mercoledì 19 gennaio 2022

Publicatio festorum mobilium pro A.D. MMXXII

Excerpta ex Pontificali Romano, et ad A.D. MMXXII accommodata

In Epiphania Domini, cantato Evangelio, Archidiaconus, sive aliquis Canonicus, vel Beneficiatus, aut alius, juxta consuetudinem loci, pluviali paratus ascendet ambonem, vel pulpitum, & ibidem, vel in alio loco, ubi cantari solet Evangelium, e vetusto Ecclesiæ sanctæ instituto publicabit Festa mobilia anni currentis, juxta infrascriptam formulam.

Noveritis, fratres carissimi, quod annuente Dei misericordia,  sicut de Nativitate Domini nostri Jesu Christi gavisi sumus, ita et de Resurrectione ejusdem Salvatoris nostri gaudium vobis annuntiamus. 

Die septima Februarij erit Dominica in Septuagesima. 

Dies vigesima quarta ejusdem dies Cinerum, et initium jejunij sacratissimæ Quadragesimæ. 

Undecima Aprilis sanctum Pascha Domini nostri Jesu Christi cum gaudio celebrabimus. 

Die vigesima Maji erit Ascensio Domini nostri Jesu Christi. 

Die trigesima ejusdem Festum Pentecostes. 

Die vigesima octava Novembris Dominica prima Adventus Domini nostri Jesu Christi, cui est honor et gloria, in sæcula sæculorum.  Amen.


Tabula conversionis pro novum kalendarium assequentibus:

Septuagesima = 7 febr. = 20 febr.
Cineres = 24 febr. = 9 mar.
Pascha = 11 apr. = 24 apr.
Ascensio = 20 maj. = 2 jun.
Pentecost. = 30 maj. = 12 jun.
Adventus = 28 nov. = 11 dec.

lunedì 10 gennaio 2022

I dodici giorni del Natale nella tradizione bizantina

 originariamente pubblicato in Templum Domini, X, 3, pp. 4-11

 di Nicolò Ghigi

Sebbene nel mondo orientale la celebrazione del Natale non abbia ricevuto nel corso dell’età moderna quel particolare slancio che invece ha conosciuto nella tradizione occidentale (e l’esito dege-nerato di questo pio affetto per il Natale è che oggi in Occidente è considerato più importante della Pasqua dalla gente di estrazione “laica”), pure la tradizione bizantina presenta una serie di devote pratiche, liturgiche e popolari, per festeggiare degnamente la Natività di Nostro Signore e le altre feste del cosiddetto δωδεκαήμερον, cioè il periodo di dodici giorni che intercorre tra la Natività e la Teofania (Epifania). Infatti la tradizione bizantina, seguendo la decisione del Concilio di Calcedonia e l’esortazione di Giustiniano, già entro il VI secolo adottò universalmente la data del 25 dicembre (7 gen.)[1] per la Natività di Cristo, già diffusasi in Occidente e nella città di Costantinopoli da un paio di secoli, conservando per il 6 gennaio (19 gen.) invece la celebrazione del Battesimo di Cristo (Teofania), per differenziarsi dalla più antica tradizione, conservata da copti e armeni, di celebrare questi misteri insieme il 6 gennaio, la qual cosa era diventata una bandiera di dette comunità monofisite[2].



