sabato 29 febbraio 2020

La Quaresima Ambrosiana

di Luca Farina

La Chiesa Ambrosiana celebra la Santa Quaresima con tratti estremamente peculiari, che la differenziano nettamente dal Rito Romano e, per alcuni tratti, la avvicinano alle tradizioni orientali.

La differenza più vistosa, nota anche a coloro che non frequentano le Liturgie, è il suo inizio: mentre a Roma, dall'età gregoriana in poi [1], questo tempo inizia con il Mercoledì delle Ceneri, a Milano bisogna aspettare la domenica successiva, detta “in capite Quadragesimae”, di cui si tratterà sotto. La ricerca dell’origine di questo “Carnevale allungato” ha dato origine a molte leggende, come quella per cui i milanesi approfittarono dell’assenza del loro arcivescovo Ambrogio per protrarre i festeggiamenti. In realtà, come è facile intuire, queste spiegazioni, se pur divertenti, sono del tutto prive di fondamento storico, e l’origine è da ricercare in altro: nei primi secoli di vita cristiana, il termine Pascha non era utilizzato per indicare solamente la Dominica Resurrectionis, ma anche i giorni del Triduo, sottolineando l’unità, in termini di economia salvifica, tra la Passione, la Morte e la Resurrezione. Pertanto, se si contano a ritroso 40 giorni comprendendo il giovedì della Settimana Autentica [2] si arriva proprio ad una domenica. Secondo il celebre canonico del Duomo e insigne liturgista Monsignor Moneta Caglio [3], a ciò va aggiunto il fatto che Sant’Ambrogio, e in generale i Padri di quell'epoca, non avevano in mente 40 giorni di digiuno (cfr. nota 1) ma altrettanti giorni di penitenza (che implicano, anche, ma non solo, l’inedia) e, soprattutto, come periodo di tempo più simbolico che effettivo. L’idea, quindi, di fare un calco dei giorni passati nel deserto da Nostro Signore Gesù Cristo è più tarda.

Come inizia, quindi, la Quaresima? Al titolo di “dominica prima quadragesimae” è preferibile quello di “dominica in capite quadragesimae”, come se fosse una porta, cioè qualcosa che permette di entrare pur non essendo ancora completamente dentro. Fino all’episcopato di San Carlo Borromeo, infatti, questa domenica era celebrata in bianco, con Gloria e Alleluja, con una connotazione festiva. I predetti canti di gioia non si erano omessi, a differenza dell'austero costume del rito romano, durante le tre domeniche pre-quaresimali, di importazione romana, pur venendo queste celebrate in morello.
In questa domenica gaudiosa vi era addirittura la tradizione di preparare, come processione offertoriale [4], oltre alla materia del Sacrificio, fiasche di vino, salsicce, prosciutti ed altri tipi da alimenti, con una carnascialesca sfilata dalla chiesa di San Sepolcro. Questo spirito goliardico che andava anche a toccare la Liturgia e non consentiva di prepararsi adeguatamente al giorno successivo, primo giorno di penitenza, venne percepito indecoroso dal Santo aronese, che non esitò ad abolire ogni tratto di festosità, togliendo Gloria e Alleluja e imponendo il colore morello, cosa rimasta fino ad oggi. L’editto, molto severo, puniva, peraltro, coloro che avessero protratto i festeggiamenti nel tempo penitenziale. Questa riforma, seppur dettata da ragioni di morale del tutto condivisibili, ha sicuramente avuto un effetto "tridentinizzante" e non molto tradizionale sulla tradizione rituale di questa domenica.

Messa di una feria quaresimale celebrata in nero
dal compianto mons. Angelo Amodeo (1932-2012)
 Lo spirito quaresimale viene manifestato anzitutto col colore: morello [5] nelle domeniche e nei sabati (con forti richiami battesimali), nero nei giorni feriali.A Milano, infatti, il nero ha significato più che il lutto la penitenza, e solo in seguito, per traslato (remissione per i fedeli defunti) e influenza romana, si è applicato questo colore anche agli Uffici da morto. [6] Sull’onda della romanizzazione selvaggia il nero fu eliminato a seguito della riforma liturgica, ma fortunatamente ripristinato nel 2008 dall’allora Arcivescovo Tettamanzi, seppur in forma facoltativa accanto al morello.

