sabato 23 marzo 2019

Domenica della Santa Croce

Vedendo oggi esposta la preziosa Croce di Cristo, noi l’adoriamo e con fede ci rallegriamo, baciandola con amore, e pregando il Signore che volontariamente su di essa è stato crocifisso, di renderci tutti degni di adorare la Croce preziosa, e di giungere alla Risurrezione, liberati tutti dalla condanna.
(Exapostilaria delle Lodi)

La III Domenica di Quaresima, nel rito bizantino, è detta "della Santa Croce" (τῆς Σταυροπροσκυνήσεως): essa infatti segna una svolta nel cammino quaresimale, essendovi situata esattamente a metà, e propone a meditare più attentamente il tema della Passione di Nostro Signore, venerando l'oggetto principe del Sacrificio, ovverosia la gloriosa Croce di Cristo. Per farlo, tuttavia, non viene dimenticato lo strettissimo legame che intercorre tra Passione e Risurrezione: molti tropari della liturgia odierna sono per esempio identici ai corrispettivi della Domenica di Pasqua. Persino il Canone del Mattutino di questa domenica, composto da Teodoro Studita, è una parafrasi di quello pasquale di san Giovanni Damasceno, addirittura cantato sullo stesso tono e condividendo il secondo tropario di ogni ode. In questa domenica dunque non prevalgono né gli aspetti penitenziali finora presenti negli uffici quaresimali, né la tristezza che caratterizzerà gli ultimi giorni che precedono la Passione di Nostro Signore, ma la gloria della Santa Croce e la gioia per ciò che Nostro Signore ci donò morendo su di essa, con costanti caratteri di esaltazione e adorazione del Sacro Legno, paragonabili a quelli della festa del 14 settembre.
Tale impostazione della liturgia di questa domenica è veramente molto antica, ed è attestata già nei manoscritti del IX-X secolo.

Così il monaco Nilo (nome religioso di Niceforo Callisto Xanthopoulos, vissuto nel XIV secolo), nei Sinassari quaresimali da lui composti, che sono generalmente inclusi nei libri liturgici, introduce la speciale commemorazione di questa domenica:

“Oggi celebriamo la festa della venerazione della preziosa e vivificante Croce: poiché durante i quaranta giorni di digiuno noi in qualche modo crocifiggiamo noi stessi, mettendo a morte le passioni che abbiamo in noi, e abbiamo una sensazione di amarezza a causa della nostra negligenza o del nostro scoraggiamento, ecco che viene esposta la vivificante Croce, per rianimarci e sostenerci, per incoraggiarci ricordandoci le Sofferenze del nostro Signore Gesù Cristo. Se il nostro Dio si è lasciato crocifiggere per noi, non dobbiamo forse fare altrettanto per lui? ….. Noi siamo come quelli che, percorrendo un lungo e aspro sentiero, si affaticano, e vedendo un albero frondoso si siedono un momento alla sua ombra e poi, come ringiovaniti, continuano il loro viaggio. Così oggi, in questo tempo di digiuno, di cammino difficile e di sforzo, la Croce vivificante fu piantata in mezzo a noi dai santi Padri per procurarci riposo e ristoro, per renderci leggeri e coraggiosi in vista del compito che resta da fare… Questa settimana si trova nel mezzo della Quaresima, ed è paragonata alle acque di Mara a causa della contrizione, dello scoramento e dell’amarezza prodotte in noi dal digiuno: come quando il divino Mosè gettò il suo bastone in mezzo alla sorgente per addolcirne le acque, o come quando Dio ci ha salvato spiritualmente dal Mar Rosso e dal Faraone, così il legno della preziosa e vivificante Croce addolcisce l’amarezza di un digiuno di quaranta giorni e ci consola per questa nuova traversata del deserto, fino a giungere alla Gerusalemme mistica attraverso la sua risurrezione. E poiché la Croce è per noi l’albero della vita, piantato nel paradiso, i santi Padri l’hanno giustamente piantata nel mezzo della santa Quaresima, ricordandoci ad un tempo l’avidità di Adamo e come questa fu annullata per mezzo del nuovo albero, gustando il quale noi non moriamo più, ma siamo tenuti in vita”. 

Durante il canto della Grande Dossologia che conclude il Mattutino, il Sacerdote, rivestito di tutti i suoi ornamenti, incensa la croce facendo tre volte il giro dell’altare; durante l’ultimo trisagio, che viene cantato lento e solenne, esce dal santuario portando la croce deposta su un vassoio ornato di fiori sopra la sua testa, preceduto da candele e incenso. Mentre il coro canta il tropario della Croce, il sacerdote depone il vassoio con la Croce su un tavolo posto al centro della navata, incensa di nuovo la croce tre volte girandole intorno, poi inizia la venerazione della Croce con la tripla grande prostrazione, dove ciascuno si prostra per tre volte con la fronte a terra prima di chinarsi sulla croce e baciarla, mentre, tra gli altri, vengono cantati questi inni, opera di Leone il Saggio (+ 911): 

