mercoledì 1 agosto 2018

Il Canone Paracletico alla Madre di Dio

Se negli ultimi secoli nel mondo latino sono stati identificati come “mesi della Madonna” ottobre, a cagion del Santo Rosario, e maggio, per via delle molte devozioni mariane sviluppatesi, non si deve ignorare che la Tradizione più antica, comune a Oriente e Occidente, vedeva come “mese di Maria” per eccellenza il mese di agosto, culminante nella sua esatta metà con la grande festa della Dormizione (Assunzione) della Madre di Dio, che con la sua ottava e (nel mondo bizantino) con la piccola “quaresima” di due settimane che la precede, conferisce il peculiare carattere mariano a tutto il mese.

Nei primi 14 giorni di agosto, durante appunto il digiuno della Dormizione (che peraltro è il più rigoroso dopo quello quaresimale), il Typikòn greco prescrive di cantarsi ogni sera, unitamente al Vespero, il Canone Paracletico (Παράκλησις, “intercessione”) alla Santissima Vergine, toccante poema d’intercessione per i vivi, in cui si chiede alla Madonna d’intercedere presso il suo Figlio e Dio nostro per la salute del corpo e dello spirito di chi si trova in condizioni di prova, per la nostra salvezza e per il sollievo dai pesi e dalle sofferenze che su di noi gravano. I figli, feriti, si rivolgono alla Madre compassionevole, loro ultima speme, protettrice, e aiuto, a cui “tutti ricorrono dopo Dio”.
La tradizione slava non possiede questa officiatura, anche se ha una celebrazione equivalente alla Paraklisis, il cosiddetto Moleben, che tuttavia manca della parte poetica precipua, ovverosia del Canone.

Esistono due differenti Canoni paracletici, il piccolo e il grande. Il primo, composto nel IX secolo dal monaco Theosteriktos (o, secondo altri, Teofane), si può cantare durante tutto l’anno, in situazioni di particolare turbamento dell’animo, mentre il secondo, che si canta solo in questo periodo, è concordemente attribuito a Teodoro  II Ducas Lascaris, Imperatore di Nicea dal 1254 al 1258.

Pur essendo così distinti, i Canoni in realtà contano del medesimo numero di tropari (trentadue, suddivisi equamente in otto odi); piuttosto, sono più lunghe nel secondo caso le cerimonie liturgiche che si accompagnano ad esso (cfr. John Fountoulis). Inoltre, la Grande Paraklisis è cantata in tono più solenne e festoso, perché parla direttamente della Dormizione, come si legge nell’exapostilarion: «Apostoli, accorrete al Gethsemani dai confini della terra, seppellite il mio corpo, e tu, Figlio mio e Dio mio, accogli l’anima mia».

Le regole per ordinare l’alternanza dell’ufficio in questa prima quindicina di agosto sono abbastanza semplici: a meno che il 1 agosto non sia domenica, si inizia con la Piccola, e indi si alternano la Piccola e la Grande Paraklisis, ricordando che tale ufficio si omette la sera del sabato e la vigilia della Trasfigurazione, mentre la domenica sera si canta sempre la Grande.

Soffermandoci un istante sul Piccolo Canone, sul quale possediamo più vasta storiografia, dicevamo che si attribuisce la sua composizione al santo monaco Theosteriktos, del IX secolo. Taluni ipotizzano che l’autore sia stato metropolita Teofane di Nicea, contemporaneo, o addirittura San Giovanni Damasceno; pare nondimeno che Teofane fosse il nome al secolo del monaco Theosteriktos. Quest’ultimo combatté strenuamente l’eresia iconoclasta, sotto l’imperatore Costantino V Copronimo, sinché la notte del Giovedì Santo del 763, mentr’egli celebrava la Divina Liturgia alla presenza di centinaia di monaci nel monastero di Pelekete (in Bitinia, terra d’origine del monaco) di cui era igumeno, fu catturato dai soldati del generale Michele Lachanodrakon, che picchiarono con violenza l’abate, scaraventando a terra il Sacro Calice, e ingiungendo ai monaci di firmare un decreto dell’imperatore col quale s’ingiungeva il ripudio dell’iconodulia. Il santo monaco rifiutò fermamente, e allora quattrocento monaci furono passati a fil di spada, e il bellissimo monastero fu dato alle fiamme. I sopravvissuti furono portati anzi all’imperatore Costantino, dove tutti i monaci ortodossi, guidati dal coraggioso monaco Sinesios, furono decapitati. Theosteriktos bramava di ricevere il martirio, ma l’imperatore volle risparmiarlo, incolpandolo nondimeno di esser stato la causa della morte di centinaia di monaci “per lo stupido capriccio di voler venerare le icone”. Egli sprezzante parlò contro l’imperatore, aizzandogli pure contro molti soldati e funzionari scandalizzati dal massacro, tra cui il soldato Emilio Teravinos, che, afferrata la spada e postosi davanti all’imperatore che fuggiva col proprio primo ufficiale, si fece il segnò di croce e scoperse l’icona di Cristo che portava al collo, sfidandolo: «Maledetto eretico, ammazzami, perché io venero le Sante Icone!». Emilio fu decapitato, mentre l’igumeno fu sottoposto alle più umilianti e dolorose torture: fu scorticato, gli furono tagliati naso ed orecchie, ma cionondimeno ei sopravvisse in carcere per nove anni, cibandosi solo ogni tanto di pane e acqua che gli passava di nascosto qualche soldato fedele. Copronimo morì nel 382, e gli succedette il misericordioso Leone IV, che liberò tutti gl’iconoduli. Theosteriktos, costruitasi una capanna sulle rovine del suo monastero, ivi visse come eremita, e rimembrando i giorni dolorosi del suo passato, compose il Canone Paracletico, così esordendo: «Oppresso da molte tentazioni presso di voi mi rifugio, implorando salvezza; o Madre del Verbo e Vergine, salvatemi dalle sventure e dai pericoli!».

E’ grande l’occasione, per chi sente qualche disagio interiore, qualche peso che grava sull’anima e che toglie la pace spirituale, di recarsi in chiesa in questi giorni, per supplicare l’intercessione potentissima della Beata Vergine, e venir grazie a lei sollevati da ogni tribolazione, cantandole incessantemente: «Santissima Genitrice di Dio, salvateci!»



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