martedì 12 febbraio 2019

Sante Fosca e Maura, martiri

die 13. februarij
IN SANCTA PATRIARCHALI PRIMATIALI METROPOLITANA
ECCLESIA VENETIARUM

Ss. Fuscæ virg. et Mauræ, martyrum
Duplex
Par. rubra – missa propria “Da nobis” – Gloria – Praef. communis


La vergine Fosca, nata da nobile famiglia a Ravenna, il cui padre Siroo venerava gl'idoli, all'età di quindici anni fu iniziata ai precetti della fede Cristiana dal sacerdote Ermolao, uomo di grande santità, insieme alla nutrice Maura, e fu purificata nel lavacro del Battesimo. Venuto a conoscenza di ciò, il padre, dopo aver tentato in vari modi di allontanare la figlia dalla fede in Cristo, sempre tuttavia senza sortire alcun effetto, gettatala in carcere la fece tenere ivi segregata per tre giorni senza cibo, facendovi entrare pure alcune nobili matrone e altre giovini parenti, perché potessero in qualche modo riportarla al vano culto degl'idoli. Poiché ella non si fece affatto convincere da questo, e rimaneva salda nel proposito della religione cui s'era convertita, Siroo s'infuriò a tal punto che, se la madre non avesse interceduto per lei, fattala uscire dal carcere, sarebbe stato sul punto di trafiggerla con una spada.

In quel tempo il preside Quinziano, colui che in Sicilia fece trucidare sant'Agata, aveva fatto il suo ingresso a Ravenna, e ordinò di portare a sé in catene Fosca e Maura. Ma i subalterni, avendo visto persino un Angelo splendidamente rifulgente che pregava vicino alla ragazza, furono terrorizzati a tal punto che non osarono far nulla, e ritornarono da Quinziano a mani vuote; nonpertanto, non molto tempo dopo Fosca e Maura si presentarono a lui di propria iniziativa, e pubblicamente professarono la loro fede cristiana. Adirato, il preside ordinò di percuoterle entrambe con verghe, poi le fece rinchiudere in un orrido carcere, e dopo avervi passato amaramente qualche giorno, Fosca, portata fuori dalla città, essendole stato trafitto il fianco con una spada, poi che una voce dal cielo l'ebbe esortata ad andare incontro alla morte con coraggio, venne uccisa.

Con una morte simile, pure la nutrice Maura ricevette santamente il martirio; mentre infatti piangeva il cadavere, che non smetteva di abbracciare, avendo chiesto al carnefice di ammazzarla per lo stesso motivo, ella pure fu messa a morte. I loro corpi, portati via di notte da alcuni marinai cristiani e trasferiti a Sabrata, nella Tripolitania, da lì, in seguito alla distruzione della città, furono poi traslati da un marinaio di nome Vitale a Torcello, un isola delle Venezia, ove vengono tutt'oggi venerate in una chiesa situata non lontano dall'antica Cattedrale.

(dal Proprium Officiorum pro Venetiarum Patriarchatu, 1916)

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