lunedì 10 agosto 2020

Numquam sine ministro sacrificium offerre consueveras

Quo progrederis sine fílio, pater? Quo, sacerdos sancte, sine ministro properas? Numquam sine ministro sacrificium offerre consueveras.

Purtroppo non posso pubblicare qui la foto di una messa "in terzo" di una feria di Avvento cui ebbi occasione di assistere tempo fa. Testimonierebbe perfettamente come la forma consueta di liturgia, che dovrebbe essere celebrata quotidianamente nelle grandi chiese, sia la messa solenne, anche nei giorni feriali.

Con queste parole, riportate da S. Ambrogio nel De Officiis ministrorum (I, 41), il protomartire romano Lorenzo la cui nascita al cielo oggi festeggiamo si rivolge a san Sisto II Papa di Roma, suo vescovo, mentre questi veniva condotto al martirio il 6 agosto di quello stesso anno 258.

Da queste parole possiamo trarre un'informazione molto importante: ai tempi di san Lorenzo era impensabile che il sacerdote offrisse il Divin Sacrificio senza l'assistenza del suo minister, cioè del suo  διάκονος. La forma consueta della celebrazione della Divina Liturgia, come inscritta nei libri, prevede nella totalità dei riti la presenza di un diacono e, in Occidente, di un suddiacono. Si tratta della cosiddetta "Messa solenne", che a sua volta è una riduzione della liturgia pontificale celebrata dal Vescovo con i suoi diaconi e il suo presbiterio. La Chiesa consente, per economia, di adattare questa forma canonica nei casi in cui non sia possibile avere un diacono (per esempio nei territori di missione, o nelle piccole parrocchie di campagna), ritenendo al celebrante i compiti del diacono che richiedono il potere d'ordine, e assegnando ai ministri inferiori i restanti.

In seguito alla moltiplicazione del numero delle messe, in Occidente si è diffuso il costume di celebrare privatamente una forma ulteriormente semplificata di liturgia, senza incenso e con un solo serviente, la cosiddetta "messa bassa" (che, tuttavia, era comunque cantata, seppur in monodia, e solo nel corso del XVII divenne inauditamente una "messa letta", andando contro il millenario principio del canto dei testi liturgici di cui abbiamo già più volte parlato). Questa forma semplificata, che un amico soleva definire, "il sacrificio della lode sull'altare del papismo", è nata per la celebrazione privata e per essa dovrebbe rimanere. Una messa bassa pubblica non ha alcun senso, e anzi un tempo (come buona logica vorrebbe) il fedele non avrebbe soddisfatto il precetto partecipandovi. Nonostante alcuni "tradizionalisti" ritengano che la messa bassa sia "più didattica" e "più opportuna" perché "si sentono le preghiere ai piedi dell'altare (che non ha senso vengano sentite, essendo una preparazione privata dei ministri!) che fanno molto da film" (sic!), la storia della liturgia e lo studio dei suoi significati indicano tutt'altro! Una liturgia senza canto e senza i caratteri di pubblicità e solennità (come l'incenso) che contraddistinguono il culto, non può essere chiamata liturgia. La messa di Paolo VI non a caso è di fatto praticata come una messa bassa, con dei canti devozionali ad libitum inseriti qua e là, cioè esattamente nel modo antiliturgico che si era diffuso nel mondo cattolico a partire dal secolo XIX, e che tutto si può definire meno che tradizionale.

