mercoledì 20 aprile 2022

Osservazioni sul canto delle Passiones nel rito romano

Un tratto caratteristico della Settimana Santa latina sono indubbiamente le Passiones, lo scenografico canto dei racconti evangelici della passione e morte di Nostro Signore, inscenate a mo' di dramma sacro da tre diaconi che interpretano, rispettivamente, le parti del cronista, di Cristo e della sinagoga, alternandosi nel canto delle peculiari melodie. Spesso ad alcune parti della sinagoga si univa in canto tutto il popolo, o questi produceva strepiti e rumori, con raganelle e percussioni, all'Ave rabbi, come ci riporta Durando.

Dal punto di vista cerimoniale, non ci sono troppi rimarchi da fare: mentre si canta il Tratto, i tre diaconi indossano l'amitto, il camice, il cingolo, il manipolo e la stola viola, e si recano al luogo, nel lato settentrionale della navata o all'ambone settentrionale se è abbastanza grande, ove canteranno la Passio, subito principiandola dal titolo Passio Domini nostri Jesu Christi secundum N. annunziato dal cronista. La notazione speciale della Passione è oggi spesso contenuta in tre libri distinti, uno per ciascuno dei diaconi, posti su appositi leggii, ma anticamente era contenuto in un solo libro, e i cerimoniali antichi specificavano che un accolito doveva reggerlo, spostandosi da un diacono all'altro a seconda della parte da cantare, cosa indubbiamente poco agevole. Al momento della morte di Cristo, si fa una lunga pausa, e tutti genuflettono per questo intervallo.

Tre diaconi cantano la Passione secondo S. Giovanni a un Venerdì Santo.
L'unico appunto qui fattibile è sull'interesse del muro ad ascoltare la Passione: il rivolgersi verso settentrione ben specificato dalle rubriche presuppone un pulpito settentrionale o quantomeno lo stare nella navata (l'extra presbyterium di cui nel Caeremoniale Episcoporum del 1600), non già il volger la faccia al muro.

Si deve notare che la Passio non tiene luogo del Vangelo, ma è un rito distinto: d'altro canto i diaconi che la cantano non domandano la benedizione né dicono la preghiera Munda cor meum prima di leggere, e indossano la sola stola e non lo stolone (cioè la poenula traversa normalmente indossata dal diacono sopra la stola per il canto del Vangelo nei tempi penitenziali). Infatti, l'ultima parte - il racconto della sepoltura - è cantata separatamente dal diacono che ministra il celebrante alla messa (che, si noti, non è normalmente ricompreso tra i tre diaconi che cantano la Passione: idealmente dovrebbero esserci quattro diaconi quindi), il quale indossa la poenula traversa, dice il Munda cor meum inginocchiato all'altare, domanda la benedizione del celebrante e incensa il libro prima di cantarla (l'incenso si omette solo al Venerdì Santo per il peculiare clima luttuoso; i lumi sono invece spenti sempre al Vangelo dopo la Passione, in ragione del Cristo morto). La canta in tono Evangelii, seppur nell'ultimo secolo delle suggestive melodie speciali siano state composte per questi brani, perché questo è effettivamente il Vangelo delle Messe che prevedono la Passio.

Nelle piccole chiese, dove non si possono avere quattro diaconi, il celebrante - levatosi la pianeta - può cantare la parte del Cristo all'altare, mentre dal piano o dall'ambone il diacono - in stola e senza stolone -svolge il ruolo del cronista e il suddiacono - solo col manipolo, quindi restando senza la pianeta piegata - quello della sinagoga. Se un sacerdote officia senza sacri ministri, dovrebbe cantare egli stesso tutte le parti; tuttavia a parere dell'autore non è abusivo che dei chierici, tonsurati o meno, cantino le parti del cronista e della sinagoga, la quale ultima può essere pure cantata dal coro intiero rimanendo nella cantoria (ciò è particolarmente adatto quando si cantino parti polifoniche per la turba, come quelle notissime di De Victoria). Il noto decreto della Sacra Congregazione dei Riti del XVII secolo, che prescrive tassativamente che chi canta la Passio deve essere ordinato almeno diacono, è secondo me ingiustamente ed eccessivamente restrittivo, considerando che - come ben spiegato - non si tratta del Vangelo della messa (che è officio proprio del diacono), ma di una lezione il cui testo è tratto dall'Evangelo, priva delle cerimonie proprie del Vangelo (in ciò, simile alla lezione evangelica presente ai Mattutini, che quando celebrati in choro senza officiante in sacris è semplicemente cantata dal più degno dei presenti).