1. Preparazione al Natale.

Pur prevedendo un preciso periodo di digiuno in preparazione alla festa del Natale (Νηστεία Χριστουγέννων, Digiuno di Natale), che principia il 15 (28) novembre, il giorno dopo la festa dell’Apostolo Filippo (laonde è detto talora pure “digiuno di S. Filippo”), durante il quale non è permesso il consumo di alcun prodotto di origine a animale, l’uso bizantino, a differenza della tradizione occidentale, non conosce un tempo d’Avvento propriamente strutturato dal punto di vista liturgico: per il rito romano, infatti, esso è un’innovazione di Papa S. Gregorio Magno[3]. Durante il digiuno prosegue infatti il ciclo delle domeniche dopo la Pentecoste: da dopo la festa della Presentazione della Madre di Dio al Tempio (21 nov./4 dic.), però, vengono quotidianamente cantate le katavasie[4] di Natale al Mattutino e il kontàkion proeòrtion[5] Ἡ παρθένος σήμερον («La vergine oggi»). Secondo il tipico, i servizi feriali dovrebbero esser serviti more quadragesimali, cioè con l’Alleluia al Mattutino e la Grande Compieta: il gran numero di feste che cadono in questo periodo ha reso di fatto ininfluente questa rubrica. Solo le ultime due domeniche hanno una dedicazione speciale che anticipa il periodo natalizio, rispettivamente ai Santi Progenitori (Ἁγ. Προπατόρων), ossia gli antenati di Cristo nella carne, e ai Santi Padri (Ἁγ. Πατέρων), ossia tutti i giusti dell’Antico Testamento. I testi liturgici delle due domeniche in gran parte coincidono, e infatti la prima, più recente, non è che un doppione della seconda. Tali testi vengono comunque cantati in unione all’ufficio domenicale consueto dall’ottoico[6].

La preparazione prossima (proeortìa) al Natale inizia il 20 dicembre: i quattro giorni che precedono la vigilia sono celebrati con particolare intensità, e tutti gl’inni liturgici sono propri e ricordano il mistero della venuta di Cristo. Alcune parti della liturgia di Natale sono state costruite come un parallelo della liturgia pasquale, e perciò alla Compieta vengono cantati alcuni Canoni (cosa riservata a pochi giorni speciali) con gli stessi acrostici dei Canoni della Compieta della Settimana Santa[7].

Durante questo periodo, le case, le strade e le chiese vengono addobbate in modo non dissimile da come avviene in Occidente: soprattutto in Russia la tradizione germanica dell’albero è radicata da molti secoli, e non è infrequente trovarli nelle stesse chiese ai lati dell’iconostasi in questo periodo; recentemente si è diffuso pure l’uso del presepe, pur essendo una tradizione latina del XVII secolo. In Grecia, invece, l’uso tradizionale prevede l’erezione di grandi barche decorate con luminarie, che rappresentano l’immagine mistica della Chiesa, la cui illuminazione inizia con la nascita del Divin Redentore.



2. Vigilia e festa di Natale.

Il giorno della vigilia (paramonì) di Natale, di digiuno strettissimo[8], è molto ricco liturgicamente, e ricalca in alcuni punti la struttura del Venerdì e del Sabato Santi. Esso inizia, come il Venerdì Santo, con la celebrazione delle Ore Regali[9], cioè le ore Prima-Terza-Sesta-Nona unite insieme e celebrate con una certa solennità; infatti, queste ore sono arricchite ciascuna da letture di una profezia veterotestamentaria, un brano delle epistole paoline e una pericope evangelica, il sacerdote le officia con anche il felonio indosso, e incensa la chiesa a ciascuna di esse. L’Ora Nona è arricchita da un tropario particolarmente complesso e solenne (Σήμερον γεννᾶται, Oggi nasce), composto su imitazione del tropario che annuncia la morte di Cristo all’Ora Nona del Venerdì Santo, e, nella prassi russa, dal canto degli auguri (Mногаѧ лѣта) al Patriarca, al vescovo e a tutto il clero e il popolo.

Subito dopo le Ore, sebbene l’ora corretta sarebbe nel primo pomeriggio, indossati i paramenti bianchi, viene cantato con solennità il Vespro festivo, regolare fino al Piccolo Ingresso. Dopodiché, segue il canto di 8 profezie veterotestamentarie, intercalate da alcuni responsori, per i quali si aprono le porte regali a marcarne la solennità; concluse le profezie, si cantano un’epistola e un Vangelo, e quindi si interrompe il Vespro e si celebra la Divina Liturgia, iniziando dalle litanie dopo il Vangelo; l’anafora impiegata è quella di S. Basilio, per imitazione della liturgia vesperale del Sabato Santo.

