Come S. Stefano è il gran martire di Gerusalemme, così S. Lorenzo è il gran martire di Roma, la cui agiografia è particolarmente affascinante, soprattutto a causa dell'orribile morte che la tradizione gli attribuisce e le poche notizie sul suo conto, una figura coinvolgente di coraggio e di fedeltà cristiana che vince sul dolore terreno per la gioia senza fine.
Francisco de Zurbarán, San Lorenzo (part.), 1636, San Pietroburgo, Ermitage
Si sa per certo che nacque a Osca, in Spagna, nel 225 (sotto l'imperatore Alessandro Severo) e conobbe a Saragozza il futuro pontefice Sisto II, che lo portò a Roma con sé per farlo suo arcidiacono nel 257. Lorenzo allora aveva trentatré anni. All'epoca l'impero era nelle mani di Valeriano, le cui persecuzioni contro i cristiani erano sempre state abbastanza lievi rispetto a quelle dei suoi predecessori: egli, però, decide con un editto nel 258 di accanirsi contro i più alti esponenti della Chiesa e ne ordina la morte, assieme al sequestro di tutti i loro beni. Sisto II venne così giustiziato il 6 agosto di quell'anno e Lorenzo, che assisteva alla sua esecuzione per dargli conforto, fu notato dal prefetto Cornelio Secolare.
L'uomo lo volle mettere alla prova ordinandogli dunque di consegnargli tutte le sostanze del papa e il giovane diacono, rispondendogli che gliele avrebbe date di buon grado, si assentò per distribuire ogni cosa ai poveri; dopodiché ritornò dal prefetto con una folla di mentecatti e gli disse: «Ecco, questi sono i tesori della Chiesa.» Arrestato seduta stante, secondo sant'Ambrogio convertì in prigione il suo carceriere Ippolito (poi anch'egli martirizzato) e quattro giorni dopo morì arso vivo su di una graticola rovente al cospetto di Valeriano, a cui gridò in segno di sfida: «Da questa parte sono arrostito, girami dall'altra e mangiami!».
Forse fu per via di questo passo che si diffuse nel Medioevo la credenza secondo cui il corpo del martire fu fatto a pezzi e dato in pasto alla plebe pagana vittima di una carestia.
Jacopo Palma il Giovane, Martirio di San Lorenzo, 1581-82, Chiesa di San Giacomo dell'Orio.
Il santo è rappresentato come un giovane di bell'aspetto vestito coi paramenti da diacono, il libro dei salmi e con in mano un ramo di palma (simbolo del martirio) e la graticola. La sua festività è il 10 agosto ed è protettore dei rosticcieri (ironicamente), dei bibliotecari, dei cuochi e dei vigili del fuoco ed è invocato principalmente contro gli incendi; il suo culto, dapprima limitato a Roma e in Aragona, si diffonde in tutta
Europa a partire del X secolo. Sin dal IV secolo nell'Urbe gli furono tributati grandi onori, e la prima basilica a lui dedicata fu costruita da Papa Sisto III (432-444).
Bernardo Strozzi, Elemosina di San Lorenzo (part.), 1638-1640, Venezia, Chiesa di San Nicola da Tolentino
Le vicende più note del martirio di Lorenzo sono descritte, con ricchezza di particolari, nella Passio Polychromi et aliorum martyrorum, di cui abbiamo tre redazioni (V-VII secolo), che racconta anche la vicenda di S. Romano di Roma, legionario convertito da Lorenzo. Come racconta la Passio, infatti, durante il martirio del diacono, Romano ebbe la visione di un angelo che alleviava le sofferenze del martire e decise di chiedere il battesimo. Romano, cercando di operare di nascosto mentre il procuratore Decio aveva interrotto temporaneamente il tormento, si avvicinò al diacono con una brocca d'acqua e si fece immediatamente battezzare. Sorpreso, venne arrestato e violentemente percosso, poi dopo essersi pubblicamente dichiarato cristiano venne condotto fuori Porta Salaria e decapitato, il 9 agosto.
Altra valida testimonianza viene dal De Officiis Ministrorum, di S. Ambrogio di Milano, ripresa in seguito da S. Agostino d'Ippona, S. Massimo di Torino, Prudenzio, S. Pietro Crisologo, S. Leone Magno, dai Sacramentari romani, dal Missale Gothicum e dall'Ormionale Visigotico.
La prima menzione del 10 agosto come data del martirio risale alla Depositio martyrum, uno scritto dell'anno 354.
Per gli amanti del latino, la Passione di S. Lorenzo è raccontata poeticamente (in un ottimo latino in metrica) da Prudenzio, nel II capitolo del suo Peristephanon.
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