Ὁ Ἀκάθιστος ὕμνος εἰς τὴν Ὑπεραγίαν Θεοτόκον
Introduzione - Storia dell'Inno
L'Inno Akathistos (dal greco: 'non-seduti', ossia la rubrica che stava all'inizio di quest'inno nelle prime edizioni, poiché per rispetto a quest'inno si assiste in piedi, come al Vangelo) è uno dei testi dedicati alla Beata Vergine Maria più cari alla tradizione orientale, tanto da divenire modello per numerosi akathisti nei secoli successivi, dedicati a diversi santi o a Nostro Signore.
L'inno consta di 24 stanze (in greco: οἷκοι, iki), quante sono le lettere dell'alfabeto greco con le quali progressivamente ogni stanza comincia. Ma fu sapientemente progettato in due parti distinte, su due piani congiunti e sovrapposti - quello della storia e quello della fede -, e con due prospettive intrecciate e complementari - una cristologica, l'altra ecclesiale -, nelle quali è calato e s'illumina il mistero della Madre di Dio. Le due parti dell'inno a loro volta sono impercettibilmente suddivise ciascuna in due sezioni di 6 stanze. Queste quattro sezioni costituiscono le quattro 'stasi' in cui è tuttora suddiviso l'inno durante la liturgia. L'inno tuttavia procede in maniera binaria, in modo che ogni stanza dispari trova il suo complemento - metrico e concettuale - in quella pari che segue. Le stanze dispari si ampliano con 12 salutazioni mariane, raccolte attorno a un loro fulcro narrativo o dogmatico, e terminano con l'efimnio (ἐφύμνιον), cioè il ritornello di chiusa: "Gioisci, sposa senza nozze!". Le stanze pari invece, dopo l'enunciazione del tema quasi sempre a sfondo cristologico, terminano con l'acclamazione a Cristo: "Alleluia!". Così l'inno si presenta cristologico insieme e mariano, subordinando la Madre al Figlio, la missione materna di Maria all'opera universale di salvezza dell'unico Salvatore.
L'Akathistos possiede un immenso valore teologico, dogmatico e mistico:
- A motivo del suo respiro storico-salvifico, che abbraccia tutto il progetto di Dio coinvolgendo la creazione e le creature, dalle origini all'ultimo termine, in vista della loro pienezza in Cristo;
- A motivo delle fonti, le più pure: la Parola di Dio dell'Antico e del Nuovo Testamento, sempre presente in modo esplicito o implicito; la dottrina definita dai Concili di Nicea (325), di Efeso (431) e di Calcedonia (451), dai quali direttamente dipende; le esposizioni dottrinali dei più grandi Padri orientali del IV e del V secolo, dai quali desume concetti e lapidarie asserzioni;
- A motivo di una sapiente metodologia mistagogica, con la quale - assumendo le immagini più eloquenti dalla creazione e dalle Scritture - eleva passo passo la mente e la porta alle soglie del mistero contemplato e celebrato
Dunque l'Inno racchiude i dogmi più importanti della Fede Cristiana in Cristo e in Maria, stabiliti nei primi Concilj Ecumenici. Non a caso, la Madonna è colei che (come recita un tropario), "ha vinto da sola tutte le eresie", e nell'occasione in cui fu cantato per la prima volta solennemente l'inno (un assedio di Costantinopoli, di cui si veda poco sotto la storia, fosse quello del 626 o quello del 718) gran parte dei soldati erano in realtà eretici (manichei, gnostici, nestoriani, monofisiti) cacciati dai confini dell'Impero e diventati parte dell'esercito invasore. Le battaglie contro gl'invasori orientali, infatti, sono sempre ammantate da un profondo valore religioso (vedasi la conquista di Gerusalemme e il Trionfo della Santa Croce nel 628), poiché sono essenzialmente battaglie della Fede Cristiana contro gli eretici e i pagani.
L'importanza di quest'inno è testimoniata dal fatto che i Romani Pontefici, riconoscendo l’importanza di questo tesoro, ne hanno esteso la recita, con annesse alcune delle indulgenze, anche ai fedeli di rito latino, onde potessero farne partecipi i frutti e le grazie spirituali per sé stessi e soprattutto per la Chiesa tutta.