La sera stessa del 24 dicembre (6 gennaio) si celebra la grande veglia di Natale: poiché, però, il Vespro è già stato cantato, il Mattutino viene fatto precedere dall’ufficiatura solenne della Grande Compieta, arricchita dalla litia[10]. Dopo il Vangelo aurorale, vengono con solennità cantati i due canoni di Natale, i cui irmi così suonano:

Χριστὸς γεννᾶται, δοξάσατε. Χριστὸς ἐξ οὐρανῶν ἀπαντήσατε. Χριστὸς ἐπὶ γῆς, ὑψώθητε, ᾌσατε τῷ Κυρίῳ πᾶσα ἡ γῆ, καὶ ἐν εὐφροσύνῃ, ἀνυμνήσατε λαοί, ὅτι δεδόξασται.

Ἔσωσε λαόν, θαυματουργῶν Δεσπότης,
Ὑγρὸν θαλάσσης κῦμα χερσώσας πάλαι·
Ἑκὼν δὲ τεχθεὶς ἐκ Κόρης, τρίβον βατήν,
Πόλου τίθησιν ἡμῖν· ὃν κατ'οὐσίαν,
Ἶσόν τε Πατρί, καὶ βροτοῖς δοξάζομεν.

Cristo nasce, glorificatelo. Cristo viene dai cieli, andategli incontro. Cristo viene sulla terra, elevatevi. Cantate al Signore, o terra tutta, e con letizia intonate inni, o popoli, poiché è stato glorificato. (Canone I)

Salvò il suo popolo tra i prodigi il Signore,
riducendo un tempo a siccità l'onda del mare:
ma di propria volontà nascendo da una Vergine, un sentiero percorribile
apre per noi nel cielo: colui che per essenza
è uguale al Padre e ai mortali, noi lo glorifichiamo. (Canone giambico di S. Gio. Damasc.)

Concluso il Mattutino e letta l’Ora Prima, si canta la Divina Liturgia di S. Giovanni Crisostomo, con inizio rigorosamente dopo la mezzanotte. I testi sono quasi tutti propri, e il Trisagio è sostituito dal «Quanti in Cristo siete stati battezzati»[11]. E’ da notare che il kontakion della festa menziona anche l’adorazione dei Magi, che infatti è compresa negli episodi evangelici letti in questi giorni: infatti, adottando la data del 25 dicembre per il Natale, anche la contemplazione di tale mistero è stata spostata al tal giorno, mentre in Occidente è rimasta al 6 gennaio insieme al Battesimo.

Terminata a notte fonda la liturgia, spesso i fedeli si ritrovano a festeggiare in parrocchia o nelle proprie case, consumando finalmente cibi grassi dopo il lungo digiuno, e mangiando i dolci tipici. Il giorno della festa (25 dic./7 gen.) è “libero”, poiché essendosi celebrata la Divina Liturgia durante la notte, e non venendo questa ripetuta[12], l’unico servizio a cui s’interviene è quello del secondo Vespro[13]. E’ da notare, però, che in Grecia si è perso l’uso della funzione notturna durante la turcocrazia: allora, la sera è celebrata solo la Grande Compieta, mentre al mattino presto del giorno stesso il Mattutino e la Divina Liturgia: tale prassi contrasta però con il tipico, fedelmente osservato in Russia, e sta venendo corretta.

Durante il dì di festa, i bambini girano per le strade, cantando canzoni tradizionali dedicate alla Natività (gr. κάλαντα, rus. колядки) e ricevendo dolcetti e monetine.

TROPARIO E KONTAKION

Ἡ γέννησίς σου Χριστὲ ὁ Θεὸς ἡμῶν, ἀνέτειλε τῷ κόσμῳ, τὸ φῶς τὸ τῆς γνώσεως· ἐν αὐτῇ γὰρ οἱ τοῖς ἄστροις λατρεύοντες, ὑπὸ ἀστέρος ἐδιδάσκοντο, σὲ προσκυνεῖν, τὸν Ἥλιον τῆς δικαιοσύνης, καὶ σὲ γινώσκειν ἐξ ὕψους ἀνατολήν, Κύριε δόξα σοι.