In presenza del numero di sacri ministri necessario, poi, non v'è ragione per cui non si debba celebrare la liturgia nella sua forma tipica, ovvero quella cosiddetta "solenne" (il termine viene apposta virgolettato, poiché la liturgia dev'essere sempre il solenne culto a Dio; non esiste una liturgia solenne contrapposta a una non solenne interscambiabile). Vi sono poche cose più assurde di avere chiese "tradizionali" con due o tre preti in cui tuttavia si celebrano solo messe basse, o al massimo una messa cantata e diverse basse, magari addirittura in contemporanea. E altrettanto assurdo è che i sacerdoti "tradizionali", indulgendo alla loro proverbiale pigrizia o al loro mancato senso liturgico, si rifiutino di cantar messa fuori dalle domeniche, anche quando cantori e servienti sarebbero a disposizione.
Visto poi che la tradizione latina permette storicamente ai sacerdoti di indossare i paramenti diaconali per servire nella Divina Liturgia come diaconi di un altro sacerdote (cosa che nella tradizione bizantina può avvenire, ma serbando i paramenti sacerdotali), il dovere del clero di questa parrocchia sarebbe garantire una messa solenne, unica come unico fu il Sacrificio di Cristo. Per consuetudine (della cui correttezza si potrebbe dibattere), gli altri sacerdoti possono poi offrire del tutto privatamente una messa bassa, avendo comunque un chierico a servir loro la liturgia, poiché mai fu ammesso (e persino il Codice di Diritto Canonico del 1917, can. 813, lo rimarca) che un sacerdote potesse celebrare senza qualcuno che gli rispondesse. Il malvezzo, messo a nudo particolarmente durante lo streaming universale dei trascorsi mesi di chiusura, ma precedentemente appalesato in alcune foto (come quella della celebrazione contemporanea di una dozzina di messe da parte di sacerdoti dell'Istituto di Cristo Re, tutti senza chierichetto), di celebrare la messa privata senza ministro, perché comunque "l'importante è che io offra il Sacrificio tutti i giorni" (notare la triste accezione personalistica e devozionale che assume questo atto pubblico di tutta la Chiesa, nelle parole che un sacerdote "tradizionalista" stesso mi ha rivolto in risposta a una mia obiezione), è completamente anticanonico, oltreché privo di senso. Se la Divina Liturgia, come tutta la liturgia, è un atto pubblico di tutta la Chiesa, che senso ha che venga celebrata senza che la Chiesa vi partecipi almeno per ministrum? Benché queste cose, come la moltiplicazione delle messe private senza ministro, ai "tradizionalisti" piacciano molto, esse sono tutt'altro che tradizionali, e denotano solo un'invincibile ignoranza liturgica.

Certo, per celebrare come si deve la liturgia latina servono i sacri ministri, cioè un diacono e un chierico o un laico che funga da suddiacono, poiché la Chiesa ammette secolarmente che i laici possano ricoprire i ruoli degli accoliti e dei suddiaconi (cfr. L. MONTAN, Dizionario teorico-pratico di casistica morale, tomo XII, Venezia, Antonelli, 1844, p. 146; ma si veda anche il tipico costume bizantino di far vestire alcuni servienti con lo sticario e l'orarion incrociato sulla schiena al modo degli ipodiaconi). Meglio ovviamente sarebbe un suddiacono ordinato, che possa portare il manipolo. Ma ci si trova dunque davanti a un problema: nella chiesa cattolica diaconi e suddiaconi sono quasi scomparsi, divenuti mere tappe nel cammino dei sacerdoti. Stessa sorte è toccata agli ordini minori, che un tempo erano invece fondamentali nelle chiese, e lo sarebbero tutt'ora, per poter garantire un dignitoso servizio liturgico, il canto dell'Ufficio Divino, etc. Nonostante la prassi secolare della Chiesa d'Oriente e d'Occidente di conferire gli ordini minori, e finanche il diaconato, a uomini non necessariamente destinati al sacerdozio ma unicamente intenti a dedicarsi al servizio dei sacri uffici nel loro ruolo, prassi ribadita peraltro in Occidente dal Concilio di Trento alla XXIII sessione, il Codice di Diritto Canonico del 1917 al can. 973 recita: Prima tonsura et ordines illis tantum conferendi sunt, qui
propositum habeant ascendendi ad presbyteratum. Ovvero, gli ordini diventano nella concezione del codice dei meri gradini nella scala verso il sacerdozio, in una chiesa clericalizzata in cui per contare qualcuno si deve per forza essere sacerdoti: concezione che ha portato alla distruzione del concetto di Chiesa, e alla contemporanea distruzione della liturgia, divenuta già in età preconciliare, e massimamente in età postconciliare, il palco di esibizione del celebrante (prima in un modo più "devozionale" con silenzio e pietismo ostentato, poi in un modo più "pastorale" con chiacchiere e colpi di scena da attore), e non l'imitazione perfetta della Divina Liturgia celeste delle schiere angeliche, cui tutta la Chiesa prende parte secondo il suo ordine e stato nel cantare la lode al Signore tre volte santo.

