sabato 27 marzo 2021

L'elogio funebre per santa Paola la Romana

di N. Ghigi

Il 28 marzo alcuni calendari secundum usum romanum pre-tridentini iscrivono la commemorazione della nostra beatissima madre Paola la Romana, donna di nobile famiglia romana che, una volta rimasta vedova, dedicò i suoi beni e la sua vita alla diffusione della dottrina cristiana, alla carità verso i poveri e all'orazione. Figlia spirituale di san Girolamo e sua mecenate durante il soggiorno romano alle dipendenze di Papa san Damaso, Paola lo seguì in Terra Santa nel 385 insieme alla figlia Eustochio (la destinataria della famosissima lettera 22 de virginitate di san Girolamo), ove fondò due monasteri presso la Grotta della Natività di Betlemme ed ella stessa divenne badessa di quello femminile, che resse per vent'anni vivendo in aspra penitenza, talché bene il Martirologio Romano la definisce metaforicamente longo coronata martyrio, fino alla morte occorsa il 26 gennaio del 406.

San Girolamo stesso compose l'epitaffio esametrico da porsi sulla tomba della santa monaca, sepolta entro la Grotta della Natività ove aveva trascorsi i suoi anni di ascesi: esso è quasi un raffinatissimo centone di citazioni e formule della tradizione poetica latina, con cui san Girolamo evidenzia l'origine altolocata di Paola, proveniente da una delle famiglie più antiche di Roma (seppure i critici ritengano che le discendenze citate siano esagerazioni), e tuttavia protagonista di una scelta radicale alla sequela di Cristo. L'epigrafe è andata materialmente perduta, ma la leggiamo nella trascrizione che il santo stesso fa nella sua lettera indirizzata ad Eustochio in occasione della morte della madre, al termine della quale, promettendole letteralmente un monumentum aere perennius (cfr. Hor. Od. iii, 30, 1), si rivolge direttamente alla defunta con queste parole:

Incidi elogium sepulcro tuo, quod huic volumini subdidi, ut quocumque noster sermo pervenerit, te laudatam, te in Bethlehem conditam lector agnoscat. Titulus sepulcri:

Scipio quam genuit, Pauli fudere parentes,
Gracchorum suboles, Agamemnonis inclita proles,
hoc iacet in tumulo: Paulam dixere priores.
Eustochiae genetrix, Romani prima senatus
pauperiem Christi et Bethlemitica rura secuta est.                5

et in foribus speluncae:

Respicis angustum praecisa rupe sepulchrum?
Hospitium Paulae est caelestia regna tenentis.
Fratrem, cognatos, Romam patriamque relinquens,
divitias, subolem, Bethlemitico conditur antro.
Hic praesaepe tuum, Christe, atque hic mystica Magi        10
munera portantes homini regique deoque.

Hier. Ep. 108,33


Ho inciso un elogio nel tuo sepolcro, che ho aggiunto a questa lettera, affinché ovunque giungano le nostre parole, il lettore riconosca che tu vi sei citata, che sei sepolta a Betlemme. Il titolo del sepolcro:

Colei che Scipione generò, cui diedero vita i genitori di Paolo,
progenie dei Gracchi, inclita prole di Agamennone,
giace in questo tumulo: gli antichi la chiamarono Paola.
La madre di Eustochio, colei che sedeva al primo posto del Senato Romano,
ha seguito la povertà di Cristo e i campi di Betlemme.

E alle porte della grotta:

Vedi l'angusto sepolcro nella rupe intagliata?
E' il luogo ove riposa Paola, che possiede i regni del cielo.
Lei che lasciò il fratello, i parenti, Roma e la patria,
le ricchezze e la prole, è sepolta nella grotta di Betlemme.
Qui vi è il tuo presepe, o Cristo, e qui vi sono i Magi
che portano mistici doni all'Uomo, al Re e al Dio.


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NOTE

Ed. di riferimento: J. Blaensdorf, Fragmenta poetarum latinorum epicorum et lyricorum praeter Enni Annales et Ciceronis Germanicique Aratea (= BT 1371), Berlin/New York, De Gruyter, 2011, p. 392.

1. Scipio quam genuit: Formula tipica dell'epigrafia funeraria (cfr. e.g. CLE 01276,1; 01320,2; Mart. Epigr. ix, 99, 4).

2. Della ricercatezza di proles e suboles parla Cicerone nel De Invent., iii, 36; per il primo, cfr. soprattutto Verg., Ecl. iv, 49: Cara deum suboles, magnum Iovis incrementum!; l'adonio finale inclita proles, di origine epica (cfr. Ilias latina, 248 e 520), ha largo impiego nella poesia latina (Ovid. Met. ix, 229; Val. Fl. Argon. iv, 549; Auson. Epitaph. xvii, 1; cfr. pure il simile duellica proles nel famoso verso di Lucrezio [Rer. Nat. ii, 662]).

3. Dixere priores: cfr. Verg. Aen. iii, 693; Ovid. Met. xv, 332; Fast. vi, 107; Pont. iii, 2, 45.

5. Bethlemitica rura: cfr. Manil. Astr. iv, 640 (Balearica rura) e 767 (Dorica rura); Lucan. Phars. i, 394; ii, 429 (Gallica rura); vii, 823 (Pharsalica rura); viii, 368 (Medica rura); ix, 130 (Nilotica rura); Sil. Ital. Pun. i, 46 (Celtica rura), xiv, 5 (Achaica rura); xv, 503 (Celtica rura); Auson. Urb. 114; Epist. xxiv, 72 (Aquitanica rura); Claud. Stil. cos. iii, 91; Goth. 296 (Gallica rura) e 365 (Norica rura).

6. Correggo in respicis la lezione despicis scelta da Blaensdorf, e perché supportata da un maggior numero di codici, e perché l'idea di sprezzo accolta dall'editore risulta controintuitiva per il lettore e non facilmente giustificabile dalla sola angustia del sepolcro. Caelestia regna tenentis dopo la cesura semiquinaria: cfr. Ov. Trist. ii, 19 (Theutrantia regna tenenti); Ibis 325 (Phylaica regna tenentem) e 343 (Rhodopeia regna tenenti), con l'ovvia idea di sublimazione di tale formula dai regni terreni ai ben più importanti regni celesti.

7. Patriamque relinquens: cfr. Ovid. Epist. vii, 115: Exul agor cineresque viri patriamque relinquo.

9-10. La lezione Bethlemitico dei codici realizza un cretico al quarto piede (ˉ˘ˉ), laonde Blaensdorf propone di sostituirla con Bethlemiti. Pure Măgi realizza un giambo in luogo dello spondeo finale; laonde Hilberg propone reges in sostituzione. Nonostante le oggettive difficoltà metriche, le lezioni alternative sono scarsamente convincenti.

11. Per restaurare la corretta lezione homini regique deoque, che esprime completamente il triplice simbolismo dei doni, è necessario tener presente che la basilica costantiniana recava una famosa immagine dei Magi recanti doni (cfr. B. Pixner, Paths of the Messiah. Messianic Sites of the Early Church from Galilee to Jerusalem, Ignatius Press, 2010, pp. 12-13), talché non si rende necessario integrare un verbo reggente come fece il Migne: hominique deoque dedere (PL 22:306).

2 commenti:

  1. Bellissimo, grazie. Le sante Paola ed Eustochio le stesse nobildonne romane che vivevano in una comunità monastica a cui apparteneva anche santa Lea di cui ho ascoltato la storia qualche giorno fa di cui si faceva la memoria?

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