venerdì 29 giugno 2018

La prima Messa della festa dei Ss. Pietro e Paolo giusta l'uso antico dell'Urbe

Nei primi secoli, il Natale degli Apostoli Pietro e Paolo era una festa di estrema importanza per tutta la Cristianità (basti pensare che iniziò a esser celebrata assai prima che si celebrasse la festa del Natale di Nostro Signore), e particolarmente per l'Alma Urbe di cui eglino sono Patroni, tant'è che lo Schuster introduce la sua trattazione della festività odierna con queste auliche parole: La Pasqua per gli antichi era la più grande solennità del ciclo liturgico; per i Romani però nel mese di Giugno ricorreva un'altra specie di Pasqua, che se pure non la superava in splendore, certo però eguagliava la prima. Era la festa natalizia dei due Principi degli Apostoli Pietro e Paolo.

Anticamente, proprio come il Natale del Signore o la festa di San Giovanni Battista, era un bifestus dies, in cui si celebravano (oltre alla funzione di veglia nella notte e alla funzione vesperale, oggi particolarmente importante), due liturgie durante il giorno, una aurorale e una diurna. Particolarmente, nella solennità odierna si onorava con la prima Messa l'Apostolo Pietro, celebrando nella di lui Basilica, e con la seconda l'Apostolo Paolo, celebrando nella Basilica a lui intitolata. Anzi, secondo sant'Ambrogio, a Roma trinis celebratur viis festa Sanctorum Martyrum, e dunque si celebrava una terza liturgia in loro onore nella Basilica Apostolorum che un tempo trovavasi sulla via Appia: di questa terza Messa, nondimeno, nessun antico Sacramentario ci tramanda alcunché.

Col tempo, questo "giorno bifestivo" si evolvette in un biduum festum, con la scissione delle due liturgie, la prima delle quali resta fissata il dì Natale degli Apostoli (29 giugno), e la seconda invece viene traslata al primo giorno della sua Ottava (30 giugno). Questo è il motivo per cui tanto i testi della Messa quanto le antifone del Divino Uffizio ci parlano quest'oggi più di Pietro che di Paolo, mentre viceversa domani si concentreranno solo su di lui, tanto da trasformare il "dies II infra octavam Ss. Petri et Pauli" in "Commemoratio sancti Pauli Apostoli".

Pubblichiamo di seguito l'analisi che il Card. Schuster fa della prima Messa giusta l'antico uso romano, che poi è la Messa odierna; domani, approfondiremo invece la parte "paolina" della solennità dei Patroni dell'Urbe.




La prima messa in sull'aurora.
Stazione a san Pietro.

Transtiberina prius solvit sacra pervigil sacerdos, canta Prudenzio.
Dopo le solenni vigilie a san Pietro, segue dunque la messa dell'aurora.