Ἡ Παρθένος σήμερον, τὸν ὑπερούσιον τίκτει, καὶ ἡ γῆ τὸ Σπήλαιον, τῷ ἀπροσίτῳ προσάγει. Ἄγγελοι μετὰ Ποιμένων δοξολογοῦσι. Μάγοι δὲ μετὰ ἀστέρος ὁδοιποροῦσι· δι' ἡμᾶς γὰρ ἐγεννήθη, Παιδίον νέον, ὁ πρὸ αἰώνων Θεός.

La tua natività, o Cristo Dio nostro, fece risplendere al modo la luce della conoscenza: grazie a essa infatti quelli che un tempo veneravano le stelle, vengono guidati da una stella ad adorare te, il Sole della giustizia, e a riconoscere in te l’Oriente che sorge dall’alto: o Signore, gloria a te.

La Vergine oggi genera il Sovraessenziale, e la terra offre una grotta all’Inaccessibile: gli angeli e i pastori cantano la sua gloria, i magi camminano seguendo la stella: per noi infatti è nato come un bambinello il Dio che esiste da prima dei secoli.



3. Meteortìa di Natale e Circoncisione.

Il periodo dopo la festa (meteortìa, corrispondente all’ottava romana) è caratterizzato dal riprendere i temi e i canti del Natale, uniti a quelli dei santi eventualmente celebrati

Il 26 dicembre (8 gennaio) ricorre la Sinassi della Madre di Dio, che però è un nome convenzionale per indicare la ripresa, in modo piuttosto solenne, degli stessi testi e ritmi della liturgia natalizia, e non una vera festa della Madonna; la Divina Liturgia viene usualmente servita in tutte le parrocchie anche in questo giorno. Le feste di alcuni comites Christi (S. Stefano e i Santi Innocenti) sono presenti pure nella tradizione bizantina, seppur spostate di un giorno, quindi rispettivamente il 27 dic. (9 gen.) e il 29 dic. (11 gen.). La festa di S. Giovanni, invece, presso i bizantini è celebrata nelle due date del Transito (26 set./9 ott.) e dell’Assunzione (8/21 mag.), e non durante l’ottava di Natale. La domenica fra l’Ottava è dedicata alla memoria di S. Giuseppe il Giusto, S. Davide Re e S. Giacomo fratello del Signore, per il legame speciale che questi hanno con la nascita secondo la carne di Nostro Signore, e il loro ufficio si combina a quello domenicale dell’ottoico e a quello della festa.

L’apodosis (conclusione) della festa è il 31 dicembre (13 gen.), e l’ufficiatura festiva viene dunque ripetuta per intiero: propriamente l’ottava si concluderebbe il 1° gennaio, ma per non sovraccaricare il già ricco ufficio di quel giorno (vide infra), la tradizione sabaita ha anticipato di un giorno la conclusione della meteortìa. Durante questo periodo, e poi ancora nei giorni successivi fino al 4 gennaio, i digiuni consueti del mercoledì e del venerdì sono sospesi.

Il 1° (14) gennaio, oltre alla festa della Circoncisione del Signore, ricorre pure il transito del nostro padre tra i santi Basilio di Cesarea; poiché la struttura del rito bizantino, a differenza di quello romano, permette di combinare agevolmente più uffici festivi, queste due ricorrenze sono celebrate insieme, con un pari numero di tropari a Vespro e Mattutino (addirittura, quelli del santo vengono cantati per primi, benché l’altra sia una festa del Signore; ma il padre cappadoco è a tal punto sentito presso la mens liturgica bizantina, di cui fu uno dei massimi ispiratori, da meritare tale onore). In onore del santo del giorno, l’anafora impiegata alla Divina Liturgia è quella di S. Basilio, una delle 10 volte all’anno in cui viene usata e l’unica in cui non ha una funzione penitenziale. La festa è particolarmente sentita in Grecia, dove viene onorata con la preparazione di un dolce speciale, la vasilòpita, torta allo yogurt contenente una monetina, talché chi la troverà nella propria fetta sarà protetto dal santo per tutto l’anno. Il dolce viene portato in chiesa e benedetto con una speciale preghiera dopo la Divina Liturgia. Anche in questo giorno i bambini vanno in giro a cantare le tradizionali κάλαντα, la cui più famosa di questo giorno (Ἀρχιμηνιὰ κὶ ἀρχιχρονιὰ, Inizio del mese e inizio dell’anno) è particolarmente nota per contenere una poesia d’amore nascosta al suo interno, composta da un giovane costantinopolitano innamorato della principessa.

