lunedì 25 maggio 2020

26 maggio - S. Filippo Neri

die xxvj. Maji
S. Philippi Neri conf., Patroni min. principalis Venetiarum - Duplex majus
Paramenta alba - Missa propria - Gloria - Comm. Oct. Ascensionis,
et S. Eleutherii P. et M. - Credo - Praef. et Comm. de Ascensione

Giambattista Piazzetta, La Vergine appare a S. Filippo Neri,
1725-27, Chiesa di S. Maria della Fava (Venezia)

San Filippo Neri fu probabilmente il più grande santo che illustrò l'Urbe dopo l'era dei martiri. Sarebbe infatti riduttivo classificare l'Oratorio ch'egli fondò come una mera opera sociale, quali le fondazioni dei santi torinesi del XIX secolo, o come un ordine tipicamente controriformistico. L'Oratorio era espressione della più pura Carità, sul modello di Nostro Signore, e contribuì grandemente a restituire slancio spirituale a una città malata e corrotta come la Roma del XVI secolo, favorendo grandemente la vita liturgica (aspetto invece sovente tralasciato o messo in secondo piano dagli ordini "attivi" dell'età della Controriforma) e la Sacra Scrittura come cardini di questo rinato afflato religioso.

Fu eletto patrono secondario della Città lagunare il 9 febbraio 1756, nella quale il suo culto s'era diffuso attorno al vivace centro spirituale di S. Maria della Fava a Castello, dove aveva sede l'Oratorio veneziano, quantunque già introdotto nei primissimi anni del XVII secolo nella Chiesa di S. Canciano, il cui clero aveva intitolato al santo fiorentino la propria Scuola e a lui aveva dedicato un altare in detta chiesa. Il Tassini menziona anche un oratorio dedicato a S. Filippo nei pressi della chiesa di S. Maria dell'Umiltà, alla Punta della Dogana, andato distrutto insieme alla chiesa nel 1821.

(cfr.  A. NIERO, "I santi Patroni", in Culto dei Santi a Venezia, "Biblioteca Agiografica Veneziana 2", Venezia, Studium, 1965, p. 84; G. TASSINI. Edifici di Venezia. Distrutti o vòlti ad uso diverso da quello a cui furono in origine destinati, Venezia, Cecchini, 1885).

Di seguito riportiamo l'inno in onore del Santo, di autore ignoto, in strofe asclepiadee di secondo tipo (tre versi asclepiadei minori e un gliconeo). Diviso in tre parti (al Vespro sino alla strofa Noctes inclusive; al Mattutino sino alla strofa Tractans inclusive; il resto a Laudi), si canta nell'ufficiatura propria del Santo, concessa alla Città di Venezia il 20 luglio 1756, insieme ad antifone, lezioni e responsori propri.

Pangamus Nerio debita cantica,
quem supra nitidi sidera verticis
virtus et meritum sustulit inclytum,
carpturum pia gaudia.

Sic uri subitis dum videt ignibus
aedes quas habitat fletibus abstinet;
flammas cum penitus quiverit horridas
paucis vincere lacrimis.

Oblatum patrui munus et aureos
nummos magnanimus calcat, et impiger
Romam digreditur, quam magis omnibus
illustrem facit urbibus.

Noctes, sub specubus corpora Martyrum
quas implent, vigilat sedulus integras;
ex ipsis satagens discere mortuis
normam, qua bene viveret.

Noctu, dum Nerius fercula pauperi
gestans praecipitat, penniger Angelus
tecto significat qualiter excidat
numquam fervida caritas.

Orantis penetrans cordis in intimum,
laxavit spatium Spiritus impetu
de caelo veniens, esset ut hospiti
immenso locus amplior.

Ponti de medio gurgite naufragum
tracturus vetulum, sub pede vortices
duravit fluidos; et prope turbidum
convertit mare in aridam.

Tractans exanimis membra puelluli,
in lucem revocat, mox jubet emori;
donatus, Domini munere, clavibus
vitae, mortis et inferi.

Caelorum Domino dum sacra munera
libabat Nerius, saepius advolans
tellurem rapido corpore deserit,
Christo fiat ut obvius.

Illi non rutilans purpura, Principum
sacrorum tegmen, non rubra pilei
majestas placuit, cui placet unica
vestis candida virginum.

Aegrotus, Mariae dans pia brachia
collo virgineo fertur in aëra;
intro ceu cuperet posse cubiculum
duci Matris in arduum.

Corpus deseruit, cum Deus Hostiae
fertur sub niveae tegmine conditus,
prudens in patriam pergere splendido
nolens absque Viatico.

Almae sit Triadi gloria perpetim,
quam caelum, barathrum, terraque suscipit;
quae nobis Nerii det prece jugia
dulcis gaudia patriae. Amen.

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