20 commenti:

  1. Tante grazie.
    Una domanda: lei dice che nelle chiese tradizionali ci dovrebbe essere una unica messa cantata. Cioe' la domenica o anche nei giorni feriali?
    Quindi sarebbe antitradizionale pure il costume della "messa vespertina" al sabato sera o quella della domenica sera?
    E circa i ministri: se mancano i diaconi come si puo' fare la messa solenne se non ci sono a disposizione preti che possano servire da diaconi?
    E circa il canto: ci vuole un coro o almeno una/due persone che sappiano eseguire il canto liturgico. Se non ci sono?
    Questo dico perché apparentemente sembra difficile avere una liturgia con i crismi della tradizione, anche in ambito tradizionale oserei dire per mancanza di personale, non solo di ecclesiastici.
    Giordano.

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    1. Ci dovrebbe essere un'unica messa cantata in ogni occasione in cui si celebra la messa. Nonostante la prassi, la Messa non va dal segno di croce all'Ultimo Vangelo: prevede una preparazione, un atto di ringraziamento alla fine (tutti liturgicamente codificati nei libri tridentini), è legata all'Ufficio... non è insomma un atto che si possa sbrigare in una ventina di minuti, ma richiede una grande dedizione. La tradizione orientale ha serbato questa attenzione, e infatti, pur durando la Liturgia in sé non più di un'ora e un quarto, il "totum" in cui è inserita (preghiere preparatorie del prete, proscomidia, Mattutino...) dura anche tre ore. Questo idealmente dovrebbe succedere anche in una parrocchia occidentale la domenica, iniziando con il canto del Mattutino (durante il quale il celebrante legge la praeparatio e prepara l'acqua santa), delle Laudi coll'ufficiante in piviale, idealmente Prima e Terza (ma in una prassi parrocchiale si possono omettere) e infine poi la Messa solenne. Chiaramente questo in una parrocchia non è ripetibile tutti i giorni, ma allora come si fa in Oriente? Non si celebra quotidianamente, officiandosi la Liturgia solo le domeniche e le feste (potremmo dire le doppie di I e II classe), e celebrando negli altri giorni altri servizi più semplici come il Vespro quotidiano.

      La liturgia non è solo Messa, e benché il Divin Sacrificio abbia il più alto valore, esso diventa offensivo quando celebrato in un modo indegno della sua solennità. Dovendo scegliere nei giorni feriali tra un Vespro cantato e una messa bassa, ho sempre preferito il primo

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    2. In Oriente, nei monasteri e le cattedrali la liturgia è officiata tutti i giorni, ma non nelle parrocchie. D'altro canto quando frequentavo parrocchie latine trovavo molto ridicolo il fatto che, sviluppatosi il costume di dire la messa bassa quotidiana, quando ricorreva una festa doppia di II classe il prete spesso si rifiutava categoricamente di cantar messa, ignorando che liturgicamente tale festa era ben più alta in grado della domenica semidoppia in cui pur cantava messa.

      Per quanto riguarda l'assenza dei ministri parati, come detto per economia si celebra la c.d. "messa cantata" senza sacri ministri. Ma comunque una "messa cantata". Eseguire il canto liturgico non è troppo complicato: io, da totale ignorante di canto e pure piuttosto stonato quale ero anni fa, ho sviluppato nel tempo una facilità straordinaria a leggere brani di gregoriano anche piuttosto difficili, come i Graduali, solo cantando quotidianamente Vespro e Mattutino. E' una questione di pratica.

      Poi chiaramente si pone il problema che ci dovrebbero essere persone ORDINATE lettori, salmisti e accoliti, che si occupino del servizio liturgico, del canto etc. Ma se gli Ordini nella Chiesa Cattolica vengono dati solo ai candidati al sacerdozio, da sé si sono negate le condizioni per celebrare la liturgia come comanda Iddio.

