Qualche sera fa, dopo la Paraklisi, mi sono fermato a parlare con un sacerdote dell'Arcidiocesi Ortodossa d'Italia e di Malta, del Patriarcato Ecumenico. A un certo punto, essendo il discorso arrivato per caso a toccare il nome di Papa Francesco, questo chierico se ne esce con un affermazione che mi lascia seriamente interdetto: Bergoglio sarebbe, a suo dire, molto vicino alla spiritualità e alla dottrina ortodossa.
Sul momento non rispondo nulla, ma non sono assolutamente convinto delle parole del sacerdote. Dopo aver fatto un po' di ricerche, aver parlato con qualche altro sacerdote ortodosso di provata fiducia e con qualche amico esperto della situazione odierna del Fanar, sono riuscito a formulare una risposta, che propongo di seguito.
Anzitutto, guardando qua e là sul web, soprattutto se si cerca in lingua italiana o inglese (ma pure cercando in greco i risultati non saranno molto diversi), ci si potrà imbattere in sorprendenti dichiarazioni da parte di prelati e vescovi del Patriarcato di Costantinopoli, i quali non esitano ad affermare che "gli Ortodossi amano Papa Francesco". Leggendo tali dichiarazioni, che non differivano poi molto dal discorso che avevo personalmente sentito, appare tuttavia evidente che questi greci hanno, in buona fede o meno, una visione estremamente parziale e arbitraria dell'operato di Bergoglio. Del resto mi era già ben chiaro il fatto che in Grecia si conoscesse la storia della Chiesa Occidentale, e particolarmente quella degli ultimi secoli, in modo superficiale: si pensi che una volta, parlando con un Metropolita (da 25 anni in Italia, peraltro!) mi sentii dire che Paolo VI fosse un difensore della tradizione liturgica...
Costoro, ad esempio, sostengono che egli propenda per una sana revisione dell'ufficio papale, cosa a loro dire comprovata dal fatto che Bergoglio chiami se stesso "Vescovo di Roma" e che parli sovente di sinodalità e collegialità. Chi dice questo però non riesce a vedere l'insieme delle cose, perché le riforme e in generale il cambio di mentalità che Bergoglio (sulla scia dei predecessori) sta apportando alla Chiesa Cattolica riescono solo grazie all'esasperazione di una struttura gerarchica e verticistica (solo per restare ai fatti recenti, cambiare un articolo del Catechismo per una posizione personale del Pontefice è mettere il Papa al di sopra della Tradizione, così come lo fu inserire il nome di San Giuseppe nel Canone per una devozione personale dell'allora regnante Pontefice). Cosa c'entra che Francesco non voglia ricevere gli onori formali dell'ufficio papale? Ai fatti, è ben più significativo ch'egli sfrutti e anzi abusi (ribadisco, in una linea di "ipertrofia" papale che ha origine con Pio IX) delle prerogative di governo!
Allo stesso modo, è assurdo il paragone che certo clero fanariota fa tra l'οἰκονομία della tradizione bizantina e la "misericordia" bergogliana. Come scriveva QUI anni fa un caro amico, la "misericordia" della neochiesa non ha nulla a che fare con la vera οἰκονομία, perché, mentre quest'ultima, secondo l'insegnamento di San Paolo, è sempre sapientemente bilanciata con una sana ἀκρίβεια, nel cattolicesimo contemporaneo si commette l'omicidio dell'ἀκρίβεια con un prevalere incontrastato di un'οἰκονομία sovrabbondante: il discernimento, tanto invocato dalla Chiesa contemporanea e tanto apprezzato dai succitati chierici ortodossi, è in realtà completamente negato, perché viene applicato in modo unidirezionale (cioè verso l'atteggiamento di οἰκονομία). In fondo, anche se magari si utilizzano delle nuove modalità esteriori, in buona sostanza stiamo assistendo a un grande revivial del lassismo seicentesco, incrementato dalla peggior casuistica di matrice gesuita, quella che l'Ortodossia ha sempre condannato come una delle piaghe della morale cattolica.
Sempre in tale ambito, io posso e devo concordare con l'assioma "si condanna il peccato, non il peccatore" (citatomi dal sacerdote con cui parlavo), ma il peccatore va abbracciato e corretto, poiché questo è il vero atto di carità. Inoltre (si parlava nello specifico della sodomia) non mi pare di aver sentito in questi anni nemmeno una condanna del peccato in sé.
Non mi soffermerò sui molti altri argomenti sollevati durante il discorso o letti in internet, perché sono comunque tutte dimostrazioni di superficialità e parzialità (certo che espressioni quali "i poveri sono la carne di Cristo" o "la Chiesa è come un ospedale da campo" appartengono a San Giovanni Crisostomo, ma l'interpretazione che ne dava il grande vescovo costantinopolitano e l'attuale vescovo di Roma sono diametralmente opposte!).
Mi limiterò a concludere con qualche considerazione sul clero ortodosso cui appartiene il sacerdote con cui ho parlato. Si tratta di un clero completamente secolarizzato, che "gestiscono il sacro come impiegati statali, senza una valida formazione umana, intellettuale e spirituale", esattamente paragonabile al clero modernista che infesta il Cattolicesimo contemporaneo. Per capirsi, è il clero da cui è stato partorito il sinodo cretese dell'anno scorso, che su alcuni temi (adattamento alla modernità, ecumenismo) pareva configurarsi come un Vaticano II dell'Ortodossia; è il clero a cui si riconducono alcuni documenti del Fanar che parlavano dell'ecologia come "un obbligo evangelico" tredici anni prima dell'elezione di Francesco al soglio petrino. A quanto pare tratta di un problema endemico al Patriarcato Ecumenico, che non si riscontra generalmente (o comunque molto meno) nelle altre Chiese Ortodosse (non a caso, la Chiesa Russa, pur essendo stata storicamente più aperta verso il Cattolicesimo rispetto a quella Greca, non dimostra alcuna esaltazione nei confronti di Francesco, pur nutrendo qualche leggera simpatia nei confronti di Ratzinger per alcune sue sagge decisioni liturgiche, né volle partecipare al Concilio Cretese, decretandone di fatto il carattere locale e facendone venir meno l'ecumenicità che rischiava veramente di farne un Vaticano II dell'Oriente). A tale clero secolarizzato si possono ascrivere oramai gran parte dei sacerdoti, nonché dei Vescovi, della Grande Chiesa di Cristo, tanto in Grecia quanto all'estero: solo i monasteri parrebbero salvarsi. Siamo di fronte a un fenomeno perfettamente speculare al modernismo cattolico, perché gli atteggiamenti mondani di questi sacerdoti e la loro particolare attrazione verso certi aspetti del cattolicesimo contemporaneo (per dirla tutti, alcuni di questi hanno creato l'assurda e ridicola favoletta che col Vaticano II la Chiesa Romana si sarebbe avvicinata all'Oriente) testimoniano una mentalità radicata oramai nel secolo e lontana dall'ideale cristiano.
Se questi dunque sostengono che Bergoglio abbia la stessa spiritualità ortodossa, alla fine non si sbagliano, nel senso che Bergoglio è spiritualmente ortodosso, ma in quell'"Ortodossia" (in realtà un ethos secolaristico) vissuto da tali sacerdoti e condiviso con il clero cattolico modernista, che però NON è assolutamente la vera Ortodossia.
Come mi ha detto un amico quando gli ho raccontato la vicenda: "Qui le Chiese si sono veramente unite ma nel peccato e nell'eresia..."
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