Dal 2 al 4 gennaio si compie la preparazione alla festa della Teofania, che ricalca nella sua struttura quella del Natale e, quindi, quella della Pasqua, con testi propri a tutte le ore e Canoni speciali alla Compieta. Qualora vi cada una domenica (detta πρὸ τῶν φώτων, prima delle luci), anch’essa viene celebrata con testi propri che contengono un carattere di preparazione alla festa imminente.



4. La Teofania e la sua meteortìa.

La struttura della vigilia della Teofania (5/18 gen.) è, ancora una volta, simile a quella del Venerdì e del Sabato Santo, e quindi diventa un parallelo perfetto della vigilia di Natale, persino nel digiuno: anzi, a voler essere precisi, per le ragioni già dette, tutta l’ufficiatura di Natale è una copia perfetta di quella della Teofania, a sua volta ispirata a quella pasquale. Il tema principale della festa della Teofania è il Battesimo di Cristo, che nella tradizione romana è invece in secondo piano rispetto all’Adorazione dei Magi; il miracolo delle Nozze di Cana, facente parte del “triplice mistero epifanico”, è ricordato nel sinassario ma non presenta testi liturgici dedicati.

Anche questa officiatura inizia con il canto delle Ore Regali, con la medesima struttura di quelle natalizie, e anche qui all’Ora Nona è cantato il solenne tropario (Τὴν χεῖρά σου τὴν ἁψαμένην, La tua mano che toccata) a imitazione del Venerdì Santo. Segue il Vespro festivo, e dopo l’Ingresso la lettura di 13 profezie veterotestamentarie intervallate da solenni responsori, quindi l’epistola, il Vangelo e la Divina Liturgia vigiliare di S. Basilio. Al termine di questa Liturgia, dopo la preghiera di ringraziamento dietro l’ambone, il clero procede solennemente con lumi e incenso nel nartece, ove si trova il fonte battesimale o un altro catino ricolmo d’acqua, e officia la Grande Santificazione delle Acque. Dopo i tropari iniziali, durante i quali si incensa il fonte, seguono tre profezie veterotestamentarie, una breve epistola e un breve Vangelo, quindi una grande litania contenente petizioni speciali per la benedizione dell’acqua e due lunghe preghiere di benedizione, la seconda delle quali, dal carattere talmente catechetico da essere definita omelia da alcuni liturgisti[14], è attribuita a Sofronio Patriarca di Gerusalemme (VII secolo). Infine, la croce viene immersa per tre volte nell’acqua al canto del tropario della festa, e con l’acqua così santificata tutti i fedeli vengono aspersi.

Similmente al Natale, pure la veglia notturna della Teofania è celebrata con la Grande Compieta con litia e il Mattutino, e pure in questa festa sono cantati due canoni in modo solenne, il secondo dei quali è composto dal Damasceno con stile elevato e arcaizzante (notevolissimo un genitivo epico già al primo verso, e altri epicismi e ricercatezze linguistiche in tutto il testo), in un difficile metro lirico anapestico della tradizione poetica classica:

Σήμερον ἀχράντοιο βαλών,
Θεοφεγγέϊ πυρσῷ,
Πνεύματος, ἐνθάπτει νάμασιν, ἀμπλακίην,
Φλέξας παμμεδέοντος ἐΰς Πάϊς·
Ἠπιόων δ, Ὑμνηταῖς μελέων τῶν δ δίδωσι χάριν.