L'antifona per l'introito deriva dagli Atti Apost., XII,11, e ci descrive lo stupore di Pietro che ritorna in sè dall'estasi nella quale egli si trovava immerso, allorché l'Angelo lo trasse fuori dal carcere. È un grido questo di maraviglia e d'umile riconoscenza al Signore, che prendesi cura dei servi che a Lui s'affidano. - È proprio vero, adunque, che il Signore mi ha inviato il proprio Angelo a sottrarmi dal potere di Erode e dall'attesa del popolo Ebreo? -
La colletta si riferisce particolarmente alla Chiesa Romana, ed è la seguente: «O Signore, che volesti consacrare questo giorno col martirio dei tuoi Apostoli Pietro e Paolo; concedi alla Chiesa da loro fondata, che si mantenga sempre fedele ai loro santi insegnamenti».
La prima lezione (Att. Apost., XII, 1-11) narra della prigionia di Pietro e della sua miracolosa liberazione per opera dell'Angelo. Sono commoventi i particolari di quella scena, così come ce li descrive san Luca. Pietro è in carcere e tutta la Chiesa prega per lui, mentre intanto Dio differisce di operare il miracolo sino all'ultimo momento, quando cioè l'esecuzione capitale era già prossima. È sempre questa l'ora di Dio, quando cioè da parte degli uomini non
rimane più altra via di salvezza; l'ora quindi fatale, l'ora della fede e del prodigio. Intanto, la fiducia e l'abbandono di Pietro si elevano ad un grado eroico. La mattina appresso dev'essere giustiziato, e nondimeno egli, anche in mezzo ad un picchetto di soldati, si abbandona in carcere ad un placido sonno; anzi a stare con più agio, si slaccia i sandali, si snoda la cintura e depone la veste esteriore. L'Apostolo dunque riposava; ma quello stesso sonno era come il suo atto di fede nella Provvidenza divina, che non abbandona chi in Lei confida.
Questa scena degli Atti degli Apostoli riprodotta molte volte su parecchi sarcofagi romani, acquista nell'Eterna Città un significato speciale. L'Apostolo liberato dal carcere di Gerusalemme, se ne andò, come con prudente riserbo scrive san Luca, in alium locum: si recò cioè a fondare la Chiesa di Roma. Cosicché la lezione oggi recitata alla messa, tiene quasi il luogo dell'atto di nascita della Chiesa madre e maestra di tutte le altre.
Il responsorio graduale è come per la festa del fratello di Pietro, sant'Andrea, il 30 novembre; il verso alleluiatico e la lezione evangelica, sono come il 18 gennaio.
Come nei Sacramenti l'elemento materiale è il segno significativo e produttivo della grazia invisibile, così Gesù ha voluto quasi condizionare la dignità di suo vicario in terra ad una circostanza storica ed a tutti visibile, perchè così nessuno potesse errare in cosa di sì suprema importanza. La vera Chiesa è quella fondata sull'autorità di Pietro e dei successori suoi. Ma quali sono questi successori nel primato di Pietro? Quelli che a lui succedono nell'ufficio di vescovi di Roma.
Questa fede è quasi la pietra di paragone dell'ortodossia cattolica; così che tutti i Padri e Dottori ecclesiastici, da Clemente, da Ignazio ed Ireneo sino a san Francesco di Sales e a sant'Alfonso, tutti all'unisono confessano l'identica dottrina sul primato papale sopra l'intera famiglia cattolica.
Il verso per l'offerta delle oblate, è come il 24 febbraio.
Ecco la colletta sulle oblazioni: «Accompagni le nostre oblate la preghiera dei santi Apostoli, in grazia della quale noi imploriamo perdono e protezione».
Il Gregoriano oggi assegna per prefazio proprio quello che nel Messale odierno è divenuto comune a tutti gli Apostoli. Originariamente però esso riguardava la sola Roma Cristiana, la quale supplicava il Signore affinchè Pietro e Paolo, come un tempo avevano sostenuto le sue veci nell'annunziarle il Vangelo, così continuassero anche dal cielo il loro ufficio pastorale.
Tra gli altri splendidi prefazi del Sacramentario Leoniano per la festa dei santi Pietro e Paolo, scegliamo il seguente a titolo di saggio: «Vere dignum etc. Cuius providentia donisque concessum est, ut festivitatem nobis annuam beatorum Petri et Pauli triumpho praestet insignem, par mundo venerabile, Apostolatus ordine primus et minimus, sed gratia et passione particeps. «Hic princeps Fidei confitendae, ille intelligendae clarus assertor; Hic Christum Filium Dei vivi pronuntiavit divinitus inspiratus; Ille, hunc eumdem, Verbum, Sapientiam Dei, atque Virtutem, vas factus electionis adstruxit. Hic Israeliticae delibationis instituens Ecclesiam primitivam; Ille Magister et Doctor gentium vocandarum. Sic dispensatione diversa, unam Christi familiam congregantes, tempore licet discreto, recurrens una dies in aeternum et una corona sociavit. Per Christum etc.».
L'ultimo inciso si riferisce alla tradizione anticamente diffusa e comune a molti Padri, giusta la quale Paolo sarebbe bensì morto lo stesso giorno, ma non nello stesso anno di Pietro. I recenti studi sulla primitiva cronologia cristiana rendono questa tradizione molto probabile.
L'antifona per la Comunione è come il 18 gennaio. Segue la preghiera di ringraziamento: «In grazia dell'intercessione dei Santi Apostoli custodisci, o Signore, contro ogni avversità quanti hanno partecipato al celeste banchetto».

Noi non possiamo nulla colle nostre sole forze, ma uniti a Gesù Cristo, niente ci è impossibile, come appunto accadde ad Elia, il quale «ambulavit in fortitudine cibi illius... usque ad montem Dei Horeb» (III Reg., XIX, 8).

A. I. Schuster, Liber Sacramentorum VII, Torino, Marietti, 1930, pp. 307-314

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