lunedì 25 marzo 2019

L'antica sequenza della festa dell'Annunciazione

Vanni di Badolo, Annunciazione, XIV secolo,
Perugia, Biblioteca Augusta
Tra i testi liturgici indubbiamente più particolari e poetici in cui accade d'imbattersi studiando gli antichi messali, vi sono sicuramente le sequenze. Elemento non originario della liturgia romana, iniziarono a essere aggiunte in ambiente franco-germanico nel IX secolo, con una funzione inizialmente non dissimile dai tropi del Kyrie, ovverosia quella di aiutare la memorizzazione delle longissimae melodiae che ornavano i melismi allelujatici. Il nome stesso, sequentia, indica letteralmente "le cose che seguono", cioè le note (e le parole associatevi) che seguivano l'alleluja, sicché il Bona le definisce "un'appendice del canto allelujatico".

La soppressione della quasi totalità delle sequenze durante la riforma piana del XVI secolo, se può spiegarsi con motivi pratici per via della proliferazione enorme di questi testi (alcuni autori ne contano addirittura cinquemila!) che avrebbe reso difficile realizzare quell'uniformità cercata dai riformatori tridentini, creò nondimeno un vuoto notevole nel patrimonio liturgico occidentale. Una cosa che appare subito a chiunque confronti altri riti, come il bizantino, al romano, è la grande scarsità di testi liturgici di carattere agiografico sui santi. Mentre le ufficiature bizantine abbondano di poetiche composizioni patristiche che lodano le virtù specifiche di ogni santo, rimembrandone la vita e i miracoli, patrimonio innodico sviluppatosi nei grandi monasteri dell'Oriente cristiano, nel rito romano la quasi totalità dei testi per gli uffici dei santi sono passi scritturali vagamente attinenti alle qualità condivise dal santo, fatta eccezione per le feste maggiori e le feste romane più antiche (vedansi le antifone delle Laudi delle feste di S. Cecilia o S. Clemente) che posseggono testi propri sul modello orientale. Le sequenze supplivano a questa mancanza, andando a svolgere lo stesso ruolo agiografico degli stichirà bizantini. A ciò si deve aggiungere il fatto che le sequenze costituivano un patrimonio storico e letterario nient'affatto indifferente, testimonianza della versificazione latina medievale, del passaggio dal metro quantitativo a quello accentuativo (per fare un esempio noto, il Dies irae è composto in tetrametri trocaici, in cui però sulla prima sillaba di ogni piede cade l'accento "meccanico" della parola, e non l'ictus da porre sulla vocale lunga), della comparsa della rima come artificio poetico (sconosciuta alla poesia classica). Una riscoperta di questo corpus innodico liturgico è dunque un passo necessario al recupero delle antiche tradizioni del Cristianesimo occidentale.

Mosaici della Basilica di S. Marco, Annunciazione, XI secolo
Numerosissimi usi liturgici medievali, per la festa dell'Annunciazione, e taluni in tutte le messe della Madonna occorrenti dall'Avvento alla Natività, prevedevano il canto della sequenza Mittit ad Virginem. Essa viene tradizionalmente attribuita a Pietro Abelardo (1079-1142), ma non è compresa nella collezione di inni e sequenze ch'egli realizzò per il Convento del Paraclito (monastero benedettino femminile sito a Nogent, nella regione francese di Champagne, da egli stesso fondato insieme a Eloisa nel 1131). Il Cousin, nella sua edizione critica dell'Opera di Abelardo (Parigi, 1849, vol. i, p. 328), trascrive il testo dal Clichtoveus e altri, ma specifica che l'attribuzione è incerta, nonostante lo stile raffinato possa lasciar supporre la sua mano.
L'inno si ritrova in molteplici manoscritti: solo per citarne alcuni, il Mone riproduce un manoscritto del XIII secolo custodito nell'abbazia benedettina di St. Paul in Carinzia, e il Daniel (ii, p. 59) ne riporta uno coevo monacense. E' presente altresì nei messali di Sarum (ms. in Bodleian, c. 1370, Barlow, 5, p. 450), di Hereford (ms. in Bodleian, c. 1370, York (ms. in Bodleian, c. 1390), Magdeburgo (1450), Parigi (1481), e di Aquileja (1517). Il messale aquilejese aggiunge in fine della sequenza un'allocuzione supplice a Nostro Signore, non presente nella maggior parte degli altri manoscritti.

Sequentia: Mittit ad Virginem
dal Messale Aquilejese

Missale Aquileyensis Ecclesie, 1517, fol. 000
Trascrizione e traduzione di N. Ghigi.

1. Mittit ad Virginem non quemvis Angelum:
Sed fortitudinem suam, Archangelum,
Amator hominis.

2. Fortem expediat pro nobis nuncium,
Naturæ faciat ut prejudicium
In partu Virginis.

3. Naturam superet natus Rex gloriæ;
Regnet et imperet ut zyma scoriæ
Tollat de medio.

4. Superbientium terat fastigia;
Colla sublimium calcet vi propria
Potens in prælio.

5. Foras ejiciat mundanum principem;
Sponsamque faciat secum participem
Patris imperii.

6. Exi qui mitteris; hæc dona dissere;
Revela veteris velamen litteræ
Virtute nuntii.

7. Accede, nuntia, dic Ave cominus;
Dic Plena Gratia, dic Tecum Dominus;
Et dic, Ne timeas.

8. Virgo suscipias Dei depositum;
In quo perficias castum propositum,
Et votum teneas.

9. Audit et suscipit puella nuncium;
Credit et concipit, et parit Filium,
Sed Admirabilem.

10. Conciliarium humani generis,
Et Deum fortium et Patrem posteris
In pace stabilem.

11. Qui nobis tribuit peccati veniam:
Reatus diluat: et donet patriam
In arce siderum. Amen.
1. Non mandò alla Vergine un angelo qualsiasi,
bensì la sua fortezza, l’Arcangelo,
Colui che ama gli uomini.

2. Si degni d’inviar per noi il valente messaggero, per sconfiggere la natura
col parto di una Vergine.

3. Il nato Re della gloria sia sovrano al di sopra della natura, regni ed imperi per levar dal mondo
il germe della corruzione.

4. Abbatta la tronfia fronte de’ superbi,
e con la propria potenza schiacci i capi dei dominanti, Colui che è potente in guerra.

5. Cacci lontano il principe di questo mondo,
e renda la sua sposa compartecipe
del regno del Padre.

6. Pàrtiti, tu che fosti mandato, annuncia questi doni; scopri il velo dell’antico testamento
con la potenza del tuo messaggio.

7. Vieni, annunzia, e giuntole vicino dille: Ave.
Dille Piena di grazia, dille Il Signore è teco,
e dille Non temere.

8. O Vergine, ricevi il deposito di Dio,
in cui si compie il casto proposito,
e serba fede alla tua promessa.

9. La ragazza ascoltò e accolse l’annunzio;
credette, e concepì e partorì un Figlio,
un Figlio Ammirabile.

10. Il mediatore del genere umano,
il Dio dei forte e il Padre dei secoli futuri,
il Pacificatore.

11. Colui che ci concede la remissione dei peccati, rimetta le nostre colpe, e ci faccia dono
della patria celeste. Amen.

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