Altro tratto tipico è quello del venerdì aneucaristico. Ogni venerdì di Quaresima è rigorosamente proibito celebrare la Messa, distribuire la Santa Comunione (se non come viatico) e impartire la Benedizione Eucaristica. L’idea di non celebrare nemmeno una “Messa dei Presantificati”, è quella per cui non si celebra il Signore vivo nell’Eucarestia quando se ne commemora la morte. Il padiglione che circonda il tabernacolo, ove presente, viene chiuso [7]. Spesso, tuttavia, si usa l’inesatta definizione di “giorno aliturgico”: ciò è scorretto, poiché è previsto, come sempre, l’Ufficio, con alcune particolarità: nella celebrazione del Vespro è omessa la recita del Magnificat e sono presenti quattro letture veterotestamentarie. Spesso, invece, in molte parrocchie non si celebra nulla di tutto ciò, ma si sostituisce con celebrazioni devozionali quali la Via Crucis (per la quale le disposizioni diocesane caldeggiano l’uso del colore rosso), dando veramente, allora, l’idea di un giorno senza liturgia.

La chiusura del padiglione nel Duomo di Milano

La chiusura del padiglione nella parrocchia di Introbio (LC)

In Quaresima non si celebra nessun Santo, ad eccezione di San Giuseppe (19 marzo) e dell’Annunciazione (25 marzo), ma se queste dovessero cadere nella Settimana Autentica o in quella dell’Ottava si traslano al primo giorno libero (ad esempio, nel 2016 l’Annunciazione sarebbe caduta nel venerdì della settimana autentica e fu traslata al 9 aprile). A partire dalla domenica in capite si coprono le immagini (con facoltà di scoprirle per le suddette ricorrenze).

Le preci litaniche delle
domeniche dispari
Anche l’organo, come da tradizione, tace (anche se, nella prassi recente, è tollerato per sostenere il canto) e viene sostituito dal canto a cappella, o spesso, dall’harmonium (soprattutto nelle chiese di campagna). In epoca barocca si diffuse l’uso di suonare violone e contrabbasso. E’ tradizione (sebbene vi sia chi lo faccia per tutto l’anno) di suonare le campane a morto alle 15 del venerdì.
La domenica, al posto del Gloria, vengono cantate le “preci litaniche”, durante le quali, mentre vengono cantate dal diacono, tutti stanno in ginocchio ad eccezione del celebrante e dei sacri ministri. Costituiscono un modello di ektenia, molto simile a quelle che costellano la liturgia orientale, alle deprecationes degli Ordines Romani e alla preghiera universale del Venerdì Santo romano, a cui si risponde, in maniera alternata per le varie domeniche, Kyrie eleison o Domine, miserere. Il formulario delle domeniche dispari, che principia con le parole Divinae pacis, è estremamente simile alla prima ektenia della liturgia del Crisostomo (che principia Ἐν εἰρήνῃ), e ci sono ragioni fondate per ritenere il testo di questa preghiera uno dei pochi elementi addirittura pre-costantiniani sopravvissuti nella liturgia (tra i quali possiamo citare il Gloria della messa e il Fos Ilaron del Vespro greco), come si può evincere dalla presenza di preghiere per i dannati ad metalla, pena caduta in disuso agl'inizj del IV secolo.

Totalmente sconosciuta, fino alla riforma liturgica, era l’imposizione delle ceneri, che veniva celebrata durante le Litanie triduane (dopo l’Ascensione) [8]. Solo dopo la riforma si è introdotta la pratica su imitazione del rito romano, ma opportunamente collocata al primo lunedì di Quaresima, quasi a ricordarne il valore di antico inizio vero e proprio.

Il cammino quaresimale si avvia verso la fine col sabato in traditione symboli, in cui ai catecumeni era consegnato il Credo, e il giorno successivo si apre la Settimana Autentica.

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NOTE

[1] Il mercoledì delle ceneri compare nell'uso romano solo attorno al VI secolo, in ragione del fatto che, non essendo le domeniche giorni di digiuno (e nemmeno i sabati), per completare un periodo di 40 giorni di pieno digiuno si anticipò di qualche giorno la Quaresima (al mercoledì dopo Quinquagesima a Roma, prassi poi adottata anche nel resto dell'Occidente fuorché a Milano, addirittura al lunedì dopo Quinquagesima nell'oriente bizantino). Nel rito romano è nondimeno marcata in qualche modo la recenziorità di questi giorni aggiunti, poiché sono chiamati "feria v post cineres" etc. e non "feria v in hebdomada I quadragesimae" etc. (anzi la "quadragesimalis observatio" inizierà a essere menzionata solo dalla domenica successiva), si trovano nella parte invernale del Breviario e non in quella primaverile, e adottano gli inni, i versi e i capitoli dell'ufficio infra annum, e non di quello quaresimale.

[2] E' così detta, nella liturgia ambrosiana, quella che in rito romano è detta “settimana santa”..

[3] Monsignor Ernesto Teodoro Moneta Caglio (1907-1995) fu liturgista, musicologo e primicerio del Duomo di Milano

[4] Fino al Concilio di Trento era uso, poi conservatosi solamente per l’Epifania, che fossero i fedeli a portare all’altare la materia per il sacrificio.