Nella liturgia bizantina, durante la Piccola Compieta dei primi quattro venerdì di Quaresima si canta, una stasi alla volta, l'Inno, che verrà poi ripetuto integralmente il venerdì della quinta settimana.
La tradizione tramanda che anticamente esso veniva cantato durante la veglia notturna prima della festa della Dormizione della Vergine, il 15 agosto. Infatti, nell'anno 626, mentre l'Imperatore Eraclio combatteva contro i Persiani, gli Avari, alleati di quest'ultimi, presero d'assedio Costantinopoli, e s'impadronirono della Chiesa della Santissima Vergine alle Vlacherne, preparandosi, la notte tra il 7 e l'8 agosto, all'assedio finale. Allora, il Patriarca Sergio (ritenuto perciò da taluni autore dell'inno), fece una grande processione con l'icona della Madonna Vlachernitissa, e la notte stessa la Divina Provvidenza inviò un terribile tornado che sgominò le forze avare e persiane. Per ringraziare la Madre di Dio, il popolo si riunì nella Chiesa delle Vlacherne e intonò l'Inno Akathistos, e particolarmente il kontakion d'introduzione: Τῇ ὑπερμάχῳ στρατηγῷ τὰ νικητήρια, "Alla nostra condottiera le vittorie"; si stabilì dunque di cantarle quell'inno in suo onore ogni 15 agosto, per ricordare la vittoria della Santa Vergine. Altre tradizioni, più improbabili, datano le origini di quest'inno ai secoli dell'iconoclastia (VIII-IX secolo). Sicuramente, il suo trasferimento in Quaresima è dovuto allo spostamento di quest'inno per la festa dell'Annunciazione, operato probabilmente nell'VIII secolo dai monaci di Studios, in funzione di sostegno alle tesi iconodule.
Per quanto riguarda l'autore, escludendo il succitato Patriarca Sergio I, dobbiamo basarci su tre dati: fu scritto prima del 626, sicuramente dopo il 431 (concilio di Efeso, di cui recepisce la teologia), probabilmente dopo il 560 (Giustiniano imperatore, per via di alcuni riferimenti alle pubbliche celebrazioni del Natale e dell'Annunciazione). I più l'attribuiscono all'innografo Romano il Melode, secondo quanto è riportato da alcuni scritti (però, tutti successivi al XIII secolo, dunque non direttamente attendibili), ma anche basandosi sul fatto che alcuni passi del testo sono presenti anche in altre composizioni sicuramente attribuibili al Melode.
Tuttavia, coloro che datano l'origine dell'uso liturgico al periodo iconoclasta, attribuiscono l'inno al Patriarca Germano I di Costantinopoli, che resse la città durante l'assedio arabo del 718 (quand'era imperatore l'eretico Leone III Isaurico); a sostegno di ciò, possono citare la versione latina dell'inno, redatta intorno all'anno 800 dal Vescovo di Venezia Cristoforo, che introduce così l'opera: Incipit Hymnus de Sancta Dei Genetrice Maria, Victoriferus atque Salutatorius, a Sancto Germano Patriarcha Constantinopolitano.
Altri sostengono che l'autore sia Cosma il Melode (VIII secolo), basandosi su un affresco della cappella di San Nicola nel monastero di San Saba a Gerusalemme, raffigurante un monaco che regge un cartiglio con il primo verso dell'Inno, e sopra il monaco sta scritto ὁ Ἅγιος Κοσμάς.
Oggi però la critica scientifica propende ad attribuire la composizione dell'Inno ad uno dei Padri di Calcedonia, aumentando dunque il valore teologico e dogmatico dello stesso.
I STASI
La prima parte dell'Akathistos (stanze 1-12) segue il ciclo del Natale, ispirato ai Vangeli dell'Infanzia (Lc 1-2; Mt 1-2). La prima stasi propone e canta il mistero dell'incarnazione (stanze 1-4), l'effusione della grazia su Elisabetta e Giovanni (stanza 5) e la rivelazione a Giuseppe (stanza 6).
La prima parte dell'Akathistos (stanze 1-12) segue il ciclo del Natale, ispirato ai Vangeli dell'Infanzia (Lc 1-2; Mt 1-2). La prima stasi propone e canta il mistero dell'incarnazione (stanze 1-4), l'effusione della grazia su Elisabetta e Giovanni (stanza 5) e la rivelazione a Giuseppe (stanza 6).
Nessun commento:
Posta un commento