Oggi, 9 febbraio, ricorre nel rito bizantino l'apodosis della festa della Presentazione al Tempio; approfittiamo di questa ricorrenza, pure mariana, per pubblicare un contributo del nostro collaboratore Luca Farina sulla devozione alla Madre di Dio, attraverso l'inno del Vespro "Ave Maris Stella". Un'immagine della Madre di Dio
γοργοεπήκοος, cioè "che ascolta
rapidamente" le nostre preghiere.
Una delle componenti fondamentali della nostra fede è l’equilibrio: la Verità è spesso minacciata dai due estremi opposti. Accade per Nostro Signore Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, contro le tesi dei monofisiti e degli ariani; così avviene per la Santissima Madre di Dio, schiacciata da un lato dalle definizioni mariolatriche (in senso stretto si vedano le dottrine palmariane, in senso largo alcuni autori ottocenteschi) e dall’altro dalla teologia dal basso, antropocentrica, quella dei teologi come Karl Rahner. Per rimanere nel sano equilibrio è necessario fare riferimento alla Tradizione, di cui i testi liturgici sono tesori sempre vivi e attuali.
Uno dei componimenti mariani che possiamo citare è l’inno Ave Maris Stella: ne proponiamo il testo seguito da note di commento.
Ave maris stella,
Dei Mater alma
atque semper virgo
felix coeli porta.
Sumens illud ave
Gabrielis ore
funda nos in pace
mutans Evae nomen.
Solve vincla reis,
profer lumen caecis,
mala nostra pelle,
bona cuncta posce.
Monstra te esse matrem,
sumat per te preces
qui pro nobis natus
tulit esse tuus.
Virgo singularis
inter omnes mitis,
nos culpis solutos
mites fac et castos.
Vitam praesta puram,
iter para tutum
ut videntes Jesum
semper collaetemur.
Sit laus Deo Patri,
summo Christo decus,
Spiritui Sancto
tribus honor unus. Amen.
L’inno consta di sette quartine di senari non rimati, con accento sulle sillabe dispari. Fa eccezione il verso 3 della strofa 5, che doveva suonare come Culpis nos solutos; forse si tratta di errore per lectio facilior, portando il complemento oggetto nos in posizione forte.
Come per molti inni antichi, non si può stabilire con certezza il suo compositore. La devota attribuzione a San Bernardo, in quanto devoto alla Vergine, si rivela patentemente falsa, poiché l’inno si trova nel Codex Sangallensis 51 dell’omonima abbazia svizzera (esso è datato tra la fine dell’VIII e l’inizio del IX secolo), mentre l'abate cistercense visse tra il 1090 ed il 1153. Pertanto, i nomi proposti vanno filtrati con tale, significativo, terminus ante quem. Sarebbe accettabile una figura come quella di San Venanzio Fortunato (530-607), ma sarebbe quantomeno interessante da comprendere come egli possa essere l’autore di un testo come questo, tutto sommato semplice, e contemporaneamente di uno molto più complesso come il Pange lingua gloriosi proelium certaminis; sulla base di analisi metriche e retoriche il filologo Federico Leo lo pone tra le composizioni spurie del santo, e così concorda il suo collega Carl Weyman, nonché l’innologo gesuita Clemens Blume. Tra i nomi accettabili potrebbe figurare anche quello del monaco Paolo Diacono (720 circa-799). Sicuramente da scartare è invece Roberto II di Francia (972-1031).
Il componimento è stato inserito nell’ufficio romano, e la prima strofa è cantata in ginocchio. Esso si trova come inno dei Vespri delle feste mariane, se non dotate di testo proprio.
Nella prima strofa Maria è salutata come stella del mare: è un antico appellativo, che si trova anche nelle litanie lauretane e nell’antifona Alma Redemptoris Mater; la fonte biblica si situa nella visione avuta sul monte Carmelo e narrata in III Reg XVIII 41-45. L’immagine della Vergine come porta del cielo si trova anch’essa tanto nelle litanie quanto nella succitata antifona.
La seconda strofa mette in relazione l’incarnazione (tramite l’episodio dell’Annunciazione) con il peccato originale; molti commentatori notarono il gioco di parole tra Eva e Ave: si trova talvolta l’immagine di Maria come “nuova Eva”, da ben comprendere per evitare il pericolo di porre la Madre di Dio sullo stesso piano del Figlio nell’opera di redenzione (della dottrina eterodossa della corredenzione si è parlato qui, ndr).
Le strofe rimanenti non presentano immagini a mio avviso rilevanti, ma sono costituite, come è possibile leggere sopra, da invocazioni di vario tipo, fino a quella di condurre, così come fa una stella, verso il mistero divino.
Oltre alla versione gregoriana, l’inno è stato musicato da moltissimi compositori, dai rinascimentali Palestrina e Orlando di Lasso ai barocchi Monteverdi e Frescobaldi (nonché il luterano Bach), fino alle più recenti composizioni di Perosi e di Nino Rota (non sempre a scopo liturgico). Un inno semplice, ma che ha attraversato la storia della musica europea.
Certamente l’idea della stella-guida ci può sembrare un po’ strana, forse antica e con un certo gusto romantico; era invece ben chiara ai naviganti che, prima dell’avvento di carte precise e di strumenti di orientamento, facevano grande affidamento sull’osservazione degli astri per comprendere la direzione da seguire. In un mare in tempesta come il nostro, la Vergine Santa accompagni i suoi fedeli nel cammino verso Nostro Signore Gesù Cristo. Devotamente, riscopriamo il canto di questo antico inno per ritrovare la sana devozione a Maria, senza derive eretiche o sentimentalistiche.
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