla già una Messa pasquale?

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    1. Conosco poco il rito ambrosiano, dunque non saprei risponderle. Bisogna però tenere presente che originariamente vi era un'unica lunghissima celebrazione che andava dal pomeriggio del sabato alla tarda mattinata di domenica: ancora oggi sul Monte Athos nelle feste maggiori si compiono ufficiature di anche 14 ore!

      Col tempo questa lunga ufficiatura è stata spezzata in due o tre parti: una sezione vespertina (anticipata poi al mattino), una funzione notturna e una funzione mattinale. Queste ultime due ad esempio nel rito greco sono rimaste unite. E' probabile che alcuni elementi anticamente nella liturgia notturna, cioè nel Mattutino Pasquale, (per esempio i battesimi) siano stati spostati alla funzione vespertina per svariate ragioni.

      Bisognerebbe capire come l'uso della Chiesa Milanese abbia sviluppato queste distinzioni.

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    2. Grazie per la risposta.

      La mia domanda scaturiva proprio dal contesto, mi spiego: se nel rito romano il gloria è "anticipazione" della Risurrezione, nel rito Ambrosiano - essendo questa Messa, come per le vigilie di altre feste maggiori, inserite "infra Vesperas" e quindi di "default" senza Gloria ne Credo - viene proprio cantata (per tre volte con tono sempre più forte, similarmente all'Alleluia romanp prima del Vangelo) al lato dell'Epistola, al Centro e al lato del Vangelo, la frase "Christus Dominus Resurrexit" (nel mentre suonano le campane, l'organo e i campanelli) che, a rigor di parole, significa: "Cristo Signore è risorto" indicando quindi, nella notte, la sua resurrezione.

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    3. Bisogna vedere il senso con cui è pronunciato. Se la liturgia è infra Vesperas è improbabile che sia già una messa di Pasqua: romanamente tutte le liturgie vigiliari sono tra Nona e Vespro, ma non sono messe della festa seguente.

      Il 24 dicembre, a Prima, si canta l'annuncio della Natività inserito nel Martirologio. Nel cantarlo tanti si pongono l'obiezione: "Ma non sarebbe più logico cantarlo a Prima di Natale, come l'Hac die si canta a Prima di Pasqua?". Questo è perché non comprendiamo come un evento che avverrà domani possa essere celebrato oggi. Ma per la mentalità antica non era così.

      Quando per la prima volta assistei a una liturgia vespertina il sabato santo mattina, con rito greco, e poi la sera stessa al mattutino con l'Anastasi, mi sembrava che Cristo fosse risorto due volte, non riuscivo a capire. Ero molto giovane e digiuno di studi liturgici. Col tempo ho compreso, riuscendo a superare quella dimensione razionale (razionalista) e fenomenologica che mi rendeva incomprensibili l'uso di paramenti aurei, il lancio di alloro e i canti festosi quando mancavano ancora diverse ore alla risurrezione.

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  2. Buon giorno.
    Vorrei gentilmente avere un chiarimento circa la Veglia Pasquale: forse ho capito male, ma in che senso essa non sarebbe l' annuncio della Risurrezione? Pensavo che il canto del Gloria, il suono delle campane, il canto del preconio pasquale fossero i segni esterni della Risurrezione. Ma non conoscendo la mentalità tradizionale della liturgia forse non ne colgo la logica. Altra domanda: in antico dunque la veglia Pasquale con la sua messa si celebrava di mattina? Grazie per la sua eventuale risposta. E grazie per le sue interessanti spiegazioni.
    Giordano dalla provincia di treviso.

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    1. Essa è l'annuncio nella misura in cui anticipa la risurrezione. La liturgia non è solo ripresentazione di eventi storici: noi già il sabato sappiamo per fede che Cristo la domenica risorge, ma il sabato, la vigilia di Pasqua, non è ancora la Risurrezione.

      Come detto nell'articolo, il canto del Gloria rappresenta la liberazione dei progenitori dagl'Inferi, e questo glorioso evento è accompagnato dalle campane. Il canto del preconio è un annunzio di ciò che avverrà: se significasse esso stesso la Risurrezione, perché i ministri si parerebbero nuovamente in viola dopo di esso, e assisterebbero a un ufficio penitenziale quale il canto delle profezie catechetiche?

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  3. Sono molteplici gli elementi che ci fanno capire che, pur annunciandoci la prossima Risurrezione di Cristo, la messa del Sabato non è l'evento della Risurrezione:

    1. Non si portano i lumi al Vangelo. Gli autori dicono che ciò si deve al fatto che era già stato acceso il cero pasquale, ma non pare del tutto soddisfacente come spiegazioni.

    2. Non si canta il Credo. Quando il Credo, per influsso germanico, fu aggiunto alla liturgia romana (XI sec.), inizialmente fu apposto alla Domenica e alle Feste del Signore, successivamente a quelle della Madonna, degli Apostoli e dei Dottori. Il fatto che oggi non sia previsto significa che a quei secoli era chiaro che non si tratta né di una Messa della Domenica, né di quella di una Festa.

    3. Non si canta l'Agnus Dei. Simbolicamente questo può significare che l'Agnello di Dio non è ancora con noi, perché presto risorgerà.

    Ora, la ragione stessa di questa liturgia anticipata è legata alla sua natura non pienamente pasquale: la parte eucaristica alla funzione vespertina viene aggiunta quando questa si separa dalla parte notturna.

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    1. Grazie delle risposte. Rimango un po' interdetto perche' mi rendo conto che sia stata operata una palese mutazione di significato di questa liturgia da come ci veniva dalla tradizione a come poi oggi si celebra nelle chiese ordinariamente. A questo punto mi sorge il dubbio che anche circa il giovedi' santo: oggi si dice che la processione per la reposizione della Eucarestia non porta il Cristo al Sepolcro. Che non si deve usare il termine di Sepolcro perche' Cristo non e' ancora morto. Dunque quale sarebbe il senso tradizionale del mettere l' ostia consacrata in un urna che non sia presso l' altare maggiore?

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    2. In molti costumi locali lo stesso "locus aptus" ove si conserva l'Eucaristia il giovedì diventa il Sepolcro in alcuni riti del venerdì o del sabato (abbiamo recentemente parlato del costume aquileiese di tenere un'ostia nel sepolcro fino alla Risurrezione, ma ve n'erano molti altri: di uno parleremo in un prossimo post). Non c'è nulla di strano che il sepolcro venga ornato già il giovedì: presso i Greci si fa lo stesso con l'Epitafio.

      E' vero che nel rito romano non v'è alcuno di questi costumi, e pertanto la definizione di sepolcro può essere data solo per anticipazione. I libri liturgici non parlano esplicitamente di sepolcro.

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    3. Grazie. Buona Pasqua nella luce della Risurrezione.

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  4. Mi permetterei di far notare che nella regola di san Benedetto i notturni sono sempre tre.
    La sistemazione dell'orario dei certosini avviene a ridosso del concilio di Trento e sancisce un desiderio già presente nell'ordine di vegliare nella notte, prima dell'orario benedettino che fa proprio quello solare ponendo fine alla tradizione delle vigilie romane.
    Forse si potrebbe aggiungere un'altra ragione all'orario descritto in questo post. E' probabile che gli ultimi eventi della vita di Gesù siano avvenuti con un giorno in anticipo rispetto a come è definito popolarmente. Ciò aumenterebbe il valore, se ce ne fosse bisogno, del rito pre 1955.
    C'è molta ideologia sulle ore liturgiche come le osservazioni puntuali sull'ora prima stanno a dimostrare.
    Grazie di tutto-

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