Esattamente cento anni fa, il 7 novembre (25 ottobre secondo il calendario giuliano) 1917, le guardie rosse, ovverosia i ribelli bolscevichi armati, animati dalle prave idee socialiste, marxiste e comuniste, guidati dall'empio Vladimir Ilic Uljanov, detto Lenin, occupavano i punti strategici di Pietrogrado e proclamavano decaduta l'autorità zarista e instaurato il governo del Soviet. Iniziavano a delinearsi le prime fasi del governo del terrore che attanaglierà la Russia e minaccerà l'Europa almeno fino agli anni Novanta del secolo scorso. Così aveva infatti predetto anche la Madonna a Fatima, che men di un mese prima era apparsa per l'ultima volta: "Se non si convertirà, la Russia diffonderà i suoi errori nel mondo". Ed infatti, il secolo XX è stato dominato dagli empi errori del comunismo, che si sono diffusi in tutte le nazioni e moltissimi danni hanno apportato a milioni di anime.
L'anno successivo, il 17 luglio, il legittimo zar Nicola II Romanov fu rinchiuso nella cantina della sua prigionia ad Ekaterinburg insieme alla sua famiglia, ed ivi fucilato, e i suoi resti furono disciolti nell'acido. Di questa e di tante altre violenze si rese colpevole il regime più sanguinario e anticristiano della Storia, sulla cui coscienza pesano oltre 100 milioni di vittime, e che purtroppo ancor oggi trova appoggio, per quanto non sempre a maggioranza (Deo gratias!), in ogni strato della popolazione e in ogni angolo della terra. Non ci sono parole per descrivere l'empietà del comunismo (abbiamo provato a raccogliere qui le dichiarazioni dei Sommi Pontefici in materia).
Però, possiamo spendere qualche parola per commentare il fatto che dalle nostre autorità, politiche ed ecclesiastiche, non una parola è stata spesa per ricordare l'efferatezza, la disumanità, l'empietà e la barbarie di un regime, di una rivoluzione e di un'ideologia che sono state tra le armi più efficaci del demonio per tentare, indarno, di distruggere la Chiesa di Nostro Signore, e che purtroppo continuano a diffondersi ancor oggi, spesso senza nemmeno trovare il doveroso pubblico osteggio, e a minacciare la stabilità dei popoli e delle anime. E allora, ci permettiamo di riportare (fonte Asianews) l'unica voce che si è levata a commentare in modo cristiano (e con riferimenti molto interessanti a tutto il veleno introdotto dalle deliranti ideologie anticristiane europee tra XVIII e XIX secolo) l'Apocalisse bolscevica.
Kirill: L’Apocalisse bolscevica causata dal tradimento dell’intellighentsija
Il patriarca ortodosso di Mosca è fra le poche voci che cercano di approfondire le cause storiche della Rivoluzione d’Ottobre, a 100 anni dallo scoppio. In generale i russi preferiscono le soap-opera delle rievocazioni storiche piene di intrighi e di amanti del passato zarista. L’anima russa inquinata dall’occidente illuminista.
Mosca (AsiaNews) - Oggi 7 novembre si compie il giubileo secolare della Grande Rivoluzione d’Ottobre, l’evento drammatico e apocalittico che ha cambiato la storia della Russia e, in buona parte, del mondo intero. Dopo un anno di stentati dibattiti e imbarazzate rievocazioni, la Russia riesce infine ad archiviare lo spettro che agita le sue notti e offusca lo sguardo al futuro.
Si potrebbe dire che la discussione più accesa dell’anno giubilare nel Paese ha riguardato il vacuo film “Matilda”, che in realtà è poco più di una trasposizione cinematografica dei cliché da soap-opera, con ricostruzioni in costume di intrighi e amori di corte del passato. Dai Tudor ai Borgia, nelle serie tv occidentali, alla sequela di rievocazioni che ogni giorno passano dagli schermi tv, i russi sono ansiosi di recuperare la loro storia dopo tanta censura sovietica. E si godono a vedere rappresentanti gli elmi dei variaghi normanni, le crudeltà di Ivan il Terribile e i dubbi amletici di Boris Godunov, per passare in rassegna le vicissitudini degli zar Romanov, dal grande Pietro I alle tante donne di potere del Settecento, passato agli annali come “il secolo degli amanti”, soprattutto quelli della zarina Caterina.