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    3. Per quanto riguarda la "messa vespertina" introdotta da Pio XII negli anni '50, faremo un post apposito. Basti sapere che è una forma priva di alcun riscontro nella tradizione e pure contraria alla simbologia liturgica.

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    4. Circa la mancanza di personale (al di là dei ministri parati): se per una liturgia ben fatta l'ideale sarebbe avere almeno tre servienti e due cantori, con un po' di pratica si può anche celebrare una Messa cantata con un solo serviente e un cantore, pur con tutti i crismi necessari.

      Ma ci sono realtà "tradizionali", nel nostro Veneto, dove fanno la messa bassa con tre chierichetti (contro ogni norma liturgica) e il coro che esegue mottetti. Ma guai a cantar messa come si dovrebbe, al "tradizionalista" italiano medio non piace!

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    5. alla FSSPX a Silea una volta ho servito a una messa cantata senza incenso causa mancanza di un chierichetto, e devo dire che ha mantenuto comunque una notevole solennità
      in un'ottica di gradualità è stata una soluzione soddisfacente, seppur un po' abusiva

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    6. In sè non è abusiva, perchè nella messa cantata senza sacri ministri non è obbligatorio l'uso dell'incenso, secondo i decreti della SRC (che anzi in alcuni secoli erano particolarmente restrittivi e lo consideravano un privilegio delle parrocchie). Però la messa senza sacri ministri non è mai stata normata ufficialmente nei libri liturgici tridentini, dunque è molto libero il suo intendimento. A livello logico dovrebbe però seguitare il più possibile la messa solenne.

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  2. in molte diocesi la prassi di dare gli ordini minori (ora 'ministeri istituiti') solo ai candidati al presbiterato non è mai finita
    per esempio in diocesi di Treviso è così, in compenso l'anno scorso è stato dato il mandato a circa 1600 'ministri straordinari della Comunione', il cui unico compito è ridurre il tempo per la distribuzione del SS.mo Sacramento
    perchè, come mi disse anni addietro un consigliere del vescovo Gardin, 'non si può tenere la gente a Messa più di 45 minuti' (?!?)
    ecco, finchè persistera in molti ambienti questa mentalità non si riuscirà mai a riportare la liturgia a uno stato quantomeno decente

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  3. Un sacerdote "tradizionalista" scrive commentando questo post: "Una S Messa bassa di 30' celebrata bene con le vecchiette che dicono il Rosario mentalmente È UNA COSA GRANDIOSA".

    Non posso fare a meno di trattenere le risate, anche se piuttosto sarebbe da piangere.

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    1. Vista l'età del Sacerdote e le temperature, prendiamo per buono un colpo di sole. Ritornando seri Le porgo una domanda. In illo tempore in una Messa Bassa fa un Minister ha zittito il popolo che iniziava la Recita del secondo Confiteor, è corretto? Lo stesso silenzio è dovuto anche per il Salve Regina e Sancte Michaël nelle Orationes Leonis? Domande che sembrano banali ma comincio ad avere l'impressione nella mia realtà che " Parrocchia che vai consietudini che trovi". Dev.mo in Xto et

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    2. Mi collego alla domanda del sig. Marcello per chiedere un chiarimento: nella messa Vetus Ordo lei ha detto nell' articolo che le orazioni ai piedi dell' altare sono "preparazione dei ministri" dunque i fedeli non dovrebbero udire essendo orazioni del clero. Ma allora la parte "pubblica" della messa, quella a cui partecipano i fedeli, quando comincia?

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    3. @ Marcello

      La domanda si riduce fondamentalmente a una cosa: si fa la messa dialogata o no? Se si fa la messa dialogata, ad normam dell'Instructio de Musica Sacra di Pio XII (un testo orribile e intriso di spirito antiliturgico, a mio avviso), allora il popolo recita anche il secondo Confiteor etc. Addirittura, nel cosiddetto "terzo grado" di messa dialogata i fedeli dovrebbero dire insieme le parti del coro, sia dell'ordinario che del proprio.