Oggi, immergendosi nel fuoco
divinamente lucente dello Spirito
purissimo, annega nei flutti la colpa,
consumandola nel fuoco, l’eccelso Figlio che tutto governa,
doni dunque la grazia a quanti gli cantano dolci inni.

Mentre nei monasteri la Divina Liturgia segue immediatamente la veglia notturna, nelle parrocchie usualmente essa è celebrata al mattino dell’indomani: essa possiede numerose parti proprie, e in luogo del Trisagio è cantato «Quanti in Cristo siete stati battezzati» a motivo del carattere battesimale della festa. Al termine della Divina Liturgia, è consuetudine ripetere in modo più solenne la benedizione delle acque officiata il giorno precedente, benedicendo però le acque dei fiumi, dei laghi e dei mari attigui: quest’uso, benché non previsto dai libri liturgici, che riportano unicamente la benedizione del 5/18 gen. (e infatti pure in quelle zone d’Occidente ove si è diffusa questa usanza orientale della benedizione delle acque[15] essa si compie soltanto alla sera della vigilia), origina direttamente dalla prassi del Monastero di San Saba in Palestina, il cui tipico “sabaita” divenne il modello su cui si costituì il tipico bizantino ordinario nel corso del secondo Medioevo, in cui i monaci in questo giorno uscivano dal monastero e si recavano al fiume Giordano per ripetere la benedizione direttamente sulle sue acque, atto senz’altro suggestivo, dal momento che si ha davanti agli occhi materialmente il fiume benedetto che gl’inni liturgici esaltano quale luogo di grazia.

Il giorno successivo (7/20 gen.) è la Sinassi del Precursore e Battista Giovanni, ma al netto di qualche tropario dedicato al santo si tratta in buona sostanza della ripetizione della liturgia epifanica, che garantisce in tal modo un “secondo Vespro” alla festa.

Come indicato dal Mineo[16] stesso, il periodo natalizio (δωδεκαήμερον) termina con la Divina Liturgia del 6 gennaio, benché la gioia della festa della Teofania prosegua per tutta la sua meteortìa, cioè fino al 14 (27) gennaio, in cui l’intiera officiatura viene ripetuta.

TROPARIO E KONTAKION

Ἐν Ἰορδάνῃ βαπτιζομένου σου Κύριε, ἡ τῆς Τριάδος ἐφανερώθη προσκύνησις· τοῦ γὰρ Γεννήτορος ἡ φωνὴ προσεμαρτύρει σοι, ἀγαπητόν σε Υἱὸν ὀνομάζουσα· καὶ τὸ Πνεῦμα ἐν εἴδει περιστερᾶς, ἐβεβαίου τοῦ λόγου τὸ ἀσφαλές. Ὁ ἐπιφανεὶς Χριστὲ ὁ Θεός, καὶ τὸν κόσμον φωτίσας δόξα σοι.

Ἐπεφάνης σήμερον τῇ οἰκουμένῃ, καὶ τὸ φῶς σου Κύριε, ἐσημειώθη ἐφ᾽ ἡμᾶς, ἐν ἐπιγνώσει ὑμνοῦντας σε. Ἦλθες, ἐφάνης τὸ Φῶς τὸ ἀπρόσιτον.

Quando venisti battezzato nel Giordano, o Signore, si manifestò l’adorazione della Trinità: la voce del tuo Genitore infatti ti testimoniò, chiamandoti Figlio diletto, e lo Spirito in forma di colomba confermò questo verbo sicuro. O Cristo Dio, che per noi ti sei manifestato e hai illuminato il mondo, gloria a te.

Ti sei manifestato oggi all’orbe, e hai fatto risplendere la tua luce su di noi che ti cantiamo, o Signore: Sei venuto, ti sei manifestato, o Luce inaccessibile.