Invece, la rivoluzione e il tetro regime comunista, pur rappresentando una grandezza perduta e continuamente rimpianta, non eccitano la fantasia dello spettatore. E le riflessioni appena più approfondite del pettegolezzo, come quelle dei pochi filosofi o dei leader religiosi, non certo dei politici, sono cadute nell’indifferenza generale.
Solo il patriarca ortodosso Kirill (Gundjaev), la guida morale del post-comunismo, ha provato di nuovo nei giorni scorsi a richiamare i motivi che portarono la Russia a rinnegare la propria storia, e a suo parere anche la sua vocazione. Rivolgendosi al popolo dopo una liturgia nella cattedrale dell’Assunzione al Cremlino, il capo della Chiesa russa ha osservato che “nella congiuntura politica di 100 anni fa, se non ci facciamo condizionare dai punti di vista ideologici, possiamo vedere e capire molte cose. L’inizio delle malattie nazionali, che hanno portato a quella catastrofe, va fatto risalire non a uno, o cinque o 10 anni prima, ma come minimo ad almeno 200 anni prima, e forse anche di più, quando cominciarono a frantumarsi le fondamenta spirituali della vita della nostra società più elevata, la cosiddetta élite”. Il patriarca ha voluto così ribadire la tesi classica della pubblicistica ortodossa, secondo cui tutto è iniziato con la “pseudomorfosi” dell’anima russa, come ebbe a dire il teologo Georgij Florovskij dopo la rivoluzione.
A rovinare l’autentica vocazione cristiana della Russia fu l’ingresso degli influssi dell’Occidente, la scolastica latina prima e le filosofie illuministe poi, quando “le persone hanno venduto la propria anima e la propria ragione a ciò che veniva da fuori senza alcuno spirito critico, trasformando e rieditando sotto l’influsso di queste idee la propria fede, la propria visione del mondo, il proprio sguardo sulle cose”. I portatori di questa infezione, la classe dirigente a cui Kirill fa riferimento, non sarebbero tanto i politici o gli aristocratici, ma la cosiddetta intelligentsija, termine latino russificato, per indicare gli intellettuali “traditori” che hanno sviato il popolo dalla retta via.
Tale giudizio rievoca le riflessioni dei filosofi religiosi esiliati dalla Russia dopo la rivoluzione, come Berdjaev e Bulgakov, Frank e Losskij e tanti altri, imbarcati nel 1922 sulla cosiddetta “nave dei filosofi” che diede vita alla grande cultura dell’emigrazione russa in Francia e nel mondo intero. In Italia, per esempio, si trasferì il poeta e filosofo Vjačeslav Ivanov, discepolo di Vladimir Solov’ev, che si convertì al cattolicesimo per testimoniare la necessità di respirare con “due polmoni” del cristianesimo d’oriente e d’occidente e vincere il secolarismo illuminista in tutte le sue dimensioni.
Lo stesso patriarca Kirill ha infine ammonito che la Chiesa in questi due secoli è stata ridotta al silenzio, non solo dalle persecuzioni comuniste, ma prima ancora dalla mentalità moderna che la vuole confinata nella sfera intima della coscienza. Secondo Kirill, “anche oggi ci sono determinati poteri nella società, che non vogliono che la Chiesa proclami la verità al suo popolo… ci dicono: andate nelle vostre chiese e chiudete le porte, e lì fate quello che vi pare”.
P.S.: preghiamo ardentemente per la Russia, acciocché uno dei Paesi ove più che mai il Cristianesimo sta ritornando con forza a regnare sul mondo ateo e senza Dio, e in particolare la Chiesa Russa scismatica, possa riconoscere i suoi vetusti errori, e ritornare membro vivo entro al Corpo Mistico di Nostro Signore, nell'unità del solo Pastore.
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