      La risposta è: la messa dialogata ha senso? Niente affatto. La messa bassa nasce come messa privata, e non ha il minimo senso che venga resa pubblica. Il "terzo grado" di messa dialogata rappresenta il capovolgimento del senso liturgico: di fatto è una messa "cantata"... senza canto! La liturgia è un atto che si canta, e pertanto il coro/popolo canta Gloria, Credo, antifone etc. Nella messa privata, non essendoci né coro né popolo, le legge (o più correttamente le dice recto tono) il celebrante. La messa dialogata rende pubblico ciò che è privato, non capendo che il canto è un elemento fondamentale e imprescindibile dell'atto liturgico pubblico. E' un disastro.

      Le preghiere leonine sono un discorso a parte, e, storicamente, un bel pasticcio. Non sono parte della messa, ma hanno degli elementi propri esclusivamente della messa (per esempio tenere il manipolo, che invece nelle cerimonie post missam come la preghiera per il sovrano o un Te Deum di ringraziamento va tolto, cfr. A. FORTESCUE, The Ceremonies of the Roman Rite described, London, Burns Oates, 1920, p. 120 nt. 1), e invece elementi devozionali (come l'essere dette in ginocchio) che non convengono minimamente al ministro parato (men che meno al sacerdote parato!) che sta in ginocchio il meno possibile. Insomma, al di là dell'intenzione, il modo in cui sono state introdotte nella liturgia dimostra molto bene la decadenza della mentalità liturgica all'epoca.

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    4. @ Unknown

      Per rispondere alla domanda bisogna ribadire il concetto di "liturgie parallele". Ci sono due liturgie, una "del Santuario" e una "dell'aula" che procedono parallelamente, e in certi punti s'incontrano (il canto delle orazioni, delle letture, il Prefazio etc.); negli altri momenti, la "liturgia del Santuario" procede con le orazioni segrete e le cerimonie, e la "liturgia dell'aula" con le antifone, gli inni e le altre parti del coro. E' un concetto che si ritrova nella struttura medesima dei riti cristiani tutti.

      La liturgia è sempre "pubblica", non tutta è palese però. Anche la lettura delle orazioni ante Missam ("Ne reminescaris" coi cinque salmi, le sette collette e l'orazione di S. Ambrogio) e la vestizione, che è una cerimonia strettamente privata del celebrante, alla messa pontificale avviene "pubblicamente", cioè viene recitata dal vescovo alla sedia camerale mentre i canonici cantano l'ufficio di Terza. E questo dovrebbe essere idealmente in ogni messa, che appunto dovrebbe essere preceduta dal suo ufficio (Mattutino e Laudi almeno): mentre il coro canta i salmi di Terza (o dei Notturni), il celebrante legge la praeparatio ad Missam, si para etc.

      Dunque, in risposta, la liturgia pubblica è già iniziata, ma le preghiere ai piedi dell'altare non sono pubbliche, perché il popolo sta ascoltando l'introito in quel momento. Dire le preci a voce alta nella messa bassa è una cosa contraria al senso stesso di quelle preghiere.

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    5. Perfetto,grazie. Di norma le Sue riflessioni, le stampo, le leggo, le medito. Detto con franchezza, sempre nella mia realtà, cerco di espandere la conoscenza delle Rubriche '52 l'ultima avamposto della tradizione Romana, e lo stesso per il Breviario mio fedele compagno di vita terrena, ma il mondo tradizionale è troppo indaffarato per recitare quella immensa ricchezza che rappresenta il breviario. Tra diocesi modernista e fantozziani tradizionalisti non mollo. Seguiranno altre mie domande. Un santo pomeriggio.