Trascorsi questi dettagli cerimoniali, andiamo a vedere quando si dovrebbero cantare le Passiones. Nella forma tridentina del rito romano, più conosciuta alla maggioranza dei nostri lettori, tutte le quattro Passioni si cantano alla Messa, quella dei Presantificati nel caso del Venerdì Santo.

Domenica delle Palme: S. Matteo
Martedì Santo: S. Marco
Mercoledì Santo: S. Luca
Venerdì Santo: S. Giovanni

Quest'ordine, tuttavia, non era quello originario, ma una modifica portata dai franchi e diffusasi a Roma nel basso Medioevo; infatti apprendiamo dal Missale vetus lateranense, p. 87, che al Martedì Santo nel rito romano alla Messa si legge un brano del Vangelo di S. Giovanni 13, uno degli ultimi discorsi del Maestro ai suoi discepoli prima dell'Ultima Cena, e non già la Passione. Una nota spiega, citando molti autori e manoscritti, che anticamente la Passione si leggeva solo la Domenica delle Palme e il Mercoledì Santo (oltreché al Venerdì Santo ai Presantificati): la Passione di S. Marco era invece letta, secondo il costume lateranense, al Mattutino della Domenica delle Palme come IX lezione. Se nel Breviario di Pio V infatti, dopo Geremia 2 al primo notturno e il sermone sulla Passione di S. Leone nel secondo, al terzo notturno è proposto il Vangelo dell'Ingresso a Gerusalemme secondo Matteo con omelia di S. Ambrogio, nell'antico Breviario Romano si leggevano come settima e ottava lezione l'Epistola ai Filippesi, e come nona lezione la Passione secondo S. Marco. Certo questo costume - che c'informa il De Azevedo essere stato comune anche alla liturgia gallicana - allunga notevolmente la già lunghissima funzione del giorno delle Palme (che include la Passione di S. Matteo alla messa e il lungo officio di benedizione dei rami dopo Terza), ma - con l'accortezza di anticipare il Mattutino alla sera - è stato preservato sino al secolo scorso dalla Chiesa Lionese. Il Cardinal Tomasio fa notare che questo costume è stato assunto a Roma a partire dal sesto o settimo secolo, su influsso gallicano, mentre ai tempi di S. Leone Magno la lettura della Passione di S. Marco faceva parte dell'ufficio di Nona del Sabato Santo, forse non una collocazione ideale, né per simbologia né per agevolezza (vista la lunghezza della funzione vesperale del Sabato). Lo spostamento della Passione di S. Marco al Martedì Santo, con conseguente soppressione di Gv 13 quel giorno e il riarrangiamento del Mattutino delle Palme è di origine certamente franca e post-carolingia, e si afferma nell'Urbe a partire dal XII secolo, soppiantando definitivamente il rito basilicale romano entro il secolo successivo (Rodolfo da Rivo nota nel suo Liber de canonum observantia che papa Niccolò III, asceso al soglio nel 1271, fece buttare via gli antifonari, i graduali e i messali antichi che si usavano in Roma, e prescrisse l'uso dei libri liturgici francescani, che contenevano l'ufficio romano-franco: è la morte del rito romano tradizionale e la nascita del rito "della curia romana", che sarà poi la base del Messale Tridentino).