Δεῦτε πιστοὶ τὸ ζωοποιὸν Ξύλον προσκυνήσωμεν, ἐν ᾧ Χριστὸς ὁ Βασιλεὺς τῆς δόξης ἑκουσίως χεῖρας ἐκτείνας ὕψωσεν ἡμᾶς εἰς τὴν ἀρχαίαν μακαριότητα, οὓς πρίν ὁ ἐχθρός, δι’ ἡδονῆς συλήσας ἐξορίστους Θεοῦ πεποίηκε΄ Δεῦτε πιστοὶ Ξύλον προσκυνήσωμεν, δι’ οὗ ἠξιώθημεν, τῶν ἀοράτων ἐχθρῶν συντρίβειν τὰς κάρας. Δεῦτε πᾶσαι αἱ πατριαὶ τῶν ἐθνῶν τὸν Σταυρὸν τοῦ Κυρίου ὕμνοις τιμήσωμεν. Χαίροις Σταυρὲ τοῦ πεσόντος Ἀδὰμ ἡ τελεία λύτρωσις, ἐν σοὶ οἱ πιστότατοι Βασιλεῖς ἡμῶν καυχῶνται ὡς τῇ σῇ δυνάμει, Ἰσμαηλίτην λαόν, κραταιῶς ὑποτάττοντες. Σὲ νῦν μετὰ φόβου, Χριστιανοὶ ἀσπαζόμεθα, καὶ τὸν ἐν σοὶ προσπαγέντα Θεὸν δοξάζομεν λέγοντες, Κύριε ὁ ἐν αὐτῷ προσπαγείς, ἐλέησον ἡμᾶς ὡς ἀγαθὸς καὶ φιλάνθρωπος.

Venite fedeli, prostriamoci davanti al legno vivificante sul quale Cristo, il re della gloria, stese liberamente le sue mani per elevarci fino alla nostra antica felicità, della quale eravamo stati privati dal nemico, per una amara voluttà che ci aveva esiliato da Dio. Venite, fedeli, prostriamoci davanti al legno che ci permette di calpestare le testa del nemico invisibile. Venite, famiglie delle genti tutte, veneriamo con inni la Croce del Signore. Rallegratevi, perfetta redenzione della colpa di Adamo, in Voi i nostri sovrani fedeli si gloriano, come della Vostra potenza, assoggettando con forza il popolo degl'Ismaeliti; rallegratevi, Croce venerabile; pieni di timore, Vi abbracciamo glorificando il nostro Dio e dicendogli: Signore, Voi che foste inchiodato sulla croce, abbiate pietà di noi nella Vostra bontà e nel Vostro amore per gli uomini”.



Magnifichiamo dunque veramente la Santa Croce, il Sacro Legno da cui ci venne la salute, il nuovo albero che redime la colpa consumata sull'albero dell'Eden, colei che cancellò la tristezza delle lacrime e strappò i lacci della morte, respinse le falangi dei demoni e annientò la corruzione, fonte zampillante e luce sempre viva!
Per entrare più a fondo nel tema della venerazione della Santa Croce e del suo significato ascetico, proponiamo una breve meditazione di Alexander Schmeman circa il modo in cui i fedeli dovrebbero vivere questa domenica di Quaresima. Dobbiamo infatti ricordare che, anche se la spada non impedisce l’accesso al paradiso, non solo non siamo ancora entrati, ma non sappiamo nemmeno se ne saremo degni. Il tempo della storia del mondo e l’economia della chiesa non sono terminati, si devono compiere, e a noi non resta che la vita nella comunità ecclesiale, che sfocerà nella Gerusalemme celeste (cfr. il kondakion, infra).

"È da notare che il tema della croce, che predomina nell’innologia di questa domenica, è sviluppato in termini non di sofferenza, bensì di vittoria e di gioia. Inoltre i temi musicali (hirmoi) del Canone della domenica sono tratti dall’ufficio pasquale – “Giorno della Resurrezione” – e il Canone è una parafrasi di quello di Pasqua. Il significato di tutto questo è chiaro: siamo ametà Quaresima. Da un lato, lo sforzo fisico e spirituale, se è stato serio e sostenuto, comincia a farsi sentire, il suo peso si fa più gravoso, la nostra fatica più evidente. Abbiamo bisogno di aiuto e d’incoraggiamento. E d’altro lato, dopo aver sostenuto questa fatica e scalato la montana fino a questo punto, cominciamo a intravedere la fine del nostro pellegrinaggio, e i bagliori della Pasqua si fanno più intensi. La Quaresima è la nostra auto-crocifissione, la nostra esperienza per quanto limitata, del comandamento di Cristo che abbiamo ascoltato nella lettura evangelica di questa domenica: “Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Marco 8, 34). Ma non possiamo prendere la nostra croce e seguire Cristo se non abbiamo la sua croce, quella di cui egli si è caricato per salvarci. È la sua croce, e non la nostra, che ci salva. È la sua croce che, non soltanto dà un senso alle altre croci, ma dà loro anche forza".
(Alexander Schmeman, The Great Lent)

Apolytìkion

Σῶσον Κύριε τὸν λαόν σου καὶ εὐλόγησον τὴν κληρονομίαν σου, νίκας τοῖς Βασιλεῦσι κατὰ βαρβάρων δωρούμενος καὶ τὸ σὸν φυλάττων διὰ τοῦ Σταυροῦ σου πολίτευμα.

Salvate, o Signore, il Vostro popolo e benedite la Vostra eredità, concedete ai regnanti vittoria sui barbari e custodite con la Vostra Croce il Vostro regno.


Κontakion


Οὐκέτι φλογίνη ῥομφαία φυλάττει τὴν πύλην τῆς Ἐδέμ· αὐτῇ γὰρ ἐπῆλθε παράδοξος σβέσις τὸ ξύλον τοῦ Σταυροῦ, θανάτου τὸ κέντρον, καὶ ᾍδου τὸ νῖκος ἐλήλαται, ἐπέστης δὲ Σωτήρ μου βοῶν τοῖς ἐν ᾍδῃ· Εἰσάγεσθε πάλιν εἰς τὸν Παράδεισον.

La spada di fuoco non sorveglia più le porte dell’Eden perché il legno della croce le impedisce di ardere; il pungiglione della morte è stato spezzato e Voi appariste o mio Salvatore per dire ai prigionieri degli inferi: Entrate di nuovo nel Paradiso.

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