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    6. Capisco. Tutto molto chiaro.
      Ma vengo dal novus ordo, dove ci dicono che tutti devono rispondere e cantare per essere partecipi alla messa. Nel Vecchio Rito invece risponde molto poco (per di più in latino) e canta poco infatti il proprio della messa deve essere per forza eseguito da un coro visto che varia a ogni messa o quasi. Tutt' al più potrebbe cantare l' ordinario visto che le melodie si ripetono per più messe. Ma la domanda e': lo spirito della tradizione ammette il canto del popolo oppure il popolo deve solo (per modo di dire) ascoltare i cantori che eseguono il canto sacro?
      Circa poi il discorso di liturgia parallela: nel santuario il clero fa le sue funzioni. Nell' aula il popolo ascolta il canto sacro o risponde quando gli tocca. Dunque per questo il canto, specie se molto ornato, si protrae a lungo tanto che i celebranti si siedono mentre il coro fa il suo brano che dura ben oltre la recita che essi fanno in santuario?
      Mi scuso per le domande e grazie per le pazienti risposte.
      Giordano.

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    7. Certamente, quando i ministri hanno terminato la cerimonia in anticipo rispetto ai tempi del coro, si siedono per aspettare che anche la "liturgia dell'aula" sia giunta al punto.

      Il canto del popolo non è certo proibito, diciamo che potrebbe non convenire per ragioni tecniche. Certo nessun greco si è mai lamentato perché l'inno O Monogenìs o le risposte le canti il cantore e non il popolo. E' un falso problema. Certamente c'è (nel mondo cattolico ma anche nel mondo slavo talora) il problema che molte persone non stanno attenti all'atto liturgico ma fanno le loro devozioni, e però dire che la soluzione è far cantare tutto al popolo significa fare una sbagliatissima equazione attivista partecipare=fare. La partecipazione è anzitutto interiore e spirituale.

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    8. Ringrazio molto sentitamente. Mi fermo per non andare troppo oltre il tema trattato. Siccome sono interessato molto anche al canto sacro aspettero' un eventuale articolo ad hoc per porre altre domande specie su una questione che qualche volta si pone: sarebbe lecito se un coro ha le capacità, eseguire le messe musicate dai grandi maestri o no? Sembra di no perche' non hanno uno stile liturgico. Nel novus ordo certamente no. Anche a motivo della lunghezza. Ma capisco che e' un' altra questione.
      Per adesso tante grazie delle esaurienti risposte.
      Giordano.

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  4. Grazie per le preziose risposte. Purtroppo la mentalità anti tradizionale ormai e' una realtà granitica nelle nostre parrocchie, purtroppo tanto che ormai "tradizionali" sono considerati i canti devozionali come "Andro' vederla un di'". L' unica cosa che ancora si puo' cantare senza scandalo e' il gloria della messa de' angelis e la "Salve Regina". Ma sono dei cammei messi in un castone che non gli appartiene. Ormai i "ministri straordinari" diventano ordinari anche se alla comunione vanno una trentina di persone e il prete farebbe tranquillamente da solo.
    Figuriamoci chiedere una messa Vetus Ordo, cantare serenamente il gregoriano o altre "antichità" simili. Si spera solo che ci siano almeno delle chiese dove si possa partecipare a una liturgia veramente tradizionale, non a una sorta di messe "revival" ottocentesche (spesso esse stesse anti tradizionali, se ho capito bene).

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  5. Una liturgia senza canto e senza i caratteri di pubblicità e solennità (come l'incenso) che contraddistinguono il culto, non può essere chiamata liturgia.
    Letti questi parametri credo di non aver mai assistito ad una vera Liturgia Romana. Gentilmente fammi percepire meglio il concetto " caratteri di pubblicità.

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    1. Per pubblicità s'intendeva nel contesto l'avere un serviente. Più in generale potremmo dire che la liturgia serve perchè il popolo riceva la grazia, quindi in questo senso è pubblica. La liturgia celebrata come devozione del prete non ha senso.

      Nell'antica Atene le liturgie erano i doveri dei cittadini facoltosi nei confronti del popolo (allestire le tragedie, armare triremi etc.). Nel cristianesimo la liturgia è il dovere della Chiesa perchè il popolo riceva la grazia daglo uffici e dai misteri celebrati. Nostro Signore ha fondato la Chiesa con l'unico scopo di celebrare la liturgia: è la Chiesa che è creata per la liturgia, non la liturgia per la Chiesa.

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