[1] Poiché la maggioranza delle Chiese Ortodosse e molte Chiese Cattoliche di rito bizantino seguono il calendario giuliano tradizionale, istituito da Giulio Cesare, le date nell’articolo saranno sempre duplici, con la data tra parentesi che indica la corrispondenza col calendario gregoriano (civile), introdotto in Occidente dal 1583: la data giuliana infatti differisce di 13 giorni (nel XXI secolo) da quella gregoriana. Perciò, è scorretto dire, ad esempio, che i Russi festeggiano il Natale il 7 gennaio: essi festeggiano il Natale il 25 dicembre del calendario giuliano, che corrisponde al 7 gennaio gregoriano/civile.

[2] Cfr. B. Botte, Les origines de Noël et de l’Épiphanie, Louvain, 1932, pp. 19-20; M. Van Esbroeck, “La lettre de l’empereur Justinien sur l’Annonciation et la Noël”, Analecta Bollandiana 86 (1968), 351-52; Id., “Encore la lettre de Justinien”, Analecta Bollandiana 87 (1969), 442-44.

[3] P. Gueranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 25.

[4] Letteralmente «discesa»: si tratta di un gruppo di otto troparj, divisi in più serie per le grandi feste dell’anno più l’ordinario, che si cantano a conclusione di ciascuna delle odi del Canone del Mattutino (lungo poema dedicato al santo o alla festa del giorno, intercalato ai cantici veterotestamentarj).

[5] Il kontakion è un tipo di testo liturgico poetico dalla metrica e dal linguaggio molto elevati e complessi, ideato da S. Romano il Melode e molto popolare nella liturgia bizantina dell’Alto Medioevo. Vengono cantati al Mattutino dopo la VI Ode del Canone e alla Liturgia insieme ai troparj del giorno dopo il Piccolo Ingresso.

[6] Ciclo di otto uffici domenicali, uno per ciascuno dei toni melodici, che si alternano nelle domeniche infra l’anno.

[7] J. Getcha, The Typikon Decoded, New York, 2012, pp. 129-30.

[8] Così nel tipico sabaita, originariamente proprio della Palestina e divenuto nel tempo quello bizantino “ordinario”. Il tipico studita, in uso a Costantinopoli fino alla conquista latina, la identificava invece come un giorno di festa, senza digiuno e senza prostrazioni.

[9] Il nome è una pura imitazione del servizio del Venerdì Santo, senza che vi fosse la ragione per cui quelle del Venerdì Santo son chiamate così (cioè la presenza dell’Imperatore), perché a Costantinopoli non si celebravano. I libri liturgici più antichi le chiamano infatti “Le ore dei dodici tropari”, riferendosi ai dodici inni che, divisi in gruppi di tre, si cantano durante queste ore tra la salmodia e le letture.

[10] Processione interna alla chiesa con benedizione di cinque pani, del grano, dell’olio e del vino (residuo del pasto che un tempo si consumava, interrompendo la veglia di tutta la notte); ordinariamente si officia verso la fine del Vespro.

[11] Questo perché la festa ha preso molti caratteri dall’originaria celebrazione dell’Epifania, da cui si è separata tardivamente, cfr. nota 1.

[12] L’uso delle tre liturgie di Natale è prettamente romano, e perde di senso storico al di fuori delle celebrazioni stazionali di tre Messe in tre chiese distinte.

[13] Come sappiamo, la tradizione bizantina propriamente non prevede i Secondi Vespri; nondimeno, le feste maggiori sono seguite da una «Sinassi» che, pur prendendo vari nomi, di fatto riprende i temi e i testi liturgici della festa precedente, talché il Vespro di tale sinassi può ben costituire il secondo vespro della festa.

[14] [14] J. Getcha, The Typikon Decoded, New York, 2012, pp. 138.

[15] Cfr. https://traditiomarciana.blogspot.com/2019/01/la-benedizione-delle-acque-nella.html

[16] Letteralmente “mensile”: libro liturgico bizantino corrispondente al “Proprio dei Santi”, chiamato così perché è consuetamente diviso in 12 tomi, appunto uno per mese.