Teodoro, originario dell’Oriente, dopo essersi arruolato nell’esercito romano venne trasferito con la sua legione nei quartieri invernali di Amasea, nel Ponto, al tempo dell’imperatore Galerio Massimiano (305-311).
A seguito della promulgazione di un editto anticristiano, che prescriveva l’obbligo, anche per i soldati, di compiere sacrifici alle divinità pagane, il giovane Teodoro, che sin dalla nascita era seguace della dottrina cristiana, si rifiutò di adempiere al decreto nonostante le sollecitazioni del tribuno e dei suoi compagni d’armi. I suoi superiori, per un atto di clemenza, gli concessero del tempo per riflettere: egli, al contrario, approfittò di questa pausa per incendiare il tempio della dea Cibele, la Grande Madre degli dèi, che sorgeva nel centro della città di Amasea, nei pressi del fiume Iris.
Ricondotto l’imputato in tribunale, i giudici decisero di indurlo all’apostasia con l’offerta di un pontificato pagano; offerta che fu subito sarcasticamente respinta. I magistrati ordinarono che Teodoro venisse torturato sul cavalletto e che poi fosse condotto in prigione a morire di fame e di sete. Mentre i carnefici gli straziavano le carni, Teodoro pregava intonando il verso d’inizio del Salmo 33: «Benedirò il Signore in ogni tempo, sulla mia bocca sempre la sua lode». Rinchiuso in carcere, durante la notte ebbe celesti e confortanti visioni, le cui luci abbaglianti intimorirono i presenti. La sentenza lo condannò a essere bruciato vivo.
Il suo martirio si compì, secondo i Sinassari bizantini, il 17 febbraio, probabilmente in un anno compreso tra il 305 e il 311 d.C. I carnefici lo condussero nel luogo stabilito e presero la legna da mercanti addetti ai bagni. Teodoro depose i suoi vestiti e i numerosi fedeli accorsi si agitavano per poterlo toccare, respinti dai carnefici. A costoro il martire disse: «Lasciatemi così perché chi mi diede sopportazione nei supplizi mi aiuterà affinché sostenga illeso l'impeto del fuoco». I carnefici lo legarono, accesero il rogo e si allontanarono. La leggenda racconta che Teodoro non subì l'offesa delle fiamme, morì senza dolore e rese l'anima glorificando Dio. Una donna di nome Eusebia chiese il corpo di Teodoro, lo cosparse di vino e altri unguenti, lo avvolse in un sudario ponendolo poi in una cassa e lo portò, da Amasea, in un suo possedimento ad Euchaita, l'attuale Aukhat, distante un giorno di cammino, dove venne sepolto.
Le notizie sulla vita di Teodoro sono tratte da un discorso pronunciato da san Gregorio di Nissa nella basilica del santo a Euchaïta (in Asia Minore), eretta, già nel IV secolo.
Dopo il martirio di Teodoro, il suo culto si propagò in tutto l’Oriente cristiano e successivamente nell’Impero Bizantino. La tradizione vuole che una pia donna di nome Eusebia abbia ottenuto il corpo del santo e lo abbia trasportato in una città poco distante da Amasea, Euchaïta; qui sorse il primo santuario dedicato al martire Teodoro, che racchiudeva il suo sepolcro. A Costantinopoli fu eretta una sontuosa chiesa in suo onore nel 452, a opera del console Flavio Sporacio, e ad Amasea ai tempi dell’imperatore Anastasio I di Bisanzio (491-518). In Occidente la prima testimonianza di un culto a lui tributato si rintraccia nel mosaico absidale della basilica dei Santi Cosma e Damiano a Roma, eretta da papa Felice IV tra il 526 e il 530. In Italia sorgevano monasteri a lui dedicati già alla fine del VI secolo a Palermo, a Messina e a Napoli; a Ravenna, città che ospitava un monastero a lui intitolato, l’arcivescovo Agnello (557-570) gli dedicò la Cattedrale, che in precedenza era stata degli ariani.
L’esarca Narsete, nel VI secolo, avrebbe diffuso a Venezia il culto di Teodoro e una piccola chiesa a lui intitolata sarebbe esistita fin da quella data nell’area attualmente occupata dalla basilica di San Marco. A Venezia fu invocato, fino al XIII secolo, come patrono della città prima di san Marco. Venezia lo ricorda nelle figure di una vetrata e nel portello dell’organo di due chiese e soprattutto con la colonna posta in piazzetta San Marco. Sulla cima della colonna vi è la statua di Teodoro in armatura, con un drago, simile a un coccodrillo, sotto ai suoi piedi. Secondo alcuni studi, infatti, prima che da S. Giorgio, la figura del Santo Cavaliere di Cristo che ammazza l'empio dragone fu ricoperta proprio da S. Teodoro.
Le spoglie mortali di Teodoro, traslate da Euchaïta a Brindisi nella prima metà del XIII secolo, riposano nella Cappella dedicata al santo nella Basilica Cattedrale.
Nella prima metà del XIII secolo le spoglie mortali del soldato martire Teodoro vennero traslate da Euchaita a Brindisi. La tradizione indica due date: il 27 aprile 1210 e il 9 novembre 1225. Quest'ultima è la data in cui vennero celebrate nella Cattedrale brindisina le nozze di Federico II di Svevia con Isabella di Brienne, regina di Gerusalemme.
Attualmente le spoglie di Teodoro riposano nella Cappella dedicata al santo nella Pontificia Basilica Cattedrale di Brindisi.
Fonte: Centro Studi Teodorani
S. Teodoro di Amasea e il suo omonimo/omologo S. Teodoro Stratelate
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