6 commenti:

  1. Quindi sono rimaste copie di libri del messale romano tradizionale? Riuscirebbe a fare un confronto col tridentino e delle loro diverse rationes?
    Le ricordo ancora la mia curiosità sulle usanze quaresimali dei riti latini extra italiani, prima che finisca la quaresima ortodossa...

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    1. Sì, ci sono manoscritti che testimoniano l'antico uso romano. Un lavoro di comparazione estensiva si ha nelle note del succitato Missale vetus lateranense. La questione è stata molto studiata dagli storici della musica, poi, perché la riforma ha riguardato anche il canto (il gregoriano attuale è il romano-franco, il canto romano puro è più simile al bizantino).

      Circa la sua curiosità, la ricordo bene, e me ne scuso, ma è stata una quaresima molto impegnativa...

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  2. Immagino per gli impegni.
    Avevo letto che in realtà il gregoriano fu ricostruito nell'Ottocento dall'abate di Solesmes... e quindi non so quanto di originale vi sia. Da qualche parte avevo letto del "vero" canto gregoriano e del vero rito romano, ma la rete è davvero avara di informazioni, anche generiche.
    Sarebbe bello se, col tempo, potesse darci ragguagli più approfonditi; anche perché immagino che le fonti siano o settecentesche in latino, oppure in edizioni degli anni Sessanta da 2000 pagine scritte in tedesco, e comunque introvabili in Italia.
    Grazie comunque

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  3. Buonasera,
    mi permetto anche io di suggerire un altro tema che potrebbe essere interessante trattare in futuro (mi rendo conto che queste richieste costituiscano un peso per chi poi deve rispondervi, assicuro quindi che non ho la minima fretta).
    Si potrebbe fare un approfondimento sulla forma e sulla funzione tradizionale dell'ambone. Se non ero in origine era singolo e posto al centro della navata, seguendo il modello delle sinagoghe, mentre con il tempo venne associato ai tramezzi per poi scomparire o venir soppiantato dal pulpito.
    Inoltre, potrebbe spiegarci per quale motivo la Passio e il Vangelo si cantano rivolti a settentrione?
    Grazie come sempre delle preziose informazioni

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    1. Quest'ultima domanda del suo intervento è facile. Fino a dopo il Mille, le chiese cattoliche erano orientate, cioè rivolte a Oriente, come lo sono tuttora le chiese ortodosse. L'Est nella tradizione cristiana, rappresenta Cristo, sole della Resurrezione (sole che sorge). D'altra parte Unam Sanctam ci spiegò anni fa che è tradizione antica della Chiesa che Nostro Signore sia risorto alle 6 del mattino di Pasqua, cioè all'aurora, da cui l'origine dell'ora liturgica di Prima (abolita in maniera nefasta dopo l'ultimo Concilio).
      Ora, nel nostro emisfero (l'unico noto agli antichi) il sole non illumina mai il nord; se quindi la parola di san Paolo, che pur ispirato rimane un uomo, può illuminare la Chiesa con la sua dottrina, solo la parola del Dio-uomo Gesù Cristo può disperdere le tenebre eterne del Nord, simbolo del diavolo. Ecco perché dopo l'epistola il chierichetto sposta il messale in cornu evangelii, mentre nelle messe cantate. più correttamente, i chierici cantano il Vangelo rivolti al muro destro.
      Dal mio punto di vista, nulla quindi impedirebbe che nell'emisfero australe la Chiesa concedesse il rovesciamento dei "corni" dell'altare, stante che là il sole non illumina il Sud. Ma mi rimetto al parere dei liturgisti del sito.

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  4. Mi scuso se intaso ulteriormente i commenti. Ora che ci penso, la lettura del Passio mi ricorda una forma messalizzata (mi si passi il termine) delle sacre rappresentazioni medievali. Per esempio, il "jeu d'adam", testo in lingua d'oil che rappresenta la creazione del mondo del Genesi... è stato pubblicato anni fa da Carocci.
    È solo una mia suggestione personale, oppure ci possono essere contatti, con assorbimento nella liturgia, in area francese, di una sacra rappresentazione...?

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