[5] Particolare sfumatura del viola, molto scura. Spesso, però, le parrocchie fanno uso di paramenti violacei in tutto uguali a quelli romani.

[6] E' interessante notare che nel mondo bizantino slavo, attorno al XVII secolo, si diffuse l'uso tuttora prescritto dal tipico moscovita di celebrare gli uffici delle ferie quaresimali in nero. Non è ben chiara l'origine di questa prassi, poiché il nero -pur essendo uno dei colori più antichi della liturgia gerosolimitana- non è mai entrato nella prassi costantinopolitana, che ad oggi continua a prevedere due soli colori, il bianco ("paramenti chiari" nel tipico) e il rosso scuro ("paramenti scuri" nel tipico), ancorché nella prassi parrocchiale greca si sia diffuso l'uso dell'azzurro per le feste della Madonna e per le Teofanie (influsso slavo) e del viola per le domeniche e le ferie di quaresima (influsso occidentale). Il tipico moscovita ad oggi eppure prevede l'uso del nero per le ferie di Quaresima e per il Venerdì Santo, e una prassi diffusa lo vede impiegato pure per i funerali, laddove la tradizione bizantina vorrebbe il bianco. Non manca chi, postulando un influsso improbabile ma non impossibile, vede in queste pratiche una contaminazione ambrosiana.

[7] In Lombardia, ma anche nel novarese, è consuetudine porre intorno all’altare maggiore un grande drappo, detto padiglione. Viene agganciato in alto con una corona (che, nel periodo asburgico, imitava, le fattezze del copricapo imperiale) e, in basso, ai due lati, costruendo una specie di triangolo di stoffa, dei varj colori liturgici.

[8] Altra particolarità ambrosiana è quella di celebrare le litanie triduane (l'equivalente delle Rogazioni minori) dopo l’Ascensione, in nero, ad ulteriore conferma della sua primigenia funzione penitenziale. In realtà anche nel resto dell'Occidente ci furono lunghe dispute sull'opportunità di celebrare le litanie penitenziali nel tempo pasquale, che si conclusero sì con l'assegnazione delle litanie ai giorni prima dell'Ascensione, ma senza digiuno.

Bibliografia:

-Acta Ecclesiae Mediolanensis a Sancto Carolo Cardinali S. Praxedis Archiepiscopo condita Federici Cardinalis Borromaei Archiepiscopi Mediolani jussu undique diligentibus collecta Carolo Cajetano Archiepiscopo Cardinali De Gaisruck adprobante edita, Milano, Paolo Pagnoni, 1843;
-M. NAVONI, Dizionario di Liturgia Ambrosiana, Milano, NED, 1996;
-A. CASCETTA, R. CARPANI, La scena della gloria. Drammaturgia e spettacolo a Milano in età spagnola, Milano, Vita e Pensiero, 1995;
-E.T. MONETA CAGLIO, in Ambrosius: rivista di pastorale ambrosiana, Milano, Centro ambrosiano di documentazione e studi religiosi;
-G. BORGONOVO, Manuale di Liturgia Ambrosiana, Varese, Tipografia Arcivescovile dell’Addolorata, 1953;
-Rivista Diocesana, Boniardi Grafiche, marzo 1936;

2 commenti:

  1. Vorrei fare alcune postille, in maniera dubitativa, alla nota 1. Chiaramente mi rimetto a chi ne sa più di me. Io sapevo (non so recuperare la fonte) che il detto "A Roma comportatevi come i Romani", attribuita a sant'Ambrogio, si riferisse al costume romano di digiunare/fare astinenza il sabato, usanza assente a Milano. Inoltre le Quattro Tempora, pure esse esclusivamente romane, comprendono fra le giornate il sabato; infine tra i giorni penitenziali dell'Avvento (citati ma non elencati dal catechismo maggiore di san Pio X), oltre al lunedì, mercoledì e venerdì, compare appunto il sabato. Di controcanto è vero che la regola per i Terziari minimi, redatta da san Francesco di Paola (1502 circa), ordine eminentemente quaresimale (in senso romano), non compare il sabato come giorno penitenziale (cap. 5 n. 13)

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    1. Alcuni sabati avevano carattere penitenziale a Roma, ma in generale non si digiunava il sabato. La frase di S. Ambrogio, che non conoscevo, si riferiva forse al costume dei sabati senza liturgia?

      L'uso di digiunare il sabato comunque compare prima dell'età tridentina (su questo sì, l'articolo è impreciso, quantunque in età tridentina vi sia stato un ampliamento della pratica), visto che è citato tra le "eresie" latine negli scritti greci dell'